Scelta di articoli di Genetica Clinica/Umana
pubblicati in Agosto 2016 nelle
seguenti riviste: British Medical Journal, Lancet, Lancet Neurology, Nature,
Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience,
Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, Nature Reviews Neurology
(new entry), NEJM, PNAS, Science & Cell.
ARTICOLI DI
INTERESSE
Decoding
germline de novo point mutations. Nature 2016;48:823. Ancora poco sappiamo del meccanismo che controlla
la comparsa e lo spettro molecolare delle mutazioni e la frequenza delle
mutazioni de novo (DNM). Lo studio
pubblicato sullo stesso fascicolo (Parent-of-origin-specific
signatures of de novo mutations. Pg. 935)
che riporta i risultati di un’analisi con WGS di alta qualità di 36.441 DNV trovate in 816 famiglie (trio)
costituendo il maggior numero di DNM identificate e rispondendo almeno
in parte a quello che vorremo sapere. Sappiamo che ogni neonato porta 60 (range 30-100) alterazione di
sequenza non presenti nei genitori, quindi comparse nella linea germinale
maschile (e meno frequentemente femminile perché l’oocita non si divide dopo la
nascita della femmina), che si sviluppano in seguito alle divisioni delle
cellule staminali che crescono con il crescere dell’età de maschi, quindi
errori di replicazione che progressivamente si accumulano con l’età (vedi
anche Timing, rates and spectra of human germline mutation. Nature Genetics 2016;48:126)(selezione articoli Febbraio 2016).
Questo è quello che si è documentato nel lavoro: l’80% delle DNM prodotte nella
spermatogenesi, un aumento di 1-2 DNM nei bambini per ogni anno di età paterna
con in media 45 mutazione per bambino e un limitato contributo materno (aumento
di 1 DNM per 4 anni di età materna e mutazioni di specifiche regioni
genomiche), differenze di segnatura mutazionale tra maschio e femmina (dove
prevalgono le mutazioni C–T) facendo pensare per queste
ultime ad un’origine non replicativa. Il tasso di mutazione germinale è
notevolmente più basso rispetto a quello delle cellule somatiche facendo
pensare ad un meccanismo di riparazione del DNA più efficiente, che con l’età
tende però ad essere meno efficiente. Ed altre interessanti ipotesi del ruolo
delle mutazioni sulla proliferazione della linea germinale maschile e femminile
con l’avanzare dell’età.
E che succede con l’età a livello
somatico? Genome-wide quantification of rare
somatic mutations in normal human tissues using massively parallel sequencing.
PNAS 2016;113:9846. Con l’età sappiamo che si accumulano mutazioni somatiche casuali
dovute a cause endogene (errori replicativi del DNA) od esogene (da fumo,
esposizione alla luce del sole ecc). Applicando un sistema sviluppato dagli AA
(bottleneck sequencing system- BotSeqS) che quantifica il carico mutazionale
nucleare e mitocondriale in vari tessuti normali si è osservato che la
prevalenza e lo spettro mutazionale dipendono dall’età della persona, il tipo
di tessuto (indipendentemente dall’esposizione a carcinogeni), la sua capacità
di riparare il DNA e l’esposizione a carcinogeni, con differenze tra DNA
nucleare e mitocondriale. In alcuni casi lo spettro di mutazioni rare nel
tessuto normale è simile a quello delle mutazioni clonali che si trovano nel
cancro suggerendo che una parte di mutazioni che si trovano nel cancro si
verificano nelle cellule staminali normali.
Could tear
proteins be biomarkers for Alzheimer disease? Nature Neuroscience August 2016.
Commento di un lavoro (Changes in the
chemical barrier composition of tears in Alzheimer’s disease reveal potential
tear diagnostic biomarkers. PLoS ONE
2016;11:e0158000)
sulla individuazione in 14 pz con Alzheimer di una caratteristica combinazione
di proteine nel liquido lacrimale che potrebbe essere utilizzata come un
marcatore biologico di malattia. L’idea di partenza è stata di un’alterazione
della produzione di lacrime secondaria alla riduzione del numero di cellule
retiniche ganglionari e degli assoni ed ai depositi di amiloide nel cristallino
e nella retina. Nell’Alzheimer si è osservato un aumento di secrezione
lacrimale (12 μl/min contro 6 μl/min dei controlli) e un aumento delle proteine
totali (8.8 μg/μl contro 4.4 μg/μl). L’analisi elettroforetica (SDS–PAGE) e
alla spettrometria di massa effettuata su 3 pz e 2 controlli ha rilevato che
una combinazione di quattro proteine del liquido lacrimale ha l’81% di
sensibilità e il 77% di specificità per l’Alzheimer. Gli AA ora si propongono
di aumentare il campione di studio e di verificare se quanto trovato è specifico
dell’Alzheimer o è un aspetto aspecifico del processo neurodegenerativo in
generale.
Genetic
Misdiagnoses and the Potential for Health Disparities. NEJM 2016;375:655. La cardiomiopatia ipertrofica è causa di
morbilità e mortalità nei giovani atleti ed a ogni età e con diversi stili di
vita. La causa viene di solito identificata in oltre 1/3 dei casi consentendo,
anche se raramente, una terapia (es. m. Fabry) e lo screening mutazionale nei
parenti. Problemi in caso di attribuzione errata di patogenicità della variante
trovata: 1. i parenti portatori del variante (polimorfismo) sono sottoposti ad
inutili accertamenti, spese e raccomandazioni sullo stile di vita, di lavoro
ecc. 2. quelli non portatori sono falsamente riassicurati, 3. coloro che hanno
qualche segno evocativo della diagnosi clinica, come i giovani atleti con
modesta ipertrofia, sono falsamente riassicurati sui benefici di impianto di un
defibrillatore per prevenire la morte improvvisa. Nel progetto del National
Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) Exome Sequencing Project sono state
rivalutate da esperti le varianti classificate come patogene per questa
patologia in vari studi (vedi database http://evs.gs.washington.edu/EVS/) e sono state trovate nella
popolazione generale molte più varianti dell’atteso, in base alla prevalenza di
questa patologia cardiaca, facendo pensare o a una ridotta penetranza o ad un
errore classificativo. In particolare 5 varianti con alta frequenza (>1%)
nella popolazione generale sono una buona parte delle varianti con errore di
classificazione (considerate patogene, ma sono polimorfismi) in pz con
cardiomiopatia ipertrofica, varianti che sono state descritte nella massima
parte dei casi nella popolazione
afro-americana facendo sospettare in questi studi un vizio di accertamento.
Infatti queste varianti comuni sono significativamente (p<0.001) più
frequenti nella popolazione afro-americana rispetto alla bianca. Questo banale
errore metodologico ci dice che è opportuno, nella valutazione di patogenicità,
disporre di popolazioni dello stesso gruppo etnico in analisi, soprattuto in
popolazioni dove vi sono gruppi etnici meno studiati di altri (questo vale e
varrà sempre più anche per noi, ndr).
MALATTIE NEUROLOGICHE/NEUROMUSCOLARI/NEURODEGENERATIVE/ PSICHIATRICHE
The
frontotemporal dementia-motor neuron disease continuum. Lancet 2016;388:919. Sin dalle prime descrizioni cliniche si sottolineava, forse esagerando,
la presenza di deficit cognitivo ed anomalie comportamentali nei pz con
malattia dei motoneuroni, in cui vi è una precoce degenerazione dei neuroni di
moto. Ora con le nuove conoscenze cliniche, genetiche e patogenetiche si sta
gradualmente documentando un continuum clinico tra demenza fronto-temporale,
malattia del motoneurone e demenza fronto-temporale-malattia del motoneurone
che mostrano avere una comune base patogenetica rappresentata dalla mancata
clearance della proteina TDP43 e dal suo accumulo nel citoplasma dei neuroni (la proteina TDP43 agisce come un
soppressore di splicing di esoni criptici non conservati mantenendo l’integrità
intronica. Vedi TDP-43
repression of nonconserved cryptic exons is compromised in ALS-FTD. Science
2015;349:650,
selezione articoli Agosto 2015). Questo è spiegato dal fatto che una delle
cause più frequenti di queste malattie è l’espansione esanucleotidica di
C9orf72. Il comune meccanismo patogenetico di queste condizione potrebbe quindi
essere un potenziale bersaglio di terapia mirata. Della malattia del
motoneurone-FTD rimangono molti aspetti ancora da chiarire come la causa della
considerevole variabilità genetica con alcuni pz che manifestano la malattia
del motoneurone dopo anni dall’inizio della demenza frontotemporale mentre
altri sviluppano l’intero fenotipo in rapidissima evoluzione, senza essere in
grado di sapere per un pz con una delle due patologie se in futuro potrà sviluppare
anche i segni dell’altra. Le cause di questa variabilità potrebbero essere
genetiche od epigenetiche, come l’instabilità della ripetizione differente nei
vari tessuti, l’anticipazione, l’eredità oligogenica, l’ipermetilazione del DNA.
The inhibition of TDP-43 mitochondrial localization
blocks its neuronal toxicity. Nature Medicine 2016;22:869. TDP-43
(o TARDBP) è una piccola proteina legante RNA e DNA espressa in tutti i tessuti
che contiene due motivi in tandem di riconoscimento di RNA, RRM1 e RRM2.
Mutazioni dominanti di questa proteina causano Sclerosi Laterale Amiotrofica
(ALS), sia sporadica che familiare, e la sua ridistribuzione dal nucleo al
citoplasma è la caratteristica patologica di buona parte di ALS ed anche della
Demenza Fronto-temporale (FTD). Non se ne conosce il meccanismo patogenetico.
In questo lavoro si documenta un accumulo di TDP-43 nei mitocondri dei neuroni
di pz con una di queste due malattie che ostacola l’espressione di due subunità
del complesso respiratorio I (ND3 e ND6) e provoca il disassemblaggio
dell’intero complesso I. La soppressione in
vitro della localizzazione mitocondriale sia nel tessuto normale che in
quello con mutazione TDP-43 normalizza la funzione mitocondriale e, nel topo
transgenico mutante TDP-43, ne migliora il fenotipo. Quindi il meccanismo
patogenetico sarebbe quello di una tossicità bioenergetica mitocondriale da
parte di questa proteina, che potrebbe costituire quindi un bersaglio
terapeutico per la neurodegenerazione.
One target for amyotrophic lateral sclerosis
therapy? Science 2016;353:647. Ottimo commento dei risultati di un
articolo sullo stesso fascicolo (Spt4 selectively
regulates the expression of C9orf72 sense and antisense mutant transcripts.
Science 2016;353:708). Due per uno: in vivo nel S.
cerevisiae e in modelli animali, C. elegans e Drosofila m., e in vitro su cellule di pz con malattie
da espansione esanucleotidica di C9orf72 (Sclerosi Laterale Amiotrofica e
Demenza FrontoTemporale), bloccando il gene Spt4, che è un fattore di allungamento
di trascrizione che insieme a Spt5 regola il processo della RNA polimerasi II,
si agisce sulle ripetizioni di senso e di antisenso mitigando la
neurodegenerazione (per i meccanismi patogenetici vedi Articoli Maggio 2016 C9ORF72 poly(GA) aggregates sequester and impair
HR23 and nucleocytoplasmic transport proteins. Nature Neuroscience
2016;19:668). Gli AA suggeriscono come prospettiva terapeutica la ricerca su oligonucleotidi
antisenso di SUPT4H1 (l’omologo umano di Spt4), anche perché questo potrebbe
avere un effetto su tutte le malattie da espansione di tratti ripetuti.
UBQLN2 Mediates Autophagy-Independent Protein Aggregate Clearance by the
Proteasome. Cell 2016;166:935. Ubiquitina 2, piccola proteina della famiglia delle ubiquitine che regolano
la degradazione di proteine ubiquinate dal proteasoma che è un processo
fondamentale per la vita della cellula. Sue mutazioni sono causa di una Sclerosi
Laterale Amiotrofica XL giovanile o adulta (ALS15 con o senza Demenza
Fronto-Temporale, MIM #300857). Ne viene studiato il meccanismo di azione in vitro e in vivo, concludendo che UBQLN2
agisce tramite il sistema ubiquitina proteasoma (UPS), non tramite il processo
autofagico. Nel modello murino
(knockin con mutazione umana P506T) si producono le anomalie cerebrali e
deficit cognitivo.
Neuronal
activity enhances tau propagation and tau pathology in vivo. Nature Neuroscience 2016;19:1085. Nell’Alzheimer vi è aggregazione
intracellulare di proteina tau
ipermetilata che forma grovigli neurofibrillari che nelle fasi iniziali della
malattia è localizzata nel compartimento somatodendritico dei neuroni della
corteccia entorinale e transtentorinale per poi diffondersi in altre aree con
diffusione secondo connessioni neuroanatomiche. Un’ipotesi è quella di una
diffusione da una cellula all’altra come i prioni, un’altra ipotesi con
diffusione nello spazio extracellulare. In questo studio si dimostra in vitro che si trasmette da una cellula
all’altra per via extracellulare. Ricorrendo a tecniche optogenetiche e
chemogenetiche si dimostra che l’incremento di attività neuronale stimola la
secrezione di tau in vitro, in vivo (nel modello murino) incrementa la patologia tau. Questi risultati potrebbero essere
significativi per comprendere il meccanismo patogenetico dell’Alzheimer e delle
altre tauopatie.
Host immune
defence, amyloid‑β peptide and Alzheimer disease. Nature Review Neurology
August 2016.
Commento di una ricerca (Amyloid‑β peptide protects against microbial infection in mouse and
worm models of Alzheimer’s disease. Sci.
Transl. Med. 2016;8:340ra372)
che dimostra in modelli animali che β-amiloide (Aβ) agisce come un peptide
antimicrobico e che i batteri e lievito avviano l’accumulo di amiloide suggerendo
così una complessa interazione tra funzione della β-amiloide il suo accumulo
nell’encefalo e la difesa immunitaria dell’ospite.
Implications for Alzheimer’s disease of an atomic resolution structure
of amyloid-β(1–42) fibrils. PNAS 2016;113:2398. Commento di
una ricerca (Atomic-resolution structure
of a disease-relevant
Aβ(1–42) amyloid fibril. Pg. E4976) sulla struttura 3D delle fibrille β-amiloide
(1-42)(Aβ), fibrille che sono neurotossiche ed hanno un importante ruolo nella progressione e
nella trasmissione cellula-cellula dell’Alzheimer. In questo lavoro ne viene
presentata la struttura tridimensionale a risoluzione atomica ottenuta con l’esame
spettroscopico con risonanza magnetica nucleare e EM, struttura tridimensionale
che secondo gli AA sarebbe responsabile della replicazione fibrillare
nell’Alzheimer. Conoscere la struttura atomica di queste fibrille, che
costituiscono buona parte delle placche senili, potrebbe
chiarire come avviene il processo dell’aggregazione Aβ e favorire lo sviluppo
di marcatori diagnostici e di farmaci per la cura di questa comune e grave
patologia.
Research Highlights di Nature
Reviews Neurology. August 2016
Epilepsy and autism spectrum disorders
may have a shared aetiology.
Dell’articolo Autism
and epilepsy. A population-based nationwide cohort study. Neurology 2016;87:192
(con risposta ad una lettera Neurology
2016;88:110). Ipotesi favorita dall’osservazione che le persone con
epilessia hanno un rischio di autismo 10 volte superiore a quello di chi non ha
epilessia, con rischio aumentato anche per i loro parenti I grado. E in una
persona la diagnosi di autismo aumenta di 5 volte il rischio per lui di
epilessia.
No
diagnostic value of α-synuclein staining of the colon mucosa in idiopathic
Parkinson disease. Dell’articolo Similar
α-Synuclein staining in the colon mucosa in
patients with Parkinson's disease and controls. Mov Disord 2016;31:1567. Vedi Movement disorders: improved
understanding of early disease. Lancet
Neurology 2013;12:10 (Spigolature
Gennaio 2013).
Caspase-1 causes truncation and aggregation of the Parkinson’s
disease-associated protein α-synuclein. PNAS 2016;113:9587. Mutazioni di α-sinucleina sono causa di
Parkinson familiare (MIM#168601 e #605543) e il coinvolgimento di questa
proteina ha portato a formulare ipotesi patogenetiche su questa malattia, ma non
vi sono ipotesi che riguardi il Parkinson sporadico molto più frequente. Ma
sappiamo che l’aggregazione della proteina α-sinucleina è comunque un segno caratteristico
del Parkinson. In questo articolo si dimostra che l’enzima caspasi-1,
componente dell’infiammasoma, idrolizza tale proteina e la rende suscettibile
all’aggregazione. Questi risultati depongono per un ruolo dell’infiammazione
nel processo patogenetico dei casi sporadici di Parkinson.
Elevated neurogranin levels reveal early synaptic
damage in APOE*ε4 carriers. Dell’articolo APOE ε4 carriers may undergo synaptic
damage conferring risk of Alzheimer's disease.
Alzheimers Dement. 2016;12:1159 in cui si
dimostra che nel liquor CR dei portatori dell’allele ε4
della apoliproteina E (il più importante fattore di rischio genetico
dell’Alzheimer) che hanno una lieve compromissione cognitiva vi sono livelli
significativamente elevati di neurogranina, un marcatore di perdita sinaptica.
Neuroimmunology. Immune cells on the brain. Science 2016;353:760. Special Section sul rapporto tra
immunologia e SNC, sul fatto che ora sappiamo che il sistema immunitario ha un
ruolo decisivo in molte malattie neurologiche e che l’interazione sistema
immunitario-SNC svolge un ruolo importante in vari processi fisiologici.
NEWS. Wired p. 762. Come le cellule dell’immunità scolpiscono le connessioni cerebrali.
REVIEWS:
Multifaceted interactions between adaptive immunity and the central
nervous system p. 766. I prevedibili sviluppi della neuroimmunologia nei prossimi 10 anni.
Maternal immune activation: Implications for neuropsychiatric disorders p. 772. Sia in base a studi di epidemiologia che di sperimentazione in
animali sappiamo che le infezioni materne sono un fattore di rischio di autismo
e schizofrenia. A riprova di quanto osservato ora ci sono i risultati delle
ricerche recenti sui meccanismi molecolari alla base dell’effetto della
attivazione immunitaria materna sul prodotto del concepimento che stimolano la
ricerca per individuare un’appropriata terapia.
How neuroinflammation contributes to neurodegeneration p. 777. I neuroni sono il principale bersaglio delle malattie
neurodegenerative. In questa review si sottolinea il ruolo nel processo
neurodegenerativo dell’ambiente in cui sono inseriti i neuroni, in particolare
dei processi legati alla neuroinfiammazione.
PERSPECTIVE
Inflammatory neuroprotection following traumatic brain injury p. 783
GENETICA
UMANA/CLINICA
***
Rare rewards.
Nature 2016;536:249. Editoriale con sottotitolo “A
catalogue of genetic information from some 60,000 people reveals unexpected
surprises — and highlights the need to make genomic data publicly accessible to
aid studies of rare diseases”, sottolineando che più di un milione di persone
ha avuto sequenziato il proprio genoma o esoma, annuncia che viene pubblicato a
cura del Exome Aggregation Consortium (ExAC), sullo stesso fascicolo (Analysis
of protein-coding genetic variation in 60,706 humans. Pg. 285)(vedi anche News A deep dive into genetic
variation. Pg. 277) il più ampio database delle variazioni esomiche
di 14 studi relativo a 60.706 persone dei più vari gruppi etnici, catalogo
consultabile da tutti in rete (http://exac.broadinstitute.org). Sono state trovate più di 7.4 milioni
varianti, in gran parte non segnalate, fornendo la prima stima di frequenza
della loro ricorrenza; di 3.230 geni non sono state individuate persone con
perdita di funzione, del 72% di questi geni non è noto un fenotipo patologico
nella nostra specie, probabilmente perché probabilmente causa di morte
embrionale o di riduzione della fitness; di solo 9 di 192 varianti considerate
da studi precedenti causative di malattie mendeliane ne vengono confermate le
caratteristiche di patogenicità, le altre sono risultate varianti di alta
frequenza e quindi di dubbio effetto patogeno e quindi forse benigne. Questi
risultati dicono che i ricercatori ed i clinici devono valutare con molta attenzione
quanto riportato dalle pubblicazioni di malattie rare e dimostrano che i dati
presenti nel database possono essere opportunamente usati insieme ad altri
sistemi nel filtraggio delle varianti causa di malattie. Il progetto ExAC
intende proseguire per includere il prossimo anno i risultati di WES di 120.000
persone e di WGS di altre 20,000. Verranno anche affrontati i problemi etici
relativi alla privacy che si pongono nella condivisione dei dati non solo
genetici ma anche clinici.
Expanded
carrier screening: A review of early implementation and literature. Seminars in
Perinatology 2016;40:29.
Utile riprendere la definizione di screening “the systematic application of a
test or inquiry to identify individuals at sufficient risk of a specific disorder
to warrant further investigation or direct preventive action, among persons who
have not sought medical attention on account of symptoms of that disorder”. Interessante
articolo sullo screening allargato dei portatori (ECS) di malattie AR o XL. Di
norma lo screening genetico dei portatori è basato sull’etnicità, storia
familiare o su una richiesta, usualmente limitato nella popolazione generale ad
un ridotto numero di malattie selezionate per alcune caratteristiche comuni,
come la gravità e l’alta frequenza nella popolazione generale (fibrosi cistica,
talassemie, atrofia muscolare spinale) o per patologia familiare o per etnicità
o comunità (es. Tay-Sachs negli ebrei ashkenaziti con una probabilità di stato
di portatore di1/25-1/30, 10 volte di più rispetto alla popolazione generale,
in questa popolazione oltre al Tay-Sachs è indicato verificare lo stato di
portatore di altre 8 condizioni). Nel lavoro si sostiene che, almeno in USA,
non ha più senso basarsi sull’etnicità per la scelta dei test di screening
dell’eterozigote in quanto le popolazioni sono meno definibili come gruppo
etnico. La pratica che sta divenendo attuale è invece di sottoporre a ECS tutte
le persone per dozzine o centinaia di malattie anche non frequenti o non gravi
senza considerare l’etnicità. Questo è stato reso possibile dall’introduzione
nella pratica corrente delle nuove tecniche molecolari, come è avvenuto per la
diagnostica tramite WES o WGS, con la differenza che ECS riguarda geni malattia
già descritti e con fenotipo ben noto. In questa review vengono presentate le
motivazioni di eseguire ECS, ciò che prevedono le linee guida delle
organizzazioni professionali, le prospettive di sanità pubblica, i risultati
ottenuti da alcune ricerche sull’applicazione ECS in popolazioni, l’opportunità
di counseling genetico pre- e post-test e infine le prospettive.
Haploinsufficiency
of MeCP2-interacting transcriptional co-repressor SIN3A causes mild
intellectual disability by affecting the development of cortical integrity.
Nature Genetics 2016;48:877.
Identificato il gene responsabile della sindrome da
microdelezione atipica 15q24.2 (di , la cui aploinsufficienza causa disabilità
intellettiva di medio grado e segni autistici associati a bassa statura, un
caratteristico dismorfismo facciale e microcefalia con ipoplasia del corpo
calloso e ventricolomegalia (MIM #613406). Il gene, SIN3A (switch-insensitive 3
family member A), codifica il repressore
trascrizionale e interattore di MeCP2. Nel lavoro sono
riportati i dati clinici e genetici di 4 pz con microdelezione, che comprende
il gene, e 9 casi con perdita di funzione del gene. Nel cervello di topo KO di Sin3a si osserva ridotta
neurogenesi corticale, alterata identità neuronale ed anomale proiezioni
cortico-corticali. SIN3A è quindi il gene causa della s. un importante regolatore trascrizionale della espansione e
della maturazione corticale cerebrale e un ulteriore gene codificante un
fattore epigenetico implicato nella disabilità intellettiva e autismo
(epigenetica cognitiva, vedi T. Kleefstra 2014;80:83).
The molecular
hallmarks of epigenetic control. Nature Reviews Genetics 2016;17:487.
Perspective sulla storia e prospettive dell’epigenetica, dall’identificazione
del gene codificante un’istone acetiltransferasi istonica (HAS) nel Marzo 1996
ad oggi. I meccanismi epigenetici insieme a geni operano a stabilizzare i
programmi di espressione genica e canalizzare la differenziazione cellulare, ma
a differenza delle varianti “hard” di sequenza del DNA le modificazioni
cromatiniche sono tutte potenzialmente reversibili. Questo potrebbe avere un
considerevole impatto medico, data la frequenza delle malattie da modificazioni
epigenetiche, ed aprire la strada a “terapie epigenetiche” con interventi
farmacologici e con il ricorso a piccole molecole inibitrici (come HDACio
DNMTi) che normalizzano la regolazione epigenetica. Un aspetto ancora poco
chiaro è quello della eredità transgenerazionale epigenetica, come risulta da
studi in modelli animali (D. melanogaster e topo) in cui fattori ambientali,
soprattutto la dieta paterna, può riprogrammare il metabolismo dei figli in
modo tale che si trasmette alle successive generazioni determinando obesità. La
Perspective termina cosi’: “Given the progress made between 1996 and 2016, we
anticipate that many more discoveries will continue to reveal how chromatin
adaptations organize and expose the information that is stored in our genome”.
Mitotic
regulation comes into focus. Nature 2016;536:407. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Molecular basis
of APC/C regulation by the spindle assembly checkpoint. Pg. 431) sui meccanismi che regolano un checkpoint della divisione cellulare che
previene la segregazione cromosomica prima che siano adeguatamente allineati nel
fuso mitotico.
Un commento su BMJ Agosto 2016 su un articolo di cui
non ho il testo intero Pitx2 modulates a Tbx5-dependent
gene regulatory network to maintain atrial rhythm. Sci. Transl. Med. 2016;8:354ra115 (che mi interessa personalmente,
ndr) sui geni le cui varianti sono causa di fibrillazione atriale (AF), patologia
molto frequente che pone a rischio di patologia cardiaca e di ictus spesso in
età precoce. Nel lavoro su un modello murino adulto, con difetto di Tbx5 (nell’uomo
mutazioni di questo gene sono causa della s. Holt-Oram, MIM #142900), vengono
identificate nei miocardiociti atriali anomalie del potenziale di azione con
depolarizzazioni spontanee che vengono corrette chelando il calcio libero e
viene individuato un network trascrizionale multistrato che lega 7 diversi loci
legati al rischio di AF: Tbx5 attiva Pitx2 e sia Tbx5 che Pitx2 regolano in modo
antagonistico i geni effettori Scn5a, Gjal, Ryr2, Dsp e Atp2a2. Tale network, organizzato come
una feed-forward loop in configurazione incoerente, controlla l’espressione dei
geni del ritmo atriale; la sua sregolazione dovuta ai loci a rischio determina
la suscettibilità alla AF.
TERAPIA
FARMACOLOGICA/GENICA E GENE EDITING
*** finalmente
Attack on amyloid-β protein.
Nature 2016;537:36. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (The antibody
aducanumab reduces Aβ
plaques
in Alzheimer’s disease.
Pg. 50) sull’uso di una terapia anticorpale che riduce considerevolmente gli
aggregati di β-amiloide (Aβ), la proteina dell’Alzheimer, che può rallentare il
declino cognitivo dei pazienti. Sappiamo che l’Alzheimer ha come caratteri
distintivi il deposito di placche di questa proteina e grovigli neurofibrillari
a livello cerebrale accompagnati da disfunzione sinaptica e neurodegenerazione.
Sinora il ricorso a immunoterapia anti Aβ non aveva avuto successo. In questo
lavoro che riporta nel modello transgenico murino di Alzheimer il ricorso ad un
anticorpo monoclonale umano che selettivamente colpisce questi aggregati ha
consentito di provare la sua efficacia nel legare il Aβ riducendolo sia la
forma solubile che quella insolubile in modo dose dipendente. Nei pz con
Alzheimer nella sua fase iniziale o con pochi segni clinici i risultati
preliminari di una sperimentazione clinica a doppio cieco (PRIME;
ClinicalTrials.gov NCT01677572) dimostrano che la somministrazione
endovenosa per 1 anno di tale anticorpo è in grado di ridurre, anche qui con
effetto dose-dipendente, l’accumulo cerebrale di Aβ (Aβ PET) e contemporaneamente determinare un
rallentamento del declino cognitivo clinico. Se in fase 3 di sperimentazione
venisse confermato l’effetto clinico sul declino cognitivo questo costituirebbe
un elemento a favore dell’ipotesi patogenetica amiloide (che è stata spesso
messa in discussione, ndr).
Benefits of gene therapy for both eyes.
Lancet 2016;388:635. Commento
dei risultati di una sperimentazione clinica di terapia genica con vettore
virale per l’Amaurosi congenita Leber 2 (MIM #204100)(Safety and durability
of effect of contralateral-eye
administration of AAV2 gene therapy in patients with childhood-onset
blindness caused by RPE65 mutations: a
follow-on phase 1 trial. Pg. 661 (articolo
con molti autori italiani). Una sperimentazione precedente in fase 1 di
iniezione unilaterale subretinica di 3-4 anni prima aveva dimostrato in 12 pz (bambini
ed adulti) di essere sicura ed efficace. Si è voluto ora verificare in 11 di
questi pz se l’iniezione del vettore virale che esprime il gene causativo
(RPE65) nell’altro occhio non determina una risposta immunitaria tale da
sconsigliarla come terapia, come avviene invece per altri organi. L’ipotesi di
tolleranza partiva dalla considerazione che l’ambiente retinico ha un
“privilegio immunitario” e che la dose di vettore necessaria è molto ridotta.
Viene confermata tale ipotesi con effetti funzionali duraturi, rendendo quindi
possibile il trattamento bilaterale per questa ed altre malattie retiniche.
Biogen and
UPenn join forces to commercialize gene therapies. Nature Biotechnology
2016;34:791. Alleanza tra Biogen ed Università di
Pennsylvania (UPenn) per potenziare la terapia genica per varie condizioni tra
cui le patologie oculari, del SNC e alcune malattie complesse. In Tab. le
principale alleanze in corso per la terapia delle emofilie, m. Duchenne,
beta-talassemia e falcemia, Parkinson, Atassia Friedreich, SMA.
First-in-human CRISPR trial.
Nature Biotechnology 2016;34:796.
Sempre UPenn ha avuto il via libera da NIH per usare la tecnologia CRISP per la
cura del cancro. La sperimentazione in fase 1 riguarda la ingegnerizzazione
delle cellule T autologhe in pz con melanoma, mieloma e sarcoma con lo scopo di
stimolare la funzione di queste cellule riducendo il rischio di autoimmunità. Ora
si attende l’approvazione della FDA.
Treatment of
Fabry’s Disease with the Pharmacologic Chaperone Migalastat. NEJM 2016;375:545.
La m. Fabry (MIM #301500) è una grave e rara (<1:80.000) malattia
lisosomiale da errore congenito del catabolismo glicosfingolipidico per deficit
di α-galattosidasi con accumulo di
substrato (soprattutto globotriaosilceramide) in vari organi e clinicamente caratterizzata da insufficienza
cardiaca e renale progressiva, patologia cerebrovascolare, neuropatia
periferica delle piccole fibre, lesioni cutanei ed altro. Il farmaco è Migalastat,
un chaperone farmacologico somministrato per bocca, che legandosi con il sito
attivo dell’enzima stabilizza specifici mutanti dell’enzima facilitando il
traffico dell’enzima ai lisosomi dove si dissocia consentendo all’enzima di
catabolizzare i substrati che si sono accumulati. La terapia alternativa, la
somministrazione dell’enzima, è spesso associata a complicazioni tali, come la
formazione di anticorpi, che deve essere sospesa per evitare gravi
complicazioni. In questo complesso studio randomizzato di efficacia e
tolleranza (fase 3, NCT00925301 e NCT01458119) in pz con m. Fabry dai 16 ai 74
anni si è osservato a 6 mesi che la percentuale di pz cha hanno avuto una
risposta alla terapia, valutando la funzione e la struttura di vari organi, non
è significativamente differente tra pz in terapia (sia coloro con mutazione
idonea a rispondere alla terapia sia pz con mutazione non idonea) ed i
controlli.
How to encourage trial reporting, Nature Medicine 2016;22:823 su un aspetto delle
sperimentazioni cliniche che per i nostri pz e per noi è importante: come
stimolare la comunicazione dei risultati delle sperimentazioni in corso in modo
di averli disponibili ed usabili, anche di quelle sperimentazioni che non hanno
dato i risultati sperati? Le difficoltà sono legate alla mancanza di incentivi
a renderli noti e, non è poco, il rischio di comprometterne la pubblicazione.
The Primary
Outcome Fails — What Next? NEJM 2016;375:861. Specificare il primo obiettivo che i ricercatori si propongono di
verificare prima di iniziare una sperimentazione può aumentare la probabilità
di falsi positivi. Infatti è regola comune giudicare i risultati di una sperimentazione
randomizzata solo se il livello di significatività (valore p) del primo obiettivo è inferiore o superiore a 0.05. Si fa notare
che tale conclusione è troppo semplicistica, intanto andrebbe valutato anche l’intervallo
di confidenza e poi tutto quanto risulta dalla sperimentazione, non solo
l’obiettivo primario, ma anche quelli secondari e la sicurezza.
In questa Review vengono suggeriti i processi da
adottare quando sembra che sia fallito il raggiungimento dell’obiettivo primario.
In un articolo successivo i processi da adottare quando sembra invece che lo si
sia raggiunto.
The Emergence of
the Randomized, Controlled Trial. NEJM 2016;375:501. Prosegue la serie della storia delle sperimentazioni cliniche. La prima
sperimentazione controllata e randomizzata è avvenuta nel 1948 con uno studio
del British Medical Research Council sul
trattamento con streptomicina dell’infezione tubercolare (per la definizione
vedi ad es. http://www.aifa.gov.it/sites/default/files/bif000133.pdf). L’adozione di tale procedura ha avuto successo
non solo perché forniva un metodo più sofisticato rispetto ai precedenti ma
anche perché rispondeva ad un’importante funzione sociale critica: una
valutazione delle terapie sperimentali prima della loro applicazione alla
popolazione e una precisazione degli effetti reali di innovazione medica.
MODELLI ANIMALI/IN VITRO
***
Impaired
immune system function linked to social behaviour deficits in mice. Nature
Reviews Neurology August 2016. Commento di due articoli (Unexpected role for interferon-γ in
regulating neuronal connectivity and social behaviour. Nature 535:425 e Deficient autophagy in microglia impairs
synaptic pruning and causes social behavioral defects. Mol. Psychiatry 2016. doi: 10.1038/mp.2016.103) sul
ruolo dell’alterata funzione del sistema immunitario che può portare ad
anomalie di contatto sociale simile all’autismo. Nel primo lavoro si
documentano ridotti contatti sociali di topi con SCID (severe combined
immunodeficiency) che si normalizzano nei topi giovani con SCID i cui linfociti
sono stati ripopolati con cellule normali. Si dimostra in particolare un’associazione
tra interferone γ (IFN-γ), che è una citochina importante per l’immunità
adattiva, e comportamento sociale suggerendo uno stretto legame tra socialità e
una risposta immunitaria contro agenti patogeni condotta dal segnale IFN-γ. E’
di interesse notare che tale citochina induce l’autofagia nei macrofagi.
Infatti nel secondo lavoro si è studiato il ruolo dell’autofagia mediata dalla microglia,
che sono i macrofagi a livello cerebrale, nel neurosviluppo (neurogenesi e
nella formazione del network neurale), tenendo anche presente l’osservazione
proposta da tempo che malattie infiammatorie materne durante la gravidanza sono
un fattore di rischio di autismo nel figlio, fatto che suggerisca l’ipotesi di
relazione tra funzione del sistema immunitario e malattie del neurosviluppo. Si
dimostra che il topo con delezione a livello microgliale di Atg7, un gene
dell’autofagia, ha segni di isolamento sociale ed ha un numero aumentato di
sinapsi ed alterata connettività tra diverse aree cerebrali. Questo conferma i
risultati di altri studi sul ruolo della microglia e dell’autofagia neuronale
sul neurosviluppo. Ma giustamente gli AA sottolineano che non sarà immediato
tradurre queste informazioni in una terapia che possa promuove il meccanismo
autofagico perché in questo processo sono coinvolti molti pathway e stimolare
con farmaci l’autofagia può provocare reazioni avverse.
A human
neurodevelopmental model for Williams syndrome. Nature 2016;536:338.
Studio del ruolo sul neurosviluppo di un gene del segmento deleto in 7q11.23 causa della s. Williams ricorrendo all’analisi
delle cellule progenitrici neurali e neuroni corticali derivate da cellule
staminale totipotenti, in quanto in questa sindrome le cellule progenitrici
neurali hanno un tempo di crescita e di apoptosi doppio rispetto al normale.
Sono state usate cellule di un pz con delezione atipica concentrando l’effetto
di un solo gene (FZD9). Nella WS allo stadio neuronale i neuroni corticali del
V/VI strato hanno dendriti più lunghi, aumentato numero di spine dendritiche e
di sinapsi, alterata oscillazione di calcio ed alterata connettività di rete.
Tali caratteristiche morfologiche, che sono rilevabili anche in tessuto di pz
deceduti, unitamente all’aumentata espressione genica glutammatergica
suggerisce che l’aumento numerico delle sinapsi determina l’alterata
connettività di rete, che a sua volta potrebbe contribuire alle note
caratteristiche comportamentali dei pz con WS. Una considerazione generale:
quanto osservato e dedotto potrebbe favorire la nostra comprensione del
complesso fenotipo comportamentale sociale umano.
Deep
phenotyping predicts Huntington’s genotype. Nature Biotechnology 2016;34:823. Commento di un articolo (Large-scale phenome analysis defines a behavioral
signature for Huntington’s disease genotype in mice. Pg. 838)
che ci informa che un’analisi dettagliata dei vari aspetti del fenotipo
comportamentale indica quale sia la variante genetica causativa della m.
Huntington nel modello murino con 7 diverse lunghezze di triplette CAG ripetute
(da 20 a 175). Questi risultati depongono per un’utilità di analizzare con
grande precisione gli aspetti fenotipici nelle patologie umane con fenotipo
complesso ricorrendo all’integrazione di varie sorgenti di informazioni come
sensori portatili dello stato di salute, cartelle cliniche e note personali.
Glial cells —
friend and foe in Huntington disease? Nature Reviews Neurology August 2016.
Commento di un articolo (Human glia can
both induce and rescue aspects of disease phenotype in Huntington disease. Nat. Commun. 2016;7:11758) in cui si dimostra
che il fenotipo della HD può essere indotto manipolando la costituzione gliale
del SNC del topo normale reso chimerico con cellule gliale umane con
huntingtina mutante o migliorato ricorrendo al trapianto nel SNC di cellule
gliali normali nel modello murino di HD (R6/2). Quindi le cellule gliali
svolgono un importante ruolo patogenetico della malattia e potrebbero essere
oggetto di manipolazione per la terapia.
In vivo selection
of gene-corrected cells. Nature Reviews Genetics August 2016. Commenti di un articolo (A universal system to select
gene-modified hepatocytes in vivo. Sci. Transl. Med. 2016 http://dx.doi.org/10.1126/ scitranslmed.aad8166)(non
ho il testo intero) che dimostra che è possibile selezionare ed amplificare in vivo gli epatociti modificati
geneticamente nel topo per resistere ad un farmaco tossico e per esprimere il
gene di interesse. Questa tecnica applicata all’uomo potrebbe favorire lo
sviluppo di terapie geniche per molte malattie ostacolata dal fatto che spesso
tale terapia è poco efficace anche per la ridotta persistenza di espressione
del transgene.
Reducing C-terminal truncation mitigates synucleinopathy and
neurodegeneration in a
transgenic model of multiple system atrophy. PNAS 2016;113:9593. L’accumulo di
aggregati di α-sinucleina
negli oligodendrociti (cellule della nevroglia) è tipico di alcune malattie
neurodegenerative, come l’Atrofia sistemica multipla, rara e fatale malattia
orfana sempre sporadica dell’adulto per la quale non c’è trattamento. In questo
lavoro nel modello murino transgenico per MSA si dimostra che un inibitore
della caspasi 1, VX765, farmaco ben tollerato e impiegato in sperimentazione
clinica fase II nell’epilessia, è un candidato promettente per questa malattia
neurodegenerativa limitando l’accumulo di α-sinucleina.
*** argomento che fa pensare e soprattutto
discutere:
From
Bark to Bedside. Science 2016;353:368. Stanno crescendo le
sperimentazioni cliniche negli animali domestici, perché rispetto a quelli di
laboratorio condividono il nostro stesso ambiente, talora anche il cibo, ed
hanno molte delle nostre malattie come il cancro. Ma possono essere veramente
utili per la nostra specie? L’iter per scoprire un nuovo farmaco per una
malattia è lunghissimo (16 anni in genere), estremamente oneroso (2 miliardi di $) con un’altissima selezione dei composti promettenti (viene in genere
approvato dalla FDA 1 farmaco su 10.000). Quindi “too much money
and too much time”. Però gli animali domestici non sono come quelli di
laboratorio perché la sperimentazione clinica in loro tende ad essere una
sperimentazione simile a quella applicata per l’uomo, con il ricorso al
consenso informato, la necessità secondo alcuni, di un tutore, l’impossibilità
di sopprimerlo dopo la sperimentazione per ulteriori analisi come si fa con i
topi. Alcune patologie umane inoltre non sono presenti nell’animale domestico o
alcuni farmaci non tossici nei cani lo sono per l’uomo. In ogni modo alcuni
ricercatori con il supporto delle case farmaceutiche stanno modificando la loro
procedura ricorrendo agli animali domestici ammalati come tappa intermedia per passare
poi eventualmente e con maggiore probabilità di successo di quanto non avvenga
oggi per l’uomo. La Veterinary Medical Association, su suggerimento di NIH, sta
preparando un database dedicato simile al ClincalTrials.gov, ed una sperimentazione
clinica in corso sull’osteosarcoma canino avrà i risultati pubblicati il
prossimo anno (agency’s Comparative Oncology Trials Consortium). Alcuni
ricercatori sulla base del fatto che “If we save these dogs, it has an impact
on every single family that owns a dog” passano alla considerazione seguente
“If we’re helping the human or the dog, is there really any difference?”
(sarebbe utile aprire un dibattito sull’argomento dell’amore per i cani vs i
nostri simili, ndr).
CARATTERI-MALATTIE
COMPLESSE/STUDI ASSOCIAZIONE
Meta-analysis
of 375,000 individuals identifies 38 susceptibility loci for migraine. Nature
Genetics 2016;48:856. Mediante GWAS studiate quasi 60.000
persone con emicrania e 316.000 controlli per identificare nuovi loci associati
a tale comune patologia neurologica (15-20% delle persone nel corso della vita)
che può essere molto disabilitante con alti costi sociali ed economici (la
terza dopo la demenza e l’ictus), che ha un’ereditabilità del 42% e di cui ne
sono già noti 11. Identificati in totale 44 SNP significativamente associati di
28 nuovi loci, tra cui uno sul cromosoma X. I geni di questa patologia sono
particolarmente espressi nei tessuti vascolari e nella muscolatura liscia
confermando così l’ipotesi di una patogenesi vascolare.
Meta-analysis
of rare and common exome chip variants identifies S1PR4 and other loci influencing blood cell traits. Nature
Genetics 2016;48:867. Meta-analisi applicando Illumina HumanExome BeadChip genotyping array in ampie
popolazioni di varia etnia (europea, africana, ispano-americana, cinese) per
studiare il fenotipo eritrocitario e dei globuli bianchi del sangue. Sono stati
identificati 4 nuovi loci di associazione al fenotipo eritrocitario (CEP89, SHROOM3,
FADS2, and APOE) e 6 nuovi al fenotipo
leucocitario (MYB per il numero totale), numero di neutrofili (S1PR4), dei
monociti (BTBF8, NLRP12, IL17A) e degli eosinofili (IRF1). L’identificazione di
una rara missenso di S1PR4 depone per un ruolo del pathway di segnale della
sfingosina 1 fosfato (che è un chemoattrattore delle cellule T naive, ndr) nel
traffico leucocitario e del numero di neutrofili circolanti. Nel topo e nello
zebrafish la mutazione con perdita di funzione di S1pr4 comporta un’alterata
cinetica dei neutrofili in risposta al danno tissutale.
Genome-wide
association meta-analysis in Chinese and European individuals identifies ten
new loci associated with systemic lupus erythematosus. Nature Gentics
2016;48:940. SLE è una malattia complessa con
un’importante componente genetica (ereditabilità del 66%) con un’incidenza
variabile da popolazione a popolazione, più alta nella popolazione di origine
africana o asiatica. Da studi mediante associazione GW identificati 52 loci
associati nella popolazione cinese, asiatica ed europea. In questo lavoro in
popolazioni asiatiche e europee vengono individuati altri 10 geni associati e
rilevato che in ambedue le popolazioni i polimorfismi a rischio di SLE sono
localizzati in gran parte nelle stesse regioni.
Si rileva inoltre, paragonando la frequenza allelica e il
rischio genetico, che la maggior frequenza di SLE nella popolazione asiatica ha
una base genetica, spiegando così l’osservazione che la prevalenza di questa
patologia nella popolazione cinese rimane invariata anche per quelle persone
che sono migrate in occidente.