venerdì 11 gennaio 2013

Articoli Genetica Clinica/Umana Dic 2012. R. Tenconi


Scelta di articoli di Genetica Clinica/Umana pubblicati nel Dicembre 2012 nelle seguenti riviste: Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science & Cell. New entry: Genetics in Medicine.

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Chromosomal Microarray versus Karyotyping for Prenatal Diagnosis. NEJM 2012;367:2175. Analisi comparativa dei risultati genetici prenatali applicando l’es. cromosomico vs microarray (71%  Agilent)  in 4.340 campioni di tessuto fetale (metà CVS e metà LA)(88% degli array su DNA da tessuto non coltivato), con indicazione di età materna avanzata (47%), rischio aumentato da screening della Tri21 (19%), anomalie ecografiche (25%) e altro (9%) (ClinicalTrials.gov number, NCT01279733).  Nessuna sorpresa, solo grandi numeri. Es. cromosomico: aneuploidie comuni autosomiche nel 7.4% e gonosomiche nell’1.3%. Microarry (CNV considerata patogena: se interessa una sede una regione associata con nota entità clinica (indipendentemente dalle dimensioni),  >1 Mb in regione pericentromerica o subtelomerica o <1 Mb ma contenente un gene (o parte) coinvolto in una nota sindrome cromosomica o di una malattia mendeliana. Risultati: confermate tutte le aneuploidie, alcune in mosaico non rilevato con la classica citogenetica, così pure identificate tutte le anomalie strutturali (1 in mosaico). Feti con cariotipo normale: 35% CNV ritenute benigne, 0.9% sicuramente patogene, 1.8% potenzialmente benigne e 1.6% potenzialmente di significato clinico, per un totale di CNV patogene (o prob. tali)  del 2.5%,  ma con frequenze diverse a secondo dell’indicazione (1.6-1.7 per età mat avanzata o screening Tri21 positivo, 6% per anomalie ecografiche strutturali o di crescita). Le CNV sono state controllate poi con FISH. Array efficace ma con
3.4% (130 of 3822) dei casi con cariotipo normale di incertezza, ma con la revisione attuale (lo studio è iniziato nel 2008) e con le maggiori conoscenze che ora abbiamo questa proporzione di riduce all’1.5%. Altro dato importante molte CNV considerate patogene sono piccole con fenotipo molto variabile e questo rende difficile la consulenza genetica perché in questa popolazione (come sappiamo per alcune anomalie cromosomiche  come 47,XXY ad es., ndr) non sono applicabili le conoscenze della storia naturale della condizione basandosi su casi sintomatici identificati dopo la nascita.
Conclusione: sembra (occorrono altri studi) che vi siano elementi per proporre l’analisi array per tutte le gravidanze per il rischio di 1:60 (1.7%) di anomalia genomica fetale per le varie indicazioni, non considerando ovviamente quella  della presenza di anomalie morfologiche fetali (6%).
NB: Agilent e Affimetrics hanno fornito gratis i kit Array e i reagenti e hanno preparato gli operatori.

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Karyotype versus Microarray Testing for Genetic Abnormalities after Stillbirth. NEJM 2012;367:2185. Documento del network di ricerca del nato morto (decesso dopo le 20sg, frequenza 1:160 nati) di Eunice Kennedy ShriverNational Institute of Child Health and Human Development (NICHD) USA. Si pensa, ma prob. è una sottostima, che il 6-13% dei nati morti abbia un’anomalia cromosomica. Il documento riporta il risultato dell’analisi anamnestica, dell’esame autoptico, cromosomico e di array-SNP di 532 nati morti. Le CNV di almeno 500 kb, escluse quelle conosciute come clinicamente non significative, sono state classificate come probabilmente benigne, di significato clinico non noto o causa di malattia.
Sono stati analizzati tessuti fetali e placentari nel 30% dei nati morti, nel 58% solo fetali e nel 12% solo placentari. L’esame cromosomico è riuscito nel 70% dei casi, e nell’8.3% è risultato positivo (Tri21, Tri18, monosmia X, altre anomalie dei gonosomi, dup2(q37), del18(q22) e in 3 un mosaico placentare. L’analisi con microarray è riuscita nell’87% dei casi. Nell’85% non sono state individuate varianti o erano <500 kb o erano note come probabilmente benigne. Osservate nel 7% dei casi aneuploidie, nel 2.6% varianti patogene e nel 5.4% varianti di significato incerto, un incremento del 42% rispetto all’esame cromosomico. Dei 157 nati morti di cui non è stato possibile conoscere il cariotipo l’80% ha avuto la risposta con array: 74% normale, e 6% con aneurploidia o CNV patogena. Interessante anche il confronto tra esame cromosomico e array: 25 nati morti di 29 hanno avuto la conferma dell’anomalia cromosomica con array, sfuggiti all’array 2 mosaici a basso livello (<10%), in tre i referti cromosomi e array differivano. Nel sottogruppo di nati morti antepartum è stata osservata un’anomalia cromosomica in quasi il 10%, all’array le anomalie genomiche (aneuploidie o varianti patogene) erano presenti nel 10,2% con un ulteriore 6.2% di varianti di significato non noto. Nel caso di nati morti con malformazioni (14.2%) identificate all’autopsia il 29% avevano un’anomalia cromosomica, mentre all’esame array sono stati identificati nel 28.3% di aneuploidie, 5% CNV patogene e 5% di varianti di significato ignoto. Quindi con array-SNP maggior probabilità di avere un risultato rispetto al cariotipo con una detection rate maggiore. L’ideale sarebbe applicare ambedue (per escludere le poco probabili traslocazioni bilanciate e i mosaicismi).
Punto debole di questo lavoro, come dicono gli stessi AA: non è stato possibile analizzare i genitori per stabilire se la familiarità o meno delle CNV di significato incerto (punto importante, come noto, ndr).

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Clinical Diagnosis by Whole-Genome Sequencing of a Prenatal Sample. NEJM 2012;367:2226. La diagnosi prenatale citogenetica identifica in circa 1:2.000 casi la presenza di una traslocazione reciproca bilanciata de novo che comporta un rischio empirico del 6.1% di malformazioni, anomalia strutturale che se veramente bilanciata sfugge all’analisi con array-CGH (le anomalie fenotipiche sono dovute all’interruzione di un gene sensibile all’effetto dose o a uno sbilanciamento, solo quest’ultimo visibile con l’array, che se negativo riduce quindi il rischio di malformazioni senza però annullarlo, ndr). Caso clinico: gravidanza da fecondazione in vitro (aborti ripetuti, non gravidanze a termine) con normale screening ecofetale e genetico (?) del primo trimestre. In 19 sg diagnosticata anomalia cardiaca (VD ipoplasico e atresia della tricuspide); “A pediatric cardiology review included the consideration of two or three surgeries for possible palliation, as well as pregnancy termination” (e il medico genetista? Perchè non è stato fatto l’es. cromosomico, che peraltro è indicato proprio nelle gravidanze da fecondazione in vitro? ndr). La gravidanza è continuata con segnalazione di aumento di LA in 27 sg e poi, in 30 sg, di franco polidramnios accompagnato da probabile atresia esofagea, micrognazia e flessione delle estremità suggerendo la “diagnosi” di artrogriposi, di s. Stikler  o di trisomia 18 (evidentemente questa è la DD del cardiologo, ndr). Fatta amnioriduzione terapeutica con es. cromosomico “d’occasione” (GTG) che ha individuato una traslocazione rcp bilanciata de novo t(6;8)(q13;q13). La RM fetale ha completato il quadro clinico (conferma del sospetto di atresia esofagea, microstomia con labbro superiore sporgente, anomalie della deglutizione con lingua protrusa, anomala posizione fetale con avambraccia e ginocchia flesse, anche abdotte e mani flesse sui polsi). L’array-CGH è normale. TC per assenza di movimenti fetali in 36 sg e diagnosi neonatale di s. CHARGE. Il b. è poi deceduto a 10 giorni. DNA estratto da LA e analizzato con la tecnica NGS (large-insert, paired-end) che conferma la diagnosi da interruzione del gene CHD7 in 8q12.2 (la citogenetica indicava q13) (l’articolo poi prosegue con discutibili considerazioni sul perché non hanno fatto prima la diagnosi, ndr).

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Application of Genomic Technology in Prenatal Diagnosis. NEJM 2012;367:2249. Editoriale sullo stesso fascicolo degli articoli precedenti. Riassume bene i tre lavori e sottolinea alcuni aspetti discussi in varie occasioni (anche a Roma lo scorso 10 Dicembre nella riunione congiunta dei GdL SIGU di Genetica Clinica e Citogenetica). Tra questi i CNV di significato incerto o quelli con fenotipo variabile, sottolineando l’opportunità di un database delle CNV internazionale e, considerazione spesso trascurata, il follow-up dei casi osservati. E l’incapacità degli array di identificare le anomalie di struttura cromosomiche bilanciate, i marcatori in mosaico ecc. Sottolinea i vantaggi/benefici degli array prenatali a seconda dell’indicazione all’esame, nel caso di anomalia fetale ecografica o come screening per età materna o rischio Tri21. E, importante, la necessità che via sia una consulenza prima e dopo il test con array (come dovrebbe essere per tutti i test genetici, ndr) fornita da competenti (genetic counselor o genetista)(a Roma c’è stata una accesa discussione su quale genetista)(vedi anche nelle Spigolature A large health system’s approach to utilization of the genetic counselor CPT_ 96040 code. Genetics in Medicine 2011;13:1011). Dietro l’angolo c’è il NGS postnatale e, paurosamente (ndr), il prenatale.

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Digenic inheritance and Mendelian disease. Nature Genetics 2012;44:1291. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Digenic inheritance of an SMCHD1 mutation and an FSHD-permissive D4Z4 allele causes facioscapulohumeral muscular dystrophy type 2. Nature Genetics pg. 1370) sull’eredità digenica nelle malattie mendeliane, in particolare sulla Distrofia Muscolare Facio-scapolo-omerale, una delle più comuni distrofie genetiche muscolari caratterizzata da perdita progressiva della muscolatura facciale, dei cingoli e delle braccia, con ampia variabilità fenotipica (MIM 158900). Vi sono due forme FSHD, con uguale fenotipo: FSHD1 e FSHD2 (o FSHD1B). In ambedue c’è una ipometilazione del DNA con livelli ridotti di eterocromatina repressiva (rilassamento cromatinico) dell’allele D4ZA localizzato in 4q35.
Nella FSHD1, più frequente, c’è un ridotto numero di ripetizioni in tandem del microsatellite D4Z4 (nella popolazione normale sono 10-100, mentre nella FSHD1 sono 1-10), che fa esprimere il gene incluso DUX4 (double homeobox protein 4, che codifica un segnale di poliadenilazione)(una sua copia è presente in ogni ripetizione). L’espressione ectopica di DUX4 causa derepressione e sopraepressione di geni delle cellule staminali e germinali, che portano all’apoptosi.
Nella FSHD2 invece, in cui vi è una significativa ipometilazione di D4Z4 ma con normali sequenze ripetute, è poco chiara la base genetica e la trasmissione. Nel lavoro tramite sequenziamento dell’intero esoma è stata individuata in 4 famiglie su 5 con FSHD2  una variante potenzialmente patogena in eterozigosi di SMCHD1 (locus in 18p11) che cosegrega con l’ipometilazione D4Z4 o una sua mutazione de novo in casi (n° 2) con ipometilazione sporadica  e FSHD2. La mutazione di SMCHD1, che è un membro della famiglia delle proteine di conservazione strutturale cromosomica- SMC, agisce quindi come un modificatore epigenetico dell’allele D4Z4 e contribuisce al fenotipo FSHD2.
Di rilevante, oltre alla definizione della base genetica di FSHD2, la possibilità che mutazioni di SMCHD1 modifichino il controllo epigenetico di altre regioni genomiche e la penetranza di altre malattie genetiche. Nel commento brevemente si fa cenno di altre malattie digeniche (una forma di retinite pigmentosa, s. Bardet-Biedl, Ciliopatie e CNV come s. TAR).

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Down syndrome: the brain in trisomic mode. Nature Reviews Neuroscience 2012;13:844. (Un errore comune che facciamo è pensare che sappiamo tutto sulla s. Down, ma è vero proprio il contrario: è una sindrome praticamente sconosciuta.  Nel Triveneto ha una prevalenza neonatale 1:1000, se includiamo anche le IVG 1:770, ndr). Cominciamo solo ora a capire che lo sviluppo cerebrale e cognitivo in questa condizione non sono dovuti solo al sovradosaggio di alcuni geni sensibili all’effetto dose localizzati sul cromosoma 21, ma anche alla sregolazione di elementi non codificanti con alterata espressione di geni non sul cr. 21 e a effetti epigenetici. Questa review presenta le scoperte più recenti e importanti dei fenotipi cerebrali nella SD e i meccanismi che li determinano e come queste nuove scoperte possano essere usate per curare il deficit cognitivo dei soggetti con questa condizione. Cominciamo con le descrizioni: è caratterizzato da un profilo diseguale di memoria di lavoro con compromissione maggiore della memoria sia di breve che di lungo termine, più quella verbale termine rispetto alla visuo-spaziale (vedi anche Genetic and environmental vulnerabilities in children with neurodevelopmental disorders. PNAS 2012;109:17261 con lo stimolo di conoscere meglio il fenotipo cognitivo per una più appropiata )(articoli interesse Ottobre 2012). La review poi prende in considerazione gli aspetti fisiopatologici cerebrali, il superamento dell’ipotesi semplicistica della sindrome da alterato dosaggio genico dei geni cr. 21, il ruolo di miRNA del cr. 21 che sono sovraespressi nell’encefalo con sottoregolazione di geni possibilmente legati a alcune anomalie, e meccanismi epigenetici e l’alterata architettura cromatinica nel nucleo. Un altro contributo è stato dato da modelli animali diversi del topo (esperimenti che datano dagli anni ’70 con topi trisomici e ora con topi “umanizzati” con extra copia umana e topi transgenici). E poi il capitolo dai modelli ai meccanismi e da qui agli approcci terapeutici basati sulla evidenza, come la terapia dei neurotrasmettitori, l’uso di molecole della neuroplasticità, la normalizzazione del dosaggio genico nel topo, di geni come come ad es. DYRK1A incluso  della cosiddetta regione critica della s. Down, anche se sono molto pochi i geni con effetto dose che sappiamo che contribuiscono a aspetti specifici del fenotipo Down (tanti dati, ma ancora lontani da capire, ndr).

Two sides of the coin. Nature Genetics 2012;44:1287. Riassunto stringato dell’Editoriale: Aging parents transmit an increasing burden of chromosomal aberrations and mutations. There are also epidemiological correlations between parental age and neurodevelopmental disorders, including autism. The citation and interpretation of these two lines of evidence should be carefully evaluated.
Ecco perché: per l’autismo c’è evidenza (meta-analisi di 16 studi) di una correlazione positiva, anche se modesta, con l’età dei genitori, anche dopo correzione con l’età paterna e altri potenziali effetti confondenti, con più figli maschi e con diagnosi più tardiva. Altri studi rilevano un incremento di mutazioni de novo in soggetti con autismo, più frequentemente paterni (4:1) con correlazione con l’età paterna. Altri ancora confermano nei pz con autismo la presenza significativa di mutazioni de novo al singolo nucleotide e un effetto di età sia paterna che materna. L’editoriale sottolinea che la correlazione con l’età materna necessariamente non vuol dire genetica ma anche frutto di fattori ambientali che ora non conosciamo, tant’è vero che l’ereditabilità dell’autismo nei gemelli sembra sia da ridimensionare. Risultati contrastanti quindi, stimolo a pubblicare e a leggere criticamente i risultati (vedi Epidemiology: Complex disorder. Nature 2012;491:S2)(Articoli Interesse No 2012).

Human mitochondrial DNA: roles of inherited and somatic mutations. Nature Reviews Genetics 2012;13:828 (co-autore Salvatore Di Mauro). Dal riassunto: mutazioni dei geni dei mitocondri causano malattie (vedi elenco Box. 1) con fenotipi differenti in gran parte ereditate dalla madre e dovute a alterazioni del metabolismo energetico ossidativo.  Poi vi sono difetti secondari del mtDNA, da mutazioni DNA nucleare che interessano geni che codificano proteine necessarie per la funzione mitocondriale.
Ora risulta che mutazioni somatiche del mtDNA sono responsabili di caratteri complessi come le patologie neurodegenerative (soprattutto m. Parkinson , ma anche m. Alzheimer, m. Huntington, Sclerosi laterale amiotrofica, Paraplegie spastiche ereditarie), l’invecchiamento e alcuni tipi di cancro. La review prende in considerazione il ruolo delle mutazioni mtDNA nelle varie malattie sottolineando l’importanza nei meccanismi che le determinano. Le malattie mitocondriali primarie sono state erroneamente ritenute rare o rarissime, ma ora sono considerate frequenti come la DM Duchenne o la Fibrosi cistica. La review termina così: “to the question posed in 2000 regarding the phenotypic consequences of mtDNA mutations — ‘are we scraping the bottom of the barrel?’ — the answer is a definite ‘no”.

Mitochondrial mutation mixtures. Nature Reviews Genetics December 2012;13). Commento dell’articolo Variation in germline mtDNA heteroplasmy is determined prenatally but modified during subsequent transmission. Nature Genetics 7 Oct 2012. Perchè i fratelli spesso ereditano dalla madre diverse proporzioni di mtDNA con e senza una mutazione causa di malattia? Per il timing del “collo di bottiglia” genetico nella linea germinale femminile (relativamente poche copie di mtDNA che casualmente  vanno negli oociti) o per la selezione dei mitocondri?  Grazie ai topi: linee materne trasmettono mutazioni mtDNA, ma mentre quelle di geni codificanti proteine sono eliminate in poche generazioni, rimangono quelle dei geni tRNA, che sono quindi la causa più frequente di malattia mitocondriale. Quindi le differenze di eteroplasmia nei fratelli si producono durante l’oogenesi (almeno per le mutazioni tRNAanche se per alcune mutazioni sembra esercitarsi una certa selezione in epoca più tardiva). Comunque in generale le mutazioni tRNA sono tollerate durante l’embriogenesi e questo spiega perché siano quelle più frequentemente coinvolte nelle malattie mitocondriali.

Vedi anche Heteroplasmy of Mouse mtDNA Is Genetically Unstable and Results in Altered Behavior and Cognition. Cell 2012;151:333 (Selezione articoli interesse Ottobre 2012).

Leber hereditary optic neuropathy and oxidative stress. PNAS 2012;109:19882. Per le malattie dei mitocondri la terapia è limitata e carente a causa della complessità delle proteine strutturali, dei pathway coinvolti e per le scarse conoscenze fisiopatologiche che ne abbiamo. Le malattie oculari, in particolare la retina, come la neuropatia ereditaria ottica di Leber (LHON), (da Theodore Leber, Oftalmologo tedesco che l’ha descritta nel 1871), sono tra le varie malattie mitocondriali quelle per le quali sono stati fatti progressi perché le strutture che lo compongono sono facilmente accessibili e controllabili e perché la LHON ha un interessamento sequenziale (di mesi o anni) degli occhi. LHON (MIM #535000) malattia mitocondriale con eredità materna da mutazioni missenso di geni del mtDNA che possono da sole o associate a altre causare la malattia con degenerazione delle cellule gangliari della retina e del nervo ottico (demielinizzazione e perdita degli assoni di piccolo calibro del n. ottico, rigonfiamento delle fibre e anomalie dei mitocondri) che si presenta con improvvisa perdita della visione centrale in genere in età tra 27 e i 34 anni. Vi sono 3 comuni mutazioni (90% delle famiglie) con interessamento del complesso enzimatico NADH deidrogenasi, fondamentale per generare ATP, composto a alta energia. Non è chiaro come si produce la neurodegenerazione, il lungo tempo di latenza, l’interessamento specifico retinico e la maggior frequenza nei maschi (M:F 3-8:1 a seconda delle mutazioni). Per LHON è stato creato un modello di topo (Mouse mtDNA mutant model of Leber hereditary optic neuropathy. Pg 20065) introducendo la mutazione P25L del gene ND6 (NADH deidrogenasi, subunità 6,  del Complesso I) dimostrando che più poté lo stress ossidativo che il difetto energetico a provocare nel topo la LHON. E’ ora possibile osservare la progressione della patologia con il ripetersi della patologia già nota nell’uomo e l’identificazione di marcatori precoci della patologia. Conoscenze utili per pensare a una terapia.

Rene policistico (ADPKD)
Aquaretic Treatment in Polycystic Kidney Disease. Letter NEJM 2012;367:2440. Editoriale dell’articolo Tolvaptan in Patients with Autosomal Dominant Polycystic Kidney Disease. Pg 2407 sui risultati di una  una sperimentazione clinica in fase 3 (dopo lo studio dell’efficacia di una terapia lo studio diventa multicentrico per confermare l’efficacia, valutare il valore terapeutico, definire il rapporto sicurezza-efficacia superando l’aspetto della variabilità individuale)( ClinicalTrials.gov number, NCT00428948) della malattia del rene policistico dominante tipo adulto (ADPKD)(MIM PKD1 MIM #173900, PKD2 #613095) con le principali manifestazioni di cisti renali e epatiche e  aneurismi intracranici. E’ la più comune malattia ereditaria renale che porta a insufficienza prima dei 60 anni in metà dei pz e che costituisce la causa del 10% delle patologie che portano alla dialisi.
Entrambe le proteine coinvolte nell’ADPKD, policistina 1 e policistina 2, sono localizzate nel ciglio primario e sono necessarie nella trasduzione del segnale del flusso del lume tubulare. Nella ADPKD vi è un’incremento di AMP ciclico mediato dalla vasopressina che determina una proliferazione delle cellule epiteliali delle cisti e la secrezione di liquido cistico. Un farmaco, Tolvaptan, è un antagonista selettivo del recettoreV2 della vasopressina e è già in uso nella terapia della iponatremia da inadeguata secrezione dell’ormone antidiuretico (approvato dalla Commissione Europea http://www.adnkronos.com/IGN/News/Aziende_Informano/?id=3.0.3618383814), determina la riduzione di cAMP renale e ha dimostrato in fase 2 un ritardo della progressione della malattia cistica. In un ampio campione di pz con ADPKD (n° 1445), in 3 anni di terapia ha rallentato del 50% l’aumento di dimensioni renali e ridotta la riduzione del taso di filtrazione glomerulare, soprattutto nel primo anno di sperimentazione, anche se alcuni suoi effetti collaterali (sete, polidispsia, poliuria, nocturia, aumento degli enzimi epatici, ipernatriemia e iperuricemia con gotta) hanno portato molti pz a sospendere la terapia. Allora per quali pz con ADPKD è consigliabile la terapia con Tolvaptan?  Va pesato e discusso con ogni pz i benefici (posposizione della dialisi e del trapianto, riduzione del dolore renale, minori infezioni urinarie) e degli effetti negativi.

G-protein signaling modulator 1 deficiency accelerates cystic disease in an orthologous mouse model of autosomal dominant polycystic kidney disease. PNAS 2012;109:21462. Il meccanismo che porta alla formazione delle cisti renali nel ADPKD è l’espansione e la proliferazione dell’epitelio tubulare dedifferenziato, dovuto a anomali di espressione di alcuni geni, della polarità  cellulare, della secrezione di fluidi, dell’apoptosi e della matrice extracellulare. Le proteine G (perché legano i nucleotidi guanilinici) eterotrimetriche (costituite da 3 subunità: α, β, γ) svolgono una funzione trasduttiva dall’esterno all’interno della cellula attivate da segnali ormonali o meccanici di recettori di superficie (GPCR) e la Policistina 1 (codificata da PKD1 e mutata nella ADPK1) è un GPCR sulla superficie delle cellule renali epiteliali che controlla direttamente la Policistina-2 (codificata da PKD2 e mutata nella ADPK2) che è un canale ionico localizzata sulla membrana ciliare e funziona come sensore meccanico. Quindi le due policistine regolano molti pathway e mantengono la normale struttura e funzione renale tubulare.
Vi sono altre proteine che svolgono una funzione attivante il sistema di segnale delle proteine G, tra cui G-protein signaling modulator 1 (GPSM1). Nel lavoro è stato studiato il ruolo di GPSM1nella cistogenesi delle cellule renali epiteliali nel modello di topo della ADPKD con fenotipo ipomorfico della Policistina-1. Sono stati incrociati topi ADPKD e topi GPSM1 nulli per vedere l’effetto che fa: GPSM1 svolge un ruolo importante di controllo della dinamica della progressione delle cisti e potrebbe essere un bersaglio terapeutico per il trattamento di questa malattia frequente con un forte impatto sulla vita delle persone affette e sulla società.

Promotion of vesicular zinc efflux by ZIP13 and its implications for spondylocheiro dysplastic Ehlers–Danlos syndrome. PNAS 2012;e3530. Lo zinco, elemento essenziale (cofattore catalitico o strutturale, media molti processi metabolici), è presente in concentrazioni molto basse (< nanomolare) nell’organismo e a alte dosi è tossico. La sua omeostasi è quindi molto ben controllata da due famiglie di trasportatori, SLC30A/facilitatori di diffusione cationica (CDF)/trasportatori Z(ZnT) con trasporto di Zn dal citosol all’esterno della cellula o negli organelli intracellulari e SLC39A/Zrt/Irt-like protein (ZIP) che importano Zn dall’esterno nella cellula o negli organelli. Nell’uomo vi sono 10 ZnT e 14 ZIP la cui funzione è poco chiara. Mutazioni di ZIP13 (SLC39A13) sono responsabili di una forma di Ehlers-Danlos -like, la Spondilochiero displasica (SCD-EDS)(MIM #612350). Contrariamente a quanto ipotizzato (le mutazioni di SLC39A13 causano un sovraccarico di Zn nel reticolo endoplasmico) risulta che il difetto molecolare è invece da deficit di Zn nel reticolo endoplasmico per il suo intrappolamento nelle vescicole citoplasmatiche.

Loss-of-function mutations in IGSF1 cause an X-linked syndrome of central hypothyroidism and testicular enlargement. Nature Genetics 2012;44:1375 (tra gli AA alcuni italiani dell’IRCCS Cà Granda e IRCCS Auxologico di MI). L’ipotiroidismo centrale (<1% degli ipotiroidismi) è deficit congenito e permanente dell’ormone tiroideo dovuto a ridotta secrezione di TSH (ormone stimolante la tiroide) o ipotalamica del TRH (sistema di rilascio della tireotropina); la diagnosi è di solito tardiva se non c’è l’identificazione neonatale mediante screening. Il ritardo di diagnosi comporta deficit intellettivo e bassa statura. Può essere isolato o associato a altri deficit ormonali pituitari.
Si è partiti da una famiglia con un neonato diagnosticato mediante screening neonatale e un cugino che a 7 anni ha avuto la diagnosi di ipotiroidismo centrale associato a deficit parziale di GH e di prolattina. All’adolescenza hanno sviluppato macroorchidismo con normale testosteronemia. Il nonno materno in comune è risultato avere ipotiriodismo centrale. L’analisi esonica del cromosoma X ha individuato una delezione di 27 nt del gene IGSF1 in Xq25 nei due cugini, nel nonno e in un altro maschio con lo stesso fenotipo. Allargano lo studio a altre famiglie (in totale le famiglie studiate sono 11) non correlate sono state trovate in totale 8 diverse mutazioni e due delezioni con fenotipo caratterizzato da ipotiroidismo centrale, macroorchidismo e basse concentrazioni di prolattina.
Topi maschi con difetto di Igsf1 hanno ridotte concentrazioni di TSH, TRH, T3 (Triiodotironina) e aumentata massa corporea. Quindi una nuova malattia XL da  mutazioni con perdita di funzione del gene IGSF1 e fenotipo dovuto a alterato segnale pituitarico TRH.

A genome-wide association study identifies susceptibility loci for nonsyndromic sagittal craniosynostosis near BMP2 and within BBS9. Nature Genetics 2012;44:1360. La saldatura precoce di una o più suture craniche (craniosinostosi) è un difetto relativamente comune: nell’80% sono isolate (NSC) e l’analisi molecolare dei geni (FGFR2, TWIST1, FREM1, LRIT3, EFNA4 e dup di RUNX2) è positiva in una bassissima proporzione dei casi; nel 20% sono invece sindromiche, in genere interessanti le suture coronali, con almeno 8 geni coinvolti (FGFR1, FGFR2, FGFR3, TWIST1, EFNB1, POR, MSX2 e RAB23). La più comune (40-58% dei casi) craniosinostosi interessa la sutura sagittale (sNSC). E’ considerata multifattoriale con concordanza nei gemelli MZ (30%) rispetto ai DZ (0), M/F 3:1, con alto ricorrenza nelle famiglie e con fattori ambientali come parità, prematurità, compressione intrauterina, fumo materno e alcuni farmaci amminici. Analisi GWAS con SNP di 130 casi da NSC (https://genetics.ucdmc.ucdavis.edu/icc.cfm): alta associazione in una regione distante 120 kb da BMP2 e in una regione distante167 kb di BBS9. Associazione confermata in un ulteriore campione di 172 probandi con sNSC (e 548 controlli). Geni che partecipano alo sviluppo scheletrico e che dovranno essere analizzati con studi funzionali.

Genomewide Association Studies and Common Disease — Realizing Clinical Utility. NEJM 2012;367:2370. Come possiamo utilizzare i dati numerosissimi che provengono dagli studi di associazione dell’intero genoma. Le difficoltà che abbiamo di interpretarli per le malattie complesse derivano sicuramente dalla nostra scarsa conoscenza della funzione della maggioranza dei geni, dei processi biologici e dei pathway interessati da queste malattie. Non sappiamo se una variante associata modifichi l’espressione, la stabilità RNA, l’attività della proteina e l’interazione con altre proteine ecc. Altro aspetto è il contributo dato dagli studi di associazione per la farmacogenomica. Ma per massimalizzare i benefici di queste ricerche la Perspective sottolinea che è opportuno passare anche a una fase traslazionale, altrimenti “the rich yield
of disease loci identified by genomewide association studies will be for naught (sarà inutile)”.
In alcuni lavori citati (vedi Articoli Nov 2012)(Genomewide Association Studies and Common Disease — Realizing Clinical Utility. NEJM 2012;367:2370) c’è un’altra frase a effetto che dice la stessa cosa: Finding the genetic variations is one mission; understanding what they mean is another”.

Targeted disruption of Adamts16 gene in a rat genetic model of hypertension. PNAS 2012;109:20555.
Si dice “Ipertensione arteriosa idiopatica” per la stragrande maggioranza di casi di questa patologia così comune perchè non si a nulla (ndr). Sappiamo che l’ipertensione a. ha una considerevole ereditabilità, studi di associazione nell’uomo e nei ratti fanno concludere che vi sono numerosi geni di suscettibilità, anche se per la maggior parte di essi mancano (come sempre per le malattie complesse, ndr) studi adeguati funzionali. Lo studio di linkage Quebec Family Study ha identificato prima una regione e poi un gene candidato (anche nel ratto), disintegrin-like metalloproteinase with thrombospondin motifs–16 (Adamts16), con varianti esoniche correlate con l’ipertensione. L’applicazione di una nuova tecnica (zinc-finger nuclease) in grado di colpire uno specifico gene (delezione parziale) nel ratto ha consentito di verificarne l’effetto e correlare la funzione di questo gene ai valori pressori. Nel ratto con mutazione in Om la PA sistolica è più bassa (36mmHg), c’è una minore velocità dell’onda sistolica aortica, un ridotto spessore della intima-media vascolare, le cilia meccano-sensitive delle cellule endoteliali vascolari sono più lunghe, c’è ispessimento dei capillari glomerulari e una migliore sopravvivenza. Tutto questo lega funzionalmente il gene Adamts16 alla PA e suggerisce che la sua azione ipotensiva si eserciti a livello vascolare.

High-density genetic mapping identifies new susceptibility loci for rheumatoid arthritis. Nature Genetics 2012;44:1336. L’AR è una comune (1% della popolazione) e invalidante malattia complessa, una classica malattie autoimmunitaria con autoanticorpi circolanti. Studi con GWAS hanno identificato 32 loci di rischio che comprendono HLA-DRB1, PTPN22 e altri in comune con alcune malattie autoimmunitarie. Lo studio ha usato un array SNP a alta densità che include 186 loci risultati associati a 12 malattie autoimmunitarie in 11.475 pz con AR di discendenza europea e 15.870 controlli con 129.464 marcatori.
Sono stati individuati altri loci di suscettibilità (totale quindi 46 loci per AR), con 19 loci con singolo gene e una forte associazione per 7 loci. Tecniche funzionali preciseranno il ruolo dei geni che sono stati individuati nel determinismo di questa patologia.

Identification of 15 new psoriasis susceptibility loci highlights the role of innate immunity. Nature Genetics 2012;44:1341. La Psoriasi è una malattia cronica cutanea relativamente comune (0.2-2% della popolazione con differenze etniche) su base autoimmunitaria, con un quarto dei casi associata a artrite (particolarmente dolorosa e comunque debilitante) e a altre complicazioni come la malattia metabolica e cardiovascolare. Ha una predisposizione genetica e è caratterizzata da un’alterata risposta immunitaria cutanea con dipendenza TNF-alfa e aumentata attivazione delle cellule Th 1 e Th17. Tramite GWAS sono stati individuati numerosi loci di rischio in comune con alter malattie metaboliche. Lo studio riporta la ricerca di altri loci, applicando una meta-analisi di 3 studi con GWAS e 2 studi indipendenti con Immunochip di 10.588 pz e 22.806 controlli. Sono stati individuati 15 nuovi loci di suscettibilità (Totale 36 loci in persone di discendenza europea), 5 altri loci in comune con altre malattie che comprendono geni regolatori della funzione delle cellule T (RUNX3, TAGAP, STAT3). Includono anche geni  coinvolti nella immunità innata incluso quello delle risposte antivirali mediate da interferone (DDX58), di attivazione macrofagica (ZC3H12C) e quelli del fattore di trascrizione NF-κB (CARD14 and CARM1). Queste informazioni identificano i meccanismi in comune con altre malattie autoimmunitarie e sottolineano l’importanza della cute come fattore di difesa immunitaria.

All Eyes on RNA. Science 2012;338:1282. Breve riassunto: The list of RNA-binding proteins linked to amyotrophic lateral sclerosis (ALS) is growing; RNA may also explain why a common mutation causes this fatal motor neuron disease—and a dementia. Nell’estate 2011, dopo 3 anni di studio, un consorzio di ricercatori di vari paesi hanno concluso che per la ALS familiare c’erano 3 geni-malattia  sul cromosoma 9 in famiglie con ALS. Ma l’analisi mutazionale è stata negativa. Con un lavoro manuale un ricercatore ha individuato l’espansione di una sequenza esanucleotidica in una regione non codificante del gene C9ORF72 nel 40% dei casi familiari di ALS e nel 21% dei casi familiari di Demenza fronto-temporale (FTD) e anche nel 7% dei casi sporadici di ALS e nel 5% dei casi FTD (vedi Articoli interesse Aprile 2012: C9orf72 repeat expansions in patients with ALS and FTD. Lancet 2012;11;297 e Frequency of the C9orf72 hexanucleotide repeat expansion in patients with amyotrophic lateral sclerosis (ALS) and frontotemporal dementia (FTD): a cross-sectional study. Pg. 323). Ma come la mutazione causa le patologie. Leggetevi l’articolo.

Heptahelical protein PQLC2 is a lysosomal cationic amino acid exporter underlying the action of cysteamine in cystinosis therapy. PNAS 2012:E3434. La cistinosi è una rara malattia AR (MIM #219800) con fenotipi a comparsa a varie età. Fa parte delle malattie lisosomiali con accumulo di cistina nei lisosomi (è una malattia classificata come lisosomiale) e progressivamente interferisce con la funzione di vari organi quali reni (fino all’insufficienza), ghiandole endocrine, muscoli (grave miopatia), cornea (erosioni) e SNC (deficit intellettivo). La terapia con cisteamina riduce l’accumulo lisosomiale della cistina legandosi alla cistina formando cisteina e un disulfide composto da cisteamina e cistina, che tramite un trasportatore di un altro aminoacido (lisina), viene convogliato all’esterno della cellula. Il lavoro studia questo meccanismo.

Identification of nonferritin mitochondrial iron deposits in a mouse model of Friedreich ataxia. PNAS 2012;109:20590. L’accumulo di ferro nei tessuti ha un effetto tossico per la formazione di radicali liberi dell’ossigeno (specie reattive dell’ossigeno –ROS) con accumulo più pronunciato nei mitocondri con alta attività ossido-riduttiva. L’Atassia Friedreich (MIM #229300), in cui la mutazione più frequente è costituita dall’espansione trinucleotidica GAA nell’introne 1 del gene FXN (>70 contro 5-30 dei normali alleli), è considerata una malattia da alterata omeostasi del Fe nei mitocondri da carenza del prodotto genico che causa un accumulo di Fe, stress ossidativo e degenerazione cardiaca e neuronale. Nel modello KO condizionale di topo la perdita di fratassina (proteina che favorisce la formazione di cluster ferro-zolfo coinvolti nei processi di ossidoriduzione) altera il metabolismo cardiaco del Fe e provoca la classica triade della malattia come la cardiomiopatia con ipertrofia, difetto degli enzimi del cluster ferro-zolfo e sovraccarico mitocondriale di Fe dalla 7 settimana di vita. La supplementazione di Fe con la dieta nel topo mutato limita l’ipertrofia cardiaca. L’assenza di fratassina nel topo modifica il metabolismo del Fe non solo a livello degli organi interessati, come il cuore, ma anche in altri tessuti dove l’espressione della fratassina è intatta e determina nei mitocondri la formazione di aggregati biominerali di Fe, fosforo e zolfo contribuendo in modo sostanziale allo stress ossidativo.

SCG10 is a JNK target in the axonal degeneration pathway. PNAS 2012:E3696. La perdita assonale è un meccanismo patogenetico comune a molte malattie, dalle neuropatie ereditarie, neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson), neuropatia diabetica e traumi meccanici o tossici. Le attuali terapie mirano alla malattia di base o alla terapia del dolore da disfunzione dell’assone. Il lavoro vuole chiarire i meccanismi che portano alla degenerazione assonale per dare un’indicazione a una terapia mirata.
Il pathway di trasduzione di segnale JNK promuove la degenerazione assonale poco dopo la lesione assonale, ore prima che si instauri un’irreversibile frammentazione dell’assone stesso. L’inibizione di JNK ne rallenta la degenerazione, ma poco si sa del complesso meccanismo che partecipa e facilita la degenerazione. Il pathway JNK/SAPK (c-Jun N-terminal kinases/stress-activated protein kinase) è uno dei 3 membri della superfamiglia MAPK (mitogen-activated protein kinase) che include ERK e le p38 MAPKinases. Nel lavoro si dimostra, in vitro e in vivo, che Superior cervical ganglion 10 (SCG10), un substrato di JNK, è un fattore di mantenimento assonale la cui perdita porta alla degenerazione assonale indotta da lesioni traumatiche.

Mutant surfactant A2 proteins associated with familial pulmonary fibrosis and lung cancer induce TGF-β1 secretion. PNAS 2012;109:21064. Fibrosi polmonare idiopatica, malattia progressiva in età adulta con morte entro 3 anni. Nessuna terapia efficace. Si parte quindi dai casi familiari per capirne i meccanismi, casi familiari che sono meno del 5% dei pz. Parecchi geni ne sono causa (vedi Selezione Articoli Ottobre 2012 - The telomere syndromes. Nature Reviews Genetics 2012;13:693- e quella di Aprile 2012: Pulmonary Fibrosis, Bone Marrow Failure, and Telomerase Mutation. NEJM Letter 2012;366:1551, in cui è stato precisato che ci sono ormai molti dati sulla correlazione tra disfunzione telomerica e malattie degenerative, come alcune malattie comuni come la fibrosi polmonare idiopatica e l’insufficienza midollare e altre malattie apparentemente diverse come fenotipo ma che costituiscono uno spettro sindromico caratterizzato dalla brevità telomerica). Tra i geni della FPF ci sono quelli delle proteine e dei componenti RNA delle telomerasi: TERT (telomerase reverse transcriptase)(il 15% dei casi familiari ha una mutazione di questo gene) e TERC (telomerase RNA component) e SFTPC codificante la proteina del surfattante (causa di distress respiratorio nel bambino, pneumopatia interstiziale dell’adolescente e fibrosi polmonare nell’adulto, mutazioni in genere associate a un fenotipo grave. Mutazioni di SFTPC si ritiene modifichino il ripiegamento proteico, stress del reticolo endoplasmico e apoptosi delle cellule alveolari, come si evince da studi nel topo. In una grossa famiglia con più membri affetti è stato applicato uno studio d linkage che ha portato all’identificazione di una rara mutazione missenso in eterozigosi del gene SFTPC che causa fibrosi polmonare nella 4a - 6 a decade di vita e adenoca. polmonare nella 5 a - 8 a decade. Viene dimostrato che l’espressione della proteina mutante nelle linee cellulari epiteliali di polmone è associata a secrezione della citochina profibrotica TGF-β1, secrezione dipendente in parte dalla risposta della proteina malpiegata e completamente dipendente dall’espressione delle proteine leganti il TGF-β1 latente, che sono LTBP-1 e LTBP-4. Quindi se la secrezione di TGF-β1 è causata dalla proteina SFTPC mutante è prevedibile che bloccare questo pathway può costituire una specifica terapia.

Reelin is a target of polyglutamine expanded ataxin-7 in human spinocerebellar ataxia type 7 (SCA7) astrocytes. PNAS 2012;109:21319. La SCA7 è una m. neurodegenerativa AD da espansione poliglutaminica della proteina Atassina-7 (ATXN7)(o Atrofia olivopontocerebellare III, MIM  #164500). La patologia si manifesta prevalentemente a livello cerebellare e retinico. Perché questa specificità tissutale?
Mediante modelli in vitro di colture cellulari viene dimostrato che l’espansione poliglutaminica ATXN7 determina aumentati livelli di monoubiquitinazione dell’istone H2B (formazione di un legame peptidico fra ubiquitina ed NH2 di una catena laterale di un residuo di Lys dell’istone) del promotore della Relina (wikipedia dice: “relina” deriva dal verbo inglese “to reel”– girare, andare col passo malfermo, perché i topi con difetto di questa proteina hanno questo passo), che svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo cerebellare e nel mantenimento delle cellule Purkinje cerebellari. Il trattamento con tricostatina A (antibiotico antifungino che inibisce selettivamente l’istone deacetilasi classe I e II) restituisce parzialmente la trascrizione della relina e promuove il sequestro nelle inclusioni nucleari del mutante ATXN7 proteggendo il promotore della relina. Una possibile terapia.

Can’t get there from here: cilia and hydrocephalus. Nature Medicine 2012;18:1742. Commento di un articolo (Abnormal development of NG2+PDGFR-α+ neural progenitor cells leads to neonatal hydrocephalus in a ciliopathy mouse model. Pg 1797). Idrocefalia: aumento di volume degli spazi liquorali per accumulo di liquido cefalorachidiano (LCR) da riduzione del volume cerebrale (ex vacuo) o più propriamente per aumentata produzione o ridotto assorbimento del LCR o da alterato flusso dovuto ai movimenti ciliari attraverso l’acquedotto e i ventricoli. Può essere non comunicante da ostruzione (es. acqueduttale) che causa aumento di volume ventricolare e compressione del parenchima cerebrale o comunicante e in genere non ne è noto il meccanismo patogenetico. La terapia attuale è il drenaggio con l’applicazione di una valvola, ma con effetti non completamente soddisfacenti, urge quindi una terapia più appropriata. Patologie delle cilia primarie, che non sono mobili (ci sono patologie delle cilia mobili, come la s. Kartagener con idrocefalia), sono state recentemente indicate come causa di idrocefalia nei modelli animali, come nel topo mutante BBS (s. Bardet-Biedl nell’uomo, geneticamente molto eterogenea – 17 geni- con obesità, cecità retinica, polidattilia, deficit intellettivo e occasionalmente idrocefalia comunicante – anche nel topo mutante). Le cilia primarie sono sensori tipo antenne di molti pathway di segnale come Wnt, Shh e PDGFR-alfa che rendono la cellula disponibile a segnali di sviluppo in varie fasi della neurogenesi, incluse le regioni periventricolari. Si dimostra che il meccanismo patogenetico dell’idrocefalia neonatale del topo BBS è costituito da alterazione del recettore PDGFR (platelet-derived growth factor)-alfa con conseguente apoptosi e diminuita proliferazione delle cellule progenitrici dei neuroni (NPC), cellule essenziali per mantenere l’integrità ventricolare. Tale patologia è correggibile con terapia con litio che stimola la proliferazione delle NPC, aumentando la fosforilazione di GSK3-β e inibendone così l’attività, ma non interviene sulla morte cellulare, quindi con parziale effetto riparatore dell’idrocefalia.

Diverse types of genetic variation converge on functional gene networks involved in schizophrenia. Nature Neuroscience 2012;15:1723. La Genetica Umana attualmente è fortemente impegnata a stabilire la relazione di variazioni genetiche utilizzando con varie tecniche per individuare CNV e SNV, e poi pathway e network coinvolti nelle malattie comuni, che sono le più frequenti. Per la schizofrenia, malattia psichiatrica comune, sono stati individuati da vari AA molti loci genomici associati e è stato applicato un algoritmo (NETBAG+) che cerca cluster di geni associati alla patologia. Sono stati identificati network associati alla malattia, di geni che sono altamente espressi nel SNC soprattutto in epoca prenatale e che riguardano la guida assonale (recettori), la mobilità dei neuroni, la funzione sinaptica e il rimodellamento cromatinico. Le considerevoli differenze funzionali di questi circuiti molecolari concorda con la stima che >800 geni responsabili della Schizofrenia. Lo stesso modello può consentire di identificare i pathway interreagenti di molte altre malattie comuni.

De novo gene mutations highlight patterns of genetic and neural complexity in schizophrenia. Nature Genetics 2012;44:1365. Analisi esomica di 231 probandi (e genitori) con schizofrenia (SC) sporadica e controlli (pochi, 34). Trovato un eccesso significativo (50%) di mutazioni a singolo nucleotide e inattivanti de novo (non sinonime, indel o del sito di splicing) rispetto ai controlli. Quattro geni  con mutazioni ricorrenti nei probandi : LAMA2 (in omozigosi causa Distrofia muscolare congenita (deficit di merosina 1A) con deficit cognitivo e anomalie della sostanza bianca, convulsioni e difetti di migrazione neuronale)(MIM #607855), descritta in Hz in un caso con SC, DPYD (in omozigosi causa di Deficit di diidropirimidina deidrogenasi, in omozozigosi)(MIM #612779), descritta in eterozigosi nell’autismo e nel deficit cognitivo, TRRAP (un oncogene?) e VPS39, descritte in eterozigosi nell’autismo. I geni interessati sono altamente espressi molto precocemente e potrebbero far luce su meccanismi complessi e non ben noti dell’architettura neuronale della Schizofrenia.

Inhibition of RNA lariat debranching enzyme suppresses TDP-43 toxicity in ALS disease models. Nature Genetics 2012;44:1302.  La Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS) è una malattia neurodegenerativa a esordio tardivo con una notevole variabilità fenotipica. In genere sporadica con un 10% dei casi familiari a trasmissione AD (molto rara la AR) geneticamente molto eterogenea (quasi 20 malattie, con 20% da mutazione SOD1). Nel 50% dei casi la causa rimane sconosciuta. Almeno due geni ASL che codificano proteine RNA, TDP-43 (gene TARDP) della ALS 10 (MIM #612069) e FUS della ALS 6 (MIM #608030) sono causa della ALS con o senza demenza temporale  (vedi vari Articoli di interesse, l’ultimo citato nella selezione di Nov 2012). Sono stati cercati nel lievito modificatori di accumulo e di aggregazione citoplasmatica di TFP-43. E’ stato individuato un forte effetto di soppressione di tossicità TFP-43 con knockout di dbr1. Delezione di questo gene nelle cellule neuronali umane e nel ratto annulla l’effetto tossico di TFP-43. La riduzione dell’attività dell’enzima codificato da questo gene potrebbe essere uno strumento terapeutico per ALS da accumulo di proteine come TDP-43 e altre proteine simili.

Inhibition of IL-12/IL-23 signaling reduces Alzheimer’s disease–like pathology and cognitive decline. Nature Medicine 2012;18:1812. Come sappiamo l’AD è una delle principali malattie neurodegenerative caratterizzata da perdita neuronale, matasse neurofibrillari e placche beta-amiloidi (Aβ), che nel modello murino di AD sono circondate da astrociti reattivi e microglia, con sopraregolazione, come risposta locale, di citochine proinfiammatorie come IL-1β e TNF-α. Nel modello di topo l’inibizione di IL-1β o IL-6 non modifica il deposito di placche. L’interleuchina 12 e 23 (IL-12, IL-23) hanno in comune una subunità (p40) e la serie di segnali dei rispettivi recettori (IL-12R β1 ). Nel modello di topo della AD (APPPS1) è stata documentata un’aumentata produzione della microglia di p40. L’ablazione delle subunità di IL-12/IL-23 determina una riduzione dell’accumulo di Aβ, dimostrando un loro ruolo dell’immunità innata tessuto specifica. La neutralizzazione terapeutica di p40 ha ridotto la quantità di Aβ solubile e ha ridotto il deficit cognitivo dei topi anziani APPPS1. Sempre nei topi QPPPS1 si e anche osservato che la concentrazione di p40 è aumentata nel liquor. Tutti questi dati suggeriscono che l’inibizione del pathway IL-12/IL-23 possono attenuare la patologia cerebrale e il deficit cognitivo anche nell’uomo.

Tracking brain amyloid-β in presymptomatic Alzheimer’s disease. Lancet Neurology 2012;11:1018. L’ipotesi dominante degli ultimi anni è che l’amiloide beta (Aβ) inizia la cascata di evespiegano l’nti che portano alla patologia e alla clinica della AD, anche se le sperimentazioni cliniche tese a ridurre Aβ nei pz con AD non hanno dimostrato alcun effetto. I sostenitori di questa ipotesi giustificano l’insuccesso con il fatto che la sperimentazione non è stata applicata in epoca presintomatica. Per fare questo occorrono dei test che consentano di identificare i presintomatici. E’ stata proposta la PET, ma ci sono molti falsi positivi. Lo studio ora su Lancet Neurology (Florbetapir PET analysis of amyloid-β deposition in the presenilin 1 E280A autosomal dominant Alzheimer’s disease kindred: a cross-sectional study. Pg 1057) riguarda lo studio della PET usando un radiotracciante, Florbetapir (recentemente approvato dalla FDA)(vedi Brain Amyloid Imaging — FDA Approval of Florbetapir F18 Injection, NEJM 2012;366:885)(Selezione Articoli interesse Settembre 2012), per studiare la deposizione di Aβ cerebrale in soggetti a rischio di una grande famiglia con AD da mutazione (E280A) del gene Presenilina 1 con deficit cognitivo che inizia sui 44 anni: partecipanti di età 20-56 anni, 20 non portatori asintomatici, 11 portatori sintomatici e 19 portatori presintomatici (età 20-43 anni). I risultati sono simili a quelli di uno studio simile (AD familiare con mutazione nota)(Clinical and Biomarker Changes in Dominantly Inherited Alzheimer’s Disease. NEJM 2012;367:795)(Selezione articoli interesse, Ago 2012) che aveva applicato neuroimmagini (RM cerebrale volumetrica e PET) e biochimiche sul sangue e sul liquido cefalorachidiano: deposizione nei mutati di beta amiloide 16 anni prima della comparsa dei segni clinici. Anche in questo studio la limitazione è quella di uno studio trasversale e non longitudinale. In un altro lavoro sempre su Lancet Neurology de Ldicembre 2012 (Brain imaging and fluid biomarker analysis in young adults at genetic risk for autosomal dominant Alzheimer’s disease in the presenilin 1 E280A kindred: a case-control study. Pg. 1048) si dimostra (si conferma) che i portatori presintomatici di 18-26 anni hanno aumentali valori di nel liquor e nel sangue di Aβ insieme a immagini di atrofia cerebrale alla fMRI. Questo significa che le alterazioni cerebrali precedono o accompagnano l’accumulo cerebrale di Aβ. Non si sa se siano indipendenti o meno. Non si sa nemmeno se si tratti di ridotta clearance o eccesso di produzione. Ma almeno un obiettivo è stato raggiunto: individuare le persone in fase preclinica per la sperimentazione clinica. Rimane aperto però il problema per le forme di AD sporadiche.

Altro commento su Lancet Neurology del Dicembre 2012 (When, where, and how does Alzheimer’s disease start? Pg.1017) che sottolinea gli aspetti ancora da chiarire (i depositi sembrano non precedere le lesioni del SNC) e è meno ottimista sulla possibilità di sperimentazioni cliniche.
E infine un altro articolo storico, è una Perspective, sui depositi di sostanza beta amiloide sullo stesso fascicolo di Lancet Neurology Dicembre 2012)( The art of medicine. Through the amyloid gateway. Pg. 1987) che inizia così: “In the autumn of 1906, Alois Alzheimer presented his now famous lecture “On a Peculiar, Severe Disease Process of the Cerebral Cortex” to the 37th Assembly of Southwest German Alienists in Tübingen, Germany” (sempre piacevole e utile leggere da dove veniamo e chi ci ha preceduto e merita di essere ricordato, ndr).

TMHS Is an Integral Component of the Mechanotransduction Machinery of Cochlear Hair Cells. Cell 2012;151:1283. L’udito, l’equilibrio, la propriocezione (capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, senza l’aiuto della vista) e il tatto si basano su processi di trasduzione meccano-elettrica, che è la conversione  di forze meccaniche a elettriche. Poco si sa sui meccanismi molecolari di questi importanti processi. Si sono chiariti alcuni componenti della trasduzione meccano-elettrica delle cellule ciliate dell’orecchio interno. Canali ionici a controllo meccanico localizzati vicino a termine delle stereocilia, che con filamenti extracellulari ricche di actina collegano le stereocilia vicine trasmettendo le forze tensive ai canali di trasduzione. Topi con mutazioni di TMHS   (Tmhs-/-)(tetraspan membrane protein of hair cell stereocilia)(sinonimo di LHFPL5) hanno alterata meccano-trasduzione in quanto TMHS si lega a PCDH15 (Protocaderina 15) e regola l’assemblaggio dei legami delle stereocilia. TMHS regola anche il canale di trasduzione di segnale e è necessario per la “fast channel Adaptation” (da quello che ho capito una sorta di adattamento all’intensità dei movimenti con amplificazione di segnale, ndr). TMHS insieme a PCDH15 è quindi una importante componente del sistema di trasduzione meccanica. Mutazioni in omozigosi di TMHS nell’uomo sono causa di sordità (DFNB67, MIM #610265) e mutazioni di PCDH15 sono causa, sempre nell’uomo, di sordità (MIM #609533) e di una forma di s. Usher ID/F digenica (MIM #601067).

MeCP2 Binds to 5hmC Enriched within Active Genes and Accessible Chromatin in the Nervous System. Cell 2012;151:1417. L’aspetto del nucleo e dell’architettura cromatinica varia notevolmente nelle cellule differenziate del SNC. Questo unito all’abbondanza di 5-idrossimetilcitosina (formata dalla 5-metilcitosina -5mC, chiamata “quinta base”, aggiungendo un gruppo ossidrilico a formare 5hmC chiamata la “sesta base” del DNA), soprattutto a livello cerebellare e dell’ippocampo, rispetto a tessuti periferici e cellule staminali embrionali fa pensare che 5hmC sia un marcatore epigenetico stabile di un meccanismo cellula-specifico a livello cerebrale. Nel lavoro, in vivo e in vitro, si dimostra che methyl-CpG-binding protein 2 (MeCP2)(il cui gene nell’uomo se mutato è causa di s. Rett)(MIM #312750) è la proteina con un principale legame con 5mC a livello cerebrale e che la mutazione R133C, presente in alcuni pz con tale sindrome colpisce in preferenza tale legame. L’assenza di proteina MeCP2 non modifica la distribuzione genomica di 5hmC anche se ne modifica la funzione. Il modello animale suggerisce che MeCP2 legandosi a 5hmC facilita la trascrizione nelle cellule neurali mentre la reprime se di lega a DNA contenente 5mC. In altre parole in questo lavoro viene proposto un modello in cui 5hmC e MeCP2 costituiscono un meccanismo epigenetico cellula-specifico per la regolazione, organizzazione della struttura cromatinica e della espressione genica soprattutto a livello cerebrale. Conoscerne i meccanismi vorrà dire capire la fisiopatologia di questa grave patologia neurologica.

Wnt7a treatment ameliorates muscular dystrophy. PNAS 2012;109:20614. La Distrofia muscolare Duchenne (DMD) è relativamente frequente (1:3.600 maschi) grave e progressiva malattia muscolare con morte entro la seconda o terza decade di vita. Il segnale Wnt7a con il suo recettore Fzd7 accelera e favorisce la rigenerazione stimolando l’espansione di cellule staminali satelliti tramite il pathway della polarità cellulare planare e l’ipertrofia delle miofibre tramite il pathway anabolico mTOR. L’elettroporazione e l’iniezione della proteina Wnt7 nel muscolo del modello di topo della DMD (mdx mouse che ha una mutazione spontanea nell’esone 23 del gene Dmd che causa un codone di stop prematuro) induce nel muscolo l’espansione delle cellule satelliti e l’ipertrofia delle miofibre e un incremento di forza muscolare. Una possibile terapia per i pz con DMD.

Pallidal deep brain stimulation in patients with primary generalised or segmental dystonia: 5-year follow-up of a randomised trial. Lancet Neurology 2012;11:1099. Le distonie primitive sono un gruppo clinicamente e eziologicamente eterogeneo caratterizzate da importante contrazioni muscolari senza causa apparente che determinano contorcimenti ripetitivi di e atteggiamenti posturali anomali. Sono malattie croniche per le quali non c’è cura. Sono presentati i risultati del follow up di 5 anni di efficacia e di sicurezza della sperimentazione clinica multicentrica con stimolazione del globo pallido interno in 40 pz (stimolati e non stimolati) con distonia generalizzata o segmentaria primitiva (ClinicalTrials.gov NCT00142259). Dopo 3 e 5 anni dal posizionamento dello stimolatore la neurostimolazione continua a essere un efficace e abbastanza sicura opzione terapeutica della distonia idiopatica. Può essere quindi considerata come una terapia di prima scelta per la distonia grave, sia segmentale che generalizzata, che non risponde a trattamenti medici.

AUTISMO
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Trialing targeted therapies for autism. Community corner. Nature Medicine 2012;18:1746. A che punto siamo con la terapia dell’Autismo. Alcuni lavori recenti danno lo spunto per un’intervista a 3 esperti (Director of the Center for Interdisciplinary Brain Sciences Research, Stanford University; Associate Professor of Pediatrics, Baylor College of Medicine, Houston; Professor of Psychiatry e Lecturer, Institute of Psychiatry, King’s College, London). Due lavori su un recettore agonista di GABA (arbaclofen) nella s. Fragile X (FXS), uno nel modello di topo della malattia con miglioramenti della funzione sinaptica e del comportamento e il secondo con la sperimentazione (fase 2) in 63 pz con mutazione FMR1, con parziale successo (vedi Selezione articoli interesse Novembre 2011: Mice and men show the way. Translational Medicine. Nature 2012;491:196). La domanda allora agli esperti è: ci sono nuovi sviluppi nella terapia per l’Autismo? Sembra abbastanza efficace nel topo ma la sperimentazione nell’uomo non ha dato i risultati sperati, nella prima fase. Dobbiamo ancora capire di più dei complessi meccanismi molecolari, che chiaramente non possono essere corretti con una monoterapia. Il secondo: ci sono stati risultati importanti negli animali di laboratorio sulla reversibilità genetica di segni clinici già presenti nelle malattie del neurosviluppo e sulla possibilità che i meccanismi patogenetici di queste malattie molto rare sono condivisi da patologie comuni come l’Autismo. Il parziale successo è prevedibile e spiegabile per il piccolo numero di pz e la durata, riguarda solo i biomarcatori, non la patologia comportamentale, anche perché gli studi comportamentali nel modello animale sono piuttosto limitati. Ulteriori studi …. Il terzo parere, di due psichiatri: contrariamente a quanto ritenuto da molti clinici pensiamo che anche nelle forme sindromiche con autismo siano attivi meccanismi patogenetici simili a quelli dell’autismo isolato. Un dato importante degli studi recenti è che la fisiopatologia FXS è reversibile con farmaci come Arbaclofen, sia per gli aspetti biologici che per quelli comportamentali e funzionali. Si sottolinea che nella valutazione degli effetti di una terapia non possiamo basarci sui risultati qualitativi ma dobbiamo sviluppare marcatori di efficacia quantitativi soprattutto in sperimentazione clinica (http://www.eu-aims.eu).

Multiple Autism-Linked Genes Mediate Synapse Elimination via Proteasomal Degradation of a Synaptic Scaffold PSD-95. Cell 2012;151:1581. L’esperienza sensoriale, l’apprendimento e l’attività neuronale stabilizzano o eliminano specifiche sinapsi eccitatorie (sinapsi che portano il potenziale di membrana postsinaptica al valore soglia generando un potenziale d’azione) per formare circuiti neuronali maturi che mediano l’elaborazione sensoriale e la memoria. Non sono noti i meccanismi cellulari dell’eliminazione sinaptica nel SNC (importante processo competitivo di soppressione sinaptica che favorisce le maturazione delle connessioni più funzionali a scapito di quelle silenti). L’attivazione di una famiglia di fattori di trascrizione Myocyte Enhancer Factor 2 (MEF2) fa ridurre il numero di sinapsi e quindi questi fattori costituiscono un buon punto di partenza per capire i meccanismi della riduzione sinaptica. Nel lavoro si dimostra che nei neuroni wild-type l’attivazione di MEF2 induce la trascrizione di Pcdh10 che media la degradazione di PSD-95, una proteina dell’impalcatura sinaptica, e l’eliminazione sinaptica associando il PSD-95 ubiquinato con il proteasoma. I neuroni del topo Fmr1 KO (modello animale della sindrome Fragile X) mostrano un deficit di ubiquitinazione e degradazione di PSD-1. Nel lavoro viene precisata la funzione cellulare diversa di 3 geni (Pcdh10, Fmr1 e Mef2)(citato per il ruolo di MEF2C nell’autismo un articolo del gruppo di O. Zuffardi, PV) associati all’autismo, che hanno ognuno un ruolo nel processo di eliminazione sinaptica, provando che il meccanismo patogenetico di diverse cause genetiche di autismo è costituito da deficit sinaptico.

Reduced axonal localization of a Caps2 splice variant impairs axonal release of BDNF and causes autistic-like behavior in mice. PNAS 2012;109:21104. CAPS2 (O CADPS2)(Ca2+-dependent activator protein for secretion 2) è un membro della famiglia di proteine CAPS che legano il calcio e che sono coinvolte nella esocitosi di vescicole con neurotrasmettitori e neuropeptidi. Nel topo Caps2 è un potente fattore che promuove il rilascio di fattore neurotrofico cerebrale (BDNF) durante lo sviluppo cerebellare e svolge un ruolo essenziale nello sviluppo neuronale cerebrale e dell’ippocampo e è anche associato con aspetti comportamentali, come le relazioni sociali, ansietà e i comportamenti circadiani del topo.
L’espressione di una rara forma alternativa di splicing (CAPS2-dex3) con “salto” dell’esone 3, è aumentata in alcuni pz con autismo; si ritiene che la sua sovraespressione alteri il rilascio locale del fattore neutrofico cerebrale causando un alterato sviluppo cerebrale e un’alterata sua funzione. Oltre a questo nell’uomo il gene CAPS2 è considerate uno dei geni di suscettibilità dell’autismo (AUTS1), anche perché ci sono segnalazioni di CNV  del locus CAPS2 in pz con autismo e è descritta una ridotta trascrizione del gene nel SNC di persone con autismo. Nel lavoro è stato creato un modello di topo con espressione di dex3 e ne è stato analizzato il fenotipo cellulare e comportamentale. Viene provato che vi è un difetto di secrezione assonale di BDNF che altera lo sviluppo e la funzione dei circuiti cerebrali, fatto questo che può costituire un background genetico della suscettibilità all’autismo. Si osservano infatti nel topo Caps2-dex3 difetti di localizzazione assonale nei neuroni cerebrali, ippocampali e cerebellari, con riduzione di BDNF locale. I topi poi mostrano un’aumentata situazione di ansietà in ambienti non familiari e alterato comportamento sociale e ritmicità circadiana.

Whole-Genome Sequencing in Autism Identifies Hot Spots for De Novo Germline Mutation. Whole-Genome Sequencing in Autism Identifies Hot Spots for De Novo Germline Mutation. Cell 2012;151:1431. Le mutazioni germinali de novo svolgono un ruolo importante nelle malattie umane. Nelle gravi malattie del neurosviluppo, come l’autismo, alleli a alta penetranza sono soggetti a una forte selezione negativa, raramente sono trasmessi e se lo sono per poche generazioni o più facilmente sono de novo. Nel lavoro vengono studiate le mutazioni germinali mediante sequenziamento dell’intero genoma di 10 coppie di gemelli concordanti per autismo e dei loro genitori. Il tasso di mutazione varia ampiamente (di 100 volte) e questa variabilità, che non sembra casuale ma ha regioni o sedi significativamente a maggior frequenza, la si attribuisce all’architettura del DNA e alla struttura cromatinica. I geni associati a autismo nei gemelli, che sono associati a autismo anche in altri studi,  hanno la caratteristica della ipermutabilità, che interessa anche altri geni malattia. Questa ipermutabilità regionale può essere considerata un significativo fattore di variazione genetica e di rischio di patologie.

Alcuni geni candidati: GPR98 (mutazione in omozigosi come composto genetico nella s. Usher 2, MIM #605472),  KIRREL3 (mutazione in eterozigosi causa Ritardo Mentale AD4, MIM #612581), TCF4 (s. Pitt-Hopkins, MIM #610954).

Multiplex Targeted Sequencing Identifies Recurrently Mutated Genes in Autism Spectrum Disorders Science 2012; 338:1619. Il sequenziamento esonico di pz con autismo (oltre 900) ha consentito di identificare centinaia di mutazioni de novo possibilmente causali. Premessa: Ma, data l’amplia eterogeneità genetica, per confermarne la patogenicità con l’identificazione di mutazioni ricorrenti, occorre un campione di pz e dei genitori molto grande. Mat & Metodi: Nel lavoro sono stati studiati 2494 probandi in cui sono stati analizzati con sequenziamento mirato 44 geni candidati (tra 192 possibili) sulla base del tipo di variazione (mutazione che altera profondamente la struttura/funzione del gene), geni coinvolti nelle forme sindromiche, loci in CNV associati a patologie del neurosviluppo, geni con somiglianze strutturali o geni espressi nei neuroni. L’analisi è stata condotta adottando una nuova strategia (modified molecular inversion probe –MIP- con uno specifico algoritmo) poco costosa (< 1 D USA per reagenti/gene/campione), con alta sensibilità (99%) e alto valore predittivo positivo (98%). Il campione è costituito da 2494 probandi. Risultati: 27 mutazioni de novo di 16 geni, di cui il 59% troncanti o che alterano lo splicing. Ricorrenti di 6 geni (CHD8 9 casi, DYRK1A 3 casi, GRIN2B 4 casi, TBR1 3 casi, PTEN 3 casi, TBL1XR1 2 casi) che contribuiscono a circa l’1% dei casi sporadici. Viene confermato per alcuni geni l’aspetto (curioso, ndr) dei fenotipi reciproci (CHD8-macrocefalia e DYRK1A-microcefalia) e il ruolo nell’eziologia dell’autismo del network proteico β-catenina importante per il rimodellamento cromatinico (nel lavoro Fruits of exome sequencing for autism. Research highlights. Nature Reviews Genetics doi:10.1038/nrg3248, segnalato con gli Articoli di interesse, si citano proprio questi geni).
 
Neuroligin 1 does the splits. Research Highlights. Nature Reviews Neuroscience December 2012;13. Commento di due articoli (Activity-dependent proteolytic cleavage of neuroligin-1. Neuron 2012;76: 410 e Transsynaptic signaling by activity-dependent cleavage of neuroligin-1. Neuron 2012; 76, 396). Come lavorano e come sono regolate le Neuroligine, proteine di adesione postsinaptica? La Neuroligina 1 (NLGN1) è localizzata in sede postsinaptica rispetto alle sinapsi glutamatergiche, legandosi alla proteina di adesione presinaptica Neurexina 1β (NRX1β). Mutazioni di uno dei due geni codificanti sono associate a forme mendeliane di autismo. I due lavori chiariscono ora la funzione e la regolazione di NLGN1. Gli studi citati dimostrano, in vitro e in vivo, che alterazioni del processo proteolitico di NLGN1 potrebbero avere un ruolo nella fisiopatologia dell’autismo e indicare un possibile meccanismo comune di questa patologia e dell’epilessia.
 
Neuroligins help dendrites keep up with the Joneses. News and Views. Nature Neuroscience 2012;15:1609. La formazione delle sinapsi è un processo complesso che interessa la differenziazione coordinata dei compartimenti pre- e postsinaptici con il coinvolgimento di centinaia di proteine per formare nuovi contatti assodendritici, i cui meccanismi di stabilizzazione non sono ancora ben chiari. Questi processi sono mediati da molecole di adesione transinaptica come le Neuroligine. Nel lavoro sullo stesso fascicolo (Neuroligin-1–dependent competition regulates cortical synaptogenesis and synapse number. Nature Neuroscience pg. 1667) utilizzando modelli in vivo (topo NLGN1 selvatico, nullo e eterozigote) e in vitro con modificazione di espressione di NLGN1 si spiega perché i dati sinora noti sono in parte contradditori,
mostrando una nuova funzione delle Neuroligine nella regolazione della densità sinaptica mediante una competizione intercellulare: la formazione e il numero di sinapsi non è infatti sensibile ai livelli assoluti di NLGN1 ma alle differenze, tra cellula e cellula, della quantità di NLGN1. Ancora da capire perché i neuroni esprimono ciascuno differenti quantità di NLGN1, come le differenze di quantità della proteina da cellula a cellula siano in grado di regolare la densità sinaptica (l’ipotesi da provare è che i singoli neuroni entrano in competizione per il legame di NLGN1 con le scarse quantità di Neurexina) e vi siano altre molecole di adesione per la densità sinaptica che operino con lo stesso meccanismo di competizione e quali di queste sono controllate da NLGN1. Rispondere a queste domande, termina il commento, vuol dire capire il meccanismo patogenetico dell’autismo determinato da mutazione di NLGN1 (e da Neurolexine) che altera la connettività dell’encefalo in via di sviluppo.
 
Loss of CDKL5 disrupts kinome profile and event-related potentials leading to autistic-like phenotypes in mice. PNAS 109:21516. Mutazioni del gene XL CDKL5 hanno effetti clinici molto variabili come EIEE2 (Encefalopatia epilettica infantile precoce 2)( MIM #300672), s. Rett atipica e alcune forme di Autismo. Il suo prodotto media la fosforilazione del prodotto di MeCP2 (s. Rett, MIM #312750), DNMT1 (Neuropatia ereditatria sensoriale tipo 1E (MIM #614116) e NGL-1 e partecipa a regolare la crescita dendritica e la stabilità sinaptica, in modo non ancora ben conosciuto. E’ stato creato un topo KO di Cdkl5 con una mutazione simile a quella di pz. Il topo mostra anomalie comportamentali tipo autismo, come altri modelli animali per l’autismo, non crisi convulsive, difetti di comunicazione dei circuiti neurali e alterazioni in più pathway di trasduzione di segnale come AKT-mTOR (pathway già segnalati come coinvolti nell’autismo), che potrebbe costituire un bersaglio farmacologico nella terapia delle CDKL5patie.
 
INTERNISTI (Pediatri, Medicina Generale e Internisti vari)
Mediterranean mimicker. Lancet 2012;380:2052. Una storia clinica avvincente, sentite. Donna di 42 a con puntate febbrili (>38°) ricorrenti e dolori addominali diffusi. Trovata leucocitosi e aumento PCR. Eritema alla colonscopia con istologia normale. TC addome: ispessimento della parete del colon. Prima diagnosi colite ndd. Terapia con mesalazina (fa parte dei FANS) e poi prednisolone per 4 settimane, con riduzione della sintomatologia. Dopo sospensione del prednisolone ricomparsa dei segni (febbre ricorrente e dolori addominali). Nuova colonscopia con immagini Crohn simili ma istologia negativa. Comparsa anche di artralgie (polsi, gomiti e spalle). Sospetto di Febbre mediterranea (presenza dei criteri maggiori Tel Hashomer), diagnosi confermata con l’identificazione di una mutazione missenso in eterozigosi del gene MEFV (*608107). Sospesa la terapia con i farmaci su indicati e iniziata la terapia con colchicina. Netto miglioramento della sintomatologia. Quindi: diagnosi differenziale con colite ndd che non risponde alla terapia convenzionale.