Scelta di articoli di Genetica Clinica/Umana pubblicati nel Dicembre 2012 nelle seguenti riviste: Lancet, Lancet Neurology, Nature,
Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews
Neuroscience, NEJM, PNAS, Science & Cell. New entry: Genetics in
Medicine.
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Chromosomal Microarray versus Karyotyping for Prenatal
Diagnosis. NEJM 2012;367:2175. Analisi comparativa dei risultati genetici
prenatali applicando l’es. cromosomico vs microarray (71% Agilent) in 4.340 campioni di tessuto fetale (metà CVS e
metà LA)(88% degli array su DNA da tessuto non coltivato), con indicazione di
età materna avanzata (47%), rischio aumentato da screening della Tri21 (19%),
anomalie ecografiche (25%) e altro (9%) (ClinicalTrials.gov number,
NCT01279733). Nessuna sorpresa, solo
grandi numeri. Es. cromosomico: aneuploidie comuni autosomiche nel 7.4% e
gonosomiche nell’1.3%. Microarry (CNV considerata patogena: se interessa una
sede una regione associata con nota entità clinica (indipendentemente dalle
dimensioni), >1 Mb in regione
pericentromerica o subtelomerica o <1 Mb ma contenente
un gene (o parte) coinvolto in una nota sindrome cromosomica o di una malattia
mendeliana. Risultati: confermate tutte le aneuploidie, alcune in mosaico non
rilevato con la classica citogenetica, così pure identificate tutte le anomalie
strutturali (1 in mosaico). Feti con cariotipo normale: 35% CNV ritenute
benigne, 0.9% sicuramente patogene, 1.8% potenzialmente benigne e 1.6% potenzialmente
di significato clinico, per un totale di CNV patogene (o prob. tali) del 2.5%,
ma con frequenze diverse a secondo dell’indicazione (1.6-1.7 per età mat
avanzata o screening Tri21 positivo, 6% per anomalie ecografiche strutturali o
di crescita). Le CNV sono state controllate poi con FISH. Array efficace ma con
3.4% (130 of 3822) dei casi con cariotipo normale di incertezza, ma con la revisione attuale (lo studio è iniziato nel 2008) e con le maggiori conoscenze che ora abbiamo questa proporzione di riduce all’1.5%. Altro dato importante molte CNV considerate patogene sono piccole con fenotipo molto variabile e questo rende difficile la consulenza genetica perché in questa popolazione (come sappiamo per alcune anomalie cromosomiche come 47,XXY ad es., ndr) non sono applicabili le conoscenze della storia naturale della condizione basandosi su casi sintomatici identificati dopo la nascita.
Conclusione: sembra (occorrono altri studi) che vi siano elementi per proporre l’analisi array per tutte le gravidanze per il rischio di 1:60 (1.7%) di anomalia genomica fetale per le varie indicazioni, non considerando ovviamente quella della presenza di anomalie morfologiche fetali (6%).
NB: Agilent e Affimetrics hanno fornito gratis i kit Array e i reagenti e hanno preparato gli operatori.
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Karyotype versus Microarray Testing for Genetic
Abnormalities after Stillbirth. NEJM 2012;367:2185. Documento del
network di ricerca del nato morto (decesso dopo le 20sg, frequenza 1:160 nati)
di Eunice Kennedy
ShriverNational Institute of Child Health and Human Development (NICHD) USA. Si
pensa, ma prob. è una sottostima, che il 6-13% dei nati morti abbia un’anomalia
cromosomica. Il documento riporta il risultato dell’analisi anamnestica,
dell’esame autoptico, cromosomico e di array-SNP di 532 nati morti. Le CNV di
almeno 500 kb, escluse quelle conosciute come clinicamente non significative,
sono state classificate come probabilmente benigne, di significato clinico non
noto o causa di malattia.Sono stati analizzati tessuti fetali e placentari nel 30% dei nati morti, nel 58% solo fetali e nel 12% solo placentari. L’esame cromosomico è riuscito nel 70% dei casi, e nell’8.3% è risultato positivo (Tri21, Tri18, monosmia X, altre anomalie dei gonosomi, dup2(q37), del18(q22) e in 3 un mosaico placentare. L’analisi con microarray è riuscita nell’87% dei casi. Nell’85% non sono state individuate varianti o erano <500 kb o erano note come probabilmente benigne. Osservate nel 7% dei casi aneuploidie, nel 2.6% varianti patogene e nel 5.4% varianti di significato incerto, un incremento del 42% rispetto all’esame cromosomico. Dei 157 nati morti di cui non è stato possibile conoscere il cariotipo l’80% ha avuto la risposta con array: 74% normale, e 6% con aneurploidia o CNV patogena. Interessante anche il confronto tra esame cromosomico e array: 25 nati morti di 29 hanno avuto la conferma dell’anomalia cromosomica con array, sfuggiti all’array 2 mosaici a basso livello (<10%), in tre i referti cromosomi e array differivano. Nel sottogruppo di nati morti antepartum è stata osservata un’anomalia cromosomica in quasi il 10%, all’array le anomalie genomiche (aneuploidie o varianti patogene) erano presenti nel 10,2% con un ulteriore 6.2% di varianti di significato non noto. Nel caso di nati morti con malformazioni (14.2%) identificate all’autopsia il 29% avevano un’anomalia cromosomica, mentre all’esame array sono stati identificati nel 28.3% di aneuploidie, 5% CNV patogene e 5% di varianti di significato ignoto. Quindi con array-SNP maggior probabilità di avere un risultato rispetto al cariotipo con una detection rate maggiore. L’ideale sarebbe applicare ambedue (per escludere le poco probabili traslocazioni bilanciate e i mosaicismi).
Punto debole di questo lavoro, come dicono gli stessi AA: non è stato possibile analizzare i genitori per stabilire se la familiarità o meno delle CNV di significato incerto (punto importante, come noto, ndr).
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Clinical Diagnosis by Whole-Genome Sequencing of a
Prenatal Sample. NEJM 2012;367:2226. La diagnosi prenatale citogenetica
identifica in circa 1:2.000 casi la presenza di una traslocazione reciproca
bilanciata de novo che comporta un
rischio empirico del 6.1% di malformazioni, anomalia strutturale che se
veramente bilanciata sfugge all’analisi con array-CGH (le anomalie fenotipiche
sono dovute all’interruzione di un gene sensibile all’effetto dose o a uno
sbilanciamento, solo quest’ultimo visibile con l’array, che se negativo riduce
quindi il rischio di malformazioni senza però annullarlo, ndr). Caso clinico:
gravidanza da fecondazione in vitro (aborti ripetuti, non gravidanze a termine)
con normale screening ecofetale e genetico (?) del primo trimestre. In
19 sg diagnosticata anomalia cardiaca (VD ipoplasico e atresia della
tricuspide); “A pediatric cardiology review included the consideration of two
or three surgeries for possible palliation, as well as pregnancy termination”
(e il medico genetista? Perchè
non è stato fatto l’es. cromosomico, che peraltro è indicato proprio nelle
gravidanze da fecondazione in vitro?
ndr). La gravidanza è continuata con segnalazione di aumento di LA in 27 sg e
poi, in 30 sg, di franco polidramnios accompagnato da probabile atresia
esofagea, micrognazia e flessione delle estremità suggerendo la “diagnosi” di artrogriposi,
di s. Stikler o di trisomia 18
(evidentemente questa è la DD del cardiologo, ndr). Fatta amnioriduzione
terapeutica con es. cromosomico “d’occasione” (GTG) che ha individuato una
traslocazione rcp bilanciata de novo t(6;8)(q13;q13).
La RM fetale ha completato il quadro clinico (conferma del sospetto di atresia
esofagea, microstomia con labbro superiore sporgente, anomalie della
deglutizione con lingua protrusa, anomala posizione fetale con avambraccia e
ginocchia flesse, anche abdotte e mani flesse sui polsi). L’array-CGH è
normale. TC per assenza di movimenti fetali in 36 sg e diagnosi neonatale di s.
CHARGE. Il b. è poi deceduto a 10 giorni. DNA estratto da LA e analizzato con
la tecnica NGS (large-insert,
paired-end) che conferma la diagnosi da interruzione del gene CHD7 in 8q12.2
(la citogenetica indicava q13) (l’articolo poi prosegue con discutibili
considerazioni sul perché non hanno fatto prima la diagnosi, ndr).
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Application of
Genomic Technology in Prenatal Diagnosis. NEJM 2012;367:2249. Editoriale
sullo stesso fascicolo degli articoli precedenti. Riassume bene i tre lavori e
sottolinea alcuni aspetti discussi in varie occasioni (anche a Roma lo scorso
10 Dicembre nella riunione congiunta dei GdL SIGU di Genetica Clinica e Citogenetica).
Tra questi i CNV di significato incerto o quelli con fenotipo variabile,
sottolineando l’opportunità di un database delle CNV internazionale e,
considerazione spesso trascurata, il follow-up dei casi osservati. E
l’incapacità degli array di identificare le anomalie di struttura cromosomiche
bilanciate, i marcatori in mosaico ecc. Sottolinea i vantaggi/benefici degli
array prenatali a seconda dell’indicazione all’esame, nel caso di anomalia
fetale ecografica o come screening per età materna o rischio Tri21. E,
importante, la necessità che via sia una consulenza prima e dopo il test con
array (come dovrebbe essere per tutti i test genetici, ndr) fornita da
competenti (genetic counselor o genetista)(a Roma c’è stata una accesa
discussione su quale genetista)(vedi anche nelle Spigolature A large
health system’s approach to utilization of the genetic counselor CPT_ 96040 code. Genetics in Medicine 2011;13:1011). Dietro
l’angolo c’è il NGS postnatale e, paurosamente (ndr), il prenatale.
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Digenic
inheritance and Mendelian disease. Nature Genetics 2012;44:1291. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Digenic inheritance of an SMCHD1 mutation and
an FSHD-permissive D4Z4 allele causes facioscapulohumeral muscular dystrophy
type 2. Nature Genetics pg. 1370)
sull’eredità digenica nelle malattie mendeliane, in particolare sulla Distrofia
Muscolare Facio-scapolo-omerale, una delle più comuni distrofie genetiche
muscolari caratterizzata da perdita progressiva della muscolatura facciale, dei
cingoli e delle braccia, con ampia variabilità fenotipica (MIM 158900). Vi sono
due forme FSHD, con uguale fenotipo: FSHD1 e FSHD2 (o FSHD1B). In ambedue c’è
una ipometilazione del DNA con livelli ridotti di eterocromatina repressiva
(rilassamento cromatinico) dell’allele D4ZA localizzato in 4q35. Nella FSHD1, più frequente, c’è un ridotto numero di ripetizioni in tandem del microsatellite D4Z4 (nella popolazione normale sono 10-100, mentre nella FSHD1 sono 1-10), che fa esprimere il gene incluso DUX4 (double homeobox protein 4, che codifica un segnale di poliadenilazione)(una sua copia è presente in ogni ripetizione). L’espressione ectopica di DUX4 causa derepressione e sopraepressione di geni delle cellule staminali e germinali, che portano all’apoptosi.
Nella FSHD2 invece, in cui vi è una significativa ipometilazione di D4Z4 ma con normali sequenze ripetute, è poco chiara la base genetica e la trasmissione. Nel lavoro tramite sequenziamento dell’intero esoma è stata individuata in 4 famiglie su 5 con FSHD2 una variante potenzialmente patogena in eterozigosi di SMCHD1 (locus in 18p11) che cosegrega con l’ipometilazione D4Z4 o una sua mutazione de novo in casi (n° 2) con ipometilazione sporadica e FSHD2. La mutazione di SMCHD1, che è un membro della famiglia delle proteine di conservazione strutturale cromosomica- SMC, agisce quindi come un modificatore epigenetico dell’allele D4Z4 e contribuisce al fenotipo FSHD2.
Di rilevante, oltre alla definizione della base genetica di FSHD2, la possibilità che mutazioni di SMCHD1 modifichino il controllo epigenetico di altre regioni genomiche e la penetranza di altre malattie genetiche. Nel commento brevemente si fa cenno di altre malattie digeniche (una forma di retinite pigmentosa, s. Bardet-Biedl, Ciliopatie e CNV come s. TAR).
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Down syndrome: the brain in trisomic
mode. Nature
Reviews Neuroscience 2012;13:844.
(Un errore comune che facciamo è pensare che sappiamo tutto sulla s. Down, ma è
vero proprio il contrario: è una sindrome praticamente sconosciuta. Nel Triveneto ha una prevalenza neonatale
1:1000, se includiamo anche le IVG 1:770, ndr). Cominciamo solo ora a capire
che lo sviluppo cerebrale e cognitivo in questa condizione non sono dovuti solo
al sovradosaggio di alcuni geni sensibili all’effetto dose localizzati sul
cromosoma 21, ma anche alla sregolazione di elementi non codificanti con
alterata espressione di geni non sul cr. 21 e a effetti epigenetici. Questa
review presenta le scoperte più recenti e importanti dei fenotipi cerebrali
nella SD e i meccanismi che li determinano e come queste nuove scoperte possano
essere usate per curare il deficit cognitivo dei soggetti con questa
condizione. Cominciamo con le descrizioni: è caratterizzato da un profilo
diseguale di memoria di lavoro con compromissione maggiore della memoria sia di
breve che di lungo termine, più quella verbale termine rispetto alla
visuo-spaziale (vedi anche Genetic and environmental vulnerabilities in
children with neurodevelopmental disorders. PNAS 2012;109:17261 con lo stimolo
di conoscere meglio il fenotipo cognitivo per una più appropiata )(articoli
interesse Ottobre 2012). La review poi prende in considerazione gli aspetti
fisiopatologici cerebrali, il superamento dell’ipotesi semplicistica della
sindrome da alterato dosaggio genico dei geni cr. 21, il ruolo di miRNA del cr.
21 che sono sovraespressi nell’encefalo con sottoregolazione di geni
possibilmente legati a alcune anomalie, e meccanismi epigenetici e l’alterata
architettura cromatinica nel nucleo. Un altro contributo è stato dato da
modelli animali diversi del topo (esperimenti che datano dagli anni ’70 con
topi trisomici e ora con topi “umanizzati” con extra copia umana e topi
transgenici). E poi il capitolo dai
modelli ai meccanismi e da qui agli approcci terapeutici basati sulla evidenza,
come la terapia dei neurotrasmettitori, l’uso di molecole della neuroplasticità,
la normalizzazione del dosaggio genico nel topo, di geni come come ad es. DYRK1A
incluso della cosiddetta regione
critica della s. Down, anche se sono molto pochi i geni con effetto dose che sappiamo
che contribuiscono a aspetti specifici del fenotipo Down (tanti dati, ma ancora
lontani da capire, ndr).
Two sides of
the coin. Nature Genetics 2012;44:1287. Riassunto stringato dell’Editoriale: Aging parents
transmit an increasing burden of chromosomal aberrations and mutations. There
are also epidemiological correlations between parental age and
neurodevelopmental disorders, including autism. The citation and interpretation
of these two lines of evidence should be carefully evaluated.
Ecco perché:
per l’autismo c’è evidenza (meta-analisi di 16 studi) di una correlazione
positiva, anche se modesta, con l’età dei genitori, anche dopo correzione con
l’età paterna e altri potenziali effetti confondenti, con più figli maschi e
con diagnosi più tardiva. Altri studi rilevano un incremento di mutazioni de novo in soggetti con autismo, più
frequentemente paterni (4:1) con correlazione con l’età paterna. Altri ancora
confermano nei pz con autismo la presenza significativa di mutazioni de novo al singolo nucleotide e un
effetto di età sia paterna che materna. L’editoriale sottolinea che la
correlazione con l’età materna necessariamente non vuol dire genetica ma anche
frutto di fattori ambientali che ora non conosciamo, tant’è vero che
l’ereditabilità dell’autismo nei gemelli sembra sia da ridimensionare.
Risultati contrastanti quindi, stimolo
a pubblicare e a leggere criticamente i risultati (vedi Epidemiology:
Complex disorder. Nature 2012;491:S2)(Articoli Interesse No 2012).
Human
mitochondrial DNA: roles of inherited and somatic mutations. Nature Reviews Genetics 2012;13:828
(co-autore Salvatore Di Mauro). Dal riassunto: mutazioni dei geni dei
mitocondri causano malattie (vedi elenco Box. 1) con fenotipi differenti in
gran parte ereditate dalla madre e dovute a alterazioni del metabolismo
energetico ossidativo. Poi vi sono
difetti secondari del mtDNA, da mutazioni DNA nucleare che interessano geni che
codificano proteine necessarie per la funzione mitocondriale.
Ora risulta
che mutazioni somatiche del mtDNA sono responsabili di caratteri complessi come
le patologie neurodegenerative (soprattutto m. Parkinson
, ma anche m. Alzheimer, m. Huntington, Sclerosi laterale amiotrofica,
Paraplegie spastiche ereditarie), l’invecchiamento e alcuni tipi di
cancro. La review prende in considerazione il ruolo delle mutazioni mtDNA nelle
varie malattie sottolineando l’importanza nei meccanismi che le determinano. Le
malattie mitocondriali primarie sono state erroneamente ritenute rare o
rarissime, ma ora sono considerate frequenti come la DM Duchenne o la Fibrosi
cistica. La review
termina così: “to the question posed in 2000
regarding the phenotypic consequences of mtDNA mutations — ‘are we scraping the
bottom of the barrel?’ — the answer is a definite ‘no”.
Mitochondrial mutation mixtures. Nature
Reviews Genetics December 2012;13). Commento dell’articolo
Variation
in germline mtDNA heteroplasmy is determined prenatally but modified during
subsequent transmission. Nature Genetics
7 Oct 2012. Perchè i fratelli spesso ereditano
dalla madre diverse proporzioni di mtDNA con e senza una mutazione causa di
malattia? Per il timing del “collo di bottiglia” genetico nella linea germinale
femminile (relativamente poche copie di mtDNA che casualmente vanno negli oociti) o per la selezione dei
mitocondri? Grazie ai topi: linee
materne trasmettono mutazioni mtDNA, ma mentre quelle di geni codificanti
proteine sono eliminate in poche generazioni, rimangono quelle dei geni tRNA,
che sono quindi la causa più frequente di malattia mitocondriale. Quindi le
differenze di eteroplasmia nei fratelli si producono durante l’oogenesi (almeno
per le mutazioni tRNAanche se per alcune mutazioni sembra esercitarsi una certa
selezione in epoca più tardiva). Comunque in generale le mutazioni tRNA sono
tollerate durante l’embriogenesi e questo spiega perché siano quelle più frequentemente
coinvolte nelle malattie mitocondriali.
Vedi anche Heteroplasmy of
Mouse mtDNA Is Genetically Unstable and Results in Altered Behavior and
Cognition. Cell
2012;151:333 (Selezione articoli interesse Ottobre
2012).
Leber hereditary optic neuropathy and oxidative stress. PNAS
2012;109:19882. Per le malattie dei mitocondri la
terapia è limitata e carente a causa della complessità delle proteine
strutturali, dei pathway coinvolti e per le scarse conoscenze fisiopatologiche
che ne abbiamo. Le malattie oculari, in particolare la retina, come la
neuropatia ereditaria ottica di Leber (LHON), (da Theodore Leber, Oftalmologo
tedesco che l’ha descritta nel 1871), sono tra le varie malattie mitocondriali
quelle per le quali sono stati fatti progressi perché le strutture che lo
compongono sono facilmente accessibili e controllabili e perché la LHON ha un
interessamento sequenziale (di mesi o anni) degli occhi. LHON (MIM #535000) malattia
mitocondriale con eredità materna da mutazioni missenso di geni del mtDNA che
possono da sole o associate a altre causare la malattia con degenerazione delle
cellule gangliari della retina e del nervo ottico (demielinizzazione e perdita
degli assoni di piccolo calibro del n. ottico, rigonfiamento delle fibre e
anomalie dei mitocondri) che si presenta con improvvisa perdita della visione
centrale in genere in età tra 27 e i 34 anni. Vi sono 3 comuni mutazioni (90%
delle famiglie) con interessamento del complesso enzimatico NADH deidrogenasi,
fondamentale per generare ATP, composto a alta energia. Non è chiaro come si
produce la neurodegenerazione, il lungo tempo di latenza, l’interessamento
specifico retinico e la maggior frequenza nei maschi (M:F 3-8:1 a seconda delle
mutazioni). Per LHON è stato creato un modello di topo (Mouse mtDNA mutant
model of Leber hereditary optic neuropathy. Pg 20065) introducendo la mutazione
P25L del gene ND6 (NADH deidrogenasi, subunità 6, del Complesso I) dimostrando che più
poté lo stress ossidativo che il difetto energetico a provocare nel topo la
LHON. E’ ora possibile osservare la progressione della patologia con il
ripetersi della patologia già nota nell’uomo e l’identificazione di marcatori
precoci della patologia. Conoscenze utili per pensare a una terapia.
Rene policistico (ADPKD)
Aquaretic
Treatment in Polycystic Kidney Disease. Letter NEJM 2012;367:2440. Editoriale
dell’articolo Tolvaptan in Patients with Autosomal
Dominant Polycystic Kidney Disease. Pg 2407 sui risultati di una
una sperimentazione clinica in fase 3 (dopo lo studio dell’efficacia di
una terapia lo studio diventa multicentrico per confermare l’efficacia,
valutare il valore terapeutico, definire il rapporto sicurezza-efficacia
superando l’aspetto della variabilità individuale)( ClinicalTrials.gov number,
NCT00428948) della malattia del rene policistico dominante tipo adulto (ADPKD)(MIM
PKD1 MIM #173900, PKD2 #613095) con le principali manifestazioni di cisti
renali e epatiche e aneurismi
intracranici. E’ la più comune malattia ereditaria renale che porta a insufficienza
prima dei 60 anni in metà dei pz e che costituisce la causa del 10% delle
patologie che portano alla dialisi. Entrambe le proteine coinvolte nell’ADPKD, policistina 1 e policistina 2, sono localizzate nel ciglio primario e sono necessarie nella trasduzione del segnale del flusso del lume tubulare. Nella ADPKD vi è un’incremento di AMP ciclico mediato dalla vasopressina che determina una proliferazione delle cellule epiteliali delle cisti e la secrezione di liquido cistico. Un farmaco, Tolvaptan, è un antagonista selettivo del recettoreV2 della vasopressina e è già in uso nella terapia della iponatremia da inadeguata secrezione dell’ormone antidiuretico (approvato dalla Commissione Europea http://www.adnkronos.com/IGN/News/Aziende_Informano/?id=3.0.3618383814), determina la riduzione di cAMP renale e ha dimostrato in fase 2 un ritardo della progressione della malattia cistica. In un ampio campione di pz con ADPKD (n° 1445), in 3 anni di terapia ha rallentato del 50% l’aumento di dimensioni renali e ridotta la riduzione del taso di filtrazione glomerulare, soprattutto nel primo anno di sperimentazione, anche se alcuni suoi effetti collaterali (sete, polidispsia, poliuria, nocturia, aumento degli enzimi epatici, ipernatriemia e iperuricemia con gotta) hanno portato molti pz a sospendere la terapia. Allora per quali pz con ADPKD è consigliabile la terapia con Tolvaptan? Va pesato e discusso con ogni pz i benefici (posposizione della dialisi e del trapianto, riduzione del dolore renale, minori infezioni urinarie) e degli effetti negativi.
G-protein
signaling modulator 1 deficiency accelerates cystic disease in an orthologous
mouse model of autosomal dominant polycystic kidney
disease. PNAS 2012;109:21462.
Il meccanismo che porta alla formazione delle cisti renali nel ADPKD è
l’espansione e la proliferazione dell’epitelio tubulare dedifferenziato, dovuto
a anomali di espressione di alcuni geni, della polarità cellulare, della secrezione di fluidi,
dell’apoptosi e della matrice extracellulare. Le proteine G (perché legano i
nucleotidi guanilinici) eterotrimetriche (costituite da 3 subunità: α, β, γ) svolgono
una funzione trasduttiva dall’esterno all’interno della cellula attivate da
segnali ormonali o meccanici di recettori di superficie (GPCR) e la Policistina
1 (codificata da PKD1 e mutata nella ADPK1) è un GPCR sulla superficie delle
cellule renali epiteliali che controlla direttamente la Policistina-2
(codificata da PKD2 e mutata nella ADPK2) che è un canale ionico localizzata sulla
membrana ciliare e funziona come sensore meccanico. Quindi le due policistine
regolano molti pathway e mantengono la normale struttura e funzione renale
tubulare.
Vi sono
altre proteine che svolgono una funzione attivante il sistema di segnale delle
proteine G, tra cui G-protein signaling modulator 1 (GPSM1). Nel lavoro è stato
studiato il ruolo di GPSM1nella cistogenesi delle cellule renali epiteliali nel
modello di topo della ADPKD con fenotipo ipomorfico della Policistina-1. Sono
stati incrociati topi ADPKD e topi GPSM1 nulli per vedere l’effetto che fa:
GPSM1 svolge un ruolo importante di controllo della dinamica della progressione
delle cisti e potrebbe essere un bersaglio terapeutico per il trattamento di
questa malattia frequente con un forte impatto sulla vita delle persone affette
e sulla società.
Promotion of
vesicular zinc efflux by ZIP13 and its implications for spondylocheiro
dysplastic Ehlers–Danlos syndrome. PNAS 2012;e3530. Lo zinco, elemento essenziale (cofattore
catalitico o strutturale, media molti processi metabolici), è presente in
concentrazioni molto basse (< nanomolare) nell’organismo e a alte dosi è
tossico. La sua omeostasi è quindi molto ben controllata da due famiglie di
trasportatori, SLC30A/facilitatori di diffusione cationica (CDF)/trasportatori
Z(ZnT) con trasporto di Zn dal citosol all’esterno della cellula o negli
organelli intracellulari e SLC39A/Zrt/Irt-like protein (ZIP) che importano Zn
dall’esterno nella cellula o negli organelli. Nell’uomo vi sono 10 ZnT e 14 ZIP
la cui funzione è poco chiara. Mutazioni
di ZIP13 (SLC39A13) sono responsabili di una forma di Ehlers-Danlos -like, la
Spondilochiero displasica (SCD-EDS)(MIM #612350). Contrariamente a quanto
ipotizzato (le mutazioni di SLC39A13 causano un sovraccarico di Zn nel reticolo
endoplasmico) risulta che il difetto molecolare è invece da deficit di Zn nel
reticolo endoplasmico per il suo intrappolamento nelle vescicole
citoplasmatiche.
Loss-of-function
mutations in IGSF1 cause an X-linked syndrome of central hypothyroidism
and testicular enlargement. Nature Genetics 2012;44:1375
(tra gli AA alcuni italiani dell’IRCCS Cà Granda e IRCCS Auxologico di MI).
L’ipotiroidismo centrale (<1% degli ipotiroidismi) è deficit congenito e
permanente dell’ormone tiroideo dovuto a ridotta secrezione di TSH (ormone
stimolante la tiroide) o ipotalamica del TRH (sistema di rilascio della
tireotropina); la diagnosi è di solito tardiva se non c’è l’identificazione
neonatale mediante screening. Il ritardo di diagnosi comporta deficit
intellettivo e bassa statura. Può essere isolato o associato a altri deficit
ormonali pituitari.
Si
è partiti da una famiglia con un neonato diagnosticato mediante screening
neonatale e un cugino che a 7 anni ha avuto la diagnosi di ipotiroidismo
centrale associato a deficit parziale di GH e di prolattina. All’adolescenza
hanno sviluppato macroorchidismo con normale testosteronemia. Il nonno materno
in comune è risultato avere ipotiriodismo centrale. L’analisi esonica del
cromosoma X ha individuato una delezione di 27 nt del gene IGSF1 in Xq25 nei
due cugini, nel nonno e in un altro maschio con lo stesso fenotipo. Allargano
lo studio a altre famiglie (in totale le famiglie studiate sono 11) non
correlate sono state trovate in totale 8 diverse mutazioni e due delezioni con
fenotipo caratterizzato da ipotiroidismo centrale, macroorchidismo e basse
concentrazioni di prolattina.Topi maschi con difetto di Igsf1 hanno ridotte concentrazioni di TSH, TRH, T3 (Triiodotironina) e aumentata massa corporea. Quindi una nuova malattia XL da mutazioni con perdita di funzione del gene IGSF1 e fenotipo dovuto a alterato segnale pituitarico TRH.
A
genome-wide association study identifies susceptibility loci for nonsyndromic
sagittal craniosynostosis near BMP2 and
within BBS9. Nature
Genetics 2012;44:1360.
La saldatura precoce di una o più suture craniche (craniosinostosi) è un
difetto relativamente comune: nell’80% sono isolate (NSC) e l’analisi
molecolare dei geni (FGFR2, TWIST1, FREM1, LRIT3, EFNA4 e dup di RUNX2) è positiva in una bassissima proporzione dei
casi; nel 20% sono invece sindromiche, in genere interessanti le suture
coronali, con almeno 8 geni coinvolti (FGFR1, FGFR2, FGFR3, TWIST1, EFNB1, POR, MSX2 e RAB23). La
più comune (40-58% dei casi) craniosinostosi interessa la sutura sagittale (sNSC).
E’ considerata multifattoriale con concordanza nei gemelli MZ (30%) rispetto ai
DZ (0), M/F 3:1, con alto ricorrenza nelle famiglie e con fattori ambientali
come parità, prematurità, compressione intrauterina, fumo materno e alcuni
farmaci amminici. Analisi GWAS con SNP di 130 casi da NSC (https://genetics.ucdmc.ucdavis.edu/icc.cfm):
alta associazione in una regione distante 120 kb da
BMP2 e in una regione distante167 kb di BBS9. Associazione confermata in un
ulteriore campione di 172 probandi con sNSC (e 548 controlli). Geni che partecipano
alo sviluppo scheletrico e che dovranno essere analizzati con studi funzionali.
Genomewide
Association Studies and Common Disease — Realizing Clinical Utility. NEJM 2012;367:2370. Come
possiamo utilizzare i dati numerosissimi che provengono dagli studi di
associazione dell’intero genoma. Le difficoltà che abbiamo di interpretarli per
le malattie complesse derivano sicuramente dalla nostra scarsa conoscenza della
funzione della maggioranza dei geni, dei processi biologici e dei pathway
interessati da queste malattie. Non sappiamo se una variante associata modifichi
l’espressione, la stabilità RNA, l’attività della proteina e l’interazione con
altre proteine ecc. Altro aspetto è il contributo dato dagli studi di
associazione per la farmacogenomica. Ma per massimalizzare i benefici di queste
ricerche la
Perspective sottolinea che è opportuno passare anche a una fase traslazionale,
altrimenti “the
rich yield
of disease loci
identified by genomewide association studies will be for naught (sarà inutile)”.In alcuni lavori citati (vedi Articoli Nov 2012)(Genomewide Association Studies and Common Disease — Realizing Clinical Utility. NEJM 2012;367:2370) c’è un’altra frase a effetto che dice la stessa cosa: “Finding the genetic variations is one mission; understanding what they mean is another”.
Targeted
disruption of Adamts16 gene in a rat genetic model of hypertension. PNAS 2012;109:20555.
Si
dice “Ipertensione arteriosa idiopatica” per la stragrande maggioranza di casi
di questa patologia così comune perchè non si a nulla (ndr). Sappiamo che l’ipertensione
a. ha una considerevole ereditabilità, studi di associazione nell’uomo e nei
ratti fanno concludere che vi sono numerosi geni di suscettibilità, anche se
per la maggior parte di essi mancano (come sempre per le malattie complesse,
ndr) studi adeguati funzionali. Lo studio di linkage Quebec
Family Study ha identificato prima una regione e poi un gene candidato (anche
nel ratto), disintegrin-like metalloproteinase with thrombospondin motifs–16
(Adamts16), con varianti esoniche correlate con l’ipertensione. L’applicazione
di una nuova tecnica (zinc-finger nuclease) in grado di colpire uno specifico
gene (delezione parziale) nel ratto ha consentito di verificarne l’effetto e
correlare la funzione di questo gene ai valori pressori. Nel ratto con
mutazione in Om la PA sistolica è più bassa (36mmHg), c’è una minore velocità
dell’onda sistolica aortica, un ridotto spessore della intima-media vascolare, le
cilia meccano-sensitive delle cellule endoteliali vascolari sono più lunghe, c’è
ispessimento dei capillari glomerulari e una migliore sopravvivenza. Tutto
questo lega funzionalmente il gene Adamts16 alla PA e suggerisce che la sua
azione ipotensiva si eserciti a livello vascolare.
High-density genetic mapping
identifies new susceptibility loci for rheumatoid arthritis. Nature
Genetics 2012;44:1336. L’AR è una comune (1% della
popolazione) e invalidante malattia complessa, una classica malattie
autoimmunitaria con autoanticorpi circolanti. Studi con GWAS hanno identificato
32 loci di rischio che comprendono HLA-DRB1, PTPN22 e altri in comune con alcune malattie autoimmunitarie. Lo studio
ha usato un array SNP a alta densità che include 186 loci risultati
associati a 12 malattie autoimmunitarie in 11.475 pz con AR di discendenza europea e 15.870 controlli con 129.464
marcatori.
Sono
stati individuati altri loci di suscettibilità (totale quindi 46 loci per AR),
con 19 loci con singolo gene e una forte associazione per 7 loci. Tecniche
funzionali preciseranno il ruolo dei geni che sono stati individuati nel
determinismo di questa patologia.
Identification of 15 new psoriasis
susceptibility loci highlights the role of innate immunity. Nature
Genetics 2012;44:1341. La Psoriasi è una malattia cronica
cutanea relativamente comune (0.2-2% della popolazione con differenze etniche)
su base autoimmunitaria, con un quarto dei casi associata a artrite
(particolarmente dolorosa e comunque debilitante) e a altre complicazioni come
la malattia metabolica e cardiovascolare. Ha una predisposizione genetica e è
caratterizzata da un’alterata risposta immunitaria cutanea con dipendenza
TNF-alfa e aumentata attivazione delle cellule Th 1 e Th17. Tramite GWAS sono
stati individuati numerosi loci di rischio in comune con alter malattie
metaboliche. Lo studio riporta la ricerca di altri loci, applicando una meta-analisi
di 3 studi con GWAS e 2 studi indipendenti con Immunochip di 10.588 pz e 22.806 controlli. Sono
stati individuati 15 nuovi loci di suscettibilità (Totale 36 loci in persone di
discendenza europea), 5 altri loci in comune con altre malattie che comprendono
geni regolatori della funzione delle cellule T (RUNX3, TAGAP, STAT3).
Includono anche geni coinvolti nella
immunità innata incluso quello delle risposte antivirali mediate da interferone
(DDX58), di attivazione macrofagica (ZC3H12C) e quelli del fattore di
trascrizione NF-κB
(CARD14 and CARM1). Queste informazioni identificano i
meccanismi in comune con altre malattie autoimmunitarie e sottolineano
l’importanza della cute come fattore di difesa immunitaria.
All Eyes on RNA. Science 2012;338:1282. Breve
riassunto: The list of
RNA-binding proteins linked to amyotrophic lateral sclerosis (ALS) is growing; RNA
may also explain why a common mutation causes this fatal motor neuron disease—and
a dementia. Nell’estate 2011, dopo 3 anni di
studio, un consorzio di ricercatori di vari paesi hanno concluso che per la ALS
familiare c’erano 3 geni-malattia sul
cromosoma 9 in famiglie con ALS. Ma l’analisi mutazionale è stata negativa. Con
un lavoro manuale un ricercatore ha individuato l’espansione di una sequenza esanucleotidica
in una regione non codificante del gene C9ORF72
nel 40% dei casi familiari di ALS e nel 21% dei casi familiari di Demenza
fronto-temporale (FTD) e anche nel 7% dei casi sporadici di ALS e nel 5% dei
casi FTD (vedi Articoli interesse Aprile 2012: C9orf72 repeat
expansions in patients with ALS and FTD. Lancet 2012;11;297 e
Frequency of the C9orf72 hexanucleotide repeat expansion in patients
with amyotrophic lateral sclerosis (ALS) and frontotemporal dementia (FTD): a
cross-sectional study. Pg. 323). Ma
come la mutazione causa le patologie. Leggetevi l’articolo.
Heptahelical
protein PQLC2 is a lysosomal cationic amino acid exporter underlying the action
of cysteamine in
cystinosis therapy. PNAS 2012:E3434. La
cistinosi è una rara malattia AR (MIM #219800) con fenotipi a comparsa a varie
età. Fa parte delle malattie lisosomiali con accumulo di cistina nei lisosomi
(è una malattia classificata come lisosomiale) e progressivamente interferisce
con la funzione di vari organi quali reni (fino all’insufficienza), ghiandole
endocrine, muscoli (grave miopatia), cornea (erosioni) e SNC (deficit
intellettivo). La terapia con cisteamina riduce l’accumulo lisosomiale della
cistina legandosi alla cistina formando cisteina e un disulfide composto da
cisteamina e cistina, che tramite un trasportatore di un altro aminoacido
(lisina), viene convogliato all’esterno della cellula. Il lavoro studia questo
meccanismo.
Identification
of nonferritin mitochondrial iron deposits in a mouse model of Friedreich
ataxia. PNAS
2012;109:20590. L’accumulo di ferro nei tessuti ha un
effetto tossico per la formazione di radicali liberi
dell’ossigeno (specie reattive dell’ossigeno –ROS) con accumulo più
pronunciato nei mitocondri con alta attività ossido-riduttiva. L’Atassia
Friedreich (MIM #229300), in cui la mutazione più frequente è costituita
dall’espansione trinucleotidica GAA nell’introne 1 del gene FXN (>70 contro
5-30 dei normali alleli), è considerata una malattia da alterata omeostasi del
Fe nei mitocondri da carenza del prodotto genico che causa un accumulo di Fe,
stress ossidativo e degenerazione cardiaca e neuronale. Nel modello KO
condizionale di topo la perdita di fratassina (proteina che favorisce la
formazione di cluster ferro-zolfo coinvolti nei
processi di ossidoriduzione) altera il metabolismo cardiaco del Fe e provoca la
classica triade della malattia come la cardiomiopatia con ipertrofia, difetto degli
enzimi del cluster ferro-zolfo e sovraccarico mitocondriale di Fe dalla 7
settimana di vita. La supplementazione di Fe con la dieta nel topo mutato limita
l’ipertrofia cardiaca. L’assenza di fratassina nel topo modifica il metabolismo
del Fe non solo a livello degli organi interessati, come il cuore, ma anche in
altri tessuti dove l’espressione della fratassina è intatta e determina nei
mitocondri la formazione di aggregati biominerali di Fe, fosforo e zolfo
contribuendo in modo sostanziale allo stress ossidativo.
SCG10 is a JNK
target in the axonal degeneration pathway. PNAS 2012:E3696. La perdita assonale è un meccanismo
patogenetico comune a molte malattie, dalle neuropatie ereditarie,
neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson), neuropatia diabetica e traumi
meccanici o tossici. Le attuali terapie mirano alla malattia di base o alla
terapia del dolore da disfunzione dell’assone. Il lavoro vuole chiarire i
meccanismi che portano alla degenerazione assonale per dare un’indicazione a
una terapia mirata.
Il pathway di
trasduzione di segnale JNK promuove la degenerazione assonale poco dopo la
lesione assonale, ore prima che si instauri un’irreversibile frammentazione
dell’assone stesso. L’inibizione di JNK ne rallenta la degenerazione, ma poco
si sa del complesso meccanismo che partecipa e facilita la degenerazione. Il
pathway JNK/SAPK (c-Jun N-terminal kinases/stress-activated protein kinase) è
uno dei 3 membri della superfamiglia MAPK (mitogen-activated protein kinase) che
include ERK e le p38 MAPKinases. Nel lavoro si dimostra, in vitro e in vivo, che
Superior cervical ganglion 10 (SCG10), un substrato di JNK, è un fattore di
mantenimento assonale la cui perdita porta alla degenerazione assonale indotta
da lesioni traumatiche.
Mutant
surfactant A2 proteins associated with familial pulmonary fibrosis and lung
cancer induce TGF-β1 secretion. PNAS 2012;109:21064.
Fibrosi polmonare idiopatica, malattia progressiva in età adulta con morte
entro 3 anni. Nessuna terapia efficace. Si parte quindi dai casi familiari per
capirne i meccanismi, casi familiari che sono meno del 5% dei pz. Parecchi geni
ne sono causa (vedi Selezione Articoli Ottobre 2012 - The telomere syndromes. Nature Reviews
Genetics 2012;13:693- e quella di Aprile 2012: Pulmonary
Fibrosis, Bone Marrow Failure, and Telomerase Mutation. NEJM Letter
2012;366:1551, in cui è stato precisato che ci
sono ormai molti dati sulla correlazione tra disfunzione telomerica e malattie
degenerative, come alcune malattie comuni come la fibrosi polmonare idiopatica
e l’insufficienza midollare e altre malattie apparentemente diverse come
fenotipo ma che costituiscono uno spettro sindromico caratterizzato dalla
brevità telomerica). Tra i geni della FPF ci sono quelli delle proteine e dei
componenti RNA delle telomerasi: TERT (telomerase reverse transcriptase)(il
15% dei casi familiari ha una mutazione di questo gene) e TERC (telomerase RNA
component) e SFTPC codificante la proteina del surfattante (causa di distress
respiratorio nel bambino, pneumopatia interstiziale dell’adolescente e fibrosi
polmonare nell’adulto, mutazioni in genere associate a un fenotipo grave.
Mutazioni di SFTPC si ritiene modifichino il ripiegamento proteico, stress del
reticolo endoplasmico e apoptosi delle cellule alveolari, come si evince da
studi nel topo. In una grossa famiglia con più membri affetti è stato applicato
uno studio d linkage che ha portato all’identificazione di una rara mutazione missenso
in eterozigosi del gene SFTPC che causa fibrosi polmonare nella 4a -
6 a decade di vita e adenoca. polmonare nella 5 a - 8
a decade. Viene dimostrato che l’espressione della proteina mutante nelle
linee cellulari epiteliali di polmone è associata a secrezione della citochina
profibrotica TGF-β1, secrezione dipendente in parte dalla risposta della
proteina malpiegata e completamente dipendente dall’espressione delle proteine leganti
il TGF-β1 latente, che sono LTBP-1 e LTBP-4. Quindi se la secrezione di TGF-β1
è causata dalla proteina SFTPC mutante è prevedibile che bloccare questo
pathway può costituire una specifica terapia.
Reelin is a
target of polyglutamine expanded ataxin-7 in human spinocerebellar ataxia type 7 (SCA7) astrocytes. PNAS 2012;109:21319.
La SCA7 è una m. neurodegenerativa AD da espansione poliglutaminica della
proteina Atassina-7 (ATXN7)(o Atrofia olivopontocerebellare III, MIM #164500). La patologia si manifesta
prevalentemente a livello cerebellare e retinico. Perché questa specificità
tissutale?
Mediante
modelli in vitro di colture cellulari viene dimostrato che l’espansione
poliglutaminica ATXN7 determina aumentati livelli di monoubiquitinazione
dell’istone H2B (formazione di un legame peptidico fra ubiquitina ed NH2 di una
catena laterale di un residuo di Lys dell’istone) del promotore della Relina
(wikipedia dice: “relina” deriva dal verbo inglese “to reel”– girare, andare
col passo malfermo, perché i topi con difetto di questa proteina hanno questo
passo), che svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo cerebellare e nel
mantenimento delle cellule Purkinje cerebellari. Il trattamento con
tricostatina A (antibiotico antifungino che inibisce selettivamente l’istone
deacetilasi classe I e II) restituisce parzialmente la trascrizione della
relina e promuove il sequestro nelle inclusioni nucleari del mutante ATXN7 proteggendo
il promotore della relina. Una possibile
terapia.
Can’t
get there from here: cilia and hydrocephalus. Nature Medicine 2012;18:1742. Commento di un articolo (Abnormal
development of NG2+PDGFR-α+ neural
progenitor cells leads to neonatal hydrocephalus in a ciliopathy mouse model. Pg 1797).
Idrocefalia: aumento di volume degli spazi liquorali per accumulo di liquido
cefalorachidiano (LCR) da riduzione del volume cerebrale (ex vacuo) o più propriamente per aumentata
produzione o ridotto assorbimento del LCR o da alterato flusso dovuto ai
movimenti ciliari attraverso l’acquedotto e i ventricoli. Può essere non
comunicante da ostruzione (es. acqueduttale) che causa aumento di volume
ventricolare e compressione del parenchima cerebrale o comunicante e in genere
non ne è noto il meccanismo patogenetico. La terapia attuale è il drenaggio con
l’applicazione di una valvola, ma con effetti non completamente soddisfacenti,
urge quindi una terapia più appropriata. Patologie delle cilia primarie, che
non sono mobili (ci sono patologie delle cilia mobili, come la s. Kartagener
con idrocefalia), sono state recentemente indicate come causa di idrocefalia
nei modelli animali, come nel topo mutante BBS (s. Bardet-Biedl nell’uomo, geneticamente molto eterogenea – 17 geni- con
obesità, cecità retinica, polidattilia, deficit intellettivo e occasionalmente
idrocefalia comunicante – anche nel topo mutante). Le cilia primarie sono
sensori tipo antenne di molti pathway di segnale come Wnt, Shh e PDGFR-alfa che
rendono la cellula disponibile a segnali di sviluppo in varie fasi della
neurogenesi, incluse le regioni periventricolari. Si dimostra che il meccanismo
patogenetico dell’idrocefalia neonatale del topo BBS è costituito da alterazione
del recettore PDGFR (platelet-derived growth factor)-alfa con conseguente
apoptosi e diminuita proliferazione delle cellule progenitrici dei neuroni
(NPC), cellule essenziali per mantenere l’integrità ventricolare. Tale
patologia è correggibile con terapia con litio che stimola la proliferazione delle NPC, aumentando
la fosforilazione di GSK3-β e inibendone così l’attività, ma non interviene
sulla morte cellulare, quindi con parziale effetto riparatore dell’idrocefalia.
Diverse types
of genetic variation converge on functional gene networks involved in
schizophrenia. Nature Neuroscience 2012;15:1723. La Genetica Umana attualmente è
fortemente impegnata a stabilire la relazione di variazioni genetiche
utilizzando con varie tecniche per individuare CNV e SNV, e poi pathway e
network coinvolti nelle malattie comuni, che sono le più frequenti. Per la
schizofrenia, malattia psichiatrica comune, sono stati individuati da vari AA
molti loci genomici associati e è stato applicato un algoritmo (NETBAG+) che cerca cluster di geni associati alla
patologia. Sono stati identificati network associati alla malattia, di geni che
sono altamente espressi nel SNC soprattutto in epoca prenatale e che riguardano
la guida assonale (recettori), la mobilità dei neuroni, la funzione sinaptica e
il rimodellamento cromatinico. Le considerevoli differenze funzionali di questi
circuiti molecolari concorda con la stima che >800 geni responsabili della
Schizofrenia. Lo stesso modello può consentire di identificare i pathway
interreagenti di molte altre malattie comuni.
De novo gene mutations highlight patterns of genetic and neural
complexity in schizophrenia. Nature Genetics 2012;44:1365. Analisi esomica di 231 probandi (e
genitori) con schizofrenia (SC) sporadica e controlli (pochi, 34). Trovato un
eccesso significativo (50%) di mutazioni a singolo nucleotide e inattivanti de novo (non sinonime, indel o del sito
di splicing) rispetto ai controlli. Quattro geni con mutazioni ricorrenti nei
probandi : LAMA2 (in omozigosi causa Distrofia muscolare congenita (deficit di
merosina 1A) con deficit cognitivo e anomalie della sostanza bianca,
convulsioni e difetti di migrazione neuronale)(MIM #607855), descritta in Hz in
un caso con SC, DPYD (in omozigosi
causa di Deficit di diidropirimidina deidrogenasi, in omozozigosi)(MIM
#612779), descritta in eterozigosi nell’autismo e nel deficit cognitivo, TRRAP
(un oncogene?) e VPS39, descritte in eterozigosi nell’autismo. I geni
interessati sono altamente espressi molto precocemente e potrebbero far luce su
meccanismi complessi e non ben noti dell’architettura neuronale della
Schizofrenia.
Inhibition
of RNA lariat debranching enzyme suppresses TDP-43 toxicity in ALS disease
models. Nature Genetics 2012;44:1302. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS) è una malattia
neurodegenerativa a esordio tardivo con una notevole variabilità fenotipica. In
genere sporadica con un 10% dei casi familiari a trasmissione AD (molto rara la
AR) geneticamente molto eterogenea (quasi 20 malattie, con 20% da mutazione
SOD1). Nel 50% dei casi la causa rimane sconosciuta. Almeno due geni ASL che
codificano proteine RNA, TDP-43 (gene TARDP) della ALS 10 (MIM #612069) e FUS
della ALS 6 (MIM #608030) sono causa della ALS con o senza demenza temporale (vedi vari Articoli di interesse, l’ultimo
citato nella selezione di Nov 2012). Sono stati cercati nel lievito
modificatori di accumulo e di aggregazione citoplasmatica di TFP-43. E’ stato
individuato un forte effetto di soppressione di tossicità TFP-43 con knockout
di dbr1.
Delezione di questo gene nelle cellule neuronali umane e nel ratto annulla
l’effetto tossico di TFP-43. La riduzione dell’attività dell’enzima codificato
da questo gene potrebbe essere uno strumento terapeutico per ALS da accumulo di
proteine come TDP-43 e altre proteine simili.
Inhibition of IL-12/IL-23 signaling
reduces Alzheimer’s disease–like pathology and cognitive decline. Nature
Medicine 2012;18:1812. Come sappiamo l’AD è una delle
principali malattie neurodegenerative caratterizzata da perdita neuronale,
matasse neurofibrillari e placche beta-amiloidi (Aβ), che nel modello murino di
AD sono circondate da astrociti reattivi e microglia, con sopraregolazione,
come risposta locale, di citochine proinfiammatorie come IL-1β e TNF-α. Nel
modello di topo l’inibizione di IL-1β o IL-6 non modifica il deposito di
placche. L’interleuchina 12 e 23 (IL-12, IL-23) hanno in comune una subunità
(p40) e la serie di segnali dei rispettivi recettori (IL-12R β1 ). Nel modello di topo della
AD (APPPS1) è stata documentata un’aumentata produzione della microglia di p40.
L’ablazione delle subunità di IL-12/IL-23 determina una riduzione dell’accumulo
di Aβ, dimostrando un loro ruolo
dell’immunità innata tessuto specifica. La neutralizzazione terapeutica di p40
ha ridotto la quantità di Aβ solubile e ha ridotto il deficit cognitivo dei
topi anziani APPPS1.
Sempre nei topi QPPPS1 si e anche osservato che la concentrazione di p40 è
aumentata nel liquor. Tutti questi dati suggeriscono che l’inibizione del pathway
IL-12/IL-23 possono attenuare la patologia cerebrale e il deficit cognitivo
anche nell’uomo.
Tracking brain amyloid-β in presymptomatic Alzheimer’s
disease. Lancet Neurology 2012;11:1018. L’ipotesi dominante degli ultimi anni è che l’amiloide
beta (Aβ) inizia la cascata di evespiegano l’nti che portano alla
patologia e alla clinica della AD, anche se le sperimentazioni cliniche tese a
ridurre Aβ nei pz con AD non hanno dimostrato alcun effetto. I sostenitori di
questa ipotesi giustificano l’insuccesso con il fatto che la sperimentazione
non è stata applicata in epoca presintomatica. Per fare questo occorrono dei test
che consentano di identificare i presintomatici. E’ stata proposta la PET, ma
ci sono molti falsi positivi. Lo studio ora
su Lancet Neurology (Florbetapir PET analysis of amyloid-β deposition in the presenilin 1
E280A autosomal dominant Alzheimer’s disease kindred: a cross-sectional study. Pg
1057) riguarda lo studio della PET usando un radiotracciante,
Florbetapir (recentemente approvato dalla FDA)(vedi Brain
Amyloid Imaging — FDA Approval of Florbetapir F18 Injection, NEJM 2012;366:885)(Selezione
Articoli interesse Settembre 2012), per studiare la deposizione di Aβ cerebrale
in soggetti a rischio di una grande famiglia con AD da mutazione (E280A) del
gene Presenilina 1 con deficit cognitivo che inizia sui 44 anni: partecipanti
di età 20-56 anni, 20 non portatori asintomatici, 11 portatori sintomatici e 19
portatori presintomatici (età 20-43 anni). I risultati sono simili a quelli di
uno studio simile (AD familiare con mutazione nota)(Clinical and Biomarker
Changes in Dominantly Inherited Alzheimer’s Disease. NEJM 2012;367:795)(Selezione articoli interesse, Ago
2012) che aveva applicato neuroimmagini
(RM cerebrale volumetrica e PET) e biochimiche sul sangue e sul liquido
cefalorachidiano: deposizione nei mutati di beta amiloide 16 anni prima della
comparsa dei segni clinici. Anche in questo studio la limitazione è quella di
uno studio trasversale e non longitudinale. In un altro
lavoro sempre su Lancet Neurology de Ldicembre 2012 (Brain imaging and fluid biomarker
analysis in young adults at genetic risk for autosomal dominant Alzheimer’s
disease in the presenilin 1 E280A kindred: a case-control study. Pg.
1048) si dimostra (si
conferma) che i portatori presintomatici di 18-26 anni hanno aumentali valori
di nel liquor e nel sangue di Aβ insieme a immagini di atrofia
cerebrale alla fMRI. Questo significa che le alterazioni cerebrali precedono o
accompagnano l’accumulo cerebrale di Aβ. Non si sa se siano indipendenti o
meno. Non si sa nemmeno se si tratti di ridotta clearance o eccesso di
produzione. Ma almeno un obiettivo è stato raggiunto: individuare le persone in
fase preclinica per la sperimentazione clinica. Rimane aperto però il problema
per le forme di AD sporadiche.
Altro commento su Lancet Neurology del Dicembre 2012 (When,
where, and how does Alzheimer’s disease start? Pg.1017) che sottolinea gli aspetti ancora da chiarire (i
depositi Aβ sembrano non precedere le lesioni del SNC) e è meno ottimista sulla
possibilità di sperimentazioni cliniche.
E infine un altro articolo storico, è una Perspective, sui depositi di
sostanza beta amiloide sullo stesso fascicolo di Lancet Neurology Dicembre
2012)( The art of medicine. Through the amyloid gateway. Pg. 1987) che inizia così:
“In the autumn of 1906, Alois Alzheimer presented his now famous lecture “On a
Peculiar, Severe Disease Process of the Cerebral Cortex” to the 37th Assembly
of Southwest German Alienists in Tübingen, Germany” (sempre
piacevole e utile leggere da dove veniamo e chi ci ha preceduto e merita di
essere ricordato, ndr).
TMHS Is an
Integral Component of the Mechanotransduction Machinery of Cochlear Hair Cells.
Cell
2012;151:1283. L’udito, l’equilibrio, la
propriocezione (capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio
corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli,
senza l’aiuto della vista) e il tatto si basano su processi di trasduzione
meccano-elettrica, che è la conversione
di forze meccaniche a elettriche. Poco si sa sui meccanismi molecolari
di questi importanti processi. Si sono chiariti alcuni componenti della
trasduzione meccano-elettrica delle cellule ciliate dell’orecchio interno.
Canali ionici a controllo meccanico localizzati vicino a termine delle
stereocilia, che con filamenti extracellulari ricche di actina collegano le
stereocilia vicine trasmettendo le forze tensive ai canali di trasduzione. Topi
con mutazioni di TMHS (Tmhs-/-)(tetraspan
membrane protein of hair cell stereocilia)(sinonimo di LHFPL5) hanno alterata meccano-trasduzione in quanto TMHS si lega a
PCDH15 (Protocaderina 15) e regola l’assemblaggio dei legami delle stereocilia.
TMHS regola anche il canale di trasduzione di segnale e è necessario per la “fast
channel Adaptation”
(da quello che ho capito una sorta di adattamento all’intensità dei movimenti
con amplificazione di segnale, ndr). TMHS insieme a PCDH15 è quindi una
importante componente del sistema di trasduzione meccanica. Mutazioni in
omozigosi di TMHS nell’uomo sono causa di sordità (DFNB67, MIM #610265) e
mutazioni di PCDH15 sono causa, sempre nell’uomo, di sordità (MIM #609533) e di
una forma di s. Usher ID/F digenica (MIM #601067).
MeCP2 Binds to
5hmC Enriched within Active Genes and Accessible Chromatin in the Nervous
System. Cell
2012;151:1417. L’aspetto del nucleo e
dell’architettura cromatinica varia notevolmente nelle cellule differenziate
del SNC. Questo unito all’abbondanza di 5-idrossimetilcitosina (formata dalla
5-metilcitosina -5mC, chiamata “quinta base”, aggiungendo un gruppo ossidrilico
a formare 5hmC chiamata la “sesta base” del DNA), soprattutto a livello
cerebellare e dell’ippocampo, rispetto a tessuti periferici e cellule staminali
embrionali fa pensare che 5hmC sia un marcatore epigenetico stabile di un
meccanismo cellula-specifico a livello cerebrale. Nel lavoro, in vivo e in
vitro, si dimostra che methyl-CpG-binding protein 2 (MeCP2)(il cui gene
nell’uomo se mutato è causa di s. Rett)(MIM #312750) è la proteina con un
principale legame con 5mC a livello cerebrale e che la mutazione R133C,
presente in alcuni pz con tale sindrome colpisce in preferenza tale legame.
L’assenza di proteina MeCP2 non modifica la distribuzione genomica di 5hmC anche
se ne modifica la funzione. Il modello animale suggerisce che MeCP2 legandosi a
5hmC facilita la trascrizione nelle cellule neurali mentre la reprime se di
lega a DNA contenente 5mC. In altre parole in questo lavoro viene proposto un
modello in cui 5hmC e MeCP2 costituiscono un meccanismo epigenetico
cellula-specifico per la regolazione, organizzazione della struttura
cromatinica e della espressione genica soprattutto a livello cerebrale.
Conoscerne i meccanismi vorrà dire capire la fisiopatologia di questa grave
patologia neurologica.
Wnt7a treatment
ameliorates muscular dystrophy. PNAS
2012;109:20614. La Distrofia muscolare Duchenne (DMD)
è relativamente frequente (1:3.600 maschi) grave e progressiva malattia
muscolare con morte entro la seconda o terza decade di vita. Il segnale Wnt7a
con il suo recettore Fzd7 accelera e favorisce la rigenerazione stimolando
l’espansione di cellule staminali satelliti tramite il pathway della polarità
cellulare planare e l’ipertrofia delle miofibre tramite il pathway anabolico
mTOR. L’elettroporazione e l’iniezione della proteina Wnt7 nel muscolo del
modello di topo della DMD (mdx mouse
che ha una mutazione spontanea nell’esone 23 del gene Dmd che causa un codone
di stop prematuro) induce nel muscolo l’espansione delle cellule satelliti e
l’ipertrofia delle miofibre e un incremento di forza muscolare. Una possibile terapia per i pz con DMD.
Pallidal deep brain stimulation in patients with
primary generalised or segmental dystonia: 5-year follow-up of a randomised
trial. Lancet Neurology 2012;11:1099. Le distonie primitive sono un gruppo clinicamente
e eziologicamente eterogeneo caratterizzate da importante contrazioni muscolari
senza causa apparente che determinano contorcimenti ripetitivi di e
atteggiamenti posturali anomali. Sono malattie croniche per le quali non c’è
cura. Sono presentati i risultati del follow up di 5 anni di efficacia e di
sicurezza della sperimentazione clinica multicentrica con stimolazione del globo
pallido interno in 40 pz (stimolati e non stimolati) con distonia generalizzata
o segmentaria primitiva (ClinicalTrials.gov NCT00142259). Dopo 3 e 5 anni dal
posizionamento dello stimolatore la neurostimolazione continua a essere un
efficace e abbastanza sicura opzione terapeutica della distonia idiopatica. Può
essere quindi considerata come una terapia di prima scelta per la distonia
grave, sia segmentale che generalizzata, che non risponde a trattamenti medici.
AUTISMO
***Trialing targeted therapies for autism. Community corner. Nature Medicine 2012;18:1746. A che punto siamo con la terapia dell’Autismo. Alcuni lavori recenti danno lo spunto per un’intervista a 3 esperti (Director of the Center for Interdisciplinary Brain Sciences Research, Stanford University; Associate Professor of Pediatrics, Baylor College of Medicine, Houston; Professor of Psychiatry e Lecturer, Institute of Psychiatry, King’s College, London). Due lavori su un recettore agonista di GABA (arbaclofen) nella s. Fragile X (FXS), uno nel modello di topo della malattia con miglioramenti della funzione sinaptica e del comportamento e il secondo con la sperimentazione (fase 2) in 63 pz con mutazione FMR1, con parziale successo (vedi Selezione articoli interesse Novembre 2011: Mice and men show the way. Translational Medicine. Nature 2012;491:196). La domanda allora agli esperti è: ci sono nuovi sviluppi nella terapia per l’Autismo? Sembra abbastanza efficace nel topo ma la sperimentazione nell’uomo non ha dato i risultati sperati, nella prima fase. Dobbiamo ancora capire di più dei complessi meccanismi molecolari, che chiaramente non possono essere corretti con una monoterapia. Il secondo: ci sono stati risultati importanti negli animali di laboratorio sulla reversibilità genetica di segni clinici già presenti nelle malattie del neurosviluppo e sulla possibilità che i meccanismi patogenetici di queste malattie molto rare sono condivisi da patologie comuni come l’Autismo. Il parziale successo è prevedibile e spiegabile per il piccolo numero di pz e la durata, riguarda solo i biomarcatori, non la patologia comportamentale, anche perché gli studi comportamentali nel modello animale sono piuttosto limitati. Ulteriori studi …. Il terzo parere, di due psichiatri: contrariamente a quanto ritenuto da molti clinici pensiamo che anche nelle forme sindromiche con autismo siano attivi meccanismi patogenetici simili a quelli dell’autismo isolato. Un dato importante degli studi recenti è che la fisiopatologia FXS è reversibile con farmaci come Arbaclofen, sia per gli aspetti biologici che per quelli comportamentali e funzionali. Si sottolinea che nella valutazione degli effetti di una terapia non possiamo basarci sui risultati qualitativi ma dobbiamo sviluppare marcatori di efficacia quantitativi soprattutto in sperimentazione clinica (http://www.eu-aims.eu).
Multiple Autism-Linked Genes Mediate Synapse
Elimination via Proteasomal Degradation of a Synaptic Scaffold PSD-95. Cell 2012;151:1581.
L’esperienza sensoriale, l’apprendimento e l’attività neuronale stabilizzano o
eliminano specifiche sinapsi eccitatorie (sinapsi che portano il potenziale di
membrana postsinaptica al valore soglia generando un potenziale d’azione) per
formare circuiti neuronali maturi che mediano l’elaborazione sensoriale e la
memoria. Non sono noti i meccanismi cellulari dell’eliminazione sinaptica nel
SNC (importante processo competitivo di soppressione sinaptica che favorisce le
maturazione delle connessioni più funzionali a scapito di quelle silenti).
L’attivazione di una famiglia di fattori di trascrizione Myocyte Enhancer
Factor 2 (MEF2) fa ridurre il numero di sinapsi e quindi questi fattori
costituiscono un buon punto di partenza per capire i meccanismi della riduzione
sinaptica. Nel lavoro si dimostra che nei neuroni wild-type l’attivazione di
MEF2 induce la trascrizione di Pcdh10 che media la degradazione di PSD-95, una proteina
dell’impalcatura sinaptica, e l’eliminazione sinaptica associando il PSD-95 ubiquinato
con il proteasoma. I neuroni del topo Fmr1
KO (modello animale della sindrome Fragile X) mostrano un deficit di
ubiquitinazione e degradazione di PSD-1. Nel lavoro viene precisata la funzione
cellulare diversa di 3 geni (Pcdh10, Fmr1 e Mef2)(citato
per il ruolo di MEF2C nell’autismo un articolo del gruppo di O. Zuffardi, PV) associati
all’autismo, che hanno ognuno un ruolo nel processo di eliminazione sinaptica,
provando che il meccanismo patogenetico di diverse cause genetiche di autismo è
costituito da deficit sinaptico.
Reduced axonal localization of a Caps2 splice variant impairs axonal release of BDNF and causes autistic-like behavior in mice. PNAS 2012;109:21104. CAPS2 (O CADPS2)(Ca2+-dependent activator protein for secretion 2) è un membro della famiglia di proteine CAPS che legano il calcio e che sono coinvolte nella esocitosi di vescicole con neurotrasmettitori e neuropeptidi. Nel topo Caps2 è un potente fattore che promuove il rilascio di fattore neurotrofico cerebrale (BDNF) durante lo sviluppo cerebellare e svolge un ruolo essenziale nello sviluppo neuronale cerebrale e dell’ippocampo e è anche associato con aspetti comportamentali, come le relazioni sociali, ansietà e i comportamenti circadiani del topo.
L’espressione di una rara forma alternativa di splicing (CAPS2-dex3) con “salto” dell’esone 3, è aumentata in alcuni pz con autismo; si ritiene che la sua sovraespressione alteri il rilascio locale del fattore neutrofico cerebrale causando un alterato sviluppo cerebrale e un’alterata sua funzione. Oltre a questo nell’uomo il gene CAPS2 è considerate uno dei geni di suscettibilità dell’autismo (AUTS1), anche perché ci sono segnalazioni di CNV del locus CAPS2 in pz con autismo e è descritta una ridotta trascrizione del gene nel SNC di persone con autismo. Nel lavoro è stato creato un modello di topo con espressione di dex3 e ne è stato analizzato il fenotipo cellulare e comportamentale. Viene provato che vi è un difetto di secrezione assonale di BDNF che altera lo sviluppo e la funzione dei circuiti cerebrali, fatto questo che può costituire un background genetico della suscettibilità all’autismo. Si osservano infatti nel topo Caps2-dex3 difetti di localizzazione assonale nei neuroni cerebrali, ippocampali e cerebellari, con riduzione di BDNF locale. I topi poi mostrano un’aumentata situazione di ansietà in ambienti non familiari e alterato comportamento sociale e ritmicità circadiana.
Whole-Genome
Sequencing in Autism Identifies Hot Spots for De Novo Germline Mutation.
Whole-Genome Sequencing in Autism Identifies Hot Spots for De Novo Germline
Mutation. Cell
2012;151:1431. Le mutazioni germinali de novo svolgono un ruolo importante
nelle malattie umane. Nelle gravi malattie del neurosviluppo, come l’autismo,
alleli a alta penetranza sono soggetti a una forte selezione negativa, raramente
sono trasmessi e se lo sono per poche generazioni o più facilmente sono de novo. Nel lavoro vengono studiate le
mutazioni germinali mediante sequenziamento dell’intero genoma di 10 coppie di
gemelli concordanti per autismo e dei loro genitori. Il tasso di mutazione
varia ampiamente (di 100 volte) e questa variabilità, che non sembra casuale ma
ha regioni o sedi significativamente a maggior frequenza, la si attribuisce
all’architettura del DNA e alla struttura cromatinica. I geni associati a
autismo nei gemelli, che sono associati a autismo anche in altri studi, hanno la caratteristica della ipermutabilità,
che interessa anche altri geni malattia. Questa ipermutabilità regionale può
essere considerata un significativo fattore di variazione genetica e di rischio
di patologie.
Alcuni geni
candidati: GPR98 (mutazione in omozigosi come composto genetico nella s. Usher
2, MIM #605472), KIRREL3 (mutazione in
eterozigosi causa Ritardo Mentale AD4, MIM #612581), TCF4 (s. Pitt-Hopkins, MIM
#610954).
Multiplex Targeted Sequencing Identifies Recurrently
Mutated Genes in Autism Spectrum Disorders Science 2012; 338:1619. Il
sequenziamento esonico di pz con autismo (oltre 900) ha consentito di
identificare centinaia di mutazioni de
novo possibilmente causali. Premessa: Ma, data l’amplia
eterogeneità genetica, per confermarne la patogenicità con l’identificazione
di mutazioni ricorrenti, occorre un campione di pz e dei genitori molto
grande. Mat & Metodi: Nel lavoro sono stati studiati 2494 probandi
in cui sono stati analizzati con sequenziamento mirato 44 geni candidati (tra
192 possibili) sulla base del tipo di variazione (mutazione che altera
profondamente la struttura/funzione del gene), geni coinvolti nelle forme
sindromiche, loci in CNV associati a patologie del neurosviluppo, geni con
somiglianze strutturali o geni espressi nei neuroni. L’analisi è stata
condotta adottando una nuova strategia (modified molecular inversion probe –MIP-
con uno specifico algoritmo) poco costosa (< 1 D USA per
reagenti/gene/campione), con alta sensibilità (99%) e alto valore predittivo
positivo (98%). Il campione è costituito da 2494 probandi. Risultati:
27 mutazioni de novo di 16 geni, di cui il 59% troncanti o che alterano lo
splicing. Ricorrenti di 6 geni (CHD8 9 casi, DYRK1A 3 casi, GRIN2B 4 casi,
TBR1 3 casi, PTEN 3 casi, TBL1XR1 2 casi) che contribuiscono a circa l’1% dei
casi sporadici. Viene confermato per alcuni geni l’aspetto (curioso, ndr) dei
fenotipi reciproci (CHD8-macrocefalia e DYRK1A-microcefalia) e il ruolo nell’eziologia
dell’autismo del network proteico β-catenina importante per il rimodellamento
cromatinico (nel lavoro Fruits of
exome sequencing for autism. Research highlights. Nature Reviews Genetics doi:10.1038/nrg3248,
segnalato con gli Articoli di interesse, si citano proprio questi geni).
Neuroligin 1
does the splits. Research Highlights. Nature Reviews Neuroscience December
2012;13. Commento di
due articoli (Activity-dependent proteolytic cleavage of neuroligin-1. Neuron
2012;76: 410 e Transsynaptic
signaling by activity-dependent cleavage of neuroligin-1. Neuron
2012; 76,
396). Come lavorano e come sono regolate
le Neuroligine, proteine di adesione postsinaptica? La Neuroligina 1 (NLGN1)
è localizzata in sede postsinaptica rispetto alle sinapsi glutamatergiche,
legandosi alla proteina di adesione presinaptica Neurexina 1β (NRX1β).
Mutazioni di uno dei due geni codificanti sono associate a forme mendeliane
di autismo. I due lavori chiariscono ora la funzione e la regolazione di
NLGN1. Gli studi citati dimostrano, in
vitro e in vivo, che alterazioni
del processo proteolitico di NLGN1 potrebbero avere un ruolo nella
fisiopatologia dell’autismo e indicare un possibile meccanismo comune di
questa patologia e dell’epilessia.
Neuroligins help dendrites keep up with the Joneses.
News and Views. Nature Neuroscience 2012;15:1609. La formazione delle sinapsi è un processo
complesso che interessa la differenziazione coordinata dei compartimenti pre-
e postsinaptici con il coinvolgimento di centinaia di proteine per formare
nuovi contatti assodendritici, i cui meccanismi di stabilizzazione non sono
ancora ben chiari. Questi processi sono mediati da molecole di adesione
transinaptica come le Neuroligine. Nel lavoro sullo stesso fascicolo
(Neuroligin-1–dependent competition regulates cortical synaptogenesis and
synapse number. Nature Neuroscience pg. 1667) utilizzando modelli in vivo (topo NLGN1
selvatico, nullo e eterozigote) e in vitro con modificazione di
espressione di NLGN1 si spiega perché i dati sinora noti sono in parte
contradditori,
mostrando una nuova funzione delle Neuroligine
nella regolazione della densità sinaptica mediante una competizione
intercellulare: la formazione e il numero di sinapsi non è infatti sensibile
ai livelli assoluti di NLGN1 ma alle differenze, tra cellula e cellula, della
quantità di NLGN1. Ancora da capire perché i neuroni esprimono ciascuno
differenti quantità di NLGN1, come le differenze di quantità della proteina
da cellula a cellula siano in grado di regolare la densità sinaptica
(l’ipotesi da provare è che i singoli neuroni entrano in competizione per il
legame di NLGN1 con le scarse quantità di Neurexina) e vi siano altre
molecole di adesione per la densità sinaptica che operino con lo stesso
meccanismo di competizione e quali di queste sono controllate da NLGN1.
Rispondere a queste domande, termina il commento, vuol dire capire il
meccanismo patogenetico dell’autismo determinato da mutazione di NLGN1 (e da
Neurolexine) che altera la connettività dell’encefalo in via di sviluppo.
Loss of CDKL5
disrupts kinome profile and event-related potentials leading to autistic-like
phenotypes in mice. PNAS
109:21516. Mutazioni del gene XL CDKL5 hanno effetti
clinici molto variabili come EIEE2 (Encefalopatia epilettica infantile
precoce 2)( MIM #300672), s. Rett atipica e alcune forme di Autismo. Il suo
prodotto media la fosforilazione del prodotto di MeCP2 (s. Rett, MIM #312750),
DNMT1 (Neuropatia ereditatria sensoriale tipo 1E (MIM #614116) e NGL-1 e
partecipa a regolare la crescita dendritica e la stabilità sinaptica, in modo
non ancora ben conosciuto. E’ stato creato un topo KO di Cdkl5 con una mutazione
simile a quella di pz. Il topo mostra anomalie comportamentali tipo autismo,
come altri modelli animali per l’autismo, non crisi convulsive, difetti di
comunicazione dei circuiti neurali e alterazioni in più pathway di
trasduzione di segnale come AKT-mTOR (pathway già segnalati come coinvolti
nell’autismo), che potrebbe costituire un bersaglio farmacologico nella
terapia delle CDKL5patie.
INTERNISTI
(Pediatri, Medicina Generale e Internisti vari)
Mediterranean
mimicker. Lancet 2012;380:2052. Una
storia clinica avvincente, sentite. Donna di 42 a con puntate febbrili
(>38°) ricorrenti e dolori addominali diffusi. Trovata leucocitosi e
aumento PCR. Eritema alla colonscopia con istologia normale. TC addome: ispessimento
della parete del colon. Prima diagnosi colite ndd. Terapia con mesalazina (fa
parte dei FANS) e poi prednisolone per 4 settimane, con riduzione della
sintomatologia. Dopo sospensione del prednisolone ricomparsa dei segni
(febbre ricorrente e dolori addominali). Nuova colonscopia con immagini Crohn
simili ma istologia negativa. Comparsa anche di artralgie (polsi, gomiti e spalle).
Sospetto di Febbre mediterranea (presenza dei criteri maggiori Tel Hashomer), diagnosi confermata
con l’identificazione di una mutazione missenso in eterozigosi del gene MEFV (*608107). Sospesa la terapia con i
farmaci su indicati e iniziata la terapia con colchicina. Netto miglioramento
della sintomatologia. Quindi: diagnosi differenziale con colite ndd che non
risponde alla terapia convenzionale.
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