venerdì 20 gennaio 2017

Articoli Genetica Clinica/Umana Agosto 2016. R. Tenconi



Scelta di articoli di Genetica Clinica/Umana pubblicati in Agosto 2016 nelle seguenti riviste: British Medical Journal, Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, Nature Reviews Neurology (new entry), NEJM, PNAS, Science & Cell.

ARTICOLI DI INTERESSE
Decoding germline de novo point mutations. Nature 2016;48:823. Ancora poco sappiamo del meccanismo che controlla la comparsa e lo spettro molecolare delle mutazioni e la frequenza delle mutazioni de novo (DNM). Lo studio pubblicato sullo stesso fascicolo (Parent-of-origin-specific signatures of de novo mutations. Pg. 935) che riporta i risultati di un’analisi con WGS di alta qualità di 36.441 DNV trovate in 816 famiglie (trio) costituendo il maggior numero di DNM identificate e rispondendo almeno in parte a quello che vorremo sapere. Sappiamo che ogni neonato porta 60 (range 30-100) alterazione di sequenza non presenti nei genitori, quindi comparse nella linea germinale maschile (e meno frequentemente femminile perché l’oocita non si divide dopo la nascita della femmina), che si sviluppano in seguito alle divisioni delle cellule staminali che crescono con il crescere dell’età de maschi, quindi errori di replicazione che progressivamente si accumulano con l’età (vedi anche Timing, rates and spectra of human germline mutation. Nature Genetics 2016;48:126)(selezione articoli Febbraio 2016). Questo è quello che si è documentato nel lavoro: l’80% delle DNM prodotte nella spermatogenesi, un aumento di 1-2 DNM nei bambini per ogni anno di età paterna con in media 45 mutazione per bambino e un limitato contributo materno (aumento di 1 DNM per 4 anni di età materna e mutazioni di specifiche regioni genomiche), differenze di segnatura mutazionale tra maschio e femmina (dove prevalgono le mutazioni C–T) facendo pensare per queste ultime ad un’origine non replicativa. Il tasso di mutazione germinale è notevolmente più basso rispetto a quello delle cellule somatiche facendo pensare ad un meccanismo di riparazione del DNA più efficiente, che con l’età tende però ad essere meno efficiente. Ed altre interessanti ipotesi del ruolo delle mutazioni sulla proliferazione della linea germinale maschile e femminile con l’avanzare dell’età.

E che succede con l’età a livello somatico? Genome-wide quantification of rare somatic mutations in normal human tissues using massively parallel sequencing. PNAS 2016;113:9846. Con l’età sappiamo che si accumulano mutazioni somatiche casuali dovute a cause endogene (errori replicativi del DNA) od esogene (da fumo, esposizione alla luce del sole ecc). Applicando un sistema sviluppato dagli AA (bottleneck sequencing system- BotSeqS) che quantifica il carico mutazionale nucleare e mitocondriale in vari tessuti normali si è osservato che la prevalenza e lo spettro mutazionale dipendono dall’età della persona, il tipo di tessuto (indipendentemente dall’esposizione a carcinogeni), la sua capacità di riparare il DNA e l’esposizione a carcinogeni, con differenze tra DNA nucleare e mitocondriale. In alcuni casi lo spettro di mutazioni rare nel tessuto normale è simile a quello delle mutazioni clonali che si trovano nel cancro suggerendo che una parte di mutazioni che si trovano nel cancro si verificano nelle cellule staminali normali.

Could tear proteins be biomarkers for Alzheimer disease? Nature Neuroscience August 2016. Commento di un lavoro (Changes in the chemical barrier composition of tears in Alzheimer’s disease reveal potential tear diagnostic biomarkers. PLoS ONE 2016;11:e0158000) sulla individuazione in 14 pz con Alzheimer di una caratteristica combinazione di proteine nel liquido lacrimale che potrebbe essere utilizzata come un marcatore biologico di malattia. L’idea di partenza è stata di un’alterazione della produzione di lacrime secondaria alla riduzione del numero di cellule retiniche ganglionari e degli assoni ed ai depositi di amiloide nel cristallino e nella retina. Nell’Alzheimer si è osservato un aumento di secrezione lacrimale (12 μl/min contro 6 μl/min dei controlli) e un aumento delle proteine totali (8.8 μg/μl contro 4.4 μg/μl). L’analisi elettroforetica (SDS–PAGE) e alla spettrometria di massa effettuata su 3 pz e 2 controlli ha rilevato che una combinazione di quattro proteine del liquido lacrimale ha l’81% di sensibilità e il 77% di specificità per l’Alzheimer. Gli AA ora si propongono di aumentare il campione di studio e di verificare se quanto trovato è specifico dell’Alzheimer o è un aspetto aspecifico del processo neurodegenerativo in generale.

Genetic Misdiagnoses and the Potential for Health Disparities. NEJM 2016;375:655. La cardiomiopatia ipertrofica è causa di morbilità e mortalità nei giovani atleti ed a ogni età e con diversi stili di vita. La causa viene di solito identificata in oltre 1/3 dei casi consentendo, anche se raramente, una terapia (es. m. Fabry) e lo screening mutazionale nei parenti. Problemi in caso di attribuzione errata di patogenicità della variante trovata: 1. i parenti portatori del variante (polimorfismo) sono sottoposti ad inutili accertamenti, spese e raccomandazioni sullo stile di vita, di lavoro ecc. 2. quelli non portatori sono falsamente riassicurati, 3. coloro che hanno qualche segno evocativo della diagnosi clinica, come i giovani atleti con modesta ipertrofia, sono falsamente riassicurati sui benefici di impianto di un defibrillatore per prevenire la morte improvvisa. Nel progetto del National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) Exome Sequencing Project sono state rivalutate da esperti le varianti classificate come patogene per questa patologia in vari studi (vedi database http://evs.gs.washington.edu/EVS/) e sono state trovate nella popolazione generale molte più varianti dell’atteso, in base alla prevalenza di questa patologia cardiaca, facendo pensare o a una ridotta penetranza o ad un errore classificativo. In particolare 5 varianti con alta frequenza (>1%) nella popolazione generale sono una buona parte delle varianti con errore di classificazione (considerate patogene, ma sono polimorfismi) in pz con cardiomiopatia ipertrofica, varianti che sono state descritte nella massima parte dei casi  nella popolazione afro-americana facendo sospettare in questi studi un vizio di accertamento. Infatti queste varianti comuni sono significativamente (p<0.001) più frequenti nella popolazione afro-americana rispetto alla bianca. Questo banale errore metodologico ci dice che è opportuno, nella valutazione di patogenicità, disporre di popolazioni dello stesso gruppo etnico in analisi, soprattuto in popolazioni dove vi sono gruppi etnici meno studiati di altri (questo vale e varrà sempre più anche per noi, ndr).

MALATTIE NEUROLOGICHE/NEUROMUSCOLARI/NEURODEGENERATIVE/ PSICHIATRICHE
The frontotemporal dementia-motor neuron disease continuum. Lancet 2016;388:919. Sin dalle prime descrizioni cliniche si sottolineava, forse esagerando, la presenza di deficit cognitivo ed anomalie comportamentali nei pz con malattia dei motoneuroni, in cui vi è una precoce degenerazione dei neuroni di moto. Ora con le nuove conoscenze cliniche, genetiche e patogenetiche si sta gradualmente documentando un continuum clinico tra demenza fronto-temporale, malattia del motoneurone e demenza fronto-temporale-malattia del motoneurone che mostrano avere una comune base patogenetica rappresentata dalla mancata clearance della proteina TDP43 e dal suo accumulo nel citoplasma dei neuroni (la proteina TDP43 agisce come un soppressore di splicing di esoni criptici non conservati mantenendo l’integrità intronica. Vedi TDP-43 repression of nonconserved cryptic exons is compromised in ALS-FTD. Science 2015;349:650, selezione articoli Agosto 2015). Questo è spiegato dal fatto che una delle cause più frequenti di queste malattie è l’espansione esanucleotidica di C9orf72. Il comune meccanismo patogenetico di queste condizione potrebbe quindi essere un potenziale bersaglio di terapia mirata. Della malattia del motoneurone-FTD rimangono molti aspetti ancora da chiarire come la causa della considerevole variabilità genetica con alcuni pz che manifestano la malattia del motoneurone dopo anni dall’inizio della demenza frontotemporale mentre altri sviluppano l’intero fenotipo in rapidissima evoluzione, senza essere in grado di sapere per un pz con una delle due patologie se in futuro potrà sviluppare anche i segni dell’altra. Le cause di questa variabilità potrebbero essere genetiche od epigenetiche, come l’instabilità della ripetizione differente nei vari tessuti, l’anticipazione, l’eredità oligogenica, l’ipermetilazione del DNA.

The inhibition of TDP-43 mitochondrial localization blocks its neuronal toxicity. Nature Medicine 2016;22:869. TDP-43 (o TARDBP) è una piccola proteina legante RNA e DNA espressa in tutti i tessuti che contiene due motivi in tandem di riconoscimento di RNA, RRM1 e RRM2. Mutazioni dominanti di questa proteina causano Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS), sia sporadica che familiare, e la sua ridistribuzione dal nucleo al citoplasma è la caratteristica patologica di buona parte di ALS ed anche della Demenza Fronto-temporale (FTD). Non se ne conosce il meccanismo patogenetico. In questo lavoro si documenta un accumulo di TDP-43 nei mitocondri dei neuroni di pz con una di queste due malattie che ostacola l’espressione di due subunità del complesso respiratorio I (ND3 e ND6) e provoca il disassemblaggio dell’intero complesso I. La soppressione in vitro della localizzazione mitocondriale sia nel tessuto normale che in quello con mutazione TDP-43 normalizza la funzione mitocondriale e, nel topo transgenico mutante TDP-43, ne migliora il fenotipo. Quindi il meccanismo patogenetico sarebbe quello di una tossicità bioenergetica mitocondriale da parte di questa proteina, che potrebbe costituire quindi un bersaglio terapeutico per la neurodegenerazione.

One target for amyotrophic lateral sclerosis therapy? Science 2016;353:647. Ottimo commento dei risultati di un articolo sullo stesso fascicolo (Spt4 selectively regulates the expression of C9orf72 sense and antisense mutant transcripts. Science 2016;353:708). Due per uno: in vivo nel S. cerevisiae e in modelli animali, C. elegans e Drosofila m., e in vitro su cellule di pz con malattie da espansione esanucleotidica di C9orf72 (Sclerosi Laterale Amiotrofica e Demenza FrontoTemporale), bloccando il gene Spt4, che è un fattore di allungamento di trascrizione che insieme a Spt5 regola il processo della RNA polimerasi II, si agisce sulle ripetizioni di senso e di antisenso mitigando la neurodegenerazione (per i meccanismi patogenetici vedi Articoli Maggio 2016 C9ORF72 poly(GA) aggregates sequester and impair HR23 and nucleocytoplasmic transport proteins. Nature Neuroscience 2016;19:668). Gli AA suggeriscono come prospettiva terapeutica la ricerca su oligonucleotidi antisenso di SUPT4H1 (l’omologo umano di Spt4), anche perché questo potrebbe avere un effetto su tutte le malattie da espansione di tratti ripetuti.

UBQLN2 Mediates Autophagy-Independent Protein Aggregate Clearance by the Proteasome. Cell 2016;166:935. Ubiquitina 2, piccola proteina della famiglia delle ubiquitine che regolano la degradazione di proteine ubiquinate dal proteasoma che è un processo fondamentale per la vita della cellula. Sue mutazioni sono causa di una Sclerosi Laterale Amiotrofica XL giovanile o adulta (ALS15 con o senza Demenza Fronto-Temporale, MIM #300857). Ne viene studiato il meccanismo di azione in vitro e in vivo, concludendo che UBQLN2 agisce tramite il sistema ubiquitina proteasoma (UPS), non tramite il processo autofagico. Nel modello murino (knockin con mutazione umana P506T) si producono le anomalie cerebrali e deficit cognitivo.

Neuronal activity enhances tau propagation and tau pathology in vivo. Nature Neuroscience 2016;19:1085. Nell’Alzheimer vi è aggregazione intracellulare di proteina tau ipermetilata che forma grovigli neurofibrillari che nelle fasi iniziali della malattia è localizzata nel compartimento somatodendritico dei neuroni della corteccia entorinale e transtentorinale per poi diffondersi in altre aree con diffusione secondo connessioni neuroanatomiche. Un’ipotesi è quella di una diffusione da una cellula all’altra come i prioni, un’altra ipotesi con diffusione nello spazio extracellulare. In questo studio si dimostra in vitro che si trasmette da una cellula all’altra per via extracellulare. Ricorrendo a tecniche optogenetiche e chemogenetiche si dimostra che l’incremento di attività neuronale stimola la secrezione di tau in vitro, in vivo (nel modello murino) incrementa la patologia tau. Questi risultati potrebbero essere significativi per comprendere il meccanismo patogenetico dell’Alzheimer e delle altre tauopatie.

Host immune defence, amyloid‑β peptide and Alzheimer disease. Nature Review Neurology August 2016. Commento di una ricerca (Amyloid‑β peptide protects against microbial infection in mouse and worm models of Alzheimer’s disease. Sci. Transl. Med. 2016;8:340ra372) che dimostra in modelli animali che β-amiloide (Aβ) agisce come un peptide antimicrobico e che i batteri e lievito avviano l’accumulo di amiloide suggerendo così una complessa interazione tra funzione della β-amiloide il suo accumulo nell’encefalo e la difesa immunitaria dell’ospite.

Implications for Alzheimer’s disease of an atomic resolution structure of amyloid-β(1–42) fibrils. PNAS 2016;113:2398. Commento di una ricerca (Atomic-resolution structure of a disease-relevant
Aβ(1–42) amyloid fibril. Pg. E4976) sulla struttura 3D delle fibrille β-amiloide (1-42)(Aβ), fibrille che sono neurotossiche ed hanno un importante ruolo nella progressione e nella trasmissione cellula-cellula dell’Alzheimer. In questo lavoro ne viene presentata la struttura tridimensionale a risoluzione atomica ottenuta con l’esame spettroscopico con risonanza magnetica nucleare e EM, struttura tridimensionale che secondo gli AA sarebbe responsabile della replicazione fibrillare nell’Alzheimer. Conoscere la struttura atomica di queste fibrille, che costituiscono buona parte delle placche senili, potrebbe chiarire come avviene il processo dell’aggregazione Aβ e favorire lo sviluppo di marcatori diagnostici e di farmaci per la cura di questa comune e grave patologia.

Research Highlights di Nature Reviews Neurology. August 2016
Epilepsy and autism spectrum disorders may have a shared aetiology. Dell’articolo Autism and epilepsy. A population-based nationwide cohort study. Neurology 2016;87:192 (con risposta ad una lettera Neurology 2016;88:110). Ipotesi favorita dall’osservazione che le persone con epilessia hanno un rischio di autismo 10 volte superiore a quello di chi non ha epilessia, con rischio aumentato anche per i loro parenti I grado. E in una persona la diagnosi di autismo aumenta di 5 volte il rischio per lui di epilessia.

No diagnostic value of α-synuclein staining of the colon mucosa in idiopathic Parkinson disease. Dell’articolo Similar α-Synuclein staining in the colon mucosa in patients with Parkinson's disease and controls. Mov Disord 2016;31:1567. Vedi Movement disorders: improved understanding of early disease. Lancet Neurology 2013;12:10 (Spigolature Gennaio 2013).

Caspase-1 causes truncation and aggregation of the Parkinson’s disease-associated protein α-synuclein. PNAS 2016;113:9587. Mutazioni di α-sinucleina sono causa di Parkinson familiare (MIM#168601 e #605543) e il coinvolgimento di questa proteina ha portato a formulare ipotesi patogenetiche su questa malattia, ma non vi sono ipotesi che riguardi il Parkinson sporadico molto più frequente. Ma sappiamo che l’aggregazione della proteina α-sinucleina è comunque un segno caratteristico del Parkinson. In questo articolo si dimostra che l’enzima caspasi-1, componente dell’infiammasoma, idrolizza tale proteina e la rende suscettibile all’aggregazione. Questi risultati depongono per un ruolo dell’infiammazione nel processo patogenetico dei casi sporadici di Parkinson.

Elevated neurogranin levels reveal early synaptic damage in APOE*ε4 carriers. Dell’articolo APOE ε4 carriers may undergo synaptic damage conferring risk of Alzheimer's disease. Alzheimers Dement. 2016;12:1159 in cui si dimostra che nel liquor CR dei portatori dell’allele ε4 della apoliproteina E (il più importante fattore di rischio genetico dell’Alzheimer) che hanno una lieve compromissione cognitiva vi sono livelli significativamente elevati di neurogranina, un marcatore di perdita sinaptica.

Neuroimmunology. Immune cells on the brain. Science 2016;353:760. Special Section sul rapporto tra immunologia e SNC, sul fatto che ora sappiamo che il sistema immunitario ha un ruolo decisivo in molte malattie neurologiche e che l’interazione sistema immunitario-SNC svolge un ruolo importante in vari processi fisiologici.
NEWS. Wired p. 762. Come le cellule dell’immunità scolpiscono le connessioni cerebrali.
REVIEWS:
Multifaceted interactions between adaptive immunity and the central nervous system p. 766. I prevedibili sviluppi della neuroimmunologia nei prossimi 10 anni.
Maternal immune activation: Implications for neuropsychiatric disorders p. 772. Sia in base a studi di epidemiologia che di sperimentazione in animali sappiamo che le infezioni materne sono un fattore di rischio di autismo e schizofrenia. A riprova di quanto osservato ora ci sono i risultati delle ricerche recenti sui meccanismi molecolari alla base dell’effetto della attivazione immunitaria materna sul prodotto del concepimento che stimolano la ricerca per individuare un’appropriata terapia.
How neuroinflammation contributes to neurodegeneration p. 777. I neuroni sono il principale bersaglio delle malattie neurodegenerative. In questa review si sottolinea il ruolo nel processo neurodegenerativo dell’ambiente in cui sono inseriti i neuroni, in particolare dei processi legati alla neuroinfiammazione.
PERSPECTIVE
Inflammatory neuroprotection following traumatic brain injury p. 783

GENETICA UMANA/CLINICA
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Rare rewards. Nature 2016;536:249. Editoriale con sottotitolo “A catalogue of genetic information from some 60,000 people reveals unexpected surprises — and highlights the need to make genomic data publicly accessible to aid studies of rare diseases”, sottolineando che più di un milione di persone ha avuto sequenziato il proprio genoma o esoma, annuncia che viene pubblicato a cura del Exome Aggregation Consortium (ExAC), sullo stesso fascicolo (Analysis of protein-coding genetic variation in 60,706 humans. Pg. 285)(vedi anche News A deep dive into genetic variation. Pg. 277) il più ampio database delle variazioni esomiche di 14 studi relativo a 60.706 persone dei più vari gruppi etnici, catalogo consultabile da tutti in rete (http://exac.broadinstitute.org). Sono state trovate più di 7.4 milioni varianti, in gran parte non segnalate, fornendo la prima stima di frequenza della loro ricorrenza; di 3.230 geni non sono state individuate persone con perdita di funzione, del 72% di questi geni non è noto un fenotipo patologico nella nostra specie, probabilmente perché probabilmente causa di morte embrionale o di riduzione della fitness; di solo 9 di 192 varianti considerate da studi precedenti causative di malattie mendeliane ne vengono confermate le caratteristiche di patogenicità, le altre sono risultate varianti di alta frequenza e quindi di dubbio effetto patogeno e quindi forse benigne. Questi risultati dicono che i ricercatori ed i clinici devono valutare con molta attenzione quanto riportato dalle pubblicazioni di malattie rare e dimostrano che i dati presenti nel database possono essere opportunamente usati insieme ad altri sistemi nel filtraggio delle varianti causa di malattie. Il progetto ExAC intende proseguire per includere il prossimo anno i risultati di WES di 120.000 persone e di WGS di altre 20,000. Verranno anche affrontati i problemi etici relativi alla privacy che si pongono nella condivisione dei dati non solo genetici ma anche clinici.

Expanded carrier screening: A review of early implementation and literature. Seminars in Perinatology 2016;40:29. Utile riprendere la definizione di screening “the systematic application of a test or inquiry to identify individuals at sufficient risk of a specific disorder to warrant further investigation or direct preventive action, among persons who have not sought medical attention on account of symptoms of that disorder”. Interessante articolo sullo screening allargato dei portatori (ECS) di malattie AR o XL. Di norma lo screening genetico dei portatori è basato sull’etnicità, storia familiare o su una richiesta, usualmente limitato nella popolazione generale ad un ridotto numero di malattie selezionate per alcune caratteristiche comuni, come la gravità e l’alta frequenza nella popolazione generale (fibrosi cistica, talassemie, atrofia muscolare spinale) o per patologia familiare o per etnicità o comunità (es. Tay-Sachs negli ebrei ashkenaziti con una probabilità di stato di portatore di1/25-1/30, 10 volte di più rispetto alla popolazione generale, in questa popolazione oltre al Tay-Sachs è indicato verificare lo stato di portatore di altre 8 condizioni). Nel lavoro si sostiene che, almeno in USA, non ha più senso basarsi sull’etnicità per la scelta dei test di screening dell’eterozigote in quanto le popolazioni sono meno definibili come gruppo etnico. La pratica che sta divenendo attuale è invece di sottoporre a ECS tutte le persone per dozzine o centinaia di malattie anche non frequenti o non gravi senza considerare l’etnicità. Questo è stato reso possibile dall’introduzione nella pratica corrente delle nuove tecniche molecolari, come è avvenuto per la diagnostica tramite WES o WGS, con la differenza che ECS riguarda geni malattia già descritti e con fenotipo ben noto. In questa review vengono presentate le motivazioni di eseguire ECS, ciò che prevedono le linee guida delle organizzazioni professionali, le prospettive di sanità pubblica, i risultati ottenuti da alcune ricerche sull’applicazione ECS in popolazioni, l’opportunità di counseling genetico pre- e post-test e infine le prospettive.

Haploinsufficiency of MeCP2-interacting transcriptional co-repressor SIN3A causes mild intellectual disability by affecting the development of cortical integrity. Nature Genetics 2016;48:877. Identificato il gene responsabile della sindrome da microdelezione atipica 15q24.2 (di 72.15-73.85 Mb), nota come sindrome Witteveen-Kolk, la cui aploinsufficienza causa disabilità intellettiva di medio grado e segni autistici associati a bassa statura, un caratteristico dismorfismo facciale e microcefalia con ipoplasia del corpo calloso e ventricolomegalia (MIM #613406). Il gene, SIN3A (switch-insensitive 3 family member A), codifica il repressore trascrizionale e interattore di MeCP2. Nel lavoro sono riportati i dati clinici e genetici di 4 pz con microdelezione, che comprende il gene, e 9 casi con perdita di funzione del gene. Nel cervello di topo KO di Sin3a si osserva ridotta neurogenesi corticale, alterata identità neuronale ed anomale proiezioni cortico-corticali. SIN3A è quindi il gene causa della s. Witteveen-Kolk, un importante regolatore trascrizionale della espansione e della maturazione corticale cerebrale e un ulteriore gene codificante un fattore epigenetico implicato nella disabilità intellettiva e autismo (epigenetica cognitiva, vedi T. Kleefstra 2014;80:83).

The molecular hallmarks of epigenetic control. Nature Reviews Genetics 2016;17:487. Perspective sulla storia e prospettive dell’epigenetica, dall’identificazione del gene codificante un’istone acetiltransferasi istonica (HAS) nel Marzo 1996 ad oggi. I meccanismi epigenetici insieme a geni operano a stabilizzare i programmi di espressione genica e canalizzare la differenziazione cellulare, ma a differenza delle varianti “hard” di sequenza del DNA le modificazioni cromatiniche sono tutte potenzialmente reversibili. Questo potrebbe avere un considerevole impatto medico, data la frequenza delle malattie da modificazioni epigenetiche, ed aprire la strada a “terapie epigenetiche” con interventi farmacologici e con il ricorso a piccole molecole inibitrici (come HDACio DNMTi) che normalizzano la regolazione epigenetica. Un aspetto ancora poco chiaro è quello della eredità transgenerazionale epigenetica, come risulta da studi in modelli animali (D. melanogaster e topo) in cui fattori ambientali, soprattutto la dieta paterna, può riprogrammare il metabolismo dei figli in modo tale che si trasmette alle successive generazioni determinando obesità. La Perspective termina cosi’: “Given the progress made between 1996 and 2016, we anticipate that many more discoveries will continue to reveal how chromatin adaptations organize and expose the information that is stored in our genome”.

Mitotic regulation comes into focus. Nature 2016;536:407. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Molecular basis of APC/C regulation by the spindle assembly checkpoint. Pg. 431) sui meccanismi che regolano un checkpoint della divisione cellulare che previene la segregazione cromosomica prima che siano adeguatamente allineati nel fuso mitotico.

Un commento su BMJ Agosto 2016 su un articolo di cui non ho il testo intero Pitx2 modulates a Tbx5-dependent gene regulatory network to maintain atrial rhythm. Sci. Transl. Med. 2016;8:354ra115 (che mi interessa personalmente, ndr) sui geni le cui varianti sono causa di fibrillazione atriale (AF), patologia molto frequente che pone a rischio di patologia cardiaca e di ictus spesso in età precoce. Nel lavoro su un modello murino adulto, con difetto di Tbx5 (nell’uomo mutazioni di questo gene sono causa della s. Holt-Oram, MIM #142900), vengono identificate nei miocardiociti atriali anomalie del potenziale di azione con depolarizzazioni spontanee che vengono corrette chelando il calcio libero e viene individuato un network trascrizionale multistrato che lega 7 diversi loci legati al rischio di AF: Tbx5 attiva Pitx2 e sia Tbx5 che Pitx2 regolano in modo antagonistico i geni effettori Scn5a, Gjal, Ryr2, Dsp e Atp2a2. Tale network, organizzato come una feed-forward loop in configurazione incoerente, controlla l’espressione dei geni del ritmo atriale; la sua sregolazione dovuta ai loci a rischio determina la suscettibilità alla AF.

TERAPIA FARMACOLOGICA/GENICA E GENE EDITING
*** finalmente
Attack on amyloid-β protein. Nature 2016;537:36. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (The antibody aducanumab reduces Aβ plaques in Alzheimer’s disease. Pg. 50) sull’uso di una terapia anticorpale che riduce considerevolmente gli aggregati di β-amiloide (Aβ), la proteina dell’Alzheimer, che può rallentare il declino cognitivo dei pazienti. Sappiamo che l’Alzheimer ha come caratteri distintivi il deposito di placche di questa proteina e grovigli neurofibrillari a livello cerebrale accompagnati da disfunzione sinaptica e neurodegenerazione. Sinora il ricorso a immunoterapia anti Aβ non aveva avuto successo. In questo lavoro che riporta nel modello transgenico murino di Alzheimer il ricorso ad un anticorpo monoclonale umano che selettivamente colpisce questi aggregati ha consentito di provare la sua efficacia nel legare il Aβ riducendolo sia la forma solubile che quella insolubile in modo dose dipendente. Nei pz con Alzheimer nella sua fase iniziale o con pochi segni clinici i risultati preliminari di una sperimentazione clinica a doppio cieco (PRIME; ClinicalTrials.gov NCT01677572) dimostrano che la somministrazione endovenosa per 1 anno di tale anticorpo è in grado di ridurre, anche qui con effetto dose-dipendente, l’accumulo cerebrale di Aβ (Aβ PET) e contemporaneamente determinare un rallentamento del declino cognitivo clinico. Se in fase 3 di sperimentazione venisse confermato l’effetto clinico sul declino cognitivo questo costituirebbe un elemento a favore dell’ipotesi patogenetica amiloide (che è stata spesso messa in discussione, ndr).

Benefits of gene therapy for both eyes. Lancet 2016;388:635. Commento dei risultati di una sperimentazione clinica di terapia genica con vettore virale per l’Amaurosi congenita Leber 2 (MIM #204100)(Safety and durability of effect of contralateral-eye administration of AAV2 gene therapy in patients with childhood-onset blindness caused by RPE65 mutations: a follow-on phase 1 trial. Pg. 661 (articolo con molti autori italiani). Una sperimentazione precedente in fase 1 di iniezione unilaterale subretinica di 3-4 anni prima aveva dimostrato in 12 pz (bambini ed adulti) di essere sicura ed efficace. Si è voluto ora verificare in 11 di questi pz se l’iniezione del vettore virale che esprime il gene causativo (RPE65) nell’altro occhio non determina una risposta immunitaria tale da sconsigliarla come terapia, come avviene invece per altri organi. L’ipotesi di tolleranza partiva dalla considerazione che l’ambiente retinico ha un “privilegio immunitario” e che la dose di vettore necessaria è molto ridotta. Viene confermata tale ipotesi con effetti funzionali duraturi, rendendo quindi possibile il trattamento bilaterale per questa ed altre malattie retiniche.

Biogen and UPenn join forces to commercialize gene therapies. Nature Biotechnology 2016;34:791. Alleanza tra Biogen ed Università di Pennsylvania (UPenn) per potenziare la terapia genica per varie condizioni tra cui le patologie oculari, del SNC e alcune malattie complesse. In Tab. le principale alleanze in corso per la terapia delle emofilie, m. Duchenne, beta-talassemia e falcemia, Parkinson, Atassia Friedreich, SMA.

First-in-human CRISPR trial. Nature Biotechnology 2016;34:796. Sempre UPenn ha avuto il via libera da NIH per usare la tecnologia CRISP per la cura del cancro. La sperimentazione in fase 1 riguarda la ingegnerizzazione delle cellule T autologhe in pz con melanoma, mieloma e sarcoma con lo scopo di stimolare la funzione di queste cellule riducendo il rischio di autoimmunità. Ora si attende l’approvazione della FDA.

Treatment of Fabry’s Disease with the Pharmacologic Chaperone Migalastat. NEJM 2016;375:545. La m. Fabry (MIM #301500) è una grave e rara (<1:80.000) malattia lisosomiale da errore congenito del catabolismo glicosfingolipidico per deficit di α-galattosidasi con accumulo di substrato (soprattutto globotriaosilceramide) in vari organi e clinicamente caratterizzata da insufficienza cardiaca e renale progressiva, patologia cerebrovascolare, neuropatia periferica delle piccole fibre, lesioni cutanei ed altro. Il farmaco è Migalastat, un chaperone farmacologico somministrato per bocca, che legandosi con il sito attivo dell’enzima stabilizza specifici mutanti dell’enzima facilitando il traffico dell’enzima ai lisosomi dove si dissocia consentendo all’enzima di catabolizzare i substrati che si sono accumulati. La terapia alternativa, la somministrazione dell’enzima, è spesso associata a complicazioni tali, come la formazione di anticorpi, che deve essere sospesa per evitare gravi complicazioni. In questo complesso studio randomizzato di efficacia e tolleranza (fase 3, NCT00925301 e NCT01458119) in pz con m. Fabry dai 16 ai 74 anni si è osservato a 6 mesi che la percentuale di pz cha hanno avuto una risposta alla terapia, valutando la funzione e la struttura di vari organi, non è significativamente differente tra pz in terapia (sia coloro con mutazione idonea a rispondere alla terapia sia pz con mutazione non idonea) ed i controlli.

How to encourage trial reporting, Nature Medicine 2016;22:823 su un aspetto delle sperimentazioni cliniche che per i nostri pz e per noi è importante: come stimolare la comunicazione dei risultati delle sperimentazioni in corso in modo di averli disponibili ed usabili, anche di quelle sperimentazioni che non hanno dato i risultati sperati? Le difficoltà sono legate alla mancanza di incentivi a renderli noti e, non è poco, il rischio di comprometterne la pubblicazione.

The Primary Outcome Fails — What Next? NEJM 2016;375:861. Specificare il primo obiettivo che i ricercatori si propongono di verificare prima di iniziare una sperimentazione può aumentare la probabilità di falsi positivi. Infatti è regola comune giudicare i risultati di una sperimentazione randomizzata solo se il livello di significatività (valore p) del primo obiettivo è inferiore o superiore a 0.05. Si fa notare che tale conclusione è troppo semplicistica, intanto andrebbe valutato anche l’intervallo di confidenza e poi tutto quanto risulta dalla sperimentazione, non solo l’obiettivo primario, ma anche quelli secondari e la sicurezza.
In questa Review vengono suggeriti i processi da adottare quando sembra che sia fallito il raggiungimento dell’obiettivo primario. In un articolo successivo i processi da adottare quando sembra invece che lo si sia raggiunto.

The Emergence of the Randomized, Controlled Trial. NEJM 2016;375:501. Prosegue la serie della storia delle sperimentazioni cliniche. La prima sperimentazione controllata e randomizzata è avvenuta nel 1948 con uno studio del British Medical Research Council sul trattamento con streptomicina dell’infezione tubercolare (per la definizione vedi ad es. http://www.aifa.gov.it/sites/default/files/bif000133.pdf). L’adozione di tale procedura ha avuto successo non solo perché forniva un metodo più sofisticato rispetto ai precedenti ma anche perché rispondeva ad un’importante funzione sociale critica: una valutazione delle terapie sperimentali prima della loro applicazione alla popolazione e una precisazione degli effetti reali di innovazione medica.

MODELLI ANIMALI/IN VITRO
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Impaired immune system function linked to social behaviour deficits in mice. Nature Reviews Neurology August 2016. Commento di due articoli (Unexpected role for interferon-γ in regulating neuronal connectivity and social behaviour. Nature 535:425 e Deficient autophagy in microglia impairs synaptic pruning and causes social behavioral defects. Mol. Psychiatry 2016. doi: 10.1038/mp.2016.103) sul ruolo dell’alterata funzione del sistema immunitario che può portare ad anomalie di contatto sociale simile all’autismo. Nel primo lavoro si documentano ridotti contatti sociali di topi con SCID (severe combined immunodeficiency) che si normalizzano nei topi giovani con SCID i cui linfociti sono stati ripopolati con cellule normali. Si dimostra in particolare un’associazione tra interferone γ (IFN-γ), che è una citochina importante per l’immunità adattiva, e comportamento sociale suggerendo uno stretto legame tra socialità e una risposta immunitaria contro agenti patogeni condotta dal segnale IFN-γ. E’ di interesse notare che tale citochina induce l’autofagia nei macrofagi. Infatti nel secondo lavoro si è studiato il ruolo dell’autofagia mediata dalla microglia, che sono i macrofagi a livello cerebrale, nel neurosviluppo (neurogenesi e nella formazione del network neurale), tenendo anche presente l’osservazione proposta da tempo che malattie infiammatorie materne durante la gravidanza sono un fattore di rischio di autismo nel figlio, fatto che suggerisca l’ipotesi di relazione tra funzione del sistema immunitario e malattie del neurosviluppo. Si dimostra che il topo con delezione a livello microgliale di Atg7, un gene dell’autofagia, ha segni di isolamento sociale ed ha un numero aumentato di sinapsi ed alterata connettività tra diverse aree cerebrali. Questo conferma i risultati di altri studi sul ruolo della microglia e dell’autofagia neuronale sul neurosviluppo. Ma giustamente gli AA sottolineano che non sarà immediato tradurre queste informazioni in una terapia che possa promuove il meccanismo autofagico perché in questo processo sono coinvolti molti pathway e stimolare con farmaci l’autofagia può provocare reazioni avverse.

A human neurodevelopmental model for Williams syndrome. Nature 2016;536:338. Studio del ruolo sul neurosviluppo di un gene del segmento deleto in 7q11.23 causa della s. Williams ricorrendo all’analisi delle cellule progenitrici neurali e neuroni corticali derivate da cellule staminale totipotenti, in quanto in questa sindrome le cellule progenitrici neurali hanno un tempo di crescita e di apoptosi doppio rispetto al normale. Sono state usate cellule di un pz con delezione atipica concentrando l’effetto di un solo gene (FZD9). Nella WS allo stadio neuronale i neuroni corticali del V/VI strato hanno dendriti più lunghi, aumentato numero di spine dendritiche e di sinapsi, alterata oscillazione di calcio ed alterata connettività di rete. Tali caratteristiche morfologiche, che sono rilevabili anche in tessuto di pz deceduti, unitamente all’aumentata espressione genica glutammatergica suggerisce che l’aumento numerico delle sinapsi determina l’alterata connettività di rete, che a sua volta potrebbe contribuire alle note caratteristiche comportamentali dei pz con WS. Una considerazione generale: quanto osservato e dedotto potrebbe favorire la nostra comprensione del complesso fenotipo comportamentale sociale umano.

Deep phenotyping predicts Huntington’s genotype. Nature Biotechnology 2016;34:823. Commento di un articolo (Large-scale phenome analysis defines a behavioral signature for Huntington’s disease genotype in mice. Pg. 838) che ci informa che un’analisi dettagliata dei vari aspetti del fenotipo comportamentale indica quale sia la variante genetica causativa della m. Huntington nel modello murino con 7 diverse lunghezze di triplette CAG ripetute (da 20 a 175). Questi risultati depongono per un’utilità di analizzare con grande precisione gli aspetti fenotipici nelle patologie umane con fenotipo complesso ricorrendo all’integrazione di varie sorgenti di informazioni come sensori portatili dello stato di salute, cartelle cliniche e note personali.

Glial cells — friend and foe in Huntington disease? Nature Reviews Neurology August 2016. Commento di un articolo (Human glia can both induce and rescue aspects of disease phenotype in Huntington disease. Nat. Commun. 2016;7:11758) in cui si dimostra che il fenotipo della HD può essere indotto manipolando la costituzione gliale del SNC del topo normale reso chimerico con cellule gliale umane con huntingtina mutante o migliorato ricorrendo al trapianto nel SNC di cellule gliali normali nel modello murino di HD (R6/2). Quindi le cellule gliali svolgono un importante ruolo patogenetico della malattia e potrebbero essere oggetto di manipolazione per la terapia.

In vivo selection of gene-corrected cells. Nature Reviews Genetics August 2016. Commenti di un articolo (A universal system to select gene-modified hepatocytes in vivo. Sci. Transl. Med. 2016 http://dx.doi.org/10.1126/ scitranslmed.aad8166)(non ho il testo intero) che dimostra che è possibile selezionare ed amplificare in vivo gli epatociti modificati geneticamente nel topo per resistere ad un farmaco tossico e per esprimere il gene di interesse. Questa tecnica applicata all’uomo potrebbe favorire lo sviluppo di terapie geniche per molte malattie ostacolata dal fatto che spesso tale terapia è poco efficace anche per la ridotta persistenza di espressione del transgene.

Reducing C-terminal truncation mitigates synucleinopathy and neurodegeneration in a
transgenic model of multiple system atrophy. PNAS 2016;113:9593. L’accumulo di aggregati di α-sinucleina negli oligodendrociti (cellule della nevroglia) è tipico di alcune malattie neurodegenerative, come l’Atrofia sistemica multipla, rara e fatale malattia orfana sempre sporadica dell’adulto per la quale non c’è trattamento. In questo lavoro nel modello murino transgenico per MSA si dimostra che un inibitore della caspasi 1, VX765, farmaco ben tollerato e impiegato in sperimentazione clinica fase II nell’epilessia, è un candidato promettente per questa malattia neurodegenerativa limitando l’accumulo di α-sinucleina.

*** argomento che fa pensare e soprattutto discutere:
From Bark to Bedside. Science 2016;353:368. Stanno crescendo le sperimentazioni cliniche negli animali domestici, perché rispetto a quelli di laboratorio condividono il nostro stesso ambiente, talora anche il cibo, ed hanno molte delle nostre malattie come il cancro. Ma possono essere veramente utili per la nostra specie? L’iter per scoprire un nuovo farmaco per una malattia è lunghissimo (16 anni in genere), estremamente oneroso (2 miliardi di $) con un’altissima selezione dei composti promettenti (viene in genere approvato dalla FDA 1 farmaco su 10.000). Quindi “too much money and too much time”. Però gli animali domestici non sono come quelli di laboratorio perché la sperimentazione clinica in loro tende ad essere una sperimentazione simile a quella applicata per l’uomo, con il ricorso al consenso informato, la necessità secondo alcuni, di un tutore, l’impossibilità di sopprimerlo dopo la sperimentazione per ulteriori analisi come si fa con i topi. Alcune patologie umane inoltre non sono presenti nell’animale domestico o alcuni farmaci non tossici nei cani lo sono per l’uomo. In ogni modo alcuni ricercatori con il supporto delle case farmaceutiche stanno modificando la loro procedura ricorrendo agli animali domestici ammalati come tappa intermedia per passare poi eventualmente e con maggiore probabilità di successo di quanto non avvenga oggi per l’uomo. La Veterinary Medical Association, su suggerimento di NIH, sta preparando un database dedicato simile al ClincalTrials.gov, ed una sperimentazione clinica in corso sull’osteosarcoma canino avrà i risultati pubblicati il prossimo anno (agency’s Comparative Oncology Trials Consortium). Alcuni ricercatori sulla base del fatto che “If we save these dogs, it has an impact on every single family that owns a dog” passano alla considerazione seguente “If we’re helping the human or the dog, is there really any difference?” (sarebbe utile aprire un dibattito sull’argomento dell’amore per i cani vs i nostri simili, ndr).

CARATTERI-MALATTIE COMPLESSE/STUDI ASSOCIAZIONE
Meta-analysis of 375,000 individuals identifies 38 susceptibility loci for migraine. Nature Genetics 2016;48:856. Mediante GWAS studiate quasi 60.000 persone con emicrania e 316.000 controlli per identificare nuovi loci associati a tale comune patologia neurologica (15-20% delle persone nel corso della vita) che può essere molto disabilitante con alti costi sociali ed economici (la terza dopo la demenza e l’ictus), che ha un’ereditabilità del 42% e di cui ne sono già noti 11. Identificati in totale 44 SNP significativamente associati di 28 nuovi loci, tra cui uno sul cromosoma X. I geni di questa patologia sono particolarmente espressi nei tessuti vascolari e nella muscolatura liscia confermando così l’ipotesi di una patogenesi vascolare.

Meta-analysis of rare and common exome chip variants identifies S1PR4 and other loci influencing blood cell traits. Nature Genetics 2016;48:867. Meta-analisi applicando Illumina HumanExome BeadChip genotyping array in ampie popolazioni di varia etnia (europea, africana, ispano-americana, cinese) per studiare il fenotipo eritrocitario e dei globuli bianchi del sangue. Sono stati identificati 4 nuovi loci di associazione al fenotipo eritrocitario (CEP89, SHROOM3, FADS2, and APOE) e 6 nuovi al fenotipo leucocitario (MYB per il numero totale), numero di neutrofili (S1PR4), dei monociti (BTBF8, NLRP12, IL17A) e degli eosinofili (IRF1). L’identificazione di una rara missenso di S1PR4 depone per un ruolo del pathway di segnale della sfingosina 1 fosfato (che è un chemoattrattore delle cellule T naive, ndr) nel traffico leucocitario e del numero di neutrofili circolanti. Nel topo e nello zebrafish la mutazione con perdita di funzione di S1pr4 comporta un’alterata cinetica dei neutrofili in risposta al danno tissutale.

Genome-wide association meta-analysis in Chinese and European individuals identifies ten new loci associated with systemic lupus erythematosus. Nature Gentics 2016;48:940. SLE è una malattia complessa con un’importante componente genetica (ereditabilità del 66%) con un’incidenza variabile da popolazione a popolazione, più alta nella popolazione di origine africana o asiatica. Da studi mediante associazione GW identificati 52 loci associati nella popolazione cinese, asiatica ed europea. In questo lavoro in popolazioni asiatiche e europee vengono individuati altri 10 geni associati e rilevato che in ambedue le popolazioni i polimorfismi a rischio di SLE sono localizzati in gran parte nelle stesse regioni.
Si rileva inoltre, paragonando la frequenza allelica e il rischio genetico, che la maggior frequenza di SLE nella popolazione asiatica ha una base genetica, spiegando così l’osservazione che la prevalenza di questa patologia nella popolazione cinese rimane invariata anche per quelle persone che sono migrate in occidente.