Scelta
di articoli di Genetica Clinica/Umana pubblicati nell’Agosto 2012 nelle
seguenti riviste: Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology,
Nature Medicine, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neurosciences, NEJM,
PNAS, Science & Cell.
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Computational tools for prioritizing
candidate genes: boosting disease gene discovery. Nature Reviews Genetics 2012;13:523. Dal sunto: in ogni
progetto il ricercatore deve scegliere quali geni o proteine richiedano
ulteriori esperimenti e quali scartare per mancanza di fondi. I metodi
computazionali che prendono in considerazione dati molto eterogenei tra loro
come quelli di espressione genica, di sequenza, funzionali e quelli forniti
dalla letteratura consentono di comporre liste di priorità di geni per
ulteriori studi.Le tecniche bioinformatiche sono (state) applicate nell’identificazione di geni-malattia quando l’analisi genetica posizionale consentiva di identificare un locus con molti geni, suggerendo il sequenziamento di un piccolo numero di questi geni in pz e in controlli. Ma la revisione manuale della letteratura e di vari database pubblici (funzionali, di sequenza, di espressione) è un compito estremamente gravoso. La lista dei geni candidati, come sappiamo, viene da risultati di linkage, alterazioni cromosomiche-genomiche, di associazione casi-controllo, di espressione o di varianti di geni identificate mediante sequenziamento. I criteri per la lista di priorità si basano su info biologiche di geni noti come coinvolti nella malattia o nel processo patologico applicando quindi il metodo definito “guilt by association” (ndr, come esempio gli studi appena pubblicati di sequenziamento esonico per le varie condizioni da mutazione di uno dei geni del pathway del recettore tirosinchinasico (RTK)-PI3K-AKT). La Review precisa che essa è dedicata più ai biologi che ai bioinformatici e che vuole spiegare i differenti metodi di priorizzazione, fare evitare gli errori dei vari metodi e favorire quindi l’adozione del metodo di priorizzazione più semplice e pratico per quella ricerca usando le varie applicazione web. Vedi http://homes.esat.kuleuven.be/~bioiuser/gpp/
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Genetics of osteoporosis from genome-wide
association studies: advances and challenges. Nature
Reviews Genetics 2012;13:576. L’osteoporosi è una frequente patologia dell’anziano che
comporta rischio di fratture da trauma minimo, con rilevante costo economico,
sociale e medico. La diagnosi di basa sulla determinazione della densità
minerale ossea (BMD) che nell’osteoporosi e uguale o meno di - 2.5 DS dalla
media. L’ereditabilità stimata è del 54-68% per fratture del polso e anca nelle
donne prima della menopausa, ma per età più avanzate (dopo 79 anni) la stima della
componente genetica scende al 3%.Studi di associazione dell’intero genoma (n° 14 nel periodo 2008-2012) considerando BMD hanno identificanto 62 loci (Tabella 2) e alcuni pathway come WNT, RANK–RANKL–OPG, ossificazione encondrale e di questi alcuni geni di malattie monogeniche, come SOST (sclero-osteosi), LRP5 (s. Osteoporosi-pseudoglioma), LRP4, JAG1 e altri. Ma alcuni aspetti rendono difficile la selezione dei casi e l’interpretazione dei dati, tra cui il fenotipo clinico che è la frattura non la densità ossea e il fatto che le fratture avvengo in genere con l’età avanzata e l’ereditabilità diminuisce sensibilmente con l’età. Le info genetiche sono troppo recenti per consentire la preparazione di nuovi farmaci, ma è possibile per ora verificare i bersagli molecolari dei farmaci attualmente usati e proposti in epoca pre-GWAS (n. 8, tra cui i bifosfonati): almeno 6 hanno come bersaglio uno dei 62 loci identificati. Altra applicazione dello studio potrebbe essere la previsione del rischio frattura, ora basata su criteri clinici e BMD, ma per ora il contributo genetico è nullo.
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De novo mutations in human genetic disease. Nature Reviews Genetics 2012;13:565. Per le malattie mendeliane e le multifattoriali gli studi
si sono basati prevalentemente sulle variazioni ereditate. L’applicazione delle
nuove tecniche genetiche (microarray, NGS) consente di superare la limitazione
dell’approccio diagnostico tradizionale consentendo l’identificazione di
variazioni non ereditate. L’evento mutazionale è frequente (74 varianti
nucleotidiche -SNV- per singolo genoma), in genere con effetto clinico più
grave rispetto alla variante ereditata e interessante la linea germinale, anche
se sono state recentemente trovate mutazione somatiche in malattie quali la s.
Proteus, s. Schimmelpenning,
s. Ollier, Iperplasia Fibroadiposa –vedi sotto- e altre. Le mutazioni de novo per la loro frequenza possono essere causa monogenica di patologie più comuni,
come il deficit intellettivo (ripetuta autocitazione di Han Brunner di un
lavoro con conclusioni molte discusse, ndr), autismo e schizofrenia, malattie sinora
considerate come complesse. Viene discusso l’impatto delle mutazione germinali de novo sulla frequenza delle malattie
genetiche (es. ovvio: malattie da mutazione di un singolo locus –s. CHARGE-sono
meno frequenti rispetto alle malattie da mutazione di più loci –s. Noonan), come
migliorarne l’interpretazione delle conseguenze fenotipiche (per le malattie
clinicamente e geneticamente eterogenee l’interpretazione dell’effetto di rare
mutazioni de novo “is still in its
infancy”, ammettono gli AA, ma propongono uno schema interessante - Fig. 2), la stima del
tasso di mutazioni e i fattori di rischio che lo influenzano come l’età paterna
(CNV e SNV), che varia da famiglia a famiglia.
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Un articolo
(Rate of de novo mutations and the importance of father’s age to disease risk.
Nature 2012;488:471) e i relativi commenti (The rate of human mutation, Nature pg 467)(Fathers bequeath more
mutations as they age. Nature, pg 439) e una citazione (Older Dads Pass
On More Mutations. Science 2012;337:898) su
una nota correlazione positiva tra età paterna e frequenza di mutazioni de novo. In questo caso Schizofrenia e
Autismo. Il tasso di mutazioni de novo come sappiamo è importante per la
selezione ma ha un ruolo importante anche per l’epidemiologia delle malattie
genetiche. Vi sono studi che hanno calcolato per alcuni loci associati a
malattie il tasso di mutazione. Ma ora la tecnica consente di sottoporre
all’analisi l’intero genoma per specifiche patologie da causa non completamente
nota. Per l’Autismo vi sono altri recenti lavori di risultati di sequenziamento
esonico (vedi Fruits of exome sequencing for autism. Research
highlights. Nature Reviews Genetics doi:10.1038/nrg3248
che commenta 5 articoli/commenti su Nature, PLoS Genetics e Neuron del
2012)(vedi selezione articoli di interesse 6/2012). Nell’articolo ora citato si
presentano i risultati di uno studio di 78 nuclei familiari (trios) islandesi,
di cui 44 probandi con Autismo, 21 con Schizofrenia (13 per altri motivi)
mediante sequenziamento dell’intero genoma. Gli AA stimano 60 nuove mutazioni
per generazione (previsto), ma trovano che se il padre ha 20 anni trasmette al
figlio 25 mutazioni, se ne ha 40 ne trasmette 65, con in media la trasmissione
di un extra di due mutazioni per anno. La madre ne trasmette 15
indipendentemente dall’età. In Islanda la stima di mutazioni de novo nei figli
nel 1980 era di 60, nel 2011 è di 70.Questo era noto in base alle differenze tra spermatogenesi e oogenesi (vedi Upsetting the Dogma: Germline Selection in Human Males. PLoS Genetics 2012;8:e1002535, in cui si propone una spiegazione basata sull’ipotesi dell’accumulo di mutazioni nelle cellule spermatiche, che invece di diversi asimmetricamente e formare una cellula spermatica e una proto-spermatica uguale a quella di partenza si dividono simmetricamente formando due cellule proto-spermatiche creando così cluster di mutazioni. Questo numero di cluster aumenta con l’età)(Spigolature 3/2012), ma ora è quantificato.
Se solo il 10% delle mutazioni de novo sono causa di malattia significa che ognuno di noi ha 6 nuove mutazioni sfavorevoli per la salute. L’articolo non prova che vi sia un rischio maggiore di malattia nei figli di padri anziani ma che vi sono elementi per pensarlo. Una prova indiretta è la nota correlazione tra età paterna e patologie comportamentali come l’Autismo e il rapido incremento di frequenza (non solo per migliorata diagnosi)di tale patologia in questi ultimi anni (Nature Medicine 2012;18;641)(http://www.cdc.gov/mmwr/PDF/ss/ss6103.pdf). Da qui il suggerimento “If the paternal-age effect on the de novo mutation rate does lead to substantially impaired health in the children of older fathers, then collecting the sperm of young adult men and cold-storing it for later use could be a wise individual decision” (non so se saggia, ma comunque il messaggio di non protrarre troppo nel tempo il concepimento questi risultati lo danno, ndr).
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ERK Inhibition Rescues Defects in Fate Specification
of Nf1-Deficient Neural Progenitors and Brain Abnormalities. Cell
2012;150:816. La
Neurofibromatosi tipo 1 (MIM #162200) è causata da mutazione con perdita di
funzione in eterozigosi di un gene che fa parte di un gruppo di malattie da
alterato (attivato) pathway di segnale RAS/ERK, chiamate RASopatie. Il 30-70%
di persone con NF1 ha disturbi di apprendimento che possono anche essere
rilevanti, associati nei casi più gravi a un’aumentata dimensione del corpo
calloso (CC). Nel modello animale (topi Nf1 +/-) sono dimostrabili
analoghi effetti senza che vi siano anomalie morfologiche encefaliche come le
aumentate dimensioni del CC. Quindi l’inattivazione monoallelica del gene NF1
non è sufficiente per determinare anomalie strutturali cerebrali. L’ipotesi,
che il lavoro vuol provare con lo studio nel modello animale, è che nel gruppo
di pz con NF1 con aumentate dimensioni del CC si è verificata la perdita del
secondo allele (second hit) nelle cellule staminali neurali, quindi una
inattivazione biallelica del gene come succede non solo nei tumori ma anche,
sempre localmente, per le macchie caffè-latte, segno quasi patognomonico della
malattia, e per la tipica displasia scheletrica della NF1. Viene dimostrato che
l’inattivazione biallelica di Nf1 nel topo causa un’espressione ectopica
Erk-dipendente di un fattore di trascrizione (oligodendrocyte lineage
transcription factor 2)(Olig2) con conseguente
aumentata gliogenesi al posto della neurogenesi in zona subventricolare con
aumentate dimensioni del CC nel periodo neonatale. Queste anomalie
morfologiche, completamente reversibili nel topo trattandolo con inibitori
MEK/ERK nel periodo neonatale, sono dovute a iperattivazione del pathway
MEK/ERK. Per esse vi è quindi una possibile finestra terapeutica per l’uomo
(tenendo conto però che metà dei affetti da NF1 sono sporadici e che per buona
parte di essi la diagnosi viene confermata o formulata dopo i 4 anni, ndr).
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A paradoxical teratogenic mechanism for retinoic acid.
PNAS 2012;109:13668. L’acido retinoico (RA), un metabolita
attivo della vitamina A che svolge un ruolo essenziale nell’embriogenesi dei
mammiferi, controlla la trascrizione di specifici geni. Negli embrioni è
sintetizzato dal retinolo attraverso due tappe ossidative, la seconda è la
retinaldeide deidrogenasi (RALDHs)(con i suoi sottotipi codificati da Raldh1,
Raldh2 e Raldh3) e un citocromo (CYP 26)(con i suoi sottotipi Cyp26a1, Cyp26b1,
and Cyp26c1) che sono responsabili della sua disponibilità locale. Il RA è
teratogeno nei roditori e nell’uomo sia a bassi che a alti dosaggi. Nel topo la
dieta materna priva di vitA o la nullisomia nel feto dei recettori RA determina
una sindrome chiamata s. fetale da deficit vitA (VAD) con malformazioni
multiorgano (SNC, occhio, orecchie, rene, testicoli, arti e dello scheletro).
Nei roditori e nell’uomo l’eccesso di VitA causa una condizione simile alla VAD
(vedi Fetal Vitamin A syndrome in LMD). In un quarto delle malformazioni in
caso di sovradosaggio l’esposizione materna alla RA provoca malformazione anche
se l’esposizione è in epoca precedente la formazione dei precursori del tessuto
o organo destinato a essere affetto (es. la somministrazione in unica dose di
AR nella femmina di hamster in 8 giornata dal concepimento causa anomalie
renali fetali mentre l’abbozzo metanefrico si forma successivamente, in 9.5
giornata; lo stesso nel topo causando la regressione degli abbozzi e provocando
agenesia renale). Questo nonostante la brevissima emivita di RA (12 ore).
Questo il paradosso. Questa l’ipotesi di lavoro: l’eccesso di RA altera la
morfogenesi renale tramite una induzione, secondaria e a lungo termine, di un
difetto di RA a livello locale. Questa la metodologia e risultati: nell’animale
esposto a un eccesso di RA ben prima della presenza di abbozzi di metanefro non
si formano i reni e parecchi giorni dopo si registra una riduzione dei
trascritti Raldh, un aumento di mRNA di Cyp26a1 and Cyp26b1 codificanti enzimi
che catabolizzano RA e una diminuzione dei livelli di RA nell’embrione e nei
rudimenti di reni. La supplementazione materna con RA con basse dosi di RA dopo
la dose teratogena recupera lo sviluppo metanefrico renale e impedisce lo
sviluppo di molte anomalie extrarenali. Nell’uomo l’esposizione materna accidentale
a alte dosi di VitA avviene con l’assunzione eccessiva di integratori
alimentari o di derivati di fegato o dall’uso di farmaci per curare malattie
cutanee e il cancro. Conoscere il meccanismo teratogeno del RA può voler dire
prevenire la sindrome Fetale da VitA. Bellissimo.
Genetic and environmental risk factors in congenital heart
disease functionally converge in protein networks driving heart development. PNAS 2012;109:14035.
Le malformazioni congenite cardiache, le più frequenti patologie malformative
con una prevalenza alla nascita di circa 1%, sono dovute a diverse cause che
vanno da quelle genetiche (mutazioni geniche, genomiche, associazioni SNP) a
quelle teratogene, come alcuni pesticidi e alcuni farmaci che coinvolgono
specifici geni, come quelli dei recettori dell’acido retinoico. Il lavoro si pone
l’obiettivo di verificare, usando i dati dell’uomo e i modelli animali e
contando sulla considerevole conservazione nell’evoluzione dei geni coinvolti
nell’embriogenesi cardiaca, i pathway molecolari interessati nella genesi delle
malformazioni cardiache. In particolare se siano coinvolti gli stessi geni
(“direct impact”) o invece geni codificanti diverse proteine di un network
specifico per lo sviluppo cardiaco (“functional impact”). I dati depongono per
la convergenza di fattori funzionali in network proteici di sviluppo di
specifiche strutture anatomiche (es. settali) frequentemente coinvolte nelle
malformazioni cardiache.
Due
articoli su un frequente polimorfismo, inversione 17q21.31, che nell’aplotipo
invertito predispone alla sindrome da microdelezione 17q21.31 tramite
ricombinazione omologa non allelica.
Structural haplotypes and recent evolution of the human 17q21.31 region.
Nature Genetics 2012;44:881. Structural diversity and African origin of the
17q21.31 inversion polymorphism. Nature Genetics 2012;44:872.
FAN1 mutations cause karyomegalic interstitial nephritis,
linking chronic kidney failure to defective DNA damage repair. Nature Genetics 2012;44:910. Le Nefronoftisi
sono un gruppo di ciliopatie a trasmissione AR caratterizzate da fibrosi e
formazioni cistiche renali. La mappatura per omozigosità e la successiva
analisi esonica di due fratelli con una malattia con nefronoftisi associata a
cariomegalia (nuclei cellulari grossi, anche nel polmone, fegato e SNC)(Karyomegalic
Interstitial Nephritis) ha identificato una mutazione troncante in omozigosi
del gene FAN1 che codifica la nucleasi1
associata all’Anemia Fanconi,
gene parte del pathway Anemia Fanconi coinvolto
nella riparazione del DNA (interstrand cross-linking- ICL)(vedi PNAS
2012;109:4437)(Articoli di interesse 3/2012). Sono state allora analizzate altre 10 famiglie e sono state trovate in
9 famiglie 12 diverse mutazioni (8 troncanti) in omozigosi o eterozigote
composto. Questo conferma che il gene della KIN è FAN1. Nel knockdown di fan1
dello zebrafish sono presenti segni della compromissione del pathway Fanconi
(microcefalia, microftalmia, apoptosi) e della Nefronoftisi (ridotto asse
corporeo). Interessante le ipotesi sul ruolo del pathway Fanconi nella
nefronoftisi e l’osservazione che mutazioni FAN1 rappresentino l’equivalente
genetico di cause ambientali genotossiche (da ocratossina A15-
una micotossina, busulfano –farmaco antitumorale, alcaloide
pirrolizidinico) causa di sindrome KIN simile per compromisione
della riparazione ICL del DNA.
TGFB2 mutations cause familial thoracic aortic aneurysms and
dissections associated with mild systemic features of Marfan syndrome. Nature Genetics 2012;44:916. L’aneurisma
dell’aorta toracica (AAT), con l’esito in dissezione, può essere una patologia
genetica AD con mutazione del gene FBN1 (s. Marfan)(MFS), dei geni dei
recettori TGF-β 1 e 2 (TGFBR1 e TGFBR2)(s. Loeys-Dietz)(LDS) e del gene SMAD3 (LDS, s. Aneurismi-Osteoartrite)(AOS)
tutti coinvolti nel pathway di segnale TGF-β. Queste sindromi condividono anche
alcune manifestazioni cliniche scheletriche, cranio-facciale e cutanee. L’analisi
mediante linkage e successivo sequenziamento esonico in due famiglie non
correlate con molti affetti da AAT, a penetranza ridotta, aneurisma
intracranico e emorragie subaracnoidee, ha identificato due diverse mutazioni
troncanti del gene TGFB2. L’estensione a un’ampia casistica di AAT (276
probandi, alcuni familiari altri sporadici) e associata in alcuni casi a aneurisma
intracranico ha identificato una mutazione nonsenso e una duplicazione in 2 soggetti
che determinano aploinsufficienza TGFB2.
Vedi Tabella 1 per il confronto fenotipico da mutazione dei geni TGFBR2, FBN1,
SMAD3 e TGFB2.
A livello aortico tale evento determina
paradossalmente un segnale TGF-β aumentato
con aumentata espressione di TGFB2 e della proteina TGF-β2. Il lavoro
conclude che l’aploinsufficienza di TGFB2
predispone all’aneurisma dell’aorta toracica e che il primo meccanismo
patogenetico dell’aneurisma toracico siano ridotti livelli di TGF-b2 con successivo aumento
di produzione di TGF-b2 nell’aorta patologica.
Loss-of-function mutations in TGFB2 cause a syndromic
presentation of thoracic aortic aneurysm. Nature
Genetics 2012;44:922.
Vedi lavoro precedente. In questo lavoro l’analisi con SNP array di 8 famiglie
con AAT autosomico dominante e segni clinici della MFS (petto deformato,
aracnodattilia, scoliosi e strie cutanee) e della LDS (ipertelorsimo, ugola
bifida, valvola aortica bicuspide, tortuosità arteriose, piede torto e cute
sottile) ha identificato in due famiglie due diverse delezioni che includevano
il gene TGFB2. Il sequenziamento del gene in altri 86 pazienti con aneurisma
(34% familiare) negativi per mutazioni FBN1,
TGFBR1 e TGFBR2 ha
individuato mutazioni (nonsenso, missenso, delezioni) in eterozigosi in 6 pazienti.
Vedi Tabella 1 per il confronto fenotipico di mutazioni dei geni FBN1, TGFBR1,
TGFBR2, SMAD3 e TGFB2. Il lavoro conferma la sopraregolazione del
segnale TGF-b nel tessuto
aortico degli affetti e i risultati dello studio del modello di topo con aploinsufficineza
Tgfb2.
Sindromi
da eccesso di crescita: tre articoli su mosaicismo di mutazioni attivanti di
geni del pathway di segnale PI3K-AKT.
Mosaic overgrowth with fibroadipose hyperplasia is caused by somatic
activating mutations in PIK3CA. Nature Genetics
2012;44:928. Mutazioni che sregolano la proliferazione e la
morte cellulare favorendo la divisione cellulare o riducendo l’apoptosi causano
patologie della crescita, inclusi tumori e sindrome da eccesso di crescita. Il
pathway del recettore tirosinchinasico (RTK)-PI3K-AKT è coinvolto nella causa
non solo dei tumori ma anche di alcune condizioni genetiche, come la s- Cowden
segmentale da seconda mutazione somatica del gene PTEN, che è un regolatore
negativo PI3K, e come la s. Proteus con una mutazione attivante di AKT1. Nel
lavoro mediante sequenziamento esonico di tessuto normale e patologico è stata
individuata solo nel tessuto patologico una mutazione, nota come associata a
cancro, di PIK3CA, gene che codifica per una subunità del gene PIK3 in una
persona con una condizione, sinora non descritta, con iperplasia di tessuto
fibroadiposo subcutaneo, muscolare e viscerale e scheletrica. In altri 10
soggetti (età da 1.5 a 49 anni, in 7 l’eccesso di crescita segmentale era
congenito) con lo stesso quadro clinico è stata individuata in 9 di essi la
stessa mutazione o un’altra mutazione, anch’essa attivante. In nessun caso vi è
stato lo sviluppo di cancro. L’identificazione del meccanismo patogenetico può
portare a individuare nuove terapie, come il ricorso a farmaci già disponibili,
tra cui la rapamicina che agisce sul pathway a valle mTORC1.
De novo germline and postzygotic mutations in AKT3, PIK3R2
and PIK3CA cause a spectrum of related megalencephaly syndromes. Nature Genetics 2012;44:934. Il
sequenziamento esonico in 10 soggetti con Megalencefalia-malformazione dei
capillari-polimicrogiria (MCAP)(MIM %602501) o
Megalencefalia-polimicrogiria-polidattilia-idrocefalia (MPPH)(MIM603787) e in
ulteriori 40 pz con megalencefalia ha identificato mutazione in eterozigosi di PIK3R2 in tre fratelli (da mosaicismo
germinale di un genitore) dell’unico caso familiare della letteratura o mutazioni
postzigotiche negli altri casi di uno dei 3 principali componenti del pathway
(PI3K)-AKT: due mutazioni di AKT3, 1 mutazione ricorrente di PIK3R2 in 11
famiglie con MPPH e 15 mutazioni postzigotiche di PIK3CA in 23 pz con MCAP e in
1 pz con MPPH. Il livello di mosaicismo è più basso nel sangue (2-43%) rispetto
alle cellule della saliva. Viene sottolineato il ruolo del pathway PI3K-AKT
nello sviluppo vascolare, degli arti e del SNC e il potere diagnostico del
sequenziamento massivo in parallelo nei casi con eterogenetità genetica e
fenotipica e con mosaicismo somatico.
De novo somatic mutations in components of the PI3K-AKT3-mTOR
pathway cause hemimegalencephaly. Nature
Genetics 2012;44:941.
L’emimegalencefalia (HME) è parte di una eterogenea e grave condizione con dilatazione
di un emisfero cerebrale con anomalia proliferazione, migrazione e
organizzazione neuronale, che può essere isolata o associata a malattie
neurocutanee come Ipomelanosi Ito o la s. Proteus. L’analisi esonica e la
spettrometria di massa su tessuto cerebrale, asportato chirurgicamente per
l’epilessia intrattabile, e su sangue periferico ha consentito di individuare
mutazioni de novo nel 30% di 20 casi con
HME dei geni PIK3CA, AKT3 e mTOR. Questa condizione è quindi probabilmente
geneticamente eterogenea con mutazione con acquisizione di funzione di geni del
pathway di segnale (PI3K)-AKT3-mTOR.
Immune
abnormalities and autism spectrum disorder. PNAS 2012;109:12263. L’Autismo
è frequente malattia
neuro-comportamentale frequente (1% dei bambini, ma le statistiche lo dicono in
netto aumento, vedi precedenti spigolature) e vi sono evidenze della presenza
di anomalie immunitarie nella madre e nel bambino che potrebbero contribuire
alla sua patogenesi che si basano su numerose osservazioni: negli affetti vi è
un alterato profilo delle citochine nell’encefalo, liquido CR e plasma,
aumentato numero e attività delle cellule NK e alterati livelli di Ig, segni di
attivazione microgliale postmortem, coinvolgimento di geni di suscettibilità
come quelli codificanti recettori di fattori di crescita che quando attivati
inducono risposte cellulare mitogeniche, motogeniche e morfogeniche. A questo
si aggiungono dati anamnestici e bioumorali materni (frequenza di allergie,
infezioni virali come la rosolia)(della serie “è sempre colpa della madre”,
ndr). L’articolo oggetto del Commento (Modeling an autism risk factor in mice leads
to permanent immune dysregulation. PNAS pg. 12776) vuole, usando un modello
animale con fenotipo autismo-simile, verificare se sia documentabile
un’alterata funzione immunitaria. Sottoponendo la femmina gravida a un sistema
di attivazione immunitaria i figli hanno un fenotipo comportamentale che
richiama quello dell’autismo dell’uomo e deficit immunitari (deficit di cellule
T regolatorie ) e elevati livelli di citochine (IL-6 and IL-17) che svolgono un ruolo proinfiamatorio nelle
malattie autoimmune (sclerosi multipla, artrite reumatoide). Il trapianto di
cellule del MO immunologicamente normali reduce l’effetto fenotipico nei topi. Le
conclusioni sono che un impegno immunitario durante la vita prenatale determina
un’alterazione persistente in epoca postnatale che può favorire o mantenere
anomalie comportamentali. In altre parole sembra dimostrato un ruolo
infiammatorio nella patogenesi dell’autismo.
ALZHEIMER. Malattia neurodegenerative legata all’età
con progressiva perdita della memoria, grave demenza e marker neuropatologici
come la deposizione di peptidi β-amiloide (βA) in placche senili e aggregati di
proteine tau. Ci sono nel mondo 35 milioni di persone affette, saranno tre
volte tanto nel 2050 con una spesa aggiuntiva prevista di
mille miliardi di US$
(povero Obama, ndr).
**Clinical and Biomarker Changes in Dominantly Inherited Alzheimer’s Disease. NEJM 2012;367:795. La partenza è buona: malattia molto frequente in una popolazione sempre più anziana (poco si conosce sui processi patologici iniziali che durano anni prima che si manifesti la malattia e sull’evoluzione, e poi il declino cognitivo è lento per cui per sperimentazioni cliniche occorrono molti pz e molto tempo per verificarne l’effetto. L’idea altrettanto buona: studiamo le famiglie con Alzheimer AD in cui l’età di inizio è prevedibile e quindi si possono studiare le anomalie che precedono la clinica (DIAN, che sta per Dominantly Inherited Alzheimer Network- ClinicalTrials.gov number, NCT00869817). Metodo: 128 persone a rischio (genitore affetto con età metà medi di inizio 45.7+/-6.8 anni con trasmissione AD, a mutazione nota=40 PSEN1, 3 PSEN2, and 8 APP) ignari della loro condizione genetica (88 portatori, 40 non portatori), sottoposte annualmente a una serie di analisi cliniche, di neuroimmagini (RM cerebrale volumetrica e PET) e biochimiche sul sangue e sul liquido cefalorachidiano (LCR), per analizzare le variazioni del quadro clinico-laboratorio partendo da una baseline. Risultati: riduzione di concentrazione di beta amiloide nel LCR 25 anni prima dello stimato anno di inizio dei sintomi (stimato in base all’età di inizio nel genitore affetto), deposizione di beta amiloide 15 anni prima, aumento di concentrazione di proteina tau nel LCR e comparsa di atrofia cerebrale 15 anni prima, deficit cognitivo 5 anni prima, demenza e criteri diagnostici soddisfatti 3 anni dopo l’atteso anno di inizio dei sintomi. Note di cautela: studio trasversale non longitudinale, dati da confermare soprattutto per quanto riguarda l’Alzheimer sporadico che è molto più frequente (altrimenti nelle forme AD basterebbe il test genetico, ndr).
Postsynaptic dysfunction is associated with spatial and
object recognition memory loss in a natural model of Alzheimer’s disease PNAS
2012;109:13835. I
recenti modelli animali, topi transgenici con mutazioni di forme familiari di
AD, mostrano che l’accumulo di oligomeri βA solubili e non fibrillari possono
provocare anomalie sinaptiche nei primi stati della malattia. Ma non vi sono
studi sui modelli animali della maggioranza dei casi che sono sporadici. Ci
sono animali che con l’età manifestano segni AD simili, come la cavia, ma non
con le caratteristiche neuropatologiche della AD dell’uomo. Viene presentato
uno studio su un roditore (ottodonte o degù del Cile) che spontaneamente
sviluppa con l’età segni clinici della malattia: accumulo di oligomeri βA
solubili e fosforilazione della proteina tau con una disfunzione sinaptica e
neurale che correlano bene con il declino della memoria spaziale e del
riconoscimento degli oggetti, segni clinici tipici della AD. La conlusione: 1)
l’Ottone è un buon modello animale della AD e in cattività vive per 9-10 anni
(nello studio i roditori anziani non superavano i 5 anni); 2) i dodecameri del
peptide βA (βA*56) probabilmente
si associano alle proteine tau e sembrano essere la prima causa della
neurotossicità e della disfunzione sinaptica prima della comparsa delle forme
fibrillari di βA.
First FDA-approved beta-amyloid diagnostic hits the
market. Nature Biotechnology. News
2012;30:575. E’ stato
approvato e in commercio in USA il prodotto Amyvid (florbetapir), un tracciante
radioattivo che ha superato la fase 3 di sperimentazione che consente mediante
PET di dosare il contenuto beta amiloide cerebrale con il 93% sensibilità e il 100%
specificità. Un risultato positivo non significa diagnosi di Alzheimer o di
demenza perché accumulo di beta-amiloide può essere presente nell’encefalo di
anziani senza deficit cognitivo, ma un risultato negativo esclude la diagnosi.
Sono in fase 2 o 3 studi di altri traccianti dell’Alzheimer.
Primary or secondary prevention
for AD: who cares? Lancet Neurology 2012;11:661.
Lettera di commento all’Editoriale del Luglio su Lancet Neurology relativo alla
sperimentazione clinica con anticorpo monoclonale anti amiloide (crenezumab)
in portatori di una mutazione della Presenilina 1 (PSEN1 E280A) causa di
malattia Alzheimer a insorgenza precoce. La lettera è utile perché sottolinea
le scarse conoscenze attuali sul meccanismo patogenetico dell’Alzheimer:
accumulo di amiloide o ipotesi alternative come il coinvolgimento della
proteina Tau? Il successo della sperimentazione clinica favorirebbe l’ipotesi
amiloide, ma limitatamente a questa mutazione non alla stragrande maggioranza
di pz sporadici.
The
Ethics of Early Evidence — Preparing for a Possible Breakthrough in Alzheimer’s
Disease. NEJM
2012;367:488. Un grande passo in avanti nella cura dei pazienti
può porre problemi etici. Da una ricerca nel topo (Preclinical Success against Alzheimer’s Disease with
an Old Drug. NEJM 2012;367:570)
risultano effetti strabilianti nella terapia dell’Alzheimer (riduzione
>50% delle placche beta-amiloide dopo 72 ore, rilevante miglioramento
neurologico, cognitivo, sociale e dell’olfatto), anche se con minori effetti
nell’animale anziano, usando un farmaco (bexarotene) approvato
per un’altra patologia (forma cutanea del linfoma non-Hodgkin).
Problemi: se la famiglia di un pz con Alzheimer in fase terminale chiedesse al
curante di prescriverlo off-label anche senza sapere se il risultato verrà
confermato da altri? E se fosse provata l’efficacia nei primi pochi pz? Il
farmaco ha effetti collaterali e quindi nella prima ipotesi la Perspective è
ferma nel sostenere che tale farmaco non vada prescritto. Nella seconda ipotesi
invece la scelta è più difficile e pochi sceglierebbero di attendere i
risultati di una sperimentazione clinica appropriata. Ma quello che rende la
situazione complicata, rispetto a altre terapie off-label è il fatto che
l’Alzheimer è molto frequente e quindi la scelta di usare il Bexarotene non
sarebbe più limitata al rapporto medico-pz (famiglia) ma avrebbe coinvolgerebbe
l’intera società. La FDA, con le terapie anti HIV, ha adottato un sistema
flessibile con sperimentazione clinica ma anche terapia open-label (non a
doppio cieco). Comunque “It is
still extremely premature to believe that an effective treatment for
Alzheimer’s disease in humans has been found, but it is not premature to plan
for such a possibility” (stemo a vèdere, ndr).
Stopping
Alzheimer’s Before It Starts. Science 2012;337:790. Three new clinical trials expected to begin next
year will attempt to prevent dementia by treating people at risk for the
disease before they develop symptoms. Questa Newsfocus presenta una famiglia con una AD a
trasmissione AD a inizio precoce (38-50 anni). In tutto il mondo ci sono 500
famiglie con una forma familiare di AD, e quando c’è la mutazione ci sarà anche
la malattia. Nello scorso decennio ci sono state più sperimentazioni
terapeutiche, alcune cessata nella loro fase terminale come quella della
Pfeizer con bapineuzumab
terminata in quanto senza effetto clinico, forse perché iniziate troppo tardi.
Sono state pianificate per il 2013 tre nuove sperimentazioni cliniche per la
prevenzione, non la cura, dei segni, tutte centrate sull’accumulo di amiloide:
una del consorzio Dominantly Inherited
Alzheimer Network (DIAN)(vedi sopra NEJM)(240 membri di famiglie con AD
precoce, di cui 60 con mutazione di uno dei tre geni noti, tre terapie
antiamiloide da definire)(Washington University School of Medicine, St. Louis),
una seconda Alzheimer’s Prevention
Initiative (API)(300 membri, inclusi 100 portatori di mutazione PSEN1, terapia con Crenezumab-
Genentech)(Colombia)(dove la malattia è chiamata “la lobera”, una terza Anti-Amyloid
Treatment of Asymptomatic Alzheimer’s (A4)(1500 anziani sani inclusi 500 con
accumulo di amiloide alla RM cerebrale, terapia antiamiloide da definire).
Silver
Lining in Alzheimer’s Trial? Science
2012;337:1026. Una delle terapie proposte, l’uso di un anticorpo
dell’amiloide (solanezumab della
Eli Lilly &Co), che sembrava non rallentare il declino cognitivo in due
sperimentazioni con più di 2000 persone con Alzheimer di media entità, ora alla
lunga sembra avere qualche effetto. Per questo i pz sono ora in una nuova
sperimentazione tipo open-label con tale farmaco.
Liver X receptor β protects dopaminergic neurons in a mouse model of
Parkinson disease. PNAS 2012;109:13112. M. Parkinson, frequente e
progressive m. neurodegenerative caratterizzata da micro- e astrogliosi,
degenerazione dei neuroni dopaminergici, presenza di corpi Lewy e accumulo di α-synucleina
nella sostanza nigra. La terapia attuale ne allevia i segni progressione ma non
blocca la progressione e a lungo andare comporta importanti effetti
collaterali. Le cause sono non note. A parte alcune rare forme monogeniche, si
ritiene vi sia una componente genetica associata a fattori tossici infiammatori
con produzione di molecole neurotossiche (il controlli dell’infiammazione è
attualmente un bersaglio terapeutico) e una disfunzione mitocondriale. Esiste
un modello animale sperimentale di Parkinson con l’uso di una sostanza (1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina)(MPTP),
che penetra selettivamente nei neuroni dopaminergici (coinvolti nella PD) dove
inibisce il complesso I mitocondriale (http://limpe.it/2004/poster/pag%5B1%5D.%208.pdf) producendo anomalie biochimiche
e istopatologiche parkinson-simile. Gli AA hanno verificato nel modello animale
l’effetto di agonisti di recettori, membri della superfamiglia di fattori di
trascrizione ligando-attivati, Liver X receptors (XRβ), che svolgono un ruolo
essenziale nel topo nel mantenimento dei motoneuroni spinali e dei neuroni
dopaminergici della sostanza nigra. Nel topo XRβ -/- il trattamento
con MPTP ha provocato un danno significativamente maggiore rispetto ai
controlli dei neuroni dopaminergici della sostanza nigra con gravi alterazioni
della microglia e degli astrociti. La somministrazione di agonisti XRβ nei topi
wild type trattati con MPTP ha avuto un rilevante effetto protettivo. Una
possibile terapia quindi per il Parkinson.
***
Epigenetic mechanisms in neurological disease. Nature
Medicine 2012;18:1194.
Review sulla “epigenetica neurologica”. L’ontogenesi cerebrale dipende in buona
misura dal rimodellamento cromatinico e dalla corretta localizzazione dei
marcatori epigenetici. Decine di sindromi neurologiche riguardano geni che
codificano DNA metiltrasferasi e enzimi modificatori istonici o le loro
proteine “lettrici” (da ATRX, alla Rubinstein-Taybi, alla s. Kleefstra, s. Sotos,
s. Coffin-Lowry, s. Rett e altre). Ma anche per alcune malattie
neurodegenerative dell’adulto a lenta evoluzione vi sono evidenze dell’importante
ruolo svolto dai meccanismi epigenetici nella loro evoluzione, dal Alzheimer,
al Parkinson alla c. Huntington. Questo è rilevante per la comprensione della
fisiopatologia di queste frequenti patologie che ci affliggono, ma anche perché
questo conoscenze potrebbero portare all’individuazione di nuove terapie (vedi
ad es. The sirtuin SIRT6 regulates lifespan in male mice
Nature 2012;483:218, citato nelle spigolature del Marzo 2012; An epigenetic
blockade of cognitive functions in the neurodegenerating brain. Nature 2012;483:222, citato negli
articoli di interesse sempre del Marzo 2012). Interessante nella Review anche la
Table 2 “Chromatin-modifying drugs as potential therapies for neurological
disease”, con 8 diversi possibili farmaci. Come
sempre queste review: ottima.
Fingolimod, a sphingosine-1 phosphate receptor
modulator, increases BDNF levels and improves symptoms of a mouse model of Rett
syndrome PNAS 2012;109:14230. Il fattore neutrofico di derivazione
cerebrale (BDNF) è
un fattore di crescita presente nel SNC e è necessario per la funzione
cerebrale post-natale. L’uso di questo neuroprotettore o di un suo agonista,
(tropomiosina chinasi B, TrkB) recettore che media gli effetti trofici di BDNF
è stato applicato nei modelli animali di Alzheimer. Nel topo con delezione Mecp2,
un gene mutato frequentemente nella sindrome Rett (grave e progressiva malattia
neurologica)MIM #312750), manca il significativo aumento di BNDF postnatale e è
quindi un buon modello per testare sostanze che ne aumentino i livelli e per
verificare se questo comporta miglioramenti fenotipici-comportamentali. E’
stato usato un farmaco (Fingolimod) che passa la barriera emato-encefalica, già
approvato per la terapia delle ricadute della sclerosi multipla con effetto
immunologico cellulare, che attiva il pathway MAPK in culture di astrociti e
oligodendrociti, per verificare se la sua somministrazione aumenti i livelli di
BDNF e se ha effetto positivo sui sintomi del topo con delezione Mecp2. Nei
topi mutati trattati è stato osservato un incremento dei livelli di BDNF dello
striato tramite il pathway MAPK, un aumento del suo volume e una migliore
attività locomotoria dell’animale. Oltre agli altri effetti che questo farmaco
ha sembra quindi che acceleri in generale la riparazione neuronale e migliori
la funzione del SNC in malattie con bassi livelli di BNNF.
Atp6v0a4 knockout mouse is a model of distal renal tubular
acidosis with hearing loss, with additional extrarenal phenotype PNAS
2012;109:13775. La
regolazione fine dell’equilibrio acido-base, essenziale per le funzioni metaboliche
dell’organismo, è mantenuta dal rene con il riassorbimento dei bicarbonati nel
tubulo prossimale e una combinazione di escrezione di acidi e di generazione di
bicarbonato nel nefrone distale. L’acidosi tubulare renale può essere
prossimale o distale. La RTA distale (RTAd) è caratterizzata da acidosi
metabolica, alcalinità inappropriata delle urine, ipopotassemia, ipercalciuria,
ipocitraturia e nefrocalcinosi; può essere una malattia acquisita (autoimmune,
s. Sjögren) o monogenica: AD meno grave della recessiva da mutazione SLC4A1AD,
la recessiva (rdRTA) è precoce, grave associata a deficit di crescita e
rachitismo e talora a ipoacusia NS da mutazione di ATP6V1B1 o ATP6V0A4. I topi Atp6v1b1-/-
non hanno acidosi né sordità, mentre quelli Atp6v0a4-/- hanno un
fenotipo simile a quello umano, con grave sordità, ridotto odorato e non
sopravvivono senza terapia alcalinizzante, che può essere sospesa dopo lo
svezzamento, anche se il topo rimane in acidosi con urine alcaline. Gli Hz
(Atp6v0a4+/-) sono normali ma sotto carico acido vanno più
facilmente in acidosi rispetto ai Atp6v0a4wt. Questo è un buon modello animale
per la comprensione dei complessi meccanismi di regolazione acido-basica a
livello renale.
A microRNA network regulates expression and biosynthesis
of wild-type and ΔF508 mutant cystic fibrosis transmembrane conductance
regulator. PNAS 2012;109:13362. La produzione di proteine
funzionali richiede un processo a tappe multiple, con trascrizione genica e modificazioni
post-traduzione in cui hanno un ruolo per oltre il 60% dei geni anche microRNA
(piccoli RNA non codificanti). La FC è una malattia frequente di cui si conosce
il gene (CFTR) da decenni, ma è ancora poco conosciuto come questa proteina sia
regolata. E’ stato identificato un miRNA (miRNA-138) che è altamente espresso
nelle colture di epitelio respiratorio umano e che regola l’espressione di
CFTR; nelle colture trattate con questo miRNA si osserva un aumenta del
prodotto CFTR, il cui prodotto aumenta dopo trattamento con tale miRNA che
determina anche un aumento della permeabilità transepiteliale Cl-. L’uso
di miR-138 anti-miR ottiene l’effetto opposto. La manipolazione del network
miRNA se è presente la più frequente mutazione nell’uomo di CFTR, la ΔF508 che
determina un misfolding della proteina e causa un grave fenotipo, migliora la
biosintesi di CFTR-ΔF508 e migliora il trasporto di cloro dell’epitelio delle
vie aeree con la mutazione in omozigosi. Lo spunto
per una nuova terapia.
Bodywide skipping of exons 45–55 in dystrophic mdx52
mice by systemic antisense delivery. PNAS 2012;109:13763. La m. Duchenne (DMD), la più comune
distrofia muscolare, è dovuta in buona parte dei casi a una delezione frameshift
o a una mutazione nonsenso del gene. Una forma clinicamente più lieve (m.
Becker –BMD- è dovuta a una delezione in-frame dello stesso gene che consente
una discreta espressione della proteina troncata di una parte intermedia. La
terapia promettente è l’uso di oligonucleotidi
antisenso che cambiano il pattern di splicing (AO)(vedi sono in corso
sperimentazioni cliniche, vedi Giugno Settembre 2011 Lancet 2011;378:595/546. Exon-skipping therapy for Duchenne muscular
dystrophy, citato nella selezione di articoli del Giugno-Settembre 2011), ma
che pone problemi tecnici non indifferenti.
Una soluzione potrebbe essere quella di indurre uno
skipping degli esoni 45-55, che includono una buona parte di sedi mutazionali
(63% dei pz DMD con delezione), perché sappiamo che la delezione degli esoni
45.55 clinicamente è lieve o asintomatica (geniale! Ndr). Nel lavoro la
somministrazione via IM o sistemica di una miscela di sequenze di oligomeri phosphorodiamidate
morpholino (PMO) in topi Duchenne da delezione dell’esone 52 del gene (mdx52)
ha indotto uno skipping dei 10 esoni, una generalizzata espressione di
distrofia a livello del sarcolemma dei muscoli scheletrici, un miglioramento
istopatologico e della forza muscolare senza alcun effetto tossico.
Animal models of multiple sclerosis: the good, the bad
and the bottom line. Nature Neuroscience 2012;15:1072. Ottima Perspective sulla sclerosi multipla, una malattia infiammatoria
demielinizzante del sistema nervosa centrale, nota da almeno 50 anni (forse da
500),
(http://ms-society.ie/pages/historical-overview/),
sporadica, ritenuta da cause ambientali maldefinite con una altrettanto
maldefinita base genetica. E’ frequente (2.5 milioni di persone affette al
mondo), ha inizio tra i 20 e i 30 anni, interessa prevalentemente il sesso
femminile (60-70%), è una patologia cronica con anche lunghe remissioni, a
decorso imprevedibile ma comunque con grave compromissione dello stato di
salute e con un peso economico e sociale non indifferente. Di nuovo sono stati
identificati alcuni fattori ambientali (carenza vitamina D, infezione da virus
Epstein-Barr), genetici (mediante studi di associazione dell’intero genoma) che
sottolineano il ruolo di fattori immunitari, come altre patologie infiammatorie
organo specifiche (artrite reumatoide, malattia infiammatoria intestinale) e utili
indicazioni terapeutiche di prima e seconda scelta. Ottima la tabella degli
stadi clinici con clinica, patogenesi e terapia. Patologia tipicamente umana, non vi sono malattie
spontanee simili in altre specie. Il modello animale è stato ottenuto per caso
con una encefalomielite autoimmune sperimentale nelle scimmie, ratti e topi.
Buon modello per la comprensione dei meccanismi patogenetici ma poco utile per
verificare eventuali terapie. Vi sono altri modelli animali e varie ricerche in
corso, ma la complessità delle interazioni tra i vari i meccanismi patologici,
che interessano l’infiammazione, l’immunità, la demielinizzazione e la
mielinizzazione rendono tuttora difficile la comprensione del loro ruolo
soprattutto nella progressione della malattia.
TNF receptor 1 genetic risk mirrors outcome of anti-TNF
therapy in multiple sclerosis. Nature 2012;488:508. L’analisi con GWAS di ricerca
di loci associati a MS ha indicato un locus associato; (TNFRSF1A), che codifica
per il recettore 1 del fattore di necrosi tumorale (TNFR1), non segnalato da
analisi di altre malattie autoimmunitarie. In questo lavoro è stato studiato un
SNP del gene, tramite studi funzionali questo allele esprime una nuova forma
solubile di TNFR1 che può bloccare il Fattore di necrosi umorale (TNF). Questo
è in accordo che l’esperienza che l’uso di farmaci TNF-antagonisti, usati per
altre malattie autoimmuni, può promuovere o esarcerbare la MS. Gli AA
concludono che l’analisi GWAS potrebbe in alcuni casi suggerire la scelta
terapeutica più appropriata per le comuni malattie.
Mutations in the profilin 1 gene cause familial amyotrophic
lateral sclerosis. Nature 2012;488:499 ). Malattia neurodegenerativa a
esordio tardivo con circa 10% dei casi familiari a trasmissione AD (molto rara
la AR) geneticamente molto eterogenea (quasi 20 malattie, con 20% da mutazione
SOD1). Nel 50% dei casi la causa rimane sconosciuta. Il sequenziamento esonico
in 2 famiglie con più affetti da ALS ha identificato due diverse mutazioni del
gene Profilina 1 (PFN1) che svolge un ruolo cruciale nella conversione della
actina (G) monomerica alla actina filamentosa (F)(le actine sono microfilamenti
intracellulari). L’estensione a altri pz con ALS familiare ha consentito di identificare
diverse mutazione in 5 famiglie su 272. Questa osservazione documenta il
contributo delle anomalie del citoscheletro nella patogenesi di ALS.
ExomeCapture Reveals ZNF423 and CEP164 Mutations,
Linking Renal Ciliopathies to DNA Damage Response Signaling. Cell
2012;150:533. La
Nefronoftisi (NPHP) è le più frequente causa monogenica (AR) di patologia
cistica renale che porta a insufficienza terminale dell’organo sotto i 30 anni.
Le ciliopatie con NPHP (NPHP-RC) sono diverse malattie genetiche AR (NPHP da 1
a 13)(vedi per sintesi MIM #216500) con interessamento renale, retinico,
cerebrale e epatico a insorgenza prenatale o con degenerazione dell’organo con
fibrosi nell’adulto. I prodotti genici sono espressi a livello delle cilia
primarie, del loro corpo basale, del centrosoma e del fuso mitotico (vedi
review su NEJM 2011;364:1533) caratterizzandole come ciliopatie retino-renali.
Ma nel 50% dei casi di NPHP-RC la causa non viene riconosciuta (vedi anche CEP41 is mutated in Joubert syndrome and is required for
tubulin glutamylation at the cilium. Nat Genetics 2012;44:193 e Evolutionarily Assembled cis-Regulatory Module at a Human Ciliopathy Locus.
Science 2012;335:966)(segnalati
negli articoli del Febbraio 2012).
Usando la mappatura per omozigosi e il sequenziamento esonico in famiglie con
NPHP-RC sono state identificate mutazioni in 3 diversi geni, MRE11 (1 famiglia,
fenotipo con degenerazione cerebellare), ZNF423 (3 famiglie, s. Joubert) e
CEP164 (4 famiglie su 856 con NPHP, variabile da grave s. Meckel a lieve) che
portano a concludere per il coinvolgimento di un nuovo pathway di segnale (DNA
Damage Response)(DDR) nella patogenesi di NPHP-RC. Il knockdown di CEP164 o di
ZNF423 determina particolare sensibilità cellulare a agenti che producono danni
del DNA e che il knockdown di cep164 nello zebrafish sregola il pathway DDR e
causa un fenotipo NPHP-RC simile.
In conclusione: il coinvolgimento del pathway DDR con
alterato controllo del checkpoint del ciclio cellulare può spiegare alcuni
segni clinici delle NPHP-NC compresi i segni di degenerazione e prematuro
invecchiamento di organi diversi.
Mutation of plasma membrane Ca2+ ATPase isoform 3 in a
family with X-linked congenital cerebellar ataxia impairs Ca2+ homeostasis. PNAS
early edition 2012 /10.1073/pnas.1207488109. Ginevra Zannini (primo autore) e altri gruppi di
ricerca italiani e tedeschi pubblicano un lavoro in una famiglia con due maschi
affetti da atassia congenita XL non progressiva e senza deficit intellettivo
(AJMG 2000;92:53), in cui è stata trovata una mutazione del gene PMCA3, che fa
parte della famiglia delle Ca2+ATPasi, pompe di membrana che regolano il flusso
di membrana del calcio. La mutazione, missenso, è stata identificata con
sequenziamento esonico. La regolazione dello ione calcio è cruciale per lo
sviluppo, funzione e sopravvivenza dei neuroni che a riposo hanno livelli di
calcio libero 4 volte meno del medium esterno. Il gene PMCA3, che codifica tre
isoforme, è altamente espresso nel cervelletto, soprattutto nei terminali
presinaptici delle fibre parallele delle cellule Pukinje. La mutazione in
cellule HeLa provoca una ridotta capacità di estrusione del calcio dalla
cellule e quindi un alterato controllo della sua omeostasi.
Autistic-like behaviour and cerebellar dysfunction in Purkinje
cell Tsc1 mutant mice. Nature 2012;488:647. Il coinvolgimento cerebellare
nell’autismo, secondo recenti ricerche, è documentato da perdita di cellule
Purkinje studi postmortem e dal fatto che danni cerebellari isolati sono
associati a tale patologia neurocomportamentale. Nella Sclerosi tuberosa,
malattia AD da mutazione di uno dei due geni noti (TSC1 o TSC2) i cui prodotti
regolano negativamente mTOR (mammalian target of rapamicin), vi possono essere lesioni cerebellari che sembrano
correlate con la sintomatologia autistica. Gli autori studiano un modello
murino di TSC1 in cui inducono una delezione di Tsc1 nelle cellule Purkinje; il
risultato è una normale architettura cerebellare con una netta riduzione del
numero delle cellule Purkinje e con anomalie assonali con inizio dal 2° mese di
vita extrauterina. Il topo in eterozigosi o omozigosi per delezione TSC1 nelle
cellule Purkinje ha comportamenti autistici, ma se lo si tratta con rapamicina,
inibitore mTOR, se ne prevengono le anomalie cerebellari e i comportamenti
autistici.
Astrocyte dysfunction triggers neurodegeneration in a
lysosomal storage disorder. PNAS 2012;109:e2334. Un altro gruppo italiano (A.
Ballabio) ha studiato il meccanismo patogenetico del difetto multiplo di
solfatasi (MSD)(MIM #607939), malattia lisomiale da accumulo dovuta a mutazione
del gene SUMF1 (sulfatase
modifying factor 1), il cui prodotto è necessario per il turnover e la
degradazione dei composti fosfati. Nel topo con delezione del gene (Sumf1−/−)
negli astrociti vi è un grave accumulo lisosomiale che da solo è in grado di causare
degenerazione dei neuroni corticali. La delezione del gene anche nei neuroni e
nella glia provoca una diffusa neurodegenerazione associata a una
neuroinfiammazione. Interessante il confronto del fenotipo comportamentale dei
topi con delezione del gene solo negli astrociti e dei topi con delezione anche
nei neuroni, che mette in evidenza un fenotipo correlato alla sola disfunzione
astrocitaria. Questi dati potrebbero essere utili per future strategie
terapeutiche.
Reproductive
Technologies and the Risk of Birth Defects. NEJM 2012;367:874. Lettere di
commento/puntualizzazione all’articolo su un fascicolo precedente (Reproductive
technologies and the risk of birth defects. NEJM 2012;366:1803) sui rischi
della riproduzione assistita in cui si era concluso (vedi Articoli di interesse
del Maggio 2012) che non vi è incremento di rischio di figli con difetti
congeniti per la fecondazione in vitro, qualche rischio per l’ICSI. L’infertilità
da sola, comunque, anche senza PMA è significativamente associata a difetti
congeniti.