mercoledì 31 ottobre 2012

Spigolature Genetica Clinica Umana/Ott 2012. R. Tenconi


Raccolta e brevi commenti di articoli di Genetica Medica e Umana e di interesse generale del mese di Ottobre 2012 che hanno attirato la mia attenzione o curiosità, pubblicati nelle seguenti riviste: Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Medicine, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science, Cell.

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Long-term effects of adolescent-onset and persistent use of cannabis PNAS 2012;109:15970. Premessa: in USA il 56% è d’accordo per l’uso di mariuana a scopo ricreativo (il 70% per uso medico) (http://healthland.time.com/2012/06/14). Negli ultimi anni il 22% dei liceali la usava, ora tale proporzione è del 40% con una riduzione della percezione del rischio da uso regolare dall’80% al 40% (http://monitoringthefuture.org). E 1 liceale su 15 fuma mariuana quotidianamente e l’80% dei consumatori regolari sono maschi (http://www.sampler.isr.umich.edu/2012/research/marijuana). Allora vediamo “l’effetto che fa”, sulla base delle più recenti ricerche. Il lavoro (Persistent cannabis users show neuropsychological decline from childhood to midlife. PNAS 2012;109:e2657) di cui parla il commento riguarda il follow-up di 38 anni iniziato nel 1972 in una coorte di 1037 nati per studiare lo sviluppo e lo stato di salute e ha portato a un’imponente produzione scientifica (più di 100 lavori, di cui 27 riguardanti l’uso della mariuana)(http://dunedinstudy.otago.ac.nz/publications). Le conclusioni sono drammatiche: l’uso persistente della mariuana è associato a un declino neurofisiologico interessante soprattutto le funzioni cognitive (riduzione media di 8 punti di QI) e tale declino riguarda prevalentemente coloro che hanno cominciato da adolescenti, con una correlazione positiva con l’uso persistente di questa droga. Lavori precedenti (alcuni con punti deboli di campionamento) sostenevano che l’uso comporta un declino solo di alcune funzioni cognitive, e che è comunque reversibile con l’astinenza. Nel lavoro su precisato il declino dipende dal grado di esposizione: coloro che hanno cominciato da adolescenti e che hanno proseguito continuativamente per almeno 20 anni. Se fosse così la rilevante proporzione, probabilmente in aumento nei prossimi anni, di adolescenti consumatori i danni avranno un andamento da epidemia. Il problema di sospendere l’uso della mariuana è in comune con quello di altre sostanze legali (alcool, tabacco) o illegali, serve poco scrivere “Il fumo uccide”, come sappiamo. Occorre prevenirne il consumo con l’informazione e interventi diretti soprattutto sui tredicenni.

Epigenetica
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Vi ricordate nel Novembre 2010 il commento (What makes a queen bee? Nature 2010;468:348) di un articolo che ho fatto girare (PLoS Biol. 8, e1000506 (2010), in cui si dimostrava che quello che fa di un ape una regina è il pattern di metilazione di almeno 550 geni, gran parte dei quali coinvolti in attività cellulari essenziali come il metabolismo e la sintesi di RNA e che la metilazione influenza il processo di splicing generando quindi differenti prodotti genici? Ora è stato pubblicato un commento (Changing behavior with epigenetics. Nature Neuroscience 2012;15:1329) di un articolo sullo stesso fascicolo (Reversible switching between epigenetic states in honeybee behavioral subcastes. Pg. 1371) sullo stesso argomento con nuovi dati. L’ape che diventerà regina è nutrita quando ancora è larva con pappa reale, gelatina che le giovani api operaie secernono da alcune ghiandole dette ipofaringee. L’ape regina è l’unica fertile, le operaie sono di due tipi: quelle che nutrono altre api (nutrici) e quelle che escono a raccogliere il cibo (foraggiatrici). Quindi il diverso fenotipi tra operaie e regine è dovuto a fattori ambientali e molto probabilmente a fattori epigenetici. Nel lavoro con sequenziamento genomico con il bisolfito e l’analisi di metilazione high-throughput si dimostra che non ci sono differenze di metilazione del DNA (150 regioni metilate diverse) tra operaie e regine, mentre ce ne sono tra le nutrici e le foraggiatrici. Mentre il ruolo della regina non è modificabile, lo è invece quello delle operaie, che è dovuto a una diversa metilazione di DNA. In conclusione il comportamento delle api non è dovuto a sequenze di DNA ma piuttosto a una modulazione epigenetica (molto interessante, forse vale anche per l’uomo E che potrebbe spiegare l’insuccesso del NGS nell’identificazione delle patologie psichiatriche o cognitive, ndr).

Tolerating pregnancy. Nature 2012;190:47. Commento di una lettera (Pregnancy imprints regulatory memory that sustains anergy to fetal antigen. Pg. 102). L’attività di alcune specifiche cellule immunitarie soppressive, alcune delle quali rimangono favorendo le successive gravidanze, favorisce la tolleranza del sistema immunitario femminile per gli antigeni fetali di origine paterna.
Vedi anche Inducing Tolerance to Pregnancy. Clinical implications of basic research. NEJM 2012;367:1159 commentato nelle spigolature del Settembre scorso.

Vedi per l’argomento Spigolature del Settembre scorso (Small-Molecule Inhibition of BRDT for Male Contraception. Cell 2012:150:673): in sintesi, dice l’articolo, nel topo l’uso di un inibitore del prodotto del gene BRDT (Bromodomain testis-specific protein), JQ1, che regola la trascrizione e essenziale per il rimodellamento cromatinico nella spermatogenesi, ha un effetto contraccettivo reversibile senza alcun effetto ormonale e senza interferire con la copula. Ora c’è il parere di 3 esperti (Community Corner): Parsing the potential of a new male contraceptive. Nature Medicine 2012;10:1466): 1° esperto: i pathway coinvolti interessano proteine altamente conservate, quindi rimane da verificare, prima di passare all’uomo, l’effetto e gli effetti collaterali nei primati non umani. 2°: l’articolo ha fatto molto rumore nei media, ma il suo uso è del tutto prematuro. Tutte le proposte ormonali sono state abbandonate e anche quelle non ormonali (Gossypolo)(estratto dai semi di cotone, naturale riduttore della fertilità degli insetti, e usato anche nell’uomo in Cina negli anni ’70 sembra con riduzione effettiva della fertilità, ma con gravi effetti collaterali sul metabolismo del potassio e sulla parziale reversibilità)
(http://malecontraceptives.org/methods/gossypol.php). Nel topo JQ1 causa riduzione al 41% del volume testicolare, mantenendo forse (ma viene criticato il piccolo campione di topi studiati) la fertilità. Nell’uomo questa riduzione sarebbe mal tollerata e la terapia sospesa. 3°: buoni risultati che indirizzano la ricerca nell’identificazione di farmaci contraccettivi per il maschio, nulla più.

Reinventing the Pill: Male Birth Control. Science 2012;338:318. Researchers tinkering with cancer drugs and related molecules have found reversible ways of altering sperm; now they need to secure money and regulatory support for drug testing. Negli anni ’50 un farmaco, WIN 18,446, usato in maschi delle prigioni americane sembrava funzionare bene come anticoncezionale maschile perché riduceva fortemente la produzione di spermatozoi in prigionieri. Applicato alla popolazione generale produceva sintomi quali vomito, cefalea e visione offuscata. Poi si è scoperto che va poco d’accordo con l’assunzione di alcool. Da allora vari tentativi di provare anticoncezionali maschili (vedi anche sopra). Successive ricerche hanno meglio focalizzato l’azione di WIN 18,446 sulla spermatogenesi e sull’effetto dell’alcool, che coinvolge l’acido retinoico, via metabolica che potrebbe essere quella giusta. Il lavoro cita poi il lavoro su JQ1 e sui risultati ottenuti. Un altro prodotto, H2-gamendazole, che deriva da un vecchio antitumorale, sembra agire in poche settimane e è reversibile. E così per altri prodotti. I ricercatori sono ottimisti che nel prossimo futuro si troverà la “pillola per maschi” sicura e efficace.

ALZHEIMER. Dalla fisiopatologia alla terapia.
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The bad guy of Alzheimer’s disease might be a good guy under other circumstances — in a mouse model of multiple sclerosis. Sintesi di un commento e di due articoli: Two sides to β-amyloid. Research Highlights. Nature Reviews Neuroscience 2012 October. Reversal of paralysis and reduced inflammation from peripheral administration of β-amyloid in TH1 and TH17 versions of experimental autoimmune encephalomyelitis. Sci. Transl. Med. 2012;4:145ra10; β-amyloid: enemy or remedy? Sci. Transl. Med. 2012;4:145fs24). Buona parte delle terapie sinora sperimentate nell’Alzheimer cercano di ridurre o bloccare le placche di beta-amiloide che si formano nel SNC. Il suo precursore (amyloid precursor protein)(APP) nella Sclerosi multipla si accumula nelle lesioni cerebrali e una sua isoforma Aβ42 è sovraregolata nelle aree danneggiate. L’iniezione intraperitoneale nel modello animale (topo in cui è stata prodotta una encefalomielite autoimmune)(vedi Animal models of multiple sclerosis: the good, the bad and the bottom line. Nature Neuroscience 2012;15:1072)(Articoli di interesse Agosto 2012) di una delle due isoforme (Aβ40 o Aβ42) inaspettatamente induce un miglioramento con riduzione della paralisi e dell’infiammazione del SNC e del sistema linfatico. In più topi che mancano di APP, quindi senza β-amiloide, hanno un fenotipo molto più grave se si provoca un’encefalomielite autoimmunitaria. Sembra che le cellule CD4+ T, che sono le cellule coinvolte nel processo neuroinfiammatorio e nella Sclerosi multipla, abbiano un ruolo in questo meccanismo. Vari esperimenti nel topo portano a concludere che tali cellule hanno un ruolo nei processi patologici di questa condizione. Quindi si conferma che il trattamento con beta-amiloide riduce i danni nel modello animale di Sclerosi multipla. Questo non significa che è stata trovata una terapia per questa malattia, ma uno stimolo a conoscere meglio il ruolo di questa proteina nella Sclerosi multipla e nell’Alzheimer.

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A translational block. Research higlights. Nature Medicine 2012;10:1472. Commento di un articolo (JNK3 Perpetuates Metabolic Stress Induced by Aβ Peptides. Neuron 2012;75:824) in cui si analizza il ruolo patogenetico di beta-amiloide nell’Alzheimer. Lo studio fornisce dati che parlano di un blocco di traduzione determinato dall’amiloide Aβ42. I peptidi beta amiloide in colture di neuroni attivano la proteinchinasi AMP-attivata che porta all’inibizione del pathway mTOR (mammalian target of rapamycin pathway). Il blocco comporta l’attivazione a sua volta di un’altra chinasi, c-Jun N-terminal kinase 3 (JNK3) che fosforila il precursore della proteina amiloide (APP) in uno specifico sito (Thr668) promuovendo la sua endocitosi e la trasformazione da APP a peptidi beta-amiloide. Così l’attivazione di JNK3, che è aumentato nei pz con la forma AD di Alzheimer e nel modello animale familiare di tale malattia (topo), perpetua la produzione di Aβ42. La delezione di JNK3 nel topo con la forma familiare riduce drammaticamente i livelli di tale peptide e dei depositi di placche, aumenta il numero di neuroni e migliora l’apprendimento. La malattia metabolica è quindi sotto stretto controllo di JNK3. E’ quindi un potenziale bersaglio per la terapia.

Arc illuminates Alzheimer’s pathophysiology. News and Views. Nature Neuroscience 2012;15:1323. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Orchestrated experience-driven Arc responses are disrupted in a mouse model of Alzheimer’s disease. Nature Neuroscience pg 1422. Il gene Arc (activity-regulated cytoskeleton-associated protein) media la plasticità sinaptica e la memoria a lungo termine. Il topo knockout di Arc ha difetto di memoria a lungo ma non difetti a breve termine. E’ controverso se ne sia alterata la regolazione nell’Alzheimer e in particolare in relazione all’accumulo di beta amiloide cerebrale. Le alterazioni patologiche dell’Alzheimer alterano la funzione del network neuronale. Nel modello animale (topo) di Alzheimer si dimostra un’alterata la risposta neuronale a riesposizione a stimoli visivi prevalentemente nell’area immediatamente intorno alle singole placche.

Clinical stratification of subtypes of Alzheimer’s disease. Lancet Neurology 2012;11:839. Per l’Alzheimer vi sono sottotipi clinici e neuropatologici, ma nell’analisi clinico-patologica delle sperimentazioni cliniche la si considera un’unica malattia. E’ auspicabile quindi una miglior stratificazione dei pazienti negli stadi precoci per conoscerne la prognosi e l’efficacia dei farmaci usati. Sono riconoscibili infatti almeno 3 sottotipi in base alla presentazione clinica, al genotipo (es. genotipi MAPT-microtubule-associated protein tau- H1/H2) e all’atrofia cerebrale che potrebbero differenziarsi per storia naturale e per risposta a farmaci, rendendo quindi più agevole la conclusione della loro efficacia.

Long-term use of standardised ginkgo biloba extract for the prevention of Alzheimer’s disease (GuidAge): a randomized placebo-controlled trial. Lancet Neurology  2012;11:851. Studio doppio cieco di 2854 soggetti di 70 o più anni che si erano rivolti al curante per perdita di memoria, con somministrazione 1:1 di 120 mg/die di estratto standardizzato di ginkgo biloba (EGb761) o placebo (ClinicalTrials.gov, number NCT00276510). Dopo 5 anni la conclusione: (la troverete alla fine del documento, indovinate).

Levetiracetam suppresses neuronal network dysfunction and reverses synaptic and cognitive deficits in an Alzheimer’s disease model. PNAS 6 August 2012:e2895.

Relapse Risk after Discontinuation of Risperidone in Alzheimer’s Disease. NEJM 2012;367:1497. Un sintomo comune nell’Alzheimer è costituito da una patologia psicotica e aggressività, in parte controllabile con farmaci specifici, che però hanno effetto collaterali anche gravi (sedazione, segni extrapiramidali, discinesia, sovrappeso e sindrome metabolica). Per questo la terapia non può essere prolungata e non è nota la probabilità, dopo sospensione della terapia, di ricaduta. La sperimentazione ha riguardato 110 pz con Alzheimer e con segni psicotici che hanno risposto a terapia con Risperidone per 16 settimane. Nella seconda fase di randomizzazione sono stati fatti tre gruppi: 1° è stata hanno proseguita la terapia per altre 32 settimane, 2° la terapia è proseguita solo per 16 settimane e poi sostituita con placebo per altre 16 settimane, 3° l’antipsicotico è stato sostituita con placebo per l’intero periodo di 32 settimane. Nelle prime 16 settimane la ricaduta è stata del 60% dei pz del gruppo 3° e del 33% negli altri due gruppi (P 0.02); nelle successive 16 settimane la ricaduta nel 2° gruppo (senza più Risperidone) è stata del 48% mentre nel 1° gruppo (che ha continuato con il farmaco) del 15% (P 0.02). Pur con la limitazione dei relativi piccoli numeri c’è rischio. Va valutato caso per caso se continuare o no (da notare l’ottima metodologia adottata, ndr).

TERAPIA (per Alzheimer vedi sopra). I medici sono persone che prescrivono medicine di cui sanno poco, che curano malattie di cui conoscono anche meno, per esseri umani di cui conoscono nulla (François Marie Arouet-Voltaire, 1694-1798)(qualcosa è cambiato però da allora, grazie alla scienza, ma forse tra 100 anni penseranno così anche di noi, ndr).

Calcium entry induces mitochondrial oxidant stress in vagal neurons at risk in Parkinson’s disease. Nature Neuroscience 2012;15:1414. Lo stress ossidativo mitocondriale ha un ruolo critico nella patogenesi delle malattie neurodegenerative, come il Parkinson. Non è chiaro come si produca. Il lavoro verifica con modelli animali l’ipotesi di un meccanismo comune alla base dello stress ossidativo con la possibilità di una terapia specifica.

Neuroprotective efficacy of aminopropyl carbazoles in a mouse model of amyotrophic lateral sclerosis. PNAS 2012;109:17016. In topi con elevate apoptosi neuronale del giro dentato (parte del sistema limbico coinvolto nella formazione di nuove tracce mnemoniche) la prolungata somministrazione di aminopropilcarbazolo (P7C3), una sostanza proneruogenica e neuroprotettiva, ricostruisce la struttura e la funzione dell’ippocampo senza effetti collaterali. Nei ratti rallenta i processi cerebrali di invecchiamento. Due lavori riportano nel modello animale di due diverse malattie gli effetti neuroprotettivi di P7C3 o analogo (P7C3A20). Nel Parkinson (Neuroprotective efficacy of aminopropyl carbazoles in a mouse model of Parkinson disease. PNAS 2012;109:1710) e nella Sclerosi Laterale Amiotrofica (Neuroprotective efficacy of aminopropylcarbazoles in a mouse model of amyotrophic lateral sclerosis (PNAS 2012;109:17016). Nel modello del Parkinson della C. elegans ambedue le sostanze impediscono la perdita di neuroni dopaminergici e migliorano la mobilità.

Neuroprotective efficacy of aminopropyl carbazoles in a mouse model of Parkinson disease. PNAS 2012;109:17010. We propose that the chemical scaffold represented by P7C3 and P7C3A20 provides a basis for optimizing and advancing pharmacologic agents for the treatment of patients with PD

A call for transparent reporting to optimize the predictive value of preclinical research. Nature 2012;490:187. Il National Institute of Neurological Disorders and Stroke USA in Giugno 2012 ha convocato una riunione per discutere come descrivere la metodologia e i risultati di progetti in cui si usano animali di laboratorio nella richiesta di finanziamenti e nelle pubblicazioni. Le raccomandazioni sono: va precisato il numero di animali che vengono studiati, se e come vengono randomizzati, se il ricercatore sa o meno quale animale è trattato e l’elaborazione dei dati. Questo per una migliore progresso scientifico.

SGLT2 inhibitors race to enter type-2 diabetes market. Nature Biotechnology 2012;30:899.  Un chimico francese nel 1835 ha isolato dalla radice e dalla corteccia di un albero di mele una sostanza, la florizina (Nat. Rev. Drug Discov.2010;9:551), da cui derivano alcuni farmaci che stanno per entrare in commercio in Europa e in USA per la cura del Diabete m. 2. Sono inibitori del trasportatore sodio-glucosio (SGLT), che si trova sulla membrana apicale delle cellule dell’intestino tenue e a livello renale nel tubulo contorto prossimale e la sua funzione è quella di permettere il riassorbimento di glucosio. Sono “diuretici osmotici” che riducono anche il peso, di solito in eccesso nel DM2, e che non hanno alcun rapporto con l’insulina. Come tutti i farmaci antidiabetici (e come molti farmaci) cura il sintomo non la malattia.

OBESITA’
A bispecific antibody to factors IXa and X restores factor VIII hemostatic activity in a hemophilia A model. Nature Medicine 2012;18:1460.
News & Views. A complex substitute: antibody therapy for hemophilia, pg. 1460 (con figura molto bella). Nel 30% dei pz con HEMA (MIM #306700), frequenza 1:10.000 maschi) la terapia con fattore VIII provoca anticorpi a tale fattore che ne annullano l’efficacia. Inoltre la sua somministrazione per via venosa deve essere frequentemente ripetuta per la sua bassa emivita (0.5 giorni). La nuova proposta terapeutica consiste nell’introduzione di un anticorpo IgG bispecifico che riconosce sia il fattore IX sia il fattore X promuovendone l’attivazione anche in presenza di inibitori FVIII. Per testarne l’efficacia in vivo, non essendo disponibile un mammifero non umano con HEMA, è stato usato un modello animale mediante trattamento con anticorpi specifici antiFVIII nella scimmia; la terapia con l’anticorpo IgG bispecifico ha ridotto drasticamente la frequenza di emorragie e l’anemizzazione, con attività emostatica equivalente a quella di 2 dosi giornaliere di FVIII. L’emivita di questo anticorpo è di 14 giorni. Gli AA sottolineano che tale molecola va ingegnerizzata per renderla meno soggetta alla formazione di anticorpi e per aumentarne l’emivita.

Focus on neural control of feeding. Nature Neuroscience 15:1321. Obesity is common, serious and costly (http://www.cdc.gov/obesity/data/adult.html) in USA (gradiente nord-sud con 21-24% vs 30-31%) e in tutto il mondo sviluppato. Nell’eccesso di alimentazione svolge un ruolo determinante il SNC (ormoni, neurotrasmettitori, neuroni ipotalamici) e la sua sregolazione causa obesità. In questo fascicolo vi sono alcuni articoli che riguardano i fattori genetici e ambientali che influenzano i comportamenti alimentari. Sono poche le malattie mendeliane con obesità grave, mentre, in base a recenti studi di GWAS, risultano numerosi loci le cui variazioni sono associate alla comune obesità.
The drive to eat: comparisons and distinctions between mechanisms of food reward and drug addiction. Pg 1330.
Synaptic plasticity in neuronal circuits regulating energy balance, pg 1336.
Unraveling the brain regulation of appetite: lessons from genetics, pg 1343.
From neuroanatomy to behavior: central integration of peripheral signals regulating feeding behavior, pg 1350.
Rho-kinase regulates energy balance by targeting hypothalamic leptin receptor signaling. Pg 1391.

FTO genotype is associated with phenotypic variability of body mass index. Nature 2012;490:267. Gli studi dei caratteri complessi riguardano la variazione fenotipica nelle popolazioni rilevando le differenze medie dei fenotipi nei vari genotipi. La varianza fenotipica tra persone con lo stesso genotipo non è costante e può dipendere anche da fattori ambientali esterni o interni. Il lavoro è una meta-analisi di studi di associazione dell’intero genoma (GWAS) di 170.000 campioni di soggetti di cui è nota l’altezza e BMI. E’ stato individuato un polimorfismo SNP del gene FTO, noto perché è associato con l’obesità, che è associato anche con la variabilità fenotipica. La differenza di varianza per l’indice BMI tra persone con genotipi omozigoti opposti è di 0,5 kg di DS di peso. Questo risultato indica che la variabilità interpersonale nell’obesità è almeno parzialmente dovuta al genotipo del locus FTO. Dagli studi nel modello animale (topo) con assenza del gene Fto gene si ne rileva un’alterata regolazione della sua espressione che favorisce l’obesità. Interessante osservazione perché se un allele che aumenta l’obesità aumenta anche la variabilità fenotipica fa pensare a una modifica del controllo omeostatico del peso.

Why Is Mental Illness So Hard to Treat? Science 2012;338:32. Nell’ultimo quarto di secolo qualcosa è cambiato nella cura delle persone con malattia mentale, qualcosa di più che “spingerli sulla carrozzina e immergerli nell’acqua fresca” (traduzione letterale). Si è cominciato nel ’54 con la reseprina (estratto vegetale) per gli psicotici, poi scartata per gli effetti collaterali arrivando poi a farmaci veri come il litioper i d. bipolari, gli inibitori delle monoaminossidasi per la depressione, la cloropromazina per la schizofrenia. Ma il 21° secolo non ha portato novità e la strada per curare la malattia mentale è pavimentata da insuccessi. E questo si associa con le difficoltà che si incontrano a identificarne la base biologica (Clinical efficacy data on gene tests trails marketing in psychiatry. News. Nature Medicine 2012;18:1161)(Spigolature Agosto 2012). E poi manca un vero modello animale. Curiosa storia il test di nuoto forzato dei ratti (messi in vasca cilindrica di plexiglas, si calcola quando cessano di nuotare e si arrendono gallaggiando)(behavioural despair), e poi si verifica se il tempo di nuoto aumenta con i farmaci. E poi si verifica se questo tempo di nuoto si riduce con farmaci che potrebbero avere nell’uomo effetti antidepressivi, l’imipramina fa questo effetto. Ma ci sono alcuni nuovi farmaci che sembrano abbiano un effetto positivo sulla sensazione di solitudine e tendenza al suicidio nella grave depressione, o il sistema di Deep Brain Stimulation con elettrodi che svolge un effetto positivo in ¾ dei pz sempre con grave depressione. Questo insieme alla grande massa di studi genetici (NGS, profili di espressione genica) e alla classificazione delle patologie psichiatriche con le neuroimmagini fanno ritenere che “we’re on the threshold of something really exciting.”

Gene therapies need new development models. Nature 2012;490:7. World view di F. Mavilio, professore di Biologia molecolare Università Modena-Reggio Emilia, è freddino sulla terapia genica: “Although the approval of Glybera is a positive move (vedi Spigolatura di Settembre 2012), it is unlikely to herald a new age of gene therapies — not without significant changes to the system. It is no coincidence that no gene therapy has yet been approved in the United States and that no other gene-therapy product is being considered by regulators in Europe”. E spiega perchè: la terapia è frutto dell’accademia, che a differenza delle industrie manca di risorse umane e finanziarie, mancanza di risorse per il mancato impegno delle compagnie (costose, di dubbio effetto, mercato molto ridotto). Ora sembra che stiano cambiando le cose, con fusioni e collaborazione tra accademia e compagnie (cita l’alleanza tra GlaxoSmithKline (GSK) e il San Raffaele per la terapia nel difetto di Adenosina Deaminasi –ADA- e altre 6 malattie genetiche). Ma per le altre malattie? Occorrerebbe un consorzio tra agenzie governative, scienziati e associazioni laiche di familiari con fondi pubblici e uno stretto controllo dei risultati preliminari. Conclude scrivendo che la scelta se autorizzare o meno una terapia sperimentale deve basarsi sull’analisi rischi-benefici per il pz, esattamente come per le altre medicine.

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Due ottimi articoli sul cervello, uno sull’evoluzione e uno sulla plasticità cerebrale, e alcune buone domande.
1. Why Are Our Brains So Big? Science 2012;338:33. Il nostro cervello è di ca. 1400 cc, più di 3 volte dei nostri cugini scimpanzè e, tenendo conto del peso è di dimensioni maggiori di quello dell’elefante e della balena e di altri animali. Perché è così grosso? Un’ipotesi, recentemente confermata (Science, 4 November 2011, p. 578): le dimensioni, soprattutto della neocorteccia, correlano con le dimensioni dei gruppi sociali della specie e quindi “bigger groups demand bigger brains”. Non sembra bastare, potrebbe essere che “our large brains have something to do with how smart we are and why we were able to take over the planet”. Ma potrebbe essere il contrario: la selezione naturale ha favorito lo sviluppo cerebrale consentendo una più efficace raccolta di cibo e l’uso di strumenti che hanno reso possibile aumentare di numero i gruppi sociali. La teoria del miglior foraggiamento, in competizione con altri mammiferi a noi vicini come le scimmie, come conseguenza delle maggiori dimensioni cerebrali è stata riproposta da altri (“Machiavellian intelligence”). C’è anche l’ipotesi di “intelligenza culturale” che incorpora vari fattori tra cui il comportamento, la flessibilità e l’apprendimento sociale (trasmissione di informazioni). Ma la vita in grosse comunità ha anche delle negatività, es. la competizione nella ricerca di cibo, per cui l’individuo cerca di ridurle facendo alleanze con i più vicini. In ogni modo rimane ancora da sapere perché “our brain is so big”. Ma, conclude, il nostro grosso cervello sicuramente ce lo farà scoprire.

2.Cinque domande a cui non c’è risposta (Brain Teasers Science Brain Teasers. Science 2012;338:39).
Star power: gli astrociti sono metà delle cellule del SNC e fanno qualcosa di più di pulire i neuroni, ma perché sono a stella?
Uncharted territories: cosa diavolo (sto traducendo, ndr) fa l’abenula? E la corteccia retrospleniale?
Snooze fest. Si conserva energia ma stando in un buio percoloso, così si resetta il cervello?
What’s the code? Come si codificano le informazioni nel SNC?
Feeling immune. Molte proteine del sistema immunitario sono sospettate di contribuire a patologie cerebrali. Sappiamo molto poco (scientists have only scratched the surface), forse il microbiota intestinale ci può aiutare.
3) Can We Make Our Brains More Plastic? Science 2012;338:36. Rinstallare il cervello diventa difficile con l’età. Bambini esposti a più lingue (3-4) le imparano apparentemente senza sforzo, ma con l’età diventa più difficle (lo sappiamo bene vero? Ndr). Troppa plasticità in età adulta fa sì che tu “learn everything but remembers nothing”, è una caratteristica della schizofrenia e di alcune forme di epilessia, anche se, dice l’articolo, ti farebbe imparare la grammatica russa. Questa capacità è possibile in specifici periodi della vita biologica, oltre i quali diventa tutto molto difficile (es. cataratta congenita non corretta entro il primo anno di vita). I periodi critici sono in genere nella prima infanzia e più che ai nuovi neuroni sono dovuti allo sviluppo di loro connessioni. Dopo questi periodi il cervello produce segnali che limitano le connessioni, segnali che possono essere artificialmente bloccati nel topo allargando il periodo critico sino all’età adulta. I topi knockout di geni che codificano questi segnali, “plasticity brakes” sono in grado hanno una incredibile plasticità cerebrale con anche una capacità di riparazione di danni cerebrali vascolari; sono topi che “they’re really good at everything”, per questo sono suscettibili a epilessia (la cui frequenza nei bambini, probabilmente per la eccessiva plasticità neuronale). Ma dal punto di vista funzionale è necessario che termini il periodo critico per consentire il normale sviluppo encefalico “If you’re always shaking the basement, you can’t build a taller house”. Ma sappiamo che la plasticità cerebrale anche dopo il periodo critico può essere attivata senza togliere i freni, con i giochi al computer. Ci sono farmaci che nel topo prolungano o addirittura riaprono i periodi critici come la fluoxetine (Prozac) e Aricept, farmaci usati nell’uomo per patologie oculari (occhio pigro) e nell’ictus cerebrale, con un certo effetto. In particolare il Prozac, tramite il pathway dopaminico, favorisce la crescita di nuovi neuroni (la neurogenesi si ferma nell’età infantile ma in alcune aree possono prodursi neuroni. Ma anche l’esercizio fisico e l’esposizione a un ambiente stimolante favoriscono la neurogenesi. Capire come questi nuovi neuroni interagiscono con i circuiti esistenti vuol dire poter intervenire, se necessario.

Why Is Mental Illness So Hard to Treat? Science 2012;338:32. Nell’ultimo quarto di secolo qualcosa è cambiato nella cura delle persone con malattia mentale, qualcosa di più che “spingerli sulla carrozzina e immergerli nell’acqua fresca” (traduzione letterale). Si è cominciato nel ’54 con la reseprina (estratto vegetale) per gli psicotici, poi scartata per gli effetti collaterali arrivando poi a farmaci veri come il litioper i d. bipolari, gli inibitori delle monoaminossidasi per la depressione, la cloropromazina per la schizofrenia. Ma il 21° secolo non ha portato novità e la strada per curare la malattia mentale è pavimentata da insuccessi. E questo si associa con le difficoltà che si incontrano a identificarne la base biologica (Clinical efficacy data on gene tests trails marketing in psychiatry. News. Nature Medicine 2012;18:1161)(Spigolature Agosto 2012). E poi manca un vero modello animale. Curiosa storia il test di nuoto forzato dei ratti (messi in vasca cilindrica di plexiglas, si calcola quando cessano di nuotare e si arrendono gallaggiando)(behavioural despair), e poi si verifica se il tempo di nuoto aumenta con i farmaci. E poi si verifica se questo tempo di nuoto si riduce con farmaci che potrebbero avere nell’uomo effetti antidepressivi, l’imipramina fa questo effetto. Ma ci sono alcuni nuovi farmaci che sembrano abbiano un effetto positivo sulla sensazione di solitudine e tendenza al suicidio nella grave depressione, o il sistema di Deep Brain Stimulation con elettrodi che svolge un effetto positivo in ¾ dei pz sempre con grave depressione. Questo insieme alla grande massa di studi genetici (NGS, profili di espressione genica) e alla classificazione delle patologie psichiatriche con le neuroimmagini fanno ritenere che “we’re on the threshold of something really exciting.”

Humans can learn new information during sleep. Nature Neuroscience 2012; 15:1460. Se nel sonno, che è uno stato di non coscienza e di ridotta risposta a stimoli esterni, si pronuncia il nome di chi dorme si producono risposte cerebrali diverse dalla pronuncia di nomi non familiari. Il cervello è quindi capace di elaborare informazioni sensoriali e rafforzare la memoria esistente. Il test è consistito nel fare annusare nel sonno a volontari odori piacevoli (profumo di deodorante o shampoo) o spiacevoli (pesce marcio) associandoli a note. Lo studio dimostra che se l’odore è piacevole l’annusamento nel sonno è più profondo e che si possono acquisire, sempre nel sonno, nuove associazioni tra note e odori e ricordarsele la mattina dopo. Vedi anche Idle minds. Nature 2012;489:356. Sottotitolo: Neuroscientists are trying to work out why the brain does so much when it seems to be doing nothing at all (Spigolature Settembre 2012).

Dysfunction of the auditory thalamus in developmental dyslexia. PNAS 2012;109:13841. Il dislessico ha difficoltà di elaborare i suoni delle parole (fonemi o rappresentazione astratta di un suono). Lo studio fMRI mostra che solo la parte sinistra mediale del corpo genicolato risponde in modo anomalo quando si richiede a adulti con dislessia di ascoltare fonemi. Inoltre l’attività del corpo genicolato correla con la gravità della dislessia. Questi risultati depongono per un difetto del meccanismo neurale che regola dinamicamente il corpo genicolato in base all’attività delle aree corticali per ottimizzare l’elaborazione della parola.
(vedi anche recenti lavori: Extra-large letter spacing improves reading in dyslexia. PNAS 109:11455 (Spigolature Luglio 2012), Assistive listening devices drive neuroplasticity in children with dyslexia. PNAS early edition Sept 2012 (Spigolature Settembre 2012), Developmental dyslexia. Lancet 2012; online April 17, 2012 (Spigolature del Maggio 2012) e Diagnosing Dyslexia. Science 2011;334:1183 (Articoli Set-Dic 2011).

The Burden of Mood Disorders. Science 2012;338:15. Un dato epidemiologico drammatico che conosciamo: la prevalenza nella popolazione generale di disordini psichiatrici (depressione, d. bipolari) è del 10%. Questo pone problemi socio-economici rilevanti: secondo il rapporto del European Brain Council del 2011 i costi diretti per la diagnosi e la terapia come le cardiache e il diabete rappresentano il 50% del totale, mentre per le malattie psichiatriche sono predominanti i costi indiretti (gg malattia, n on lavoro, disabilità di lungo termine, suicidi) con costi diretti che rappresentano circa il 23% del totale. E questi aumenteranno con il crescere dell’età media della popolazione per la maggior frequenza di disturbi psichiatrici collegati all’età. Due terzi iniziano verso la fine dell’adolescenza spesso successivi a altri precedenti disturbi come ansietà, deficit di attenzione e dipendenze, che sono fattori di rischio. Se secondari compaiono prima, il decorso è più grave e sono di scarso controllo farmacologico. Il riconoscimento e la terapia precoce ne migliorano l’evoluzione. La buona notizia è che, anche in Europa, si stanno integrando ricerca, clinica e salute pubblica (www.roamer-mh.org).

Defeating the Dementors. Science 2012;338:67. Serie di articoli sulla depressione: Review Synaptic Dysfunction in Depression: Potential Therapeutic Targets, pg 68. Perspectives: Depression and Hippocampal Neurogenesis: A Road to Remission? Pg 72; Are We Getting Closer to Valid Translational Models for Major Depression? Pg 75; The Science of Resilience: Implications for the Prevention and Treatment of Depression, pg 79.

Resident risks. Nature News and Views 2012: 44:490. An innovative method for probing the genomes of the vast community of microorganisms that inhabit the human gut provides an alternative approach to identifying risk factors for type 2 diabetes.  L’impressionante mole di lavori di ricerca della base genetica dei caratteri o delle malattie complesse utilizzando NGS ha partorito varianti che danno un rischio modesto di malattia facendoci capire il rilevante ruolo svolto dei fattori ambientali. Tra questi i mille e più miliardi di microorganismi ospitati in ciascuno di noi. Il genoma umano e dei microrganismi, il metagenoma, contribuiscono come fattori di rischio per malattie comuni. L’articolo di autori cinesi (Qui J e al. A metagenome-wide association study of gut microbiota in type 2 diabetes Nature 2012;490:55) presenta i risultati dell’analisi di associazione del microbiota (flora) intestinale (metagenome-wide association study)(MGWAS) per identificare differenze tra affetti (345 pz) con DM2 e controlli. Il DM2 come sappiamo è una malattia molto frequente, da epidemia, con un’ereditabilità del 30-60%, con varianti genetiche (GWAS) che contribuiscono allo sviluppo di questa malattia, ma che spiegano in minima parte la variazione del rischio individuale. Altri fattori di rischio sono l’obesità e la dieta, che hanno un alterato microbioma intestinale. L’analisi ha identificato moltissime varianti che sono state filtrate e organizzate per somiglianza. Nel DM2 c’è una carenza di batteri che producono butirrato che riduce le risposte infiammatorie del colon, quindi una sua carenza contribuisce all’infiammazione intestinale che sappiamo associata alla resistenza all’insulina e al DM2. Ma altri dati sono in favore di una risposta infiammatoria patologica intestinale nel DM2, come la colonizzazione di germi opportunisti (normalmente non patogeni ma che lo possono diventare in alcune situazioni) e un arricchimento di germi della resistenza allo stress ossidativo. Domanda del commento: ma i germi sono anche loro ereditabili? Allora queste nuove conoscenze del metagenoma chiariscono o invece rendono difficile discriminare quello che è genetico da quello che è ambientale?
Con l’applicazione del NGS sta cambiando il rapporto clinica-microbiologia. Vedi Next-generation sequencing data interpretation: enhancing reproducibility and accessibility. Nature Reviews Genetics 2012;13:667. Transforming clinical microbiology with bacterial genome sequencing (stesso fascicolo pg 601) e Genomic medicine steps closer to the clinic. Lancet 2012;380:780 (Spigolature Settembre 2012).

Improving neural response to sound improves reading. PNAS 2012;109:16407. Commento di un lavoro citato nelle spigolature del Settembre 2012 (Assistive listening devices drive neuroplasticity in children with dyslexia. PNAS early edition Sept 2012) che sottolinea il ruolo delle patologie da alterata risposta elettrofisiologica ai suoni delle parole a livello cerebrale nella lissencefalia e che vi è un miglioramento significativo e rapido migliorando il sistema uditivo (Help Them Hear It!). Gli insegnanti sanno che c’è nei bambini una chiara relazione tra scarso ascolto e capacità di prestare attenzione con le difficoltà di apprendimento, ma in genere non sanno che queste capacità possono essere migliorabili sensibilmente con interventi appropriati.

Leadership is associated with lower levels of stress. PNAS 2012;109:17903. I leader che acquistano sempre più posizione di potere hanno crescenti richieste e si crede per questo più stress, tanto che si sono sviluppati sistemi, anzi un’industria fiorente, per ridurre tale stress. Ma come reazione se i leader imparano a sviluppare un buon senso di controllo che riesce a ridurre lo stress, la leadership deve associarsi a una riduzione dello stress. Così risulta da uno studio con due diversi esperimenti su ufficiali militari e del governo: i leader hanno livelli di cortisolo più bassi e un ridotto stato ansioso rispetto ai non leader e, dato ancor più interessante, questa situazione correla con la posizione: più è alta meno cortisolo e ansia rispetto ai sottoposti anche con posizione di responsabilità (battuta già fatta a proposito dei babbuini- aveva ragione Andreotti quando diceva che il potere logora chi non ce l’ha, ndr).
Il commento intelligente (Importance of a sense of control and the physiological benefits of leadership. Stesso fascicolo, pg 17730) conclude così: “If a politician asserts that his adrenal glands have hypertrophied but that this is a sacrifice he is willing to bear for the rest of us, consider this a good indicator that anything else he claims should be viewed skeptically” (dove per “anything else” leggi “qualcos’altro”).

Come sappiamo sono ovunque significativamente poche le donne che occupano posti di responsabilità nell’accademia scientifica, nella tecnologia, in ingegneria, in matematica e in medicina. Vi sono stereotipi culturali che influenzano non solo i giudizi e le decisioni degli uomini riguardo le donne ma anche le scelte che le donne fanno per loro stesse. Il commento How to Train a Leader (Science 2012;338:172) riguarda un articolo (An Educational Intervention Designed to Increase Women's Leadership Self-Efficacy
CBE Life Sci. Educ. 2012;11: 307) in cui si riportano i risultati di un corso di 16 settimane per stimolare nelle donne l’autoefficacia (la convinzione della propria capacità di organizzare ed eseguire la sequenza di azioni necessaria per produrre determinati conseguimenti, definizione dello psicologo Albert Bandura)(wikipedia) per essere leader con l’intento di rendere gli studenti del corso privi di pregiudizi di genere. L’articolo (abstract) termina così “We conclude that providing strategies to recognize and mitigate the impact of gender stereotypes is effective in increasing leadership self-efficacy in women at early stages of academic STEMM careers” (ottimo questo, meglio delle quote rosa, ndr). Vedi anche Science faculty’s subtle gender biases favor male students. PNAS 2012 Sept 21 early edition (Spigolature Settembre 2012).

Toward a new biology of social adversity. PNAS 2012;109 suppl 2:17143. Sappiamo da tempo (ci sono osservazioni e documenti da almeno 150 anni) e con ampie prove che le avversità di ogni tipo e l’ambiente sfavorevole hanno una considerevole influenza negativa sui bambini dal punto di vista fisico e neuro-comportamentale comportando nella popolazione umana una differente distribuzione e gravità di malattie. Ma non per tutti i b. in ambiente sfavorevole, alcuni infatti riescono a emergere e vivere bene da adulti. Perché? Vedi “Special issue” sulla Biologia della diversità su PNAS. Il commento generale è lungo e non facile: 1. sono ora più chiari i meccanismi che stanno alla base dello sviluppo organismico (le teorie comportamentiste ritengono che le influenze ambientali determinino la natura delle abilità che si sviluppano, altre ritengono che il bambino si sviluppi in un determinato modo a causa della programmazione genetica, le teorie organismiche hanno una posizione intermedia) è guidato da influenze combinate e interattive di geni e esperienze. 2. le origini, dimensioni e conseguenze delle differenze fenotipiche individuali sono componenti essenziali per capire le basi biologiche delle avversità sociali. Bambini altamente sensibili e permeabili all’ambiente, probabilmente in parte su base genetica e epigenetica, hanno esiti negativi se esposti a condizioni avverse, ma esito molto positivo in ambienti favorevoli. Capire i processi per cui un’esposizione ambientale comporta a disordini di sviluppo può far capire la patogenesi e adottare nuove interventi che modifichino l’associazione povertà e sviluppo dei bambini. And more ……

How social and genetic factors predict friendship networks. PNAS 2012;109:17377. Il vecchio proverbio inglese "Birds of a feather flock together" (uccelli che hanno le stesse piume stanno insieme) ci dice che l’aspetto simile favorisce l’aggregazione, e questo succede anche nell’uomo per la razza, l’età, l’educazione, la religione, la personalità, la visione politica e il comportamento. La ricerca ci dice che il rapporto tra due persone sembra basarsi anche sulla somiglianza genotipica con massimalizzazione della fitness inclusiva non solo per la selezione degli incroci ma anche per farsi amici coloro che sono più vicini geneticamente. Questa omofilia genetica può essere importante per capire meglio le interazioni gene-ambiente per studiare ad es. i fattori correlati con la salute e i comportamenti a essa relativi. Utilizzando i dati del National Longitudinal Study of Adolescent Health (Add Health)( http://www.icpsr.umich.edu/icpsrweb/DSDR/studies/21600) è stato osservato che l’omofilia genetica per il polimorfismo TaqI A del gene DRD2 gene ha un ruolo nella formazione di amicizie, ma che quando si studiano scuole diverse come composizione sociale la correlazione tra genotipo DRD2 e amicizia scompare, sottolineando un ruolo fondamentale del contesto sociale: omogeneità genetica alta nelle scuole con alta eterogeneità sociale (economica, etnia), nessuna omogeneità genetica nelle scuole con maggiore omogeneità sociale (come c’era da aspettarsi, ndr).

European Food Agency Pans Contested GM Study. Science 338 176. La commissione della European Food Safety Authority (EFSA) riunitasi a Parma ha definito come non provato che topi nutriti con mais geneticamente modificato sviluppino più tumori dei controlli (Science 28 September 2012, p. 1588). Lo studio, dice EFSA, è scientificamente insufficiente per giungere a questa conclusione e invita gli AA a fornire nuovi dati. La stessa conclusione da parte del Federal Institute for Risk Assessment tedesco (e i grillini che dicono? Ndr).

Economics and genetics meet in uneasy union. Nature 2012;490:154. Scambiare una correlazione come una causa è uno dei due o tre errori più comuni e più gravi che facciamo (Stephen Jay Gould, biologo evoluzionista)(vedi sotto). Dibattito sulla genoeconomia, neo”scienza” che lega la genetica all’economia. Tutto nasce da un documento in pubblicazione (Ashraf, Q. & Galor, O. Am. Econ. Rev.)(ma il MS è circolato in internet) che sostiene che lo sviluppo economico di una nazione dipenda dal make-up genetico: paesi con alte differenze genetiche hanno più spiccata innovazione per il più ampio range di capacità e stili, al contrario paesi con poca diversità genetica producono società con maggiori rapporti interpersonali per le scarse differenze dei suoi componenti, paesi come USA con livelli di diversità intermedia hanno le economie più produttive (semo o nun semo er mejo? Ndr). Seguono vari commenti e precisazioni ma alla fine un economista comportamentale conclude “I think it’s essential for us to have geneticists involved. We couldn’t do it without their help and insight”. (Già, ndr).

Chocolate Consumption, Cognitive Function, and Nobel Laureates. NEJM 2012;367:1562. Questa “nota occasionale” che starebbe bene su un rotocalco (per la promozione dei cioccolati svizzeri) dice “Chocolate consumption enhances cognitive function, which is a sine qua non for winning the Nobel Prize, and it closely correlates with the number of Nobel laureates in each country”. Risulta che vi sia una significativa correlazione lineare: in Italia si fa scarso uso di cioccolato e abbiamo pochi Nobel (tenendo conto della popolazione), la Svizzera è al punto più alto di consumo di cioccolato e di numero di Nobel, la Germania, con lo stesso consumo di cioccolato della Svizzera ha meno della metà Nobel, La Svezia (guarda caso) ha un modesto consumo di cioccolato ma lo stesso numero di Nobel della Svizzera.
Ndr: il metodo usato è molto poco scientifico -la statistica è quella del pollo di Trilussa (http://utenti.quipo.it/base5/poetico/trilussa.htm) - e le conclusioni commentabili con la frase di Stephen Jay Gould, biologo evoluzionista, nel 1981 sulla pretesa di allora di spiegare l’intelligenza individuale con la genetica “The invalid assumption that correlation implies cause is probably among the two or three most serious and common errors of human reasoning”.

Manslaughter verdict rocks seismology. Nature 2012;490:450. Condanna per omicidio (6 anni di prigione e indennità per le famiglie delle vittime) per sismologi per non aver calcolato e per comunicato male il rischio del terremoto dell’Aquila nel 2009. Per le considerazioni vedi Nature 2011;478:324. Italian quake: critics' logic is questionable con una nota il cui autore non trovava giustificata l’incriminazione dei sismologi italiani per non avere avvisato la popolazione di lasciare le case prima del terremoto: “The critics' argument that a sterner warning should have been broadcast is based only on the fact that the event occurred, and so should have been foreseen”.

PEDIATRI-INTERNISTI
The Past 200 Years in Diabetes. NEJM 2012;367:1332. Articolo Un po’ di storia fa bene: “Diabetes was first recognized around 1500 b.c.e. by the ancient Egyptians, who considered it a rare condition in which a person urinated excessively and lost weight. The term diabetes mellitus, reflecting the fact that the urine of those affected had a sweet taste, was first used by the Greek physician Aretaeus, who lived from about 80 to 138 c.e. It was not until 1776, however, that Matthew Dobson actually measured the concentration of glucose in the urine of such patients and found it to be increased”. Nell’articolo vengono riassunti gli aspetti storici, epidemiologici (2.5% della popolazione USA aveva il diabete nel 1980, nel 2010 era salita al 6%) (http://cdc.gov/diabetes/statistics/prevalence_national.html), gli strumenti diagnostici attuali, terapeutici (pompa insulinica) e le prospettive per la prevenzione. Vedi anche Diagnosis of Diabetes. Clinical Practice. NEJM 2012;367:542 (Spigolature Agosto 2012).

Mydriasis in the Garden. Images in Clinical Medicine. NEJM 2012;367:1341. Se vedete un bambino con midriasi fissa monolaterale (vedi foto) chiedetegli se in giardino ha toccato qualche fiore. In questo caso di una solanacea (Brugmansia)(vedi immagine). L’ingestione può essere fatale( meglio i fiori di plastica).

Revising the human mutation rate: implications for understanding human evolution. Nature Reviews Genetics. Perspective 2012;13:745. L’analisi mediante NGS del tasso delle mutazioni de novo nell’attuale popolazione umana, che è metà di quello sinora calcolato in base alla datazione dei fossili, tende a modificare, aumentandone del doppio, le precedenti stime temporali della nostra evoluzione, come ad es. la divergenza tra l’uomo moderno e l’uomo di Neardenthal, stimata tra 272.000–435.000 anni fa andrebbe retrodatata a 400.000–600.000 anni fa e il periodo di separazione degli europei e gli asiatici sarebbe databile a 40.000–80.000 anni fa, stima che meglio si adatta con i dati paleo-antropologici e del DNA mitocondriale. Vedi la bella la figura 4 con i tempi in migliaia di anni della migrazione dall’Africa “Populations and timescales involved in the origin of modern humans according to our revised model”.

Lo sapevate che:
ScienceShot: Butterfly Migration Mystery Solved. Science 16 October 2012. Non si sapeva come raggiungessero l’Inghilterra le farfalle “Painted ladies” (termine che indica le casette vittoriane inglesi o americane dipinte con colori vivaci, ma anche signore con vestiti sgargianti o farfalle con ali con vari e sgargianti colori - Vanessa cardui). Le Migrano come le rondini dal nord Africa all’Europa e ritorno, viaggiano a oltre i 150 metri di altezza, fino a 500, spinte dal vento a quasi 50 km/h (velocità 2 volte quella che sono in grado da sole di raggiungere). Le hanno studiate con il radar e hanno calcolato che nel 2009 ne sono arrivate 11 milioni e sono ripatite 26 milioni in due ondate, in Agosto e in Ottobre (http://scim.ag/PaintedLady).

GIOCO RISOLTO
Risultati del Long-term use of standardised ginkgo biloba extract for the prevention of Alzheimer’s disease (GuidAge): a randomized placebo-controlled trial. Lancet Neurology  2012;11:851 (vedi sopra per l’articolazione della ricerca). Conclusioni: nessuna differenza tra trattati e non trattati (fa meglio per i topi correre nella ruota e per noi camminare, e è anche più economico, ndr).

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