martedì 4 settembre 2012

Articoli Genetica Medica/Umana Ago 2012, R. Tenconi


Scelta di articoli di Genetica Clinica/Umana pubblicati nell’Agosto 2012 nelle seguenti riviste: Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Medicine, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neurosciences, NEJM, PNAS, Science & Cell.

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Computational tools for prioritizing candidate genes: boosting disease gene discovery. Nature Reviews Genetics 2012;13:523. Dal sunto: in ogni progetto il ricercatore deve scegliere quali geni o proteine richiedano ulteriori esperimenti e quali scartare per mancanza di fondi. I metodi computazionali che prendono in considerazione dati molto eterogenei tra loro come quelli di espressione genica, di sequenza, funzionali e quelli forniti dalla letteratura consentono di comporre liste di priorità di geni per ulteriori studi.
Le tecniche bioinformatiche sono (state) applicate nell’identificazione di geni-malattia quando l’analisi genetica posizionale consentiva di identificare un locus con molti geni, suggerendo il sequenziamento di un piccolo numero di questi geni in pz e in controlli. Ma la revisione manuale della letteratura e di vari database pubblici (funzionali, di sequenza, di espressione) è un compito estremamente gravoso. La lista dei geni candidati, come sappiamo, viene da risultati di linkage, alterazioni cromosomiche-genomiche, di associazione casi-controllo, di espressione o di varianti di geni identificate mediante sequenziamento. I criteri per la lista di priorità si basano su info biologiche di geni noti come coinvolti nella malattia o nel processo patologico applicando quindi il metodo definito “guilt by association” (ndr, come esempio gli studi appena pubblicati di sequenziamento esonico per le varie condizioni da mutazione di uno dei geni del pathway del recettore tirosinchinasico (RTK)-PI3K-AKT). La Review precisa che essa è dedicata più ai biologi che ai bioinformatici e che vuole spiegare i differenti metodi di priorizzazione, fare evitare gli errori dei vari metodi e favorire quindi l’adozione del metodo di priorizzazione più semplice e pratico per quella ricerca usando le varie applicazione web. Vedi http://homes.esat.kuleuven.be/~bioiuser/gpp/

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Genetics of osteoporosis from genome-wide association studies: advances and challenges. Nature Reviews Genetics 2012;13:576. L’osteoporosi è una frequente patologia dell’anziano che comporta rischio di fratture da trauma minimo, con rilevante costo economico, sociale e medico. La diagnosi di basa sulla determinazione della densità minerale ossea (BMD) che nell’osteoporosi e uguale o meno di - 2.5 DS dalla media. L’ereditabilità stimata è del 54-68% per fratture del polso e anca nelle donne prima della menopausa, ma per età più avanzate (dopo 79 anni) la stima della componente genetica scende al 3%.
Studi di associazione dell’intero genoma (n° 14 nel periodo 2008-2012) considerando BMD hanno identificanto 62 loci (Tabella 2) e alcuni pathway come WNT, RANK–RANKL–OPG, ossificazione encondrale e di questi alcuni geni di malattie monogeniche, come SOST (sclero-osteosi), LRP5 (s. Osteoporosi-pseudoglioma), LRP4, JAG1 e altri. Ma alcuni aspetti rendono difficile la selezione dei casi e l’interpretazione dei dati, tra cui il fenotipo clinico che è la frattura non la densità ossea e il fatto che le fratture avvengo in genere con l’età avanzata e l’ereditabilità diminuisce sensibilmente con l’età. Le info genetiche sono troppo recenti per consentire la preparazione di nuovi farmaci, ma è possibile per ora verificare i bersagli molecolari dei farmaci attualmente usati e proposti in epoca pre-GWAS (n. 8, tra cui i bifosfonati): almeno 6 hanno come bersaglio uno dei 62 loci identificati. Altra applicazione dello studio potrebbe essere la previsione del rischio frattura, ora basata su criteri clinici e BMD, ma per ora il contributo genetico è nullo.

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De novo mutations in human genetic disease. Nature Reviews Genetics 2012;13:565. Per le malattie mendeliane e le multifattoriali gli studi si sono basati prevalentemente sulle variazioni ereditate. L’applicazione delle nuove tecniche genetiche (microarray, NGS) consente di superare la limitazione dell’approccio diagnostico tradizionale consentendo l’identificazione di variazioni non ereditate. L’evento mutazionale è frequente (74 varianti nucleotidiche -SNV- per singolo genoma), in genere con effetto clinico più grave rispetto alla variante ereditata e interessante la linea germinale, anche se sono state recentemente trovate mutazione somatiche in malattie quali la s. Proteus, s. Schimmelpenning, s. Ollier, Iperplasia Fibroadiposa –vedi sotto- e altre. Le mutazioni de novo per la loro frequenza possono essere causa monogenica di patologie più comuni, come il deficit intellettivo (ripetuta autocitazione di Han Brunner di un lavoro con conclusioni molte discusse, ndr), autismo e schizofrenia, malattie sinora considerate come complesse. Viene discusso l’impatto delle mutazione germinali de novo sulla frequenza delle malattie genetiche (es. ovvio: malattie da mutazione di un singolo locus –s. CHARGE-sono meno frequenti rispetto alle malattie da mutazione di più loci –s. Noonan), come migliorarne l’interpretazione delle conseguenze fenotipiche (per le malattie clinicamente e geneticamente eterogenee l’interpretazione dell’effetto di rare mutazioni de novo “is still in its infancy”, ammettono gli AA, ma propongono uno schema interessante - Fig. 2), la stima del tasso di mutazioni e i fattori di rischio che lo influenzano come l’età paterna (CNV e SNV), che varia da famiglia a famiglia.

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Un articolo (Rate of de novo mutations and the importance of father’s age to disease risk. Nature 2012;488:471) e i relativi commenti (The rate of human mutation, Nature pg 467)(Fathers bequeath more mutations as they age. Nature, pg 439) e una citazione (Older Dads Pass On More Mutations. Science 2012;337:898) su una nota correlazione positiva tra età paterna e frequenza di mutazioni de novo. In questo caso Schizofrenia e Autismo. Il tasso di mutazioni de novo come sappiamo è importante per la selezione ma ha un ruolo importante anche per l’epidemiologia delle malattie genetiche. Vi sono studi che hanno calcolato per alcuni loci associati a malattie il tasso di mutazione. Ma ora la tecnica consente di sottoporre all’analisi l’intero genoma per specifiche patologie da causa non completamente nota. Per l’Autismo vi sono altri recenti lavori di risultati di sequenziamento esonico (vedi Fruits of exome sequencing for autism. Research highlights. Nature Reviews Genetics doi:10.1038/nrg3248 che commenta 5 articoli/commenti su Nature, PLoS Genetics e Neuron del 2012)(vedi selezione articoli di interesse 6/2012). Nell’articolo ora citato si presentano i risultati di uno studio di 78 nuclei familiari (trios) islandesi, di cui 44 probandi con Autismo, 21 con Schizofrenia (13 per altri motivi) mediante sequenziamento dell’intero genoma. Gli AA stimano 60 nuove mutazioni per generazione (previsto), ma trovano che se il padre ha 20 anni trasmette al figlio 25 mutazioni, se ne ha 40 ne trasmette 65, con in media la trasmissione di un extra di due mutazioni per anno. La madre ne trasmette 15 indipendentemente dall’età. In Islanda la stima di mutazioni de novo nei figli nel 1980 era di 60, nel 2011 è di 70.
Questo era noto in base alle differenze tra spermatogenesi e oogenesi (vedi Upsetting the Dogma: Germline Selection in Human Males. PLoS Genetics 2012;8:e1002535, in cui si propone una spiegazione basata sull’ipotesi dell’accumulo di mutazioni nelle cellule spermatiche, che invece di diversi asimmetricamente e formare una cellula spermatica e una proto-spermatica uguale a quella di partenza si dividono simmetricamente formando due cellule proto-spermatiche creando così cluster di mutazioni. Questo numero di cluster aumenta con l’età)(Spigolature 3/2012), ma ora è quantificato.
Se solo il 10% delle mutazioni de novo sono causa di malattia significa che ognuno di noi ha 6 nuove mutazioni sfavorevoli per la salute. L’articolo non prova che vi sia un rischio maggiore di malattia nei figli di padri anziani ma che vi sono elementi per pensarlo. Una prova indiretta è la nota correlazione tra età paterna e patologie comportamentali come l’Autismo e il rapido incremento di frequenza (non solo per migliorata diagnosi)di tale patologia in questi ultimi anni (Nature Medicine 2012;18;641)(http://www.cdc.gov/mmwr/PDF/ss/ss6103.pdf). Da qui il suggerimento “If the paternal-age effect on the de novo mutation rate does lead to substantially impaired health in the children of older fathers, then collecting the sperm of young adult men and cold-storing it for later use could be a wise individual decision” (non so se saggia, ma comunque il messaggio di non protrarre troppo nel tempo il concepimento questi risultati lo danno, ndr).

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ERK Inhibition Rescues Defects in Fate Specification of Nf1-Deficient Neural Progenitors and Brain Abnormalities. Cell 2012;150:816. La Neurofibromatosi tipo 1 (MIM #162200) è causata da mutazione con perdita di funzione in eterozigosi di un gene che fa parte di un gruppo di malattie da alterato (attivato) pathway di segnale RAS/ERK, chiamate RASopatie. Il 30-70% di persone con NF1 ha disturbi di apprendimento che possono anche essere rilevanti, associati nei casi più gravi a un’aumentata dimensione del corpo calloso (CC). Nel modello animale (topi Nf1 +/-) sono dimostrabili analoghi effetti senza che vi siano anomalie morfologiche encefaliche come le aumentate dimensioni del CC. Quindi l’inattivazione monoallelica del gene NF1 non è sufficiente per determinare anomalie strutturali cerebrali. L’ipotesi, che il lavoro vuol provare con lo studio nel modello animale, è che nel gruppo di pz con NF1 con aumentate dimensioni del CC si è verificata la perdita del secondo allele (second hit) nelle cellule staminali neurali, quindi una inattivazione biallelica del gene come succede non solo nei tumori ma anche, sempre localmente, per le macchie caffè-latte, segno quasi patognomonico della malattia, e per la tipica displasia scheletrica della NF1. Viene dimostrato che l’inattivazione biallelica di Nf1 nel topo causa un’espressione ectopica Erk-dipendente di un fattore di trascrizione (oligodendrocyte lineage transcription factor 2)(Olig2) con conseguente aumentata gliogenesi al posto della neurogenesi in zona subventricolare con aumentate dimensioni del CC nel periodo neonatale. Queste anomalie morfologiche, completamente reversibili nel topo trattandolo con inibitori MEK/ERK nel periodo neonatale, sono dovute a iperattivazione del pathway MEK/ERK. Per esse vi è quindi una possibile finestra terapeutica per l’uomo (tenendo conto però che metà dei affetti da NF1 sono sporadici e che per buona parte di essi la diagnosi viene confermata o formulata dopo i 4 anni, ndr).

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A paradoxical teratogenic mechanism for retinoic acid. PNAS 2012;109:13668. L’acido retinoico (RA), un metabolita attivo della vitamina A che svolge un ruolo essenziale nell’embriogenesi dei mammiferi, controlla la trascrizione di specifici geni. Negli embrioni è sintetizzato dal retinolo attraverso due tappe ossidative, la seconda è la retinaldeide deidrogenasi (RALDHs)(con i suoi sottotipi codificati da Raldh1, Raldh2 e Raldh3) e un citocromo (CYP 26)(con i suoi sottotipi Cyp26a1, Cyp26b1, and Cyp26c1) che sono responsabili della sua disponibilità locale. Il RA è teratogeno nei roditori e nell’uomo sia a bassi che a alti dosaggi. Nel topo la dieta materna priva di vitA o la nullisomia nel feto dei recettori RA determina una sindrome chiamata s. fetale da deficit vitA (VAD) con malformazioni multiorgano (SNC, occhio, orecchie, rene, testicoli, arti e dello scheletro). Nei roditori e nell’uomo l’eccesso di VitA causa una condizione simile alla VAD (vedi Fetal Vitamin A syndrome in LMD). In un quarto delle malformazioni in caso di sovradosaggio l’esposizione materna alla RA provoca malformazione anche se l’esposizione è in epoca precedente la formazione dei precursori del tessuto o organo destinato a essere affetto (es. la somministrazione in unica dose di AR nella femmina di hamster in 8 giornata dal concepimento causa anomalie renali fetali mentre l’abbozzo metanefrico si forma successivamente, in 9.5 giornata; lo stesso nel topo causando la regressione degli abbozzi e provocando agenesia renale). Questo nonostante la brevissima emivita di RA (12 ore). Questo il paradosso. Questa l’ipotesi di lavoro: l’eccesso di RA altera la morfogenesi renale tramite una induzione, secondaria e a lungo termine, di un difetto di RA a livello locale. Questa la metodologia e risultati: nell’animale esposto a un eccesso di RA ben prima della presenza di abbozzi di metanefro non si formano i reni e parecchi giorni dopo si registra una riduzione dei trascritti Raldh, un aumento di mRNA di Cyp26a1 and Cyp26b1 codificanti enzimi che catabolizzano RA e una diminuzione dei livelli di RA nell’embrione e nei rudimenti di reni. La supplementazione materna con RA con basse dosi di RA dopo la dose teratogena recupera lo sviluppo metanefrico renale e impedisce lo sviluppo di molte anomalie extrarenali. Nell’uomo l’esposizione materna accidentale a alte dosi di VitA avviene con l’assunzione eccessiva di integratori alimentari o di derivati di fegato o dall’uso di farmaci per curare malattie cutanee e il cancro. Conoscere il meccanismo teratogeno del RA può voler dire prevenire la sindrome Fetale da VitA. Bellissimo.

Genetic and environmental risk factors in congenital heart disease functionally converge in protein networks driving heart development. PNAS 2012;109:14035. Le malformazioni congenite cardiache, le più frequenti patologie malformative con una prevalenza alla nascita di circa 1%, sono dovute a diverse cause che vanno da quelle genetiche (mutazioni geniche, genomiche, associazioni SNP) a quelle teratogene, come alcuni pesticidi e alcuni farmaci che coinvolgono specifici geni, come quelli dei recettori dell’acido retinoico. Il lavoro si pone l’obiettivo di verificare, usando i dati dell’uomo e i modelli animali e contando sulla considerevole conservazione nell’evoluzione dei geni coinvolti nell’embriogenesi cardiaca, i pathway molecolari interessati nella genesi delle malformazioni cardiache. In particolare se siano coinvolti gli stessi geni (“direct impact”) o invece geni codificanti diverse proteine di un network specifico per lo sviluppo cardiaco (“functional impact”). I dati depongono per la convergenza di fattori funzionali in network proteici di sviluppo di specifiche strutture anatomiche (es. settali) frequentemente coinvolte nelle malformazioni cardiache.

Due articoli su un frequente polimorfismo, inversione 17q21.31, che nell’aplotipo invertito predispone alla sindrome da microdelezione 17q21.31 tramite ricombinazione omologa non allelica.
Structural haplotypes and recent evolution of the human 17q21.31 region. Nature Genetics 2012;44:881. Structural diversity and African origin of the 17q21.31 inversion polymorphism. Nature Genetics 2012;44:872.

FAN1 mutations cause karyomegalic interstitial nephritis, linking chronic kidney failure to defective DNA damage repair. Nature Genetics 2012;44:910. Le Nefronoftisi sono un gruppo di ciliopatie a trasmissione AR caratterizzate da fibrosi e formazioni cistiche renali. La mappatura per omozigosità e la successiva analisi esonica di due fratelli con una malattia con nefronoftisi associata a cariomegalia (nuclei cellulari grossi, anche nel polmone, fegato e SNC)(Karyomegalic Interstitial Nephritis) ha identificato una mutazione troncante in omozigosi del gene FAN1 che codifica la nucleasi1 associata all’Anemia Fanconi,
gene parte del pathway Anemia Fanconi coinvolto nella riparazione del DNA (interstrand cross-linking- ICL)(vedi PNAS 2012;109:4437)(Articoli di interesse 3/2012). Sono state allora analizzate altre 10 famiglie e sono state trovate in 9 famiglie 12 diverse mutazioni (8 troncanti) in omozigosi o eterozigote composto. Questo conferma che il gene della KIN è FAN1. Nel knockdown di fan1 dello zebrafish sono presenti segni della compromissione del pathway Fanconi (microcefalia, microftalmia, apoptosi) e della Nefronoftisi (ridotto asse corporeo). Interessante le ipotesi sul ruolo del pathway Fanconi nella nefronoftisi e l’osservazione che mutazioni FAN1 rappresentino l’equivalente genetico di cause ambientali genotossiche (da ocratossina A15- una micotossina, busulfano –farmaco antitumorale, alcaloide pirrolizidinico) causa di sindrome KIN simile per compromisione della riparazione ICL del DNA.

TGFB2 mutations cause familial thoracic aortic aneurysms and dissections associated with mild systemic features of Marfan syndrome. Nature Genetics 2012;44:916. L’aneurisma dell’aorta toracica (AAT), con l’esito in dissezione, può essere una patologia genetica AD con mutazione del gene FBN1 (s. Marfan)(MFS), dei geni dei recettori TGF-β 1 e 2 (TGFBR1 e TGFBR2)(s. Loeys-Dietz)(LDS) e del gene SMAD3 (LDS, s. Aneurismi-Osteoartrite)(AOS) tutti coinvolti nel pathway di segnale TGF-β. Queste sindromi condividono anche alcune manifestazioni cliniche scheletriche, cranio-facciale e cutanee. L’analisi mediante linkage e successivo sequenziamento esonico in due famiglie non correlate con molti affetti da AAT, a penetranza ridotta, aneurisma intracranico e emorragie subaracnoidee, ha identificato due diverse mutazioni troncanti del gene TGFB2. L’estensione a un’ampia casistica di AAT (276 probandi, alcuni familiari altri sporadici) e associata in alcuni casi a aneurisma intracranico ha identificato una mutazione nonsenso e una duplicazione in 2 soggetti che determinano aploinsufficienza TGFB2. Vedi Tabella 1 per il confronto fenotipico da mutazione dei geni TGFBR2, FBN1, SMAD3 e TGFB2.
A livello aortico tale evento determina paradossalmente un segnale TGF-β aumentato con aumentata espressione di TGFB2 e della proteina TGF-β2. Il lavoro conclude che l’aploinsufficienza di TGFB2 predispone all’aneurisma dell’aorta toracica e che il primo meccanismo patogenetico dell’aneurisma toracico siano ridotti livelli di TGF-b2 con successivo aumento di produzione di TGF-b2 nell’aorta patologica.

Loss-of-function mutations in TGFB2 cause a syndromic presentation of thoracic aortic aneurysm. Nature Genetics 2012;44:922. Vedi lavoro precedente. In questo lavoro l’analisi con SNP array di 8 famiglie con AAT autosomico dominante e segni clinici della MFS (petto deformato, aracnodattilia, scoliosi e strie cutanee) e della LDS (ipertelorsimo, ugola bifida, valvola aortica bicuspide, tortuosità arteriose, piede torto e cute sottile) ha identificato in due famiglie due diverse delezioni che includevano il gene TGFB2. Il sequenziamento del gene in altri 86 pazienti con aneurisma (34% familiare) negativi per mutazioni FBN1, TGFBR1 e TGFBR2 ha individuato mutazioni (nonsenso, missenso, delezioni) in eterozigosi in 6 pazienti. Vedi Tabella 1 per il confronto fenotipico di mutazioni dei geni FBN1, TGFBR1, TGFBR2, SMAD3 e TGFB2. Il lavoro conferma la sopraregolazione del segnale TGF-b nel tessuto aortico degli affetti e i risultati dello studio del modello di topo con aploinsufficineza Tgfb2.

Sindromi da eccesso di crescita: tre articoli su mosaicismo di mutazioni attivanti di geni del pathway di segnale PI3K-AKT.
Mosaic overgrowth with fibroadipose hyperplasia is caused by somatic activating mutations in PIK3CA. Nature Genetics 2012;44:928. Mutazioni che sregolano la proliferazione e la morte cellulare favorendo la divisione cellulare o riducendo l’apoptosi causano patologie della crescita, inclusi tumori e sindrome da eccesso di crescita. Il pathway del recettore tirosinchinasico (RTK)-PI3K-AKT è coinvolto nella causa non solo dei tumori ma anche di alcune condizioni genetiche, come la s- Cowden segmentale da seconda mutazione somatica del gene PTEN, che è un regolatore negativo PI3K, e come la s. Proteus con una mutazione attivante di AKT1. Nel lavoro mediante sequenziamento esonico di tessuto normale e patologico è stata individuata solo nel tessuto patologico una mutazione, nota come associata a cancro, di PIK3CA, gene che codifica per una subunità del gene PIK3 in una persona con una condizione, sinora non descritta, con iperplasia di tessuto fibroadiposo subcutaneo, muscolare e viscerale e scheletrica. In altri 10 soggetti (età da 1.5 a 49 anni, in 7 l’eccesso di crescita segmentale era congenito) con lo stesso quadro clinico è stata individuata in 9 di essi la stessa mutazione o un’altra mutazione, anch’essa attivante. In nessun caso vi è stato lo sviluppo di cancro. L’identificazione del meccanismo patogenetico può portare a individuare nuove terapie, come il ricorso a farmaci già disponibili, tra cui la rapamicina che agisce sul pathway a valle mTORC1.

De novo germline and postzygotic mutations in AKT3, PIK3R2 and PIK3CA cause a spectrum of related megalencephaly syndromes. Nature Genetics 2012;44:934. Il sequenziamento esonico in 10 soggetti con Megalencefalia-malformazione dei capillari-polimicrogiria (MCAP)(MIM %602501) o Megalencefalia-polimicrogiria-polidattilia-idrocefalia (MPPH)(MIM603787) e in ulteriori 40 pz con megalencefalia ha identificato mutazione in eterozigosi di PIK3R2 in tre fratelli (da mosaicismo germinale di un genitore) dell’unico caso familiare della letteratura o mutazioni postzigotiche negli altri casi di uno dei 3 principali componenti del pathway (PI3K)-AKT: due mutazioni di AKT3, 1 mutazione ricorrente di PIK3R2 in 11 famiglie con MPPH e 15 mutazioni postzigotiche di PIK3CA in 23 pz con MCAP e in 1 pz con MPPH. Il livello di mosaicismo è più basso nel sangue (2-43%) rispetto alle cellule della saliva. Viene sottolineato il ruolo del pathway PI3K-AKT nello sviluppo vascolare, degli arti e del SNC e il potere diagnostico del sequenziamento massivo in parallelo nei casi con eterogenetità genetica e fenotipica e con mosaicismo somatico.

De novo somatic mutations in components of the PI3K-AKT3-mTOR pathway cause hemimegalencephaly. Nature Genetics 2012;44:941. L’emimegalencefalia (HME) è parte di una eterogenea e grave condizione con dilatazione di un emisfero cerebrale con anomalia proliferazione, migrazione e organizzazione neuronale, che può essere isolata o associata a malattie neurocutanee come Ipomelanosi Ito o la s. Proteus. L’analisi esonica e la spettrometria di massa su tessuto cerebrale, asportato chirurgicamente per l’epilessia intrattabile, e su sangue periferico ha consentito di individuare mutazioni de novo nel 30% di 20 casi con HME dei geni PIK3CA, AKT3 e mTOR. Questa condizione è quindi probabilmente geneticamente eterogenea con mutazione con acquisizione di funzione di geni del pathway di segnale (PI3K)-AKT3-mTOR.

Immune abnormalities and autism spectrum disorder. PNAS 2012;109:12263. L’Autismo è frequente malattia neuro-comportamentale frequente (1% dei bambini, ma le statistiche lo dicono in netto aumento, vedi precedenti spigolature) e vi sono evidenze della presenza di anomalie immunitarie nella madre e nel bambino che potrebbero contribuire alla sua patogenesi che si basano su numerose osservazioni: negli affetti vi è un alterato profilo delle citochine nell’encefalo, liquido CR e plasma, aumentato numero e attività delle cellule NK e alterati livelli di Ig, segni di attivazione microgliale postmortem, coinvolgimento di geni di suscettibilità come quelli codificanti recettori di fattori di crescita che quando attivati inducono risposte cellulare mitogeniche, motogeniche e morfogeniche. A questo si aggiungono dati anamnestici e bioumorali materni (frequenza di allergie, infezioni virali come la rosolia)(della serie “è sempre colpa della madre”, ndr). L’articolo oggetto del Commento (Modeling an autism risk factor in mice leads to permanent immune dysregulation. PNAS pg. 12776) vuole, usando un modello animale con fenotipo autismo-simile, verificare se sia documentabile un’alterata funzione immunitaria. Sottoponendo la femmina gravida a un sistema di attivazione immunitaria i figli hanno un fenotipo comportamentale che richiama quello dell’autismo dell’uomo e deficit immunitari (deficit di cellule T regolatorie ) e elevati livelli di citochine (IL-6 and IL-17) che svolgono un ruolo proinfiamatorio nelle malattie autoimmune (sclerosi multipla, artrite reumatoide). Il trapianto di cellule del MO immunologicamente normali reduce l’effetto fenotipico nei topi. Le conclusioni sono che un impegno immunitario durante la vita prenatale determina un’alterazione persistente in epoca postnatale che può favorire o mantenere anomalie comportamentali. In altre parole sembra dimostrato un ruolo infiammatorio nella patogenesi dell’autismo.

ALZHEIMER. Malattia neurodegenerative legata all’età con progressiva perdita della memoria, grave demenza e marker neuropatologici come la deposizione di peptidi β-amiloide (βA) in placche senili e aggregati di proteine tau. Ci sono nel mondo 35 milioni di persone affette, saranno tre volte tanto nel 2050 con una spesa aggiuntiva prevista di mille miliardi di US$ (povero Obama, ndr).
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Clinical and Biomarker Changes in Dominantly Inherited Alzheimer’s Disease. NEJM 2012;367:795. La partenza è buona: malattia molto frequente in una popolazione sempre più anziana (poco si conosce sui processi patologici iniziali che durano anni prima che si manifesti la malattia e sull’evoluzione, e poi il declino cognitivo è lento per cui per sperimentazioni cliniche occorrono molti pz e molto tempo per verificarne l’effetto. L’idea altrettanto buona: studiamo le famiglie con Alzheimer AD in cui l’età di inizio è prevedibile e quindi si possono studiare le anomalie che precedono la clinica (DIAN, che sta per Dominantly Inherited Alzheimer Network- ClinicalTrials.gov number, NCT00869817). Metodo: 128 persone a rischio (genitore affetto con età metà medi di inizio 45.7+/-6.8 anni con trasmissione AD, a mutazione nota=40 PSEN1, 3 PSEN2, and 8 APP) ignari della loro condizione genetica (88 portatori, 40 non portatori), sottoposte annualmente a una serie di analisi cliniche, di neuroimmagini (RM cerebrale volumetrica e PET) e biochimiche sul sangue e sul liquido cefalorachidiano (LCR), per analizzare le variazioni del quadro clinico-laboratorio partendo da una baseline. Risultati: riduzione di concentrazione di beta amiloide nel LCR 25 anni prima dello stimato anno di inizio dei sintomi (stimato in base all’età di inizio nel genitore affetto), deposizione di beta amiloide 15 anni prima, aumento di concentrazione di proteina tau nel LCR e comparsa di atrofia cerebrale 15 anni prima, deficit cognitivo 5 anni prima, demenza e criteri diagnostici soddisfatti 3 anni dopo l’atteso anno di inizio dei sintomi. Note di cautela: studio trasversale non longitudinale, dati da confermare soprattutto per quanto riguarda l’Alzheimer sporadico che è molto più frequente (altrimenti nelle forme AD basterebbe il test genetico, ndr).

Postsynaptic dysfunction is associated with spatial and object recognition memory loss in a natural model of Alzheimer’s disease PNAS 2012;109:13835. I recenti modelli animali, topi transgenici con mutazioni di forme familiari di AD, mostrano che l’accumulo di oligomeri βA solubili e non fibrillari possono provocare anomalie sinaptiche nei primi stati della malattia. Ma non vi sono studi sui modelli animali della maggioranza dei casi che sono sporadici. Ci sono animali che con l’età manifestano segni AD simili, come la cavia, ma non con le caratteristiche neuropatologiche della AD dell’uomo. Viene presentato uno studio su un roditore (ottodonte o degù del Cile) che spontaneamente sviluppa con l’età segni clinici della malattia: accumulo di oligomeri βA solubili e fosforilazione della proteina tau con una disfunzione sinaptica e neurale che correlano bene con il declino della memoria spaziale e del riconoscimento degli oggetti, segni clinici tipici della AD. La conlusione: 1) l’Ottone è un buon modello animale della AD e in cattività vive per 9-10 anni (nello studio i roditori anziani non superavano i 5 anni); 2) i dodecameri del peptide βA (βA*56) probabilmente si associano alle proteine tau e sembrano essere la prima causa della neurotossicità e della disfunzione sinaptica prima della comparsa delle forme fibrillari di βA.

First FDA-approved beta-amyloid diagnostic hits the market. Nature Biotechnology. News 2012;30:575. E’ stato approvato e in commercio in USA il prodotto Amyvid (florbetapir), un tracciante radioattivo che ha superato la fase 3 di sperimentazione che consente mediante PET di dosare il contenuto beta amiloide cerebrale con il 93% sensibilità e il 100% specificità. Un risultato positivo non significa diagnosi di Alzheimer o di demenza perché accumulo di beta-amiloide può essere presente nell’encefalo di anziani senza deficit cognitivo, ma un risultato negativo esclude la diagnosi. Sono in fase 2 o 3 studi di altri traccianti dell’Alzheimer.

Primary or secondary prevention for AD: who cares? Lancet Neurology 2012;11:661. Lettera di commento all’Editoriale del Luglio su Lancet Neurology relativo alla sperimentazione clinica con anticorpo monoclonale anti amiloide (crenezumab) in portatori di una mutazione della Presenilina 1 (PSEN1 E280A) causa di malattia Alzheimer a insorgenza precoce. La lettera è utile perché sottolinea le scarse conoscenze attuali sul meccanismo patogenetico dell’Alzheimer: accumulo di amiloide o ipotesi alternative come il coinvolgimento della proteina Tau? Il successo della sperimentazione clinica favorirebbe l’ipotesi amiloide, ma limitatamente a questa mutazione non alla stragrande maggioranza di pz sporadici.

The Ethics of Early Evidence — Preparing for a Possible Breakthrough in Alzheimer’s Disease. NEJM 2012;367:488. Un grande passo in avanti nella cura dei pazienti può porre problemi etici. Da una ricerca nel topo (Preclinical Success against Alzheimer’s Disease with an Old Drug. NEJM 2012;367:570) risultano effetti strabilianti nella terapia dell’Alzheimer (riduzione >50% delle placche beta-amiloide dopo 72 ore, rilevante miglioramento neurologico, cognitivo, sociale e dell’olfatto), anche se con minori effetti nell’animale anziano, usando un farmaco (bexarotene) approvato per un’altra patologia (forma cutanea del linfoma non-Hodgkin). Problemi: se la famiglia di un pz con Alzheimer in fase terminale chiedesse al curante di prescriverlo off-label anche senza sapere se il risultato verrà confermato da altri? E se fosse provata l’efficacia nei primi pochi pz? Il farmaco ha effetti collaterali e quindi nella prima ipotesi la Perspective è ferma nel sostenere che tale farmaco non vada prescritto. Nella seconda ipotesi invece la scelta è più difficile e pochi sceglierebbero di attendere i risultati di una sperimentazione clinica appropriata. Ma quello che rende la situazione complicata, rispetto a altre terapie off-label è il fatto che l’Alzheimer è molto frequente e quindi la scelta di usare il Bexarotene non sarebbe più limitata al rapporto medico-pz (famiglia) ma avrebbe coinvolgerebbe l’intera società. La FDA, con le terapie anti HIV, ha adottato un sistema flessibile con sperimentazione clinica ma anche terapia open-label (non a doppio cieco). Comunque “It is still extremely premature to believe that an effective treatment for Alzheimer’s disease in humans has been found, but it is not premature to plan for such a possibility” (stemo a vèdere, ndr).

Stopping Alzheimer’s Before It Starts. Science 2012;337:790. Three new clinical trials expected to begin next year will attempt to prevent dementia by treating people at risk for the disease before they develop symptoms. Questa Newsfocus presenta una famiglia con una AD a trasmissione AD a inizio precoce (38-50 anni). In tutto il mondo ci sono 500 famiglie con una forma familiare di AD, e quando c’è la mutazione ci sarà anche la malattia. Nello scorso decennio ci sono state più sperimentazioni terapeutiche, alcune cessata nella loro fase terminale come quella della Pfeizer con bapineuzumab terminata in quanto senza effetto clinico, forse perché iniziate troppo tardi. Sono state pianificate per il 2013 tre nuove sperimentazioni cliniche per la prevenzione, non la cura, dei segni, tutte centrate sull’accumulo di amiloide: una del consorzio Dominantly Inherited Alzheimer Network (DIAN)(vedi sopra NEJM)(240 membri di famiglie con AD precoce, di cui 60 con mutazione di uno dei tre geni noti, tre terapie antiamiloide da definire)(Washington University School of Medicine, St. Louis), una seconda Alzheimer’s Prevention Initiative (API)(300 membri, inclusi 100 portatori di mutazione PSEN1, terapia con Crenezumab- Genentech)(Colombia)(dove la malattia è chiamata “la lobera”, una terza Anti-Amyloid Treatment of Asymptomatic Alzheimer’s (A4)(1500 anziani sani inclusi 500 con accumulo di amiloide alla RM cerebrale, terapia antiamiloide da definire).

Silver Lining in Alzheimer’s Trial? Science 2012;337:1026. Una delle terapie proposte, l’uso di un anticorpo dell’amiloide (solanezumab della Eli Lilly &Co), che sembrava non rallentare il declino cognitivo in due sperimentazioni con più di 2000 persone con Alzheimer di media entità, ora alla lunga sembra avere qualche effetto. Per questo i pz sono ora in una nuova sperimentazione tipo open-label con tale farmaco.

Liver X receptor β protects dopaminergic neurons in a mouse model of Parkinson disease. PNAS 2012;109:13112. M. Parkinson, frequente e progressive m. neurodegenerative caratterizzata da micro- e astrogliosi, degenerazione dei neuroni dopaminergici, presenza di corpi Lewy e accumulo di α-synucleina nella sostanza nigra. La terapia attuale ne allevia i segni progressione ma non blocca la progressione e a lungo andare comporta importanti effetti collaterali. Le cause sono non note. A parte alcune rare forme monogeniche, si ritiene vi sia una componente genetica associata a fattori tossici infiammatori con produzione di molecole neurotossiche (il controlli dell’infiammazione è attualmente un bersaglio terapeutico) e una disfunzione mitocondriale. Esiste un modello animale sperimentale di Parkinson con l’uso di una sostanza (1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina)(MPTP), che penetra selettivamente nei neuroni dopaminergici (coinvolti nella PD) dove inibisce il complesso I mitocondriale (http://limpe.it/2004/poster/pag%5B1%5D.%208.pdf) producendo anomalie biochimiche e istopatologiche parkinson-simile. Gli AA hanno verificato nel modello animale l’effetto di agonisti di recettori, membri della superfamiglia di fattori di trascrizione ligando-attivati, Liver X receptors (XRβ), che svolgono un ruolo essenziale nel topo nel mantenimento dei motoneuroni spinali e dei neuroni dopaminergici della sostanza nigra. Nel topo XRβ -/- il trattamento con MPTP ha provocato un danno significativamente maggiore rispetto ai controlli dei neuroni dopaminergici della sostanza nigra con gravi alterazioni della microglia e degli astrociti. La somministrazione di agonisti XRβ nei topi wild type trattati con MPTP ha avuto un rilevante effetto protettivo. Una possibile terapia quindi per il Parkinson.

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Epigenetic mechanisms in neurological disease. Nature Medicine 2012;18:1194. Review sulla “epigenetica neurologica”. L’ontogenesi cerebrale dipende in buona misura dal rimodellamento cromatinico e dalla corretta localizzazione dei marcatori epigenetici. Decine di sindromi neurologiche riguardano geni che codificano DNA metiltrasferasi e enzimi modificatori istonici o le loro proteine “lettrici” (da ATRX, alla Rubinstein-Taybi, alla s. Kleefstra, s. Sotos, s. Coffin-Lowry, s. Rett e altre). Ma anche per alcune malattie neurodegenerative dell’adulto a lenta evoluzione vi sono evidenze dell’importante ruolo svolto dai meccanismi epigenetici nella loro evoluzione, dal Alzheimer, al Parkinson alla c. Huntington. Questo è rilevante per la comprensione della fisiopatologia di queste frequenti patologie che ci affliggono, ma anche perché questo conoscenze potrebbero portare all’individuazione di nuove terapie (vedi ad es. The sirtuin SIRT6 regulates lifespan in male mice Nature 2012;483:218, citato nelle spigolature del Marzo 2012; An epigenetic blockade of cognitive functions in the neurodegenerating brain. Nature 2012;483:222, citato negli articoli di interesse sempre del Marzo 2012). Interessante nella Review anche la Table 2 “Chromatin-modifying drugs as potential therapies for neurological disease”, con 8 diversi possibili farmaci. Come sempre queste review: ottima.

Fingolimod, a sphingosine-1 phosphate receptor modulator, increases BDNF levels and improves symptoms of a mouse model of Rett syndrome PNAS 2012;109:14230. Il fattore neutrofico di derivazione cerebrale (BDNF) è un fattore di crescita presente nel SNC e è necessario per la funzione cerebrale post-natale. L’uso di questo neuroprotettore o di un suo agonista, (tropomiosina chinasi B, TrkB) recettore che media gli effetti trofici di BDNF è stato applicato nei modelli animali di Alzheimer. Nel topo con delezione Mecp2, un gene mutato frequentemente nella sindrome Rett (grave e progressiva malattia neurologica)MIM #312750), manca il significativo aumento di BNDF postnatale e è quindi un buon modello per testare sostanze che ne aumentino i livelli e per verificare se questo comporta miglioramenti fenotipici-comportamentali. E’ stato usato un farmaco (Fingolimod) che passa la barriera emato-encefalica, già approvato per la terapia delle ricadute della sclerosi multipla con effetto immunologico cellulare, che attiva il pathway MAPK in culture di astrociti e oligodendrociti, per verificare se la sua somministrazione aumenti i livelli di BDNF e se ha effetto positivo sui sintomi del topo con delezione Mecp2. Nei topi mutati trattati è stato osservato un incremento dei livelli di BDNF dello striato tramite il pathway MAPK, un aumento del suo volume e una migliore attività locomotoria dell’animale. Oltre agli altri effetti che questo farmaco ha sembra quindi che acceleri in generale la riparazione neuronale e migliori la funzione del SNC in malattie con bassi livelli di BNNF.

Atp6v0a4 knockout mouse is a model of distal renal tubular acidosis with hearing loss, with additional extrarenal phenotype PNAS 2012;109:13775. La regolazione fine dell’equilibrio acido-base, essenziale per le funzioni metaboliche dell’organismo, è mantenuta dal rene con il riassorbimento dei bicarbonati nel tubulo prossimale e una combinazione di escrezione di acidi e di generazione di bicarbonato nel nefrone distale. L’acidosi tubulare renale può essere prossimale o distale. La RTA distale (RTAd) è caratterizzata da acidosi metabolica, alcalinità inappropriata delle urine, ipopotassemia, ipercalciuria, ipocitraturia e nefrocalcinosi; può essere una malattia acquisita (autoimmune, s. Sjögren) o monogenica: AD meno grave della recessiva da mutazione SLC4A1AD, la recessiva (rdRTA) è precoce, grave associata a deficit di crescita e rachitismo e talora a ipoacusia NS da mutazione di ATP6V1B1 o ATP6V0A4. I topi Atp6v1b1-/- non hanno acidosi né sordità, mentre quelli Atp6v0a4-/- hanno un fenotipo simile a quello umano, con grave sordità, ridotto odorato e non sopravvivono senza terapia alcalinizzante, che può essere sospesa dopo lo svezzamento, anche se il topo rimane in acidosi con urine alcaline. Gli Hz (Atp6v0a4+/-) sono normali ma sotto carico acido vanno più facilmente in acidosi rispetto ai Atp6v0a4wt. Questo è un buon modello animale per la comprensione dei complessi meccanismi di regolazione acido-basica a livello renale.

A microRNA network regulates expression and biosynthesis of wild-type and ΔF508 mutant cystic fibrosis transmembrane conductance regulator. PNAS 2012;109:13362. La produzione di proteine funzionali richiede un processo a tappe multiple, con trascrizione genica e modificazioni post-traduzione in cui hanno un ruolo per oltre il 60% dei geni anche microRNA (piccoli RNA non codificanti). La FC è una malattia frequente di cui si conosce il gene (CFTR) da decenni, ma è ancora poco conosciuto come questa proteina sia regolata. E’ stato identificato un miRNA (miRNA-138) che è altamente espresso nelle colture di epitelio respiratorio umano e che regola l’espressione di CFTR; nelle colture trattate con questo miRNA si osserva un aumenta del prodotto CFTR, il cui prodotto aumenta dopo trattamento con tale miRNA che determina anche un aumento della permeabilità transepiteliale Cl-. L’uso di miR-138 anti-miR ottiene l’effetto opposto. La manipolazione del network miRNA se è presente la più frequente mutazione nell’uomo di CFTR, la ΔF508 che determina un misfolding della proteina e causa un grave fenotipo, migliora la biosintesi di CFTR-ΔF508 e migliora il trasporto di cloro dell’epitelio delle vie aeree con la mutazione in omozigosi. Lo spunto per una nuova terapia.

Bodywide skipping of exons 45–55 in dystrophic mdx52 mice by systemic antisense delivery. PNAS 2012;109:13763. La m. Duchenne (DMD), la più comune distrofia muscolare, è dovuta in buona parte dei casi a una delezione frameshift o a una mutazione nonsenso del gene. Una forma clinicamente più lieve (m. Becker –BMD- è dovuta a una delezione in-frame dello stesso gene che consente una discreta espressione della proteina troncata di una parte intermedia. La terapia promettente è l’uso di oligonucleotidi antisenso che cambiano il pattern di splicing (AO)(vedi sono in corso sperimentazioni cliniche, vedi Giugno Settembre 2011 Lancet 2011;378:595/546. Exon-skipping therapy for Duchenne muscular dystrophy, citato nella selezione di articoli del Giugno-Settembre 2011), ma che pone problemi tecnici non indifferenti.
Una soluzione potrebbe essere quella di indurre uno skipping degli esoni 45-55, che includono una buona parte di sedi mutazionali (63% dei pz DMD con delezione), perché sappiamo che la delezione degli esoni 45.55 clinicamente è lieve o asintomatica (geniale! Ndr). Nel lavoro la somministrazione via IM o sistemica di una miscela di sequenze di oligomeri phosphorodiamidate morpholino (PMO) in topi Duchenne da delezione dell’esone 52 del gene (mdx52) ha indotto uno skipping dei 10 esoni, una generalizzata espressione di distrofia a livello del sarcolemma dei muscoli scheletrici, un miglioramento istopatologico e della forza muscolare senza alcun effetto tossico.

Animal models of multiple sclerosis: the good, the bad and the bottom line. Nature Neuroscience 2012;15:1072. Ottima Perspective sulla sclerosi multipla, una malattia infiammatoria demielinizzante del sistema nervosa centrale, nota da almeno 50 anni (forse da 500),
(http://ms-society.ie/pages/historical-overview/), sporadica, ritenuta da cause ambientali maldefinite con una altrettanto maldefinita base genetica. E’ frequente (2.5 milioni di persone affette al mondo), ha inizio tra i 20 e i 30 anni, interessa prevalentemente il sesso femminile (60-70%), è una patologia cronica con anche lunghe remissioni, a decorso imprevedibile ma comunque con grave compromissione dello stato di salute e con un peso economico e sociale non indifferente. Di nuovo sono stati identificati alcuni fattori ambientali (carenza vitamina D, infezione da virus Epstein-Barr), genetici (mediante studi di associazione dell’intero genoma) che sottolineano il ruolo di fattori immunitari, come altre patologie infiammatorie organo specifiche (artrite reumatoide, malattia infiammatoria intestinale) e utili indicazioni terapeutiche di prima e seconda scelta. Ottima la tabella degli stadi clinici con clinica, patogenesi e terapia. Patologia tipicamente umana, non vi sono malattie spontanee simili in altre specie. Il modello animale è stato ottenuto per caso con una encefalomielite autoimmune sperimentale nelle scimmie, ratti e topi. Buon modello per la comprensione dei meccanismi patogenetici ma poco utile per verificare eventuali terapie. Vi sono altri modelli animali e varie ricerche in corso, ma la complessità delle interazioni tra i vari i meccanismi patologici, che interessano l’infiammazione, l’immunità, la demielinizzazione e la mielinizzazione rendono tuttora difficile la comprensione del loro ruolo soprattutto nella progressione della malattia.

TNF receptor 1 genetic risk mirrors outcome of anti-TNF therapy in multiple sclerosis. Nature 2012;488:508. L’analisi con GWAS di ricerca di loci associati a MS ha indicato un locus associato; (TNFRSF1A), che codifica per il recettore 1 del fattore di necrosi tumorale (TNFR1), non segnalato da analisi di altre malattie autoimmunitarie. In questo lavoro è stato studiato un SNP del gene, tramite studi funzionali questo allele esprime una nuova forma solubile di TNFR1 che può bloccare il Fattore di necrosi umorale (TNF). Questo è in accordo che l’esperienza che l’uso di farmaci TNF-antagonisti, usati per altre malattie autoimmuni, può promuovere o esarcerbare la MS. Gli AA concludono che l’analisi GWAS potrebbe in alcuni casi suggerire la scelta terapeutica più appropriata per le comuni malattie.

Mutations in the profilin 1 gene cause familial amyotrophic lateral sclerosis. Nature 2012;488:499 ). Malattia neurodegenerativa a esordio tardivo con circa 10% dei casi familiari a trasmissione AD (molto rara la AR) geneticamente molto eterogenea (quasi 20 malattie, con 20% da mutazione SOD1). Nel 50% dei casi la causa rimane sconosciuta. Il sequenziamento esonico in 2 famiglie con più affetti da ALS ha identificato due diverse mutazioni del gene Profilina 1 (PFN1) che svolge un ruolo cruciale nella conversione della actina (G) monomerica alla actina filamentosa (F)(le actine sono microfilamenti intracellulari). L’estensione a altri pz con ALS familiare ha consentito di identificare diverse mutazione in 5 famiglie su 272. Questa osservazione documenta il contributo delle anomalie del citoscheletro nella patogenesi di ALS.

ExomeCapture Reveals ZNF423 and CEP164 Mutations, Linking Renal Ciliopathies to DNA Damage Response Signaling. Cell 2012;150:533. La Nefronoftisi (NPHP) è le più frequente causa monogenica (AR) di patologia cistica renale che porta a insufficienza terminale dell’organo sotto i 30 anni. Le ciliopatie con NPHP (NPHP-RC) sono diverse malattie genetiche AR (NPHP da 1 a 13)(vedi per sintesi MIM #216500) con interessamento renale, retinico, cerebrale e epatico a insorgenza prenatale o con degenerazione dell’organo con fibrosi nell’adulto. I prodotti genici sono espressi a livello delle cilia primarie, del loro corpo basale, del centrosoma e del fuso mitotico (vedi review su NEJM 2011;364:1533) caratterizzandole come ciliopatie retino-renali. Ma nel 50% dei casi di NPHP-RC la causa non viene riconosciuta (vedi anche CEP41 is mutated in Joubert syndrome and is required for tubulin glutamylation at the cilium. Nat Genetics 2012;44:193 e Evolutionarily Assembled cis-Regulatory Module at a Human Ciliopathy Locus. Science 2012;335:966)(segnalati negli articoli del Febbraio 2012). Usando la mappatura per omozigosi e il sequenziamento esonico in famiglie con NPHP-RC sono state identificate mutazioni in 3 diversi geni, MRE11 (1 famiglia, fenotipo con degenerazione cerebellare), ZNF423 (3 famiglie, s. Joubert) e CEP164 (4 famiglie su 856 con NPHP, variabile da grave s. Meckel a lieve) che portano a concludere per il coinvolgimento di un nuovo pathway di segnale (DNA Damage Response)(DDR) nella patogenesi di NPHP-RC. Il knockdown di CEP164 o di ZNF423 determina particolare sensibilità cellulare a agenti che producono danni del DNA e che il knockdown di cep164 nello zebrafish sregola il pathway DDR e causa un fenotipo NPHP-RC simile.
In conclusione: il coinvolgimento del pathway DDR con alterato controllo del checkpoint del ciclio cellulare può spiegare alcuni segni clinici delle NPHP-NC compresi i segni di degenerazione e prematuro invecchiamento di organi diversi.

Mutation of plasma membrane Ca2+ ATPase isoform 3 in a family with X-linked congenital cerebellar ataxia impairs Ca2+ homeostasis. PNAS early edition 2012 /10.1073/pnas.1207488109. Ginevra Zannini (primo autore) e altri gruppi di ricerca italiani e tedeschi pubblicano un lavoro in una famiglia con due maschi affetti da atassia congenita XL non progressiva e senza deficit intellettivo (AJMG 2000;92:53), in cui è stata trovata una mutazione del gene PMCA3, che fa parte della famiglia delle Ca2+ATPasi, pompe di membrana che regolano il flusso di membrana del calcio. La mutazione, missenso, è stata identificata con sequenziamento esonico. La regolazione dello ione calcio è cruciale per lo sviluppo, funzione e sopravvivenza dei neuroni che a riposo hanno livelli di calcio libero 4 volte meno del medium esterno. Il gene PMCA3, che codifica tre isoforme, è altamente espresso nel cervelletto, soprattutto nei terminali presinaptici delle fibre parallele delle cellule Pukinje. La mutazione in cellule HeLa provoca una ridotta capacità di estrusione del calcio dalla cellule e quindi un alterato controllo della sua omeostasi.

Autistic-like behaviour and cerebellar dysfunction in Purkinje cell Tsc1 mutant mice. Nature 2012;488:647. Il coinvolgimento cerebellare nell’autismo, secondo recenti ricerche, è documentato da perdita di cellule Purkinje studi postmortem e dal fatto che danni cerebellari isolati sono associati a tale patologia neurocomportamentale. Nella Sclerosi tuberosa, malattia AD da mutazione di uno dei due geni noti (TSC1 o TSC2) i cui prodotti regolano negativamente mTOR (mammalian target of rapamicin), vi possono essere lesioni cerebellari che sembrano correlate con la sintomatologia autistica. Gli autori studiano un modello murino di TSC1 in cui inducono una delezione di Tsc1 nelle cellule Purkinje; il risultato è una normale architettura cerebellare con una netta riduzione del numero delle cellule Purkinje e con anomalie assonali con inizio dal 2° mese di vita extrauterina. Il topo in eterozigosi o omozigosi per delezione TSC1 nelle cellule Purkinje ha comportamenti autistici, ma se lo si tratta con rapamicina, inibitore mTOR, se ne prevengono le anomalie cerebellari e i comportamenti autistici.

Astrocyte dysfunction triggers neurodegeneration in a lysosomal storage disorder. PNAS 2012;109:e2334. Un altro gruppo italiano (A. Ballabio) ha studiato il meccanismo patogenetico del difetto multiplo di solfatasi (MSD)(MIM #607939), malattia lisomiale da accumulo dovuta a mutazione del gene SUMF1 (sulfatase modifying factor 1), il cui prodotto è necessario per il turnover e la degradazione dei composti fosfati. Nel topo con delezione del gene (Sumf1−/−) negli astrociti vi è un grave accumulo lisosomiale che da solo è in grado di causare degenerazione dei neuroni corticali. La delezione del gene anche nei neuroni e nella glia provoca una diffusa neurodegenerazione associata a una neuroinfiammazione. Interessante il confronto del fenotipo comportamentale dei topi con delezione del gene solo negli astrociti e dei topi con delezione anche nei neuroni, che mette in evidenza un fenotipo correlato alla sola disfunzione astrocitaria. Questi dati potrebbero essere utili per future strategie terapeutiche.

Reproductive Technologies and the Risk of Birth Defects. NEJM 2012;367:874. Lettere di commento/puntualizzazione all’articolo su un fascicolo precedente (Reproductive technologies and the risk of birth defects. NEJM 2012;366:1803) sui rischi della riproduzione assistita in cui si era concluso (vedi Articoli di interesse del Maggio 2012) che non vi è incremento di rischio di figli con difetti congeniti per la fecondazione in vitro, qualche rischio per l’ICSI. L’infertilità da sola, comunque, anche senza PMA è significativamente associata a difetti congeniti.

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