domenica 3 novembre 2013

Articoli di interesse Genetica Clinica/Umana Ottobre 2013. R. Tenconi


Scelta di articoli di Genetica Clinica/Umana pubblicati in Ottobre 2013 nelle seguenti riviste: Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science & Cell.
ARTICOLI DA NON PERDERE:
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Rare-disease genetics in the era of next-generation sequencing: discovery to translation. Nature Reviews Genetics 2013;14:681. Le malattie da alterata funzione di un gene possono essere cronicamente debilitanti e causa di riduzione di sopravvivenza. Singolarmente sono rare ma tutte insieme sono frequenti (stima di 1:100 neonati, ndr). Il numero delle malattie genetiche rare non è noto, probabilmente sono tra 7.000 e 15.000, ma il numero dei fenotipi da definire è probabilmente ancor più alto. Quelle da causa nota sono >3.500 e per identificarle ci sono voluti molti anni e centinaia di migliaia di US dollari. Di molti fenotipi genetici però non conosciamo il gene mutato perché l’applicazione delle tecniche diagnostiche tradizionali sono poco efficaci per l’eterogeneità di locus, perché ci sono pochi pz o famiglie da poter studiare e, perché per alcune di esse la fitness riproduttiva ridotta. L’applicazione del NGS ha fatto aumentare considerevolmente il numero di geni-malattia (Gen-Giu 2011 poco più di 10, stesso periodo 2012 quasi 70 e lo stesso nel periodo Lug-Dic 2012)(bella figura da lezione, ndr). In particolare WES ha portato all’identificazione di più di 180 nuovi geni-malattia, di cui più di 130 solo nel 2012.
Vengono presentate le strategie di identificazione (WES, WGS) e le difficoltà connesse, con qualche numero: filtrando le varianti usando i database pubblici si passa da 20.000 a meno di 500 varianti rare per esoma, e qui sorge il problema di individuare la variante causa della malattia. Per una malattia rara clinicamente ben definita trovare mutazioni dello stesso gene in più pz è una prova della sua patogenicità. Se si dispone di una sola famiglia la valutazione della patogenicità di una variante significativa si fa con studi funzionali. Vengono di questo discusse le strategie applicabili nel caso di trasmissione della variante, de novo o in mosaicismo somatico.
Le malattie AR sono in eccesso, soprattutto all’inizio dell’applicazione del NGS (>115 nuovi geni sinora), ma ora anche quelle AD con mutazione de novo. La Fig. 2 (altra da lezione, ndr) sintetizza le strategie diagnostiche nelle condizioni su specificate. Sembra facile, ma il successo diagnostico del NGS è difficile da quantizzare perché i risultati negativi non vengono pubblicati. La causa principale dell’insuccesso con WES è che alcune (molte?) malattie sono dovute a mutazioni non codificanti; se sono molte ci metteremo 10 o più anni per avere un atlante delle malattie genetiche rare. Come fare per accelerare? Collaborazioni internazionali con integrazione di un fenotipo dettagliato e dati genetici come Human Phenotype Ontology (http://www.human-phenotype-ontology.org/) e International Rare Disease Research Consortium
(http://www.irdirc.org/) che si pone l’obiettivo di provvedere alla diagnosi per tutte le malattie rare entro il 2020. Ma NGS ci sta ulteriormente documentando quanto già sapevamo dell’eterogeneità allelica: nel 15% degli oltre 300 studi con WES sono state individuate mutazioni di geni causa di un fenotipo nuovo e ben distinto dal fenotipo che era noto per quei geni. Mentre nel 25% dei casi, sempre studiati con WES, il fenotipo retrospettivamente concorda con quello noto da mutazione di quel gene. La Review poi parla del Biological insight con alcuni esempi come quello del gruppo delle sindromi Megalencephaly–capillary malformation e megalencephaly– polymicrogyria–polydactyly–hydrocephalus da mutazioni di uno dei geni del pathway AKT–PI3K–mTOR. E il ricorso ai modelli animali come International Knockout Mouse Consortium. C’è anche un capitolo sui progressi della terapia delle malattie rare, con la crescita lineare del numero di farmaci orfani (20 nel 2000 e quasi 80 alla fine del 2012 con un trend a 140 nel 2030)(altra bella immagine per lezione, ndr) e gli approcci terapeutici con diverse strategie per mutazioni con perdita di funzione o con acquisizione di funzione. E, non poteva mancare, la nuova genetica richiede nuovi genetisti clinici (frase che ricorda quella di qualche anno fa di Raoul Hennekam, ndr): ora si spende molto tempo a raccogliere dati per raggruppare pz in una categoria clinica o suddividerli in categorie più specifiche per facilitare la selezione dei geni da testare per la diagnosi. In futuro invece “phenotype patients to facilitate the interpretation of the large data set generated by WES or WGS. Perhaps most importantly, as increasing molecular insight inevitably suggests novel therapeutic avenues, some medical geneticists will also become interventionists, configuring, trialling (caspita che verbo! Ndr) and instituting treatments for rare disorders”.
(torneremo pediatri? Ma la specializzazione dei nostri medici non prepara il background clinico sufficiente e va assolutamente cambiato il training, lo si dice da anni. Ndr).

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Next-Generation Sequencing for Clinical Diagnostics. NEJM 2013;369:1557. Subito i risultati ottenuti nello studio pubblicato sullo stesso fascicolo (Clinical Whole-Exome Sequencing for the Diagnosis of Mendelian Disorders. Pg. 1502 del Baylor College of Medicine Huston): con WES la diagnosi molecolare è stata raggiunta in 62 di 250 casi (25%). Dopo vediamo in dettaglio ma la strategia è semplice: leggi il DNA, trova variazioni del DNA, paragonale con il catalogo delle varianti, decidi se la diagnosi è plausibile (con il fenotipo). Sembra semplice (personalmente preferisco questo eccesso di semplificazione degli americani piuttosto degli arzigogoli autocompiaciuti filosofici sull’applicazione clinica di questa tecnica, ndr). Certo, gli AA e il commento sottolineano alcuni aspetti problematici, tra cui il principale è la mancata conoscenza della funzione dei geni e delle varianti trovate di incerto significato e il limite dell’analisi come le sequenze non analizzate o non codificanti. ACMG ha dato dei suggerimenti su come interpretare le varianti di incerto significato da considerare in 5 categorie, da quelle patogene a quelle benigne (https://www.acmg.net/StaticContent/SGs/ACMG_recommendations_for_standards_for.9.pdf)

Ma, come dice il commento, il difficile è che talora abbiamo pz unici con patologie molto rare o rarissime e quindi avremmo bisogno di vederne la funzione. Come sappiamo il punto dolente cosa comunicare al pz/famiglia e qui ancora ACMG ha espresso il suo parere (peraltro piuttosto contestato)
(https://www.acmg.net/docs/IF_Statement_Final_7.24.13.pdf).
Un altro aspetto interessante del lavoro è che per la quasi totalità delle richieste di rimborso all’assicurazione malattia (siamo in USA) sono state accolte, anche se non è precisato se sia stato totale o parziale.
Comunque più si diffonde l’uso di WES, più si individuano varianti di cui potremmo sapere di più.
Venendo alla clinica. Studiati 250 pz con vari fenotipi, l’80% neurologici, 50% di età <5 anni, 38% 5- 18 anni, 12% >18 anni. Trovati 86 alleli mutati di cui 62 molto probabilmente causativi (25% successo diagnostico- LC 95% 20-31): 33 malattia AR, 16 AD (83% de novo) e 9 XL (40%) e 4 con due malattie genetiche indipendenti, di cui 3 AD e AR e 1 AR e XL. Le miglior probabilità diagnostiche sono state osservate nella categoria “malattia neurologica” (33%) e nella “malattia neurologica specifica” (31%); il valore più basso (19%) per “malattia non neurologica”. Tutti casi positivi concordano per i criteri clinici e la trasmissione ereditaria della malattia individuata con WES. In 39 dei 62 casi positivi la malattia è rara o molto rara. Nei 23 casi positivi con fenotipo ricorrente vi sono casi con mutazione di geni diversi dello stesso pathway (Noonan, Coffin-Siris, De Lange)(sorge il sospetto che la diagnosi avrebbe potuto essere fatta prima del WES, ndr) e altre m. geneticamente eterogenee. Incidental findings: 30 dei 250 pz hanno mutazioni non attese di 16 geni per le quali è possibile l’intervento medico (ACMG 2013) e 13 sono risultati portatori di mutazione di geni per i quali sempre ACMG consiglia lo screening di popolazione.
Un esempio conclusivo (in questa semplice rassegna): sottoposto a a-CGH, test metilazione DNA, sequenziati 8 geni, NGS genoma mitocondriale, analisi catena respiratoria, molte analisi biochimiche metaboliche. Al sequenziamento esomico è risultato portatore di mutazione di SYNGAP1 con fenotipo recentemente delineato e in più una mutazione del tutto inattesa di FBN1. Oltre al ritardo della diagnosi quanto è costato? (ecco la motivazione della mia nota all’inizio sugli arzigogoli, ndr).

Personalized genomic disease risk of volunteers. PNAS 2013;110:16957. WES a 81 volontari di cui è stata raccolta l’anamnesi di 3 generazioni che hanno seguito un programma di preparazione al test con l’accordo che sarebbero state comunicate le mutazione patogene rare e mutazioni di geni note come causa di malattie note. Sono stati individuati 271 alleli a rischio recessivi di 214 geni, 126 alleli dominanti a rischio di 101 geni e 3 alleli a rischio XR di 3 geni. In 18 volontari è stato individuato il gene di malattie note in anamnesi personale; considerando anche l’anamnesi familiare sono stati individuati altri 5 soggetti in cui è stato individuato il gene causale. Nei casi positivi è stato fornita la classica consulenza genetica sia verbale che scritta. Il risultato ottenuto dimostra che quando si integrano i dati anamnestici familiari e personali (direi anche l’esito dell’esame obiettivo che non è una pratica obsoleta di cui possiamo farne a meno, ndr) con i risultati del NGS si ottengono risultati utili per la valutazione del rischio malattia. L’articolo termina con due note interessanti. Prima: vi è necessità di una nuova generazione di consulenti (medici/counselor) che abbiano conoscenze e esperienza di malattie e comunicazione (già commentato sopra, ndr). Seconda: va verificato se per gli adulti sapere quello che è opportuno che sappiano di informazione genomica servirà per la qualità di vita per la nostra popolazione che sta invecchiando.

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Improving genome understanding. Personal take on events. Nature 2013;502:143. Sottotitolo provocatorio: “The cost and accuracy of genome sequencing have improved dramatically. George Church (Professore di Genetica a Harvard) asks why so few people are opting to inspect their genome”. Già perchè? Per non essere arrogante scrive: “We should avoid being judgemental of people who practise genomic modesty (che bella definizione! Ndr) or who choose not to act on genome information, but we should also ask if we are providing adequate and equal access to education about the benefits and risks of genome information”. Primo motivo: troppo costoso, ma precisa“That’s not much more than the cost of a decent laptop, and much less than a car”. Dovrebbe essere gratis per tutti e questo è un obiettivo non troppo distante; e quelli che se lo possono comunque permettere facendo un po’ di calcoli diventa conveniente facendo loro risparmiare test e terapie inutili e tempo di attesa negli ambulatori medici. Secondo: inaccurato, ma oggi non si può proprio dire (es. gli errori sono passati da 1:100.000 basi a 1:10 milioni). Terzo: risultati non interpretabili, in altre parole “Even if we place the As, Cs, Gs and Ts in the right order, how does this help? Apparentemente i risultati di GWAS e gli studi sui gemelli possono dare l’impressione che servano a nulla, che non si possa prevedere un carattere in base al sequenziamento genomico, ma dal 1991 il numero di test predittivi è salito da 2 a 3.000 e anche i caratteri complessi hanno componenti identificabili e usabili clinicamente per coloro che non sono classificati a rischio (spesso la messe di dati di GWAS e degli studi dei gemelli sono deficitari a causa di cattiva selezione dei soggetti analizzati e per aver trascurato fattori ambientali confondenti). Quarto: utilità. Sì, anche se non ci fosse terapia serve per il counseling (preconcezionale e prenatale). Quinto: pericoloso. Secondo GINA (US Genetic Information Nondiscrimination Act) bisogna evitare la discriminazione basata sull’assicurazione malattia e sul lavoro. Intanto “there is not a GINA in every country, and it doesn’t cover the military, life insurance or person-to-person discrimination”. Ma i rischi sono maggiori dei benefici? Molti sono preoccupati del fatto che il classico consenso informato “served to protect the researchers, not the volunteers” (assolutamente vero, come ben sappiamo, ndr), ma ci sono volontari che non sono preoccupati di far conoscere i propri dati. E allora perché preoccuparci di quelli che invece lo sono? Chi di noi ha contribuito allo sviluppo della “medicina di precisione” deve lavorare altrettanto duramente nel parlare con il pubblico.

Our Fallen Genomes. Science 2013;342:564. Sottotitolo della Perspective: “A human brain can cope with many genomic variations scattered among its neurons”. L’inizio è da scolpire nella roccia: “Few human conceits are as relentlessly undermined by science as humans’ naïve assumptions about our own perfection. Charles Darwin abolished one such set of assumptions by showing that “inferior creations” are man’s evolutionary cousins”. Il nostro genoma è pieno di buchi (così interpreto il titolo del commento), strutturali (CNV) e funzionali (in media per genoma ci sono 120 varianti inattivanti geni di cui 20 inattivanti ambedue gli alleli di un gene) e che cercare un gene responsabile di una patologia è come cercare “l’ago nel pagliaio”. Oltre a questi “buchi” sappiamo anche che si producono errori genomici nella replicazione cellulare con mutazioni somatiche e che questi errori sono documentabili nel sangue circolante e crescono con l’età dando luogo a cancro o, se precoci, allo sviluppo eccessivo di un organo (es. megalencefalia da mutazioni attivanti di AKD3) o una parte del corpo (emi-ipertrofia). Nel lavoro sullo stesso fascicolo (Mosaic Copy Number Variation in Human Neurons. Pg. 632) si dimostra che le mutazioni somatiche sono frequenti nei neuroni del cervello umano. L’analisi genomica della singola cellula mediante SNP in neuroni derivati da cellule staminali totipotenti umane mostra frequenti CNV (copy number variant) presenti solo nel singolo neurone. L’analisi genomica di 110 neuroni di aree diverse dell’encefalo da autopsia di 3 persone ha individuato CNV (delezioni o duplicazioni da 3Mb all’intero cromosoma) somatiche nella metà dei neuroni con il 15% dei neuroni contenenti il 75% delle CNV. Queste CNV potrebbe costituire la base biologica di disabilità, deficit intellettivo o forme gravi di autismo. Com’è possibile tale frequenza di errori replicativi quando sappiamo che il processo replicativo è sotto stretto controllo? Probabilmente tale controllo si esercita soprattutto per quelle parti trascrizionalmente attive, e che il sistema di riparazione del DNA sia meno efficiente per quelle a replicazione tardiva e che la cellula non usa. Sarebbe utile sapere allora l’effetto di tale mutazione sui processi fisiologici del neurone. Anche se l’encefalo, la cui funzione dipende da miliardi di cellule che lavorano insieme in modo dinamico e quindi può essere in grado di sopportare queste diffuse “genomic eccentricities” di singole cellule, viene però meno la nostra convinzione che sia un organo “senza macchia”, perfetto. E allora (così finisce la Perspective): “We are often advised “not to let the perfect  be the enemy of the good”—to accept a flawed product, in the name of finishing and getting on to the next task. It seems that this is a practice that nature adopted long ago”.

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Fine Tuning of Craniofacial Morphology by Distant-Acting Enhancers. Science 2013;342:440. L’aspetto della faccia e del cranio è ampiamente geneticamente determinato (come ben sa chi si occupa di morfologia e di dismorfologia come il genetista clinico, anche se non sa né come né perché, ndr). Sono noti molti geni causa di difetti morfologici o di aspetti dismorfici caratteristici di specifiche sindromi genetiche associati a anomalie di altri organi. Ma per le normali variazioni morfologiche sono pochi i geni candidati trovati con gli studi GWAS, che costituiscono comunque solo una piccola frazione responsabile della variazione morfologica della popolazione umana. Gli AA ipotizzano l’intervento di geni codificanti e di sequenze regolatorie.
Usando lo studio dei profili epigenomici, lo studio di sequenza di enhancer (intensificatori) candidati nel topo transgenico della morfologia cranio-facciale e esperimenti di delezione per verificare il ruolo di elementi regolatori distanti è stato identificato un panorama di sequenze regolatorie con enhancer che sono responsabili della complessa morfogenesi facciale e cranica.
Variazioni di sequenza o di numero di questi enhancer contribuiscono nel topo alla morfogenesi cranio-facciale; è quindi probabile che un’analoga funzione sia presente anche nell’uomo spiegando le caratteristiche fisonomiche differenti nelle varie popolazioni. Importante: molti enhancer sono localizzati in regioni associate a malformazioni cranio-facciali, come la labioschisi e la palatochisi, e potrebbero favorire studi sul ruolo di sequenze non codificanti come causa di dismorfismi e di vere e proprie patologie.

Integrative approaches for finding modular structure in biological networks. Nature Reviews Genetics 2013;14:719. La ricerca di moduli biologici, che sono una combinazione di molecole e interazioni che partecipano a una comune funzione biologica. Articolo connesso con quello precedente.

ATEROSCLEROSI
Farmacogenomica: A statin-dependent QTL for GATM expression is associated with statin-induced myopathy. Nature 2013;502:377. Le Statine sono prescritte a un’alta proporzione di persone per abbassare i livelli ematici delle lipoproteine a bassa densità (LDL)(colesterolo “cattivo”) e quindi il rischio di malattie cardiovascolari, ma comportano un rischio, relativamente modesto, di una miopatia clinica e di Diabete mellito 2. Studi di farmacogenomica non hanno individuato importanti varianti genetiche di tossicità o di efficacia. Si è voluto nel lavoro usare la tecnica di analisi trascrizionale cellulare per verificare le influenze genetiche dell’efficacia delle statine perché la loro azione di riduzione delle LDL avviene tramite regolazione trascrizionale mediata dal fattore di trascrizione SREB (sterol-response element binding protein).
Nel lavoro per identificare nuove varianti interagenti con le statine è stata applicata l’analisi sull’intero genoma di eQTL (expression quantitative trait loci) di 480 linee linfoblastoidi dei partecipanti alla sperimentazione European American participants in theCholesterol and Pharmacogenetics (CAP).
Identificati 6 loci eQTL che interagiscono con l’esposizione alla simvastatina, tra cui uno del gene glicina amidinotrasferasi (GATM) che codifica l’enzima limitante della sintesi della creatina. In una meta-analisi di due diverse popolazioni tale locus è associato con miotossicità (OR 50.60). Il knockdown di GATM (riduzione dell’espressione) in linee cellulari da epatociti riduce la risposta trascrizionale per la deplezione sterolica (in un altro lavoro si dimostra che il topo KO di GATM ha ridotti livello di colesterolo).
Quindi è stato individuato un locus associato alla miopatia da statine e un potenziale legame tra colesterolo cellulare e metabolismo energetico.

Identification of apolipoprotein D as a cardioprotective gene using a mouse model of lethal atherosclerotic coronary artery disease.PNAS 2013:110:17023. Topi con mutazione nulla dei geni del recettore HDL (scavenger di tipi B di classe 1 – SR-B1- presente sulla superficie cellulare in gradi di legare con elevata affinità le HDL) e di apolipoproteina E (apoE) SR-BI−/−/apoE−/− (topi dKO) sviluppano una malattia delle arterie coronariche ateroscletotiche e muoiono prematuramente (50% a 42 giorni). Studiando i profili di espressione di geni a livello cardiaco viene rilevato che il modello murino rappresenta un buon modello di studio della malattia coronarica e che l’apolipoproteina D fa parte del sistema intrinseco cardioprotettivo probabilmente per la sua attività antiossidante.

GENETICA CLINICA
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Consanguineous marriages and congenital anomalies. Lancet 2013;382:1316. Commento di un articolo (Risk factors for congenital anomaly in a multiethnic birth cohort: an analysis of the Born in Bradford study. Pg. 1350) che sottolinea i risultati di un ampio studio multietnico sui fattori di rischio per difetti congeniti in UK dal 2007 al 2011. Nei non-europei il 37% e il 22% di neonati (su 5.127) sono figli rispettivamente di primi cugini o con altro legame di parentela nella comunità pakistana. Queste proporzioni soni inferiori a quelle registrate alla fine degli anni ‘80 sempre nella stessa comunità. Nei figli di primi cugini la frequenza di difetti congeniti è doppia rispetto alla frequenza di base della popolazione generale (RR 2.19 con IC 1.67-2.85), con una stima del contributo della consanguineità dei genitori del 31% per tutte le malformazioni, con alcune note di cautela nell’interpretare i risultati, dice il commento. In particolare vi è un aumento significativo di anomalie cardiache (DIA, DIV, PDA) e del SNC (microcefalia).
Il commento fa un’interessante considerazione: l’effetto “biraderi” (struttura patriarcale governata dalle vecchie tribù) con matrimoni transnazionali che potrebbe portare a un’endogamia (incroci di individui dello stesso clan) con aumentata probabilità di mutazioni genetiche per discesa. Quindi il valore del 31% sopra precisato potrebbe essere la somma dell’effetto consanguineità parentale e endogamia-biraderi. Il lavoro da fare è raccogliere più informazioni sullo stato di salute della popolazione di consanguinei, stabilire registri di patologia, applicare tecniche genetiche tra cui NGS per identificare i tratti di omozigosità e verificare se contengono varianti geniche patogene e se sia possibile approntare un programma di screening dei portatori nella comunità (bel commento, ndr).

AUTISMO - M. PSICHIATRICHE
Severe Autism, Often Slighted (a braccio, “argomento spesso trascurato”), Now Targeted for Study. Science 2013;342:179. Nei numerosi studi sull’autismo i pz che parlano, sono tranquilli e cooperano sono eccessivamente rappresentati, mentre di quelli più gravi con basso funzionamento cognitivo e neuropsicologico, che sono più della metà e che hanno le maggiori necessità di essere seguiti, sappiamo quasi niente. Per capire l’autismo dobbiamo “look at both ends of the spectrum”. Tutti i pz però hanno in comune problemi di relazione e interazione con altre persone, interessi limitati a pochi oggetti o attività, tendenza a comportamenti ripetitivi come agitare le mani o humming.
In questa News& analysis viene presentato il programma di studio di un consorzio USA finanziato con 1.2 milioni D.USA che intende rispondere a due domande studiando un gran numero di pz in ambiente ospedaliero. Primo: capire perché alcuni pz riescono a parlare altri no, e le capacità verbali, che a 5 anni sono un importante fattore predittivo delle successive capacità funzionali. Secondo: caratterizzare gli aspetti psichiatrici che accompagnano l’autismo nella forma più grave. Si sa che più di un terzo delle persone con alto funzionamento soffrono di disturbi d’ansia, deficit di attenzione, disturbo ossessivo-compulsivo o depressione maggiore; non è noto in che proporzione e gravità questi disturbi siano presenti nella forma grave perché i pz non rispondono ai questionari usati e ci si basa quindi su criteri osservazionali. Il consorzio intende anche applicare studi genetici anche perché la più grande banca dati USA, che comprende 2700 famiglie con probandi affetti da questa patologia, esclude bambini che non parlano e che hanno un’”età mentale” inferiore a 18 mesi. La ricerca vuole sapere in cosa differiscono geneticamente questi bambini con la forma grave dagli altri.

Lettera e risposta su un articolo sulla interconnettività, segnalato e commentato nelle Spigolature di Luglio 2013). Connectivity and cognition in autism spectrum disorders: Where are the links? PNAS 2013;110:E3973 e risposta Renewed focus on the voice and social reward in children with autism. PNAS Pg. E3974. L’articolo concludeva che la ridotta connessione tra parola e centri di ricompensa impedisce ai b. con autismo di apprezzare il piacere della parola influenzando lo sviluppo delle loro capacità comunicative

Disrupting the clustering of GABAA receptor α2 subunits in the frontal cortex leads to reduced  γ-power and cognitive deficits. PNAS 2013;110:16628. La schizofrenia con deficit cognitivo ha un alto rischio di prognosi infausta e di insensibilità alle terapie attuali. Si ritiene che il neurotrasmettitore inibitorio GABA (acido γ-ammino-butirrico, canale del Cl-) svolga un ruolo nel deficit cognitivo associato alla schizofrenia. Per capirne il suo ruolo gli AA hanno creato un modello animale (topo) di schizofrenia in cui è stata alterata la subunità α2 dei recettori GABA (GABAAR) con un’iniezione nella corteccia frontale di virus dominante negativo. I topi presentavano deficit cognitivo, in particolare della memoria di lavoro insieme a inibizione dello startle (riflesso da trasalimento) da un pre-stimolo (prepulse inhibition -PPI). Questo significa che le sinapsi GABA-ergiche nella corteccia prefrontale contribuiscono direttamente al deficit cognitivo e che la loro attivazione potrebbe migliorare il deficit cognitivo associato alla schizofrenia.

Genome-wide association analysis identifies 13 new risk loci for schizophrenia. Nature Genetics 2013;45:1150. Studio di associazione genome-wide di un ampio campione di soggetti con Schizofrenia partendo da un campione svedese e poi con una meta-analisi di altri campioni che ha consentito l’identificazione di 22 loci associati, di cui 13 nuovi e 1 in precedenza associato al disturbo bipolare. I geni candidati di questi loci suggeriscono il coinvolgimento del sistema di segnale neuronale del calcio. Dato importante: viene stimato che un gran numero di varianti comuni (6.300-10.200) contribuiscano in modo significativo a determinare la Schizofrenia spiegando buona parte della sua ereditabilità. In conclusione sembra che l’architettura genetica di questa patologia sia dominata da varianti comune. Il progetto: identificare i primi 2.000 loci (sembra uno scherzo, ndr) potrebbe essere sufficiente per capire i processi biologici che comportano il rischio di questa patologia frequente e di difficile controllo terapeutico.

MODELLI ANIMALI
Neurons generated by direct conversion of fibroblasts reproduce synaptic phenotype caused by autism-associated neuroligin-3 mutation. PNAS 2013;110:16622. Mancano prove che fenotipi di malattie possano essere riprodotti in neuroni ottenuti da differenziazione indotta da cellule non neuronali, come le cellule staminali pluripotenti o i fibroblasti. Nel lavoro si dimostra che cellule neuronali indotte (iN) ottenute da fibroblasti embrionali di topo con mutazione puntiforme della Neuroligina-3, legate all’autismo, hanno un fenotipo simile a quelle dei neuroni del topo mutato. Questo dice che è possibile per alcune malattie ricorrere alle cellule iN per studiare il fenotipo cellulare (saranno contenti gli animalisti, ma ricordiamoci che l’organismo non si riduce a un tessuto, ndr).

Allele-Specific Silencing of Mutant Myh6 Transcripts in Mice Suppresses Hypertrophic Cardiomyopathy. Science 2013;342:111. La miocardiopatia ipertrofica (HMC), la causa principale di morte improvvisa di giovani atleti, è caratterizzata da aumentato spessore della parete del ventricolo sn, disorganizzazione dei cardiomiociti e diffusa fibrosi miocardica in assenza di una malattia sistemica. Geneticamente eterogenea (di locus) con geni che codificano le proteine di struttura del sarcomero, che è l’unità contrattile del muscolo. Note oltre 1000 diverse mutazioni patogene, in gran parte missenso, di cui più della metà interessano il gene MYH7 (catene pesanti della β-miosina)(Miocardiopatia familiare ipertrofica 1, MIM#192600) con mutazioni tutte missenso, e MYBPC3 (proteina C legante la miosina cardiaca)(Miocardiopatia familiare ipertrofica 4, MIM #115197). Il lavoro studia un modello murino che ricapitola il fenotipo grave nell’uomo di HMC da mutazione missenso di MYH7 per verificare se possa essere corretta la disfunzione sarcomerica silenziando l’espressione dell’allele mutato. Topi trattati subito dopo la nascita con un vettore virale contenente una cassetta appositamente disegnata di RNA interferenza non sviluppano ipertrofia cardiaca o fibrosi miocardica per almeno 6 mesi. Questo effetto è ottenuto con una inibizione solo del 25% dei livelli di trascritto mutante. Due considerazioni: 1. la variabilità fenotipica della malattia riflette la proporzione di proteina wild type e mutante, 2. il silenziamento parziale svolge un effetto terapeutico.

Intrinsic-mediated caspase activation is essential for cardiomyocyte hypertrophy. PNAS 7 October 2013:E4079. (vedi anche l’articolo sopra). In questo articolo si sottolineano alcuni aspetti patogenetici della HMC. Il muscolo cardiaco è programmato a adattarsi ai cambiamenti, con modificazioni delle singole cellule con la loro ipertrofia ad es. per la crescita corporea e questa ipertrofia compensatoria diventa l’aspetto principale della malattia cardiaca. Il meccanismo patogenetico, molto parzialmente conosciuto, inizia con un agonista o uno stimolo dei pathway di segnale intracellulare ((MAPK)/CAMK, il fattore stimolante i miociti 2 (MEF2) e NFAT) con stimolazione dei fattori di trascrizione che riattivano il programma di espressione genica fetale nei cardiomiociti. Ci sono alcuni aspetti comuni tra le modificazioni cellulari nell’ipertrofia e l’apoptosi, con l’ipertrofia che poi prosegue con la morte cellulare caspasi-dipendente (le caspasi sono enzimi che frammentano proteine con meccanismo a cascata, ndr) e la dilatazione dell’organo. Questo suggerisce che abbiano pathway in comune. Un’ipotesi che nel lavoro si fa è che se il segnale caspasico è transitorio e di bassa intensità si promuove l’ipertrofia compensatoria, mentre se il segnale caspasico è prolungato e di intensità elevata si determinera l’apoptosi.
Viene dimostrato che in vitro l’attivazione mitocondriale intrinseca caspasica è essenziale per determinare l’ipertrofia della cellule cardiache e viene proposto che potrebbero essere individuati bersagli di componenti del pathway intrinseco, caspasi 3 o 9, per la terapia in pz nella fase iniziale del processo ipertrofico limitando l’aumento di volume dei miociti e evitando così la transizione all’insufficienza cardiaca.

Deficits in microRNA-mediated Cxcr4/Cxcl12 signaling in neurodevelopmental deficits in a 22q11 deletion syndrome mouse model. PNAS 2013;110:17552. Sappiamo che la microdelzione 22q11.2 è associata a malattie del neurosviluppo e psichiatriche, soprattutto Schizofrenia (SCZ), e che l’1-2% delle persone con quest’ultima patologia ha una microdelezione 22q11. E sappiamo anche che in generale le CNV, sia delezioni che duplicazioni, possono essere fattori di rischio per queste malattie psichiatriche. Ma non sappiamo come la delezione sia associata alla SCZ. Esistono vari modelli di topo ottenuti con tecniche di mutagenesi, con topi con delezione di 1.5 Mb dal locus Idd al locus Hira (Lgdel/+) contenente 24 geni, cinque geni in più della delezione Df1 (di 1,2 Mb) dei topi Df1/+. Il topo Lgdel/+ mostra un ritardo di migrazione degli interneuroni, alterata distribuzione di interneuroni parvalbumina (PV) positivi e riduzione di espressione del recettore chemochina 4 (Cxcr4) coinvolto nella migrazione degli interneuroni. Nella SCZ sono ben documentate anomalie degli interneuroni PV-positivi e questo potrebbe costituire il legame esistente tra queste due patologie. Altro dato interessante è che il topo KO eterozigote del gene Dgcr8 (DiGeorge syndrome critical region gene 8, microprocessore di microRNA il cui locus è nella regione 22q11 e che è stato proposto come responsabile almeno in parte della patologia psichiatrica) ha difetti di memoria di lavoro e di elaborazione dell’informazione sensoriale, presenti sempre nei pz con SCZ.
Nel lavoro si dimostra che anche il topo Df1/+ presenta anomalie di migrazione degli interneuroni. Nei topi Df1/+ e Dgcr8 KO eterozigoti i progenitori degli interneuroni hanno deficit del ligando 12 di Cxcr4 (Cxcl12) e mostrano un alterato sviluppo del giro dentato ippocampale Cxrc4-dipendente. Infine neuroni dell’epitelio olfattivo di pz con SCZ (da biopsia nasale con microdissezione con laser) mostrano una ridotta espressione di CCCL12. Ipotesi di lavoro: 1. il segnale CXR4/CXCL12 sembra essere coinvolto nel meccanismo fisiopatogenetico della schizofrenia, entità eziologicamente eterogenea ma probabilmente con meccanismi patogenetici comuni. 2. questa via di segnale potrebbe costituire un biomarcatore di questa e di altre patologie psichiatriche (aspetto molto interessante, ndr).
(vedi anche Derepression of a Neuronal  Inhibitor due to miRNA Dysregulation in a Schizophrenia-Related Microdeletion. Cell 2013;152:262)(Articoli interesse Gennaio 2013) Merscher et al. (2001) hanno ottenuto, con tecniche di mutagenesi mirata mediante sistema di ricombinazione cre-loxP, topi eterozigoti per una delezione di circa 1.5 Mb che va dal locus Idd al locus Hira (Lgdel/+) contenente 24 geni, cinque geni in più rispetto alla delezione Df1 (circa 1,2 Mb) dei topi Df1/+

RETINITE PIGMENTOSA
Whole genome sequencing in patients with retinitis pigmentosa reveals pathogenic DNA structural changes and NEK2 as a new disease gene. PNAS 2013;110:16139. Le RP sono un gruppo molto eterogeneo di malattie genetiche della retina in cui vi è una degenerazione di fotorecettori chiamati bastoncelli, responsabili della visione notturna non cromatica (scotopica) che è più pronunciata della degenerazione dei fotorecettori coni che danno la visione diurna (fotopica). I pz con RP hanno inizialmente cecità notturna che progredisce poi in un deficit visivo progressivo anche per la luce diurna e riduzione del campo visivo. La terapia usuale è a base di Vit A e dieta ricca di omega-3 che rallentano l’evoluzione in cecità (sono in corso varie sperimentazioni cliniche di terapia genica, ndr). Sono noti > 50 geni responsabili della RP e le forme più comuni si trasmettono in modo AR (ARRP) con una predominanza di ascendenza europea (www.sph.uth.tmc.edu/retnet/home.htm). In metà dei casi non si riesce però a individuare il gene malattia, e le mutazioni individuate sono popolazione-specifiche. Nel lavoro è stata applicata la tecnica di sequenziamento dell’intero genoma (WGS) in 16 pz con ARRP non correlati di provenienza etnica diversa. Sono state individuate mutazioni in omozigosi o composti eterozigoti di 7 geni associati a ARRP (USH2A, RDH12, CNGB1, EYS, PDE6B, DFNB31, and CERKL) in 8 pz (3 giapponesi e 5 nord-americani) e 14 delle 16 mutazioni identificate non erano precedentemente note, e due in sedi non codificanti. In un pz giapponese è stata poi trovata una mutazione (frameshift) in omozigosi del gene ciliare NEK2, che codifica una chinasi serina/treonina, la cui inattivazione nello zebrafish determina un difetto dei fotorecettori, difetto che viene corretto introducendo mRNA di NEK2 umano. In conclusione nuove mutazioni e un nuovo gene delle ARRP e l’indicazione a usare la tecnica WGS piuttosto dell’analisi dell’intero esoma (WES).

EPIDERMOLISI BOLLOSE/CUTE
Allogeneic blood and bone marrow cells for the treatment of severe epidermolysis bullosa: repair of the extracellular matrix. Lancet 382:1214. Le Epidermolisi bollose (EB) ereditarie sono malattie sistemiche con coinvolgimento non solo della cute (grave fragilità e formazioni di vesciche anche da microtraumi), mucose e anche in alcuni casi di altri organi; alcune regrediscono altre invece sono letali. Nella EB Distrofica il decorso è caratterizzato da cicatrici mutilanti, vesciche che ricoprono buona parte della cute e successivamente infezioni croniche cutanee, deformazioni, contratture articolari, stenosi esofagea, erosioni corneali e carcinoma a cellule squamose molto aggressivo che può comparire in epoca adolescenziale e che è presente nella metà dei casi ai 40 anni, con mortalità per metastasi nella quasi totalità dei pz. Sono state sviluppate e sperimentate negli ultimi decenni numerose terapie geniche, cellulari o proteiche con un certo successo. Per la EB Distrofica recessiva con mutazione del gene del collagene VII viene proposta una cross-correction di COL7A1 sistemica e possibilmente permanente nella matrice extracellulare con trapianto di cellule staminali ematiche e midollari. Questa terapia è stata sperimentata con successo nel modello murino di EB Distrofica, usando trapianti di cellule midollari di topi cogenici wild type (geneticamente simili tranne che per il gene donato e per alcuni geni concatenati al locus di interesse, ndr) in cui si è dimostrato che le cellule staminali sono migrate nelle sedi delle lesione e secernono il collagene. E’ stata applicata la stessa terapia nell’uomo con risultati ottenuti in 20 bambini: nella maggior parte dei bambini vi è stato un netto miglioramento dei segni cutanei (impressionante l’effetto che si vede dalle immagini pubblicate), di alcuni organi (esofago) e generali come la crescita, ma non una loro completa risoluzione. Quindi la terapia non è la terapia ideale (come succede per la stessa terapia per altre malattie come la s. Hurler) e non sostituisce completamente le altre terapie su citate, anche perché si tratta comunque di un trapianto. Ma sappiamo che il trapianto di midollo è il primo passo verso la terapia genica.

Skin Treatments Science 4 October 2013. Commento di pubblicazioni su J. Invest. Dermatol 2013;133 (Gostynski e coll. Long-Term Survival of Type XVII Collagen Revertant Cells in an Animal Model of Revertant Cell Therapy. J Invest Dermatol 2013;133:1910; 10.1038/jid.2013.308; Intravenously Injected Recombinant Human Type VII Collagen Homes to Skin Wounds and Restores Skin Integrity of Dystrophic Epidermolysis Bullosa; Hovnanian A. Systemic protein therapy for recessive dystrophic epidermolysis bullosa: how far are we from clinical translation? Pg. 1719; Woodley DT e coll. Intravenously Injected Recombinant Human Type VII Collagen Homes to Skin Wounds and Restores Skin Integrity of Dystrophic Epidermolysis Bullosa. Pg. 1910)(non ho accesso a articoli del 2013 su questa rivista) sul successo della sperimentazione animale delle Epidermolisi Bollose. L’EB Distrofica (MIM #131750, sotto questa voce vedi altre forme alleliche come la AR #226600) è dovuta a mutazione del collagene tipo VII e clinicamente è caratterizzata da formazione di bolle, deformazioni secondarie e carcinoma a cellule squamose aggressivo. In due modelli animali l’iniezione EV di collagene ricombinante VII ripara le lesioni cutanee con espressione permanente per varie settimane. Nella EB Giunzionale (MIM #226650) alcune forme sono dovute a mutazione del gene del collagene XVII e la patologia è corretta da una mutazione secondaria spontanea che determina un mosaicismo da reversione (la sequenza del gene mutato torna ad essere quella normale); questo evento, noto da tempo (1995, vedi OMIM 226650) sembra essere un evento abbastanza frequente nella EB. I cheratinociti con reversione hanno un potenziale significato terapeutico, anche se crescono meno delle cellule normali. Nel modello murino umanizzato le cellule con reversione sono in grado di attecchire e rigenerare la cute.

Deep Dermatophytosis and Inherited CARD9 Deficiency. NEJM 2013;369:1704. La Dermatofitosi profonda, diversa dalla forma più comune superficiale, è una grave e talora letale infezione micotica da dermatofiti (che parassitano solo materiale morto ricco di cheratina, ndr) con diffusione ai linfonodi e talora anche al SNC senza che vi sia immunodeficienza. I pz provengono in genere dal Nord Africa, in famiglie di consanguinei con più affetti, il che fa pensare a una patologia mendeliana AR. Sulla base di una segnalazione di mutazione del gene CARD9 (caspase recruitment domain–containing protein 9)(dominio di reclutamento delle caspasi 9) in una famiglia iraniana di consanguinei con più affetti da meningite da candida, candidiasi mucocutanea cronica e dermatofitosi cutanea (MIM #212050), sono state cercate mutazioni del gene in 17 pz senza immunodeficienza di 8 famiglie diverse tunisine, algerine e marocchine. Trovate mutazioni in omozigosi in tutti i pz, mutazioni troncanti o missenso, diverse dalla mutazione trovata nella fam. iraniana.

MALATTIE CANALI IONICI
Defining the disease liability of variants in the cystic fibrosis transmembrane conductance regulator gene. Nature Genetics 2013;45:1160. NGS ha aumentato drammaticamente il numero di varianti di incerto significato che sono segnalate e la difficoltà di distinguere una variante causa di malattia dalla variante neutra è una vera sfida nell’era della genomica.
Un modo per tentare di risolvere il problema è quello di ricorrere a una banca dati delle varianti che contenga però adeguati e precisi dati fenotipiche dei soggetti testati e funzionali delle varianti stesse. Per il gene CFTR sono note quasi 2.000 varianti ma si conoscono solo una dozzina di varianti di suscettibilità per la malattia. Le difficoltà di interpretazione di una variante è particolarmente grave in questo caso perché il test genetico della FC è uno dei test più comunemente applicati. Infine il considerevole numero di varianti associate alla malattia che non sono state verificate sperimentalmente rende difficile comprendere come variazioni strutturali della proteina CFTR determinino la sua alterata funzionalità causando il fenotipo della FC. Il Cystic Fibrosis Mutation Database (http://www.genet.sickkids.on.ca/app), iniziato nel 1990, ha un rilevante elenco di varianti del gene ma con poche informazioni cliniche e funzionali. Il lavoro presenta i risultati di un’analisi genotipica e fenotipica di quasi 40.000 pz con FC nei registri USA e Europei (in Italia VR, Policlinico MI, Bambin Gesù Roma). Individuate 159 varianti rare (≤0.01%) che sono state valutate in base alla gravità clinica e alle conseguenze funzionali: l’80% con questi due criteri consistenti con la diagnosi, quindi patogene, 19 varianti con il criterio funzionale o quello clinico e 13 nessuno dei due; di queste, filtrate per la penetranza, 20 sono state considerate indeterminate e 12 non causali. Dimostrazione che database con dati clinici completi e funzionali possono aiutarci nella interpretazione clinica delle varianti.

Nonfunctional NaV1.1 familial hemiplegic migraine mutant transformed into gain of function by partial rescue of folding defects. PNAS 2013;110:17245 (AA con nomi italiani, e uno della Fondazione Neurologica Besta di MI). Mutazioni del gene SCN1A, che codifica una subunità alfa del canale del sodio regolato dal voltaggio (Nav1.1), causano l’Emicrania familiare emiplegica 3 (FHM3)(MIM #609634) e alcune forme di epilessia (s. Dravet, la forma febbrile tipo 2 e 3A)(vedi MIM *182389). La FHM3 si manifesta come emicranica emiplegica pura o in associazione con crisi convulsive o con ripetuti episodi giornalieri di perdita della vista. Mentre nelle forme epilettiche le mutazioni riducono la funzione del prodotto genico con conseguente ridotta eccitabilità dei neuroni GABAergici, non vi sono informazioni concordanti sull’effetto delle mutazioni che causano FHM3, in quanto una mutazione causa acquisizione di funzione e un’altra invece una completa perdita di funzione. Nello studio in vitro si dimostra che la mutazione con perdita di funzione determina un difetto di ripiegamento proteico che è ricuperabile in vitro se si simulano meglio le condizioni reali in vivo e che quando il difetto di ripiegamento è ricuperato, anche parzialmente, ha le caratteristiche di acquisizione di funzione con ipereccitazione dei neuroni GABAergici. Questo quindi sembra il meccanismo patogenetico di FHM3.

MALATTIE NEUROLOGICHE/NEURODEGENERATIVE
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Choosing an animal model for the study of Huntington’s disease. Nature Reviews Neuroscience 2013;14:708. E’ un malattia (HD) neurodegenerativa progressiva letale con anomalie cognitive, psichiatriche e motorie con associata perdita di peso e di massa muscolare. La trasmissione è AD e la causa è dovuta a una mutazione da espansione (>36) di una ripetizione polimorfica trinucleotidica (CAG) nell’esone 1 del gene HTT (MIM #143100); se l’espansione è di dimensioni considerevoli la malattia è più precoce. Ma sulla precocità hanno influenza anche fattori ambientali e modulatori genetici.
Metà delle quasi 10.000 pubblicazioni di questa malattia, la cui mutazione è stata identificata 20 anni fa, riguarda la ricerca di modelli animali che hanno chiarito alcuni aspetti patogenetici e che hanno portato a numerose (>15) sperimentazioni cliniche, ma senza gran successo né come prevenzione né come rallentamento della sua evoluzione. Ma essendo il numero di pz disponibili relativamente basso purtroppo possono essere testati solo pochi farmaci. E quindi la sperimentazione clinica nei modelli animali può non solo farci capire i meccanismi patogenetici ma anche costituire una buona soluzione per individuare e provare farmaci veramente efficaci. Il potenziale translazionale di un modello animale in generale dipende da quanto è valido, come validità di impostazione (quanto riproduce la patogenesi della malattia?), validità “facciale” (quanto riproduce il fenotipo della malattia?) e come validità predittiva (quanto dei miglioramenti osservati sono riproducibili o possono essere previsti nei pz?). Nell Review viene fornita una rassegna dei progressi nella produzione di modelli di varie specie di animali (in particolare Drosofila, roditori, maiali, pecore e scimmie) riguardo ai tre requisiti di validità sopra esposti. Per la validità “facciale” ancora questo aspetto non è stato completamente raggiunto (nella Drosofila il fenotipo oculare degenerativo) per vari motivi, tra cui ad es. la relativa brevità della vita dei topi. Un modo per risolvere quest’ultimo aspetto è quello di anticipare l’inizio della malattia aumentando le dimensioni dell’espansione.
Ma alla domanda “Is it vital for a model to match all features of a human condition?” viene sottolineato che non è sempre possibile avere il completo quadro fenotipo per alcuni segni della neurodegenerazione, come la tendenza al suicidio o i disturbi di linguaggio, che non sono riproducibili nell’animale. Ma comunque il fenotipo riflette gli eventi patologici nei substrati neurobiologici comuni e terapie che migliorano i principali segni della malattia potrebbero anche migliorare quello che i modelli animali non possono rappresentare. Nonostante le difficoltà continuerà lo sviluppo dei modelli animali della HD, che se avranno successo consentiranno di capire in pieno la relazione tra mutazione del gene e declino neurologico in questi pz.
(Ottima Review anche perché presenta bene tutti gli aspetti della sperimentazione in generale, non solo per la HD, usando i modelli animali. Ndr).

Glutathione peroxidase activity is neuroprotective in models of Huntington’s disease. Nature Gentics 2013;45:1249. Il lievito come modello per cercare soppressori della tossicità della huntingtina (Htt) mutata per chiarire come il mutante esercita la sua tossicità e poi individuare bersagli terapeutici. Lo studio genome-wide ha identificato 317 ORF (open reading frame - sequenza genetica che codifica una proteina) che riduce la tossicità del mutante Htt nel lievito che operano in vari processi cellulari, tra cui l’importazione e il metabolismo del rame. Due di questi soppressori codificano glutatione perossidasi (GPx), enzimi conservati che catalizzano la riduzione del perossido di idrogeno e delle perossidasi lipidiche, gli unici antiossidanti di tutti i geni selezionati. Da notare che lo stress ossidativo nella m. Huntigton è aumentato anche se i livelli di attività di questi due enzimi non lo è. Da qui l’ipotesi che aumentarne l’attività potrebbe avere un effetto terapeutico. Nello studio è stato studiato l’effetto della modulazione di GPx in vari modelli: nel lievito, nelle cellule di mammiferi e nella Drosofila. E’ stato dimostrato che l’attività di GPx ha un effetto protettivo cellulare riduce gli effetti cellulari della tossicità Htt, senza inibire l’autofagia che è un meccanismo fondamentale per eliminare il mutante Htt. Si è inoltre dimostrato che sostanze GPx mimetiche (funzionano come), come Ebselen, svolgono un forte effetto protettivo nei modelli in vitro della m. Huntigton.
Alcune sperimentazioni cliniche hanno dimostrato che GPx mimetiche sono ben tollerate nell’uomo. Una buona speranza quindi per la terapia di questa fatale malattia neurodegenerativa e di altre malattie neurodegenerative da aumentato stress ossidativo.

Silencing synuclein at the synapse with PLK2. PNAS 2013;110:16293. Commento dell’articolo (Polo-like kinase 2 regulates selective autophagic α-synuclein clearance and suppresses its toxicity in vivo. Pg. E3945) sull’individuazione di un modulatore del turnover della α-sinucleina, una serina/treonina chinasi che svolge un ruolo nella divisione cellulare, nell’oncogenesi e nella regolazione sinaptica dell’encefalo adulto. Tale chinasi, Polo-like kinase 2 (PLK2), potrebbe essere un buon bersaglio per la terapia delle sinucleinopatie, malattie con anomali aggregati di proteine sinaptiche e α-sinucleina nel SNC, tra cui m. Parkinson, Demenza da corpi Lewis, Atrofia multisistema (vedi anche Mutations in COQ2 in Familial and Sporadic Multiple-System Atrophy. NEJM 2013;369:2339(Articoli Luglio 2013) e per alcune distrofie neuroassonali.

Deficits in dopaminergic transmission precede neuron loss and dysfunction in a new Parkinson model. PNAS 30 September 2013:E4013. Non è ancora ben chiaro perchè vi siano elevati livelli di espressione della proteina presinaptica α-sinucleina, caratteristica del Parkinson sporadico e familiare. E’ stato quindi generato un topo transgenico (SNCA-OVX) che esprime α-sinucleina wild type umana a livelli della malattia. Il topo presenta perdita dei neuroni dopaminici nigostriati e clinicamente difficoltà motorie tipiche del Parkinson. Questo fenotipo è preceduto da difetti di rilascio dopaminico del terminale assonale dei neuroni dorsali dello striato con associata alterazione delle vescicole negli assoni dopaminergici. I topi più anziani hanno una ridotta eccitazione dei neuroni dopaminici della sostanza nigra compatta in vivo. Di interessante soprattutto il fatto che queste alterazioni non dipendono dagli aggregati proteici ma li precedono, suggerendo quindi un diverso meccanismo patogenetico. In conclusione lo studio longitudinale dei topi SNCA-OVX chiarisce alcuni aspetti delle anomalie neuronali regione-specifiche che precedono e accompagnano lo sviluppo della malattia.

ALS and FTD: two sides of the same coin? Lancet Neurology 2013;12:937. L’espansione esanucleotidica del gene C9ORF72 è la più comune causa della Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS) e della Demenza Fronto-temporale (FTD) nelle persone di discendenza europea, costituendo il 5-14% dei casi familiari e sporadici di ALS (vedi Articoli Interesse Maggio 2013). Nel lavoro che viene commentato (Association between repeat sizes and clinical and pathological characteristics in carriers of C9ORF72 repeat expansions (Xpansize-72): a cross-sectional cohort study. Pg. 978) sono state analizzate le dimensioni variabili dell’espansione esanucleotidica GGGGCC nel SNC prelevato in corso di autopsia di persone con ALS, FTD e Malattia del motoneurone (MND)(molti di questi si ritiene abbiano in realtà la ALS) dimostrando che l’espansione è policlonale, con eterogeneità somatica età dipendente, come si è visto anche nella m. Huntigton e nella SCA 3. Seconda osservazione: la lunghezza delle ripetizioni è indipendente dalla diagnosi clinica (ALS o FTD) e è maggiore nei lobi frontali rispetto al cervelletto. Terzo: si è visto che le dimensioni dell’espansione variano nel midollo spinale rispetto all’espansione nella corteccia prefrontale da malattia a malattia, con la grossa limitazione però che lo studio si basa su un ridottissimo numero di pz. Quarto: le dimensioni dell’espansione nella corteccia prefrontale sono positivamente correlate con l’età di insorgenza solo nella FTD (minor espansione minore età)(contrariamente a quanto rilevato in altre malattie come la Distrofia miotonica o la SCA 10). Viene sottolineato il dubbio su qualche risultato, ad es. che il DNA possa derivare da altri tessuti, non solo dal SNC (microglia, cellule endoteliali) e la degradazione del DNA per il materiale studiato. Viene sottolineato che questo studio fornisce elementi alla teoria che ALS e FTD siano molto eterogenee, con alcune varianti ALS e alcune varianti FTD che hanno una base genetica comune causa di simili anomalie in alcuni tessuti (SNC e midollo spinale), ma con altre diverse in altre parti del SNC. Un dato utile per il counseling: le dimensioni dell’espansione non correlano con la gravità della malattia.

Poisonous RNA in neural diseases. Nature 2013;502:413. Nota breve sui risultati di una ricerca (RNA Toxicity from the ALS/FTD C9ORF72 Expansion Is Mitigated by Antisense Intervention. Neuron 2013;80:415) sull’uso degli studi in vitro per la comprensione dei meccanismi neuropatologici nella Sclerosi Laterale Amiotrofica/Demenza Frontotemporale e di come questi meccanismi possano essere corretti. Da biopsia cutanea di persone con ALS sono state indotte cellule totipotenti e da queste neuroni. La mutazione comporta un accumulo di trascritti mutati e proteine leganti RNA che altera l’espressione genica e alla fine causa la morte del neurone. Nucleotidi antisenso che si legano alle molecole di RNA C9ORF72 in vitro invertono la tendenza di accumulo. Questo ci dice che il processamento di RNA contribuisce sia alla ALS che alla FTD.

U1 small nuclear ribonucleoprotein complex and RNA splicing alterations in Alzheimer’s disease. PNAS 2013;110:16562. L’ipotesi che il meccanismo patogenetico dell’Alzheimer sia quello di un accumulo di placche di amiloide insolubile tra i neuroni e di aggregati di tau nei neuroni (ipotesi amiloide e ipotesi tau) non soddisfa pienamente i ricercatori. Nel lavoro con la spettrometria di massa sono state individuate più di 4.000 proteine insolubili di cui 36, tra cui U1-70K e altre piccole ribonucleoproteine nucleari, accumulate nel SNC di persone con Alzheimer, anche in quelli nella fase iniziale della malattia. Si osserva inoltre un’alterata regolazione del processamento di RNA (come per altre patologie neurodegenerative) con accumulo di RNA non sottoposto a splicing soprattutto nel SNC. Quindi il meccanismo patogenetico dell’Alzheimer potrebbe essere, oltre a β-amiloide and tau, un’alterato splicing di RNA (ribonucleopatia? Ndr).

Citato da Nature 2013;502:597 (Imaging of Tau Pathology in a Tauopathy Mouse Model and in Alzheimer Patients Compared to Normal Controls. Neuron 2013;79:1094). Istologicamente nell’Alzheimer sono presenti all’interno dei neuroni aggregati neurofibrillari di proteina Tau. Un gruppo si ricerca giapponese ha messo a punto una serie di molecole radioattive che legano Tau, come risulta dall’istologia di campioni di SNC di affetti e nel topo con depositi di questa proteina. Usando la PET si osserva che queste molecole iniettate in persone con probabile m. Alzheimer sono presenti a alta concentrazione dell’ippocampo, anche in rapporto con la progressione della malattia, mente risultano assenti in volontari sani. Interessante che altre malattie neurodegenerative, come la Paralisi sopranucleare progressiva e da Degenerazione corticobasale, mostrano alla PET accumulo di tau in specifiche aree cerebrali.

Medical Imaging. Outlook. Nature 2013;502:181 e seguenti. Questa prospettiva riguarda i progressi delle tecniche di immagini e le loro applicazioni in medicina. Vi è un considerevole interesse in particolare nel capire come il cervello di deteriora nell’Alzheimer e il ruolo dell’infiammosoma in alcune malattie come l’aterosclerosi e il cancro.
S82 SCANS: Enhanced medical vision. Diverse technologies peer inside the body
S84 ALZHEIMER’S DISEASE. Mapping the brain’s decline: Gaining insight into cognitive decay
S86 INFLAMMATION. A complex problem: Suspicious immune factor spotted in several diseases
S88 SURGERY.  The eyes of the operation: Sensing the good from the bad
S90 TECHNOLOGY. Multiple exposure: Several imaging techniques are better than one
S92 SOFTWARE. The computer will see you now: Sophisticated programs sharpen the view
S95 PERSPECTIVE. The big picture: Don’t just file medical images away
S96 NEXT-GENERATION SCANS. Seeing into the future: Innovative tools come into focus.

Semagacestat’s fall: where next for AD therapies? Nature Medicine 2013;19:1214. Community Corner con interventi di tre esperti sull’insuccesso della sperimentazione clinica in fase 3 (NEJM 2013;2013;369:341) di un inibitore di γ-secretasi (Semagacestat) che media il clivaggio intramembranoso di molte proteine di membrana tra cui la proteina precursore amiloide (APP)(e anche Notch). La sperimentazione è stata interrotta perché il farmaco ha effetti avversi e non è efficace, anzi sembra associato a un peggioramento delle funzioni cognitive. La domanda ai 3 esperti: come proseguire nelle ricerche per trovare una terapia dell’Alzheimer (malattia temibilissima per il pz, la sua famiglia e per la società per la sua frequenza, ndr)? In tutti c’è speranza perché ora ci sono biomarcatori presintomatici della malattia, perché 20 anni di ricerca non sono passati invano e ci dicono che l’amiloide è ormai accertato che sia un buon bersaglio per la terapia, perché in effetti ora sappiamo che le placche di beta-amiloide sono correlate alla AD come sono correlate all’incendio di una casa “charred (bruciacchiate) furniture and water damage” (ci sono pareri discordanti su questo, non sull’effetto del fuoco, ma su AD, ndr). Quindi abbastanza ottimisti che si arriverà a una terapia.

Do preclinical Alzheimer’s disease criteria work? Lancet Neurology 2013;12:933. Sono state individuati possibili stadi prodromici della m. Alzheimer dal gruppo di lavoro del National Institute on Aging and the Alzheimers Association (NIA-AA). Sono tuttora in corso studi di validazione di questi possibili stadi delle sequenze di eventi che portano alla AD. Lo studio che viene commentato e che è pubblicato sullo stesso fascicolo (Preclinical Alzheimer’s disease and its outcome: a longitudinal cohort study. Pg. 957), a differenza di precedenti che si sono concentrati sulle neuroimmagini, riguarda invece l’analisi del liquido cefalorachidiano (CSF) su persone in fase preclinica e i cui risultati di stadiazione sono risultati inaspettatamente sovrapponibili a quella delle neuroimmagini. Sembrano quindi individuati i possibili stati prodromici della malattia. Questo consentirà di applicare misure di prevenzione primaria e secondaria (e una migliore valutazione dell’effetto di eventuali future terapie in epoca presintomatica, ndr).

Strengthening connections between Down syndrome and AD. Lancet Neurology 2013;12:931. Il
Down Syndrome Consortium Registry (DSConnect) è un NIH online database con informazioni protette da condividere tra persone con s. Down, curanti e ricercatori con la funzione di migliorare la vita delle persone con trisomia 21 e stimolare la ricerca ad es. sul rapporto di questa patologia con la m Alzheimer. In USA la prevalenza della Trisomia 21 è di circa 1:700 nati con un considerevole aumento della sopravvivenza. Ma (nonostante la sua causa sia nota da più di 50 anni, ndr) poco si sa della sua storia naturale. In particolare sulla patologia neurodegenerativa riscontrata all’autopsia, che è presente a 40 anni nella totalità dei soggetti. La PET conferma che all’età media di 37 anni vi sono i classici depositi di amiloide, come nella AD. Ma mentre i segni cognitivi e comportamentali dell’Alzheimer sono presenti in quasi tutti i soggetti all’età di 70, la demenza interessa solo il 2-5% dei soggetti,. Si conferma così che anche nella Trisomia 21 l’accumulo di amiloide si instaura ben prima dei segni clinici. Sono in corso studi nella trisomia 21 dei biomarcatori dell’Alzheimer e si spera che la recentissima possibilità di inattivazione di un cromosoma 21 almeno in vitro (Translating dosage compensation to trisomy 21. Nature 2013;500:296) possa aiutare chiarire i pathway cellulari alterati che danno luogo all’accumulo di amiloide.

Gle1 Functions during mRNA Export in an Oligomeric Complex that Is Altered in Human Disease. Cell 2013;155:582. Conosciamo molte malattie da sregolazione del metabolismo dei mRNA, del controllo della sua trascrizione, processamento, esportazione dal nucleo, traduzione e trunover, sregolazione che interferisce nella omeostasi, sistemi di segnale, divisione e differenziazione cellulare. Il gene GLE1 è una proteina multifunzionale che ha un ruolo nell’esportazione e nella traduzione dei mRNA. Mutazioni di questo gene sono responsabili di una patologia neurologica recessiva prevalente in Finlandia che causa artrogriposi (almeno due forme alleliche: Sindrome congenita contratturale letale 1, LCCS1, MIM #253310 e Artrogriposi letale con malattia delle cellule delle corna anteriori, MIM #611890 e). Per verificarne il suo meccanismo patogenetico in queste patologie è stato condotto uno studio in vitro e in vivo da cui risulta una specifica modificazione di oligomerizzazione di GLE1 e di trasporto che altera significativamente l’esportazione di mRNA dal nucleo delle cellule. Questo almeno nella prima patologia LCCS1, per la seconda e forse per un’altra forma allelica più recentemente identificata è possibile che siano coinvolti differenti meccanismi di azione di GLE1 che comportano fenotipi almeno in parte diversi.

MITOCONDRI
Peripheral neuropathy in mitochondrial disorders. Lancet Neurology 2013;12:1011 (AA italiani tra cui ovviamente M. Zeviani). Perché la neuropatia periferica (deficit sensitivi, motori e vegetativi di uno o più nervi, ndr) è comune ma lieve nella maggior parte delle malattie mitocondriali e perché invece in alcune è il segno clinico predominante? (uno si aspetta che iniziando così il riassunto ci sia poi la risposta: e invece no. Ndr). Solo ora infatti si comincia a capire l’importanza della funzione mitocondriale e la distribuzione nel nervo periferico, che dipende da un processo continuo di fusione e fissione mitocondriale. Anomalie di questa dinamica mitocondriale sono infatti oggetto di studio per capire perché si produce la disfunzione del nervo periferico. E’ quindi importante se si presenta un pz con neuropatia periferica (non diabetica, che è la causa più frequente in età >55 anni) riconoscere e diagnosticare una patologia mitocondriale per il counseling e per il possibile trattamento per alcune. Nel Panel delle m. mitocondriali con neuropatia periferica si elencano quelle in cui prevale come segno la neuropatia, in quelle in cui è un segno chiave e quelle in cui è un sintomo minore.

CILIOPATIE
Autophagy promotes primary ciliogenesis by removing OFD1 from centriolar satellites. Nature 2013;502:254. Gli AA (tra cui Brunella Franco di NA) presentano i risultati sul ruolo dell’autofagia nella ciliogenesi controllando la degradazione di OFD1 (gene della sindrome Oro-facio-digitale 1- MIM #311200, malattia XL con segni simili alla s. Joubert e alla Simpson-Golabi-Behemel 2- MIM #300209). L’autofagia è un pathway catabolico in cui il citosol, organelli danneggiati e aggregati proteici, sono inglobati in autofagosomi (derivati da membrane del reticolo endoplasmatico) e trasportati nei lisosomi per la loro distruzione. Si dimostra che l’autofagia è legata alla ciliogenesi primaria e che difetti di autofagia costituiscono la base biologica delle ciliopatie. La modulazione di questo processo potrebbe costituire una nuova terapia per queste malattie.

TERAPIA
Risedronate in children with osteogenesis imperfecta: a randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet 2013;382:1424. Sperimentazione multicentrica a doppio cieco (per tutti) di bambini di 4-15 anni con osteogenesi imperfetta con alta frequenza di fratture con risedronato (2.5 o 5 mg)(n° 94) o placebo (n° 49) per 1 anno e poi trattati tutti con lo stesso farmaco per 2 anni (ClinicalTrials.gov, number NCT00106028). Risultati: la terapia con bisosfonato, ben tollerata, aumenta la densità minerale ossea e riduce la frequenza di fratture cliniche. In conclusione è una buona opzione terapeutica della OI

A proposito di Osteoporosi:
PLS3 Mutations in X-Linked Osteoporosis with Fractures. NEJM 2013;369:1529. Analisi inizialmente dell’esoma di geni XL in 3 pz di una famiglia con osteoporosi e fratture a trasmissione XL, individuata una mutazione patogena del gene PLS3. Poi sequenziamento Sanger di questo gene in 95 pz maschi senza mutazione di COL1A1 or COL1A2 inviati al Centro Connettivopatie di Amsterdam per diagnosi o per escludere una Osteogenesi imperfetta 1. Oltre alla prima famiglia individuate mutazioni patogene del gene PLS3 in 5 famiglie. Analisi funzionali in vitro e in zebrafish depongono per un ruolo regolatorio osseo del prodotto di questo gene. In più la variante trovata è associata nelle femmine eterozigoti a una maggior probabilità di fratture scheletriche, il che fa propendere per un ruolo eziologico di questo gene nella osteoporosi familiare comune.

IMMUNITA’
Desmoglein 1 deficiency results in severe dermatitis, multiple allergies and metabolic wasting. Nature Genetics 2013;45:1244. Le malattie allergiche sono caratterizzate da perdita della barriera epidermica, composta da uno strato di epitelio squamoso ben differenziato protettivo. Questa barriera dipende da un’organizzazione spaziale e temporale ben regolata di molte strutture intercellulari, tra cui i desmosomi che sono strutture transmembrana (attraversano il doppio strato lipidico, ndr) che connettono la superficie cellulare ai filamenti intermedi del citoscheletro, Sono eterodimeri di caderine desmosomiali, le desmogleine (DSG1-DSG4) e le desmocolline /DSC1-DSC3)(proteine filamentose), che interagiscono nello spazio intercellulare. La parte intracitoplasmatica della placca desmosomica contiene varie proteine come la placoglobina e la placofillina che si associano alla desmoplachina e quindi alla cheratina del citoscheletro.
Mutazioni di DSG1 sono causa di 4 malattie dermatologiche: pemfigo foliaceo (malattia con vesciche su base immunitaria da anticorpi anti DSG1; Staphylococcal Scalded Skin Syndrome (SSSS), dermatopatia bollosa causata da una tossina epidermolitica, prodotta da alcuni ceppi di stafilococco anti DSG1; Cheratoderma striato palmoplantare (MIM #148700).
Nel lavoro viene descritta una nuova sindrome con grave dermatite, allergie multiple, malassorbimento, deficit di crescita e ritardo psicomotorio in 3 bambini (due sorelle e una femmina con prob. altri affetti deceduti in due famiglie di consanguinei) con mutazione con perdita di funzione in omozigosi di DSG1 (sindrome SAM da Skin dermatitis, multiple Allergies and Metabolic wasting) che causa mancata adesione cellula-cellula. Questo comunque conferma che l’allergia può essere dovuta a un difetto epidermico primitivo.

Deficiency in Complement Factor B. NEJM 2013;369:1667. Il pathway alternative del complemento è fondamentale per la difesa contro le infezioni da batteri incapsulati in polisaccaridi. Per iniziare il processo sono necessari il fattore B, il fattore D e la properdina. Sono stati descritti difetti del fattore D e della properdina. In questa segnalazione viene descritta una donna con infezioni da pneumococco ricorrenti e da meningococco da deficit del fattore B. Storia: a 2 anni peritonite pneumococcica, a 4 anni polmonite acquisita, a 15 anni meningite da Neisseria meningitidis, a 30 anni polmonite pneumococcica complicata da empiema unilaterale. A questo punto sospettato un deficit immunitario: immunoglobuline, sottopopolazioni linfocitarie, via classica del complemento normali, ma inattivo il pathway alernativo con deficit assoluto del fattore B. Il sequenziamento genico dei 18 esoni ne ha individuato un composto eterozigote con una mutazione troncante nell’esone 6 e una frameshift nell’esone 15. L’esame genetico non è stato eseguito nelle due figlie, normali. La donna è stata sottoposta a vaccinazione meningococcica e pneumococcica e in profilassi con amoxicillina senza ulteriori infezioni.

MALATTIE COMPLESSE/STUDI ASSOCIAZIONE
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GWAS to Therapy by Genome Edits? Science 2013;342:206. Sottotitolo: “Genetic and epigenetic studies of gene variants reveal a potential genomic target for treating hemoglobin disorders. Le emoglobinopatie sono le più comuni malattie mendeliane, soprattutto in alcune nazioni e sono dovute a un’alterata funzione della proteina (falcemia, HbS) o a una ridotta produzione proteica come le talassemie. Studi di associazione genome-wide (GWAS) hanno individuato due geni che modulano la patologia di queste malattie dovute a mutazioni di geni delle globina, modulatori che influenzano la quantità di Hb fetale (la HbF si riduce normalmente a valori molto bassi dopo la nascita, anche se la sua quantità nell’adulto varia considerevolmente e si sa che valori elevati attenuano i segni clinici della falcemia e delle talassemie). Nel lavoro sulla stesso fascicolo (An Erythroid Enhancer of BCL11A Subject to Genetic Variation Determines Fetal Hemoglobin Level. Science Pg. 253) sono stati caratterizzati SNP comuni di un gene, BCL11A, che è un fattore di trascrizione che reprime la trascrizione della globina embrionale e fetale β-like e che è un regolatore dominante dell’espressione genica globinica; in un introne di questo gene vi è una marcatura epigenetica indicativa di una funzione di intensificatore (enhancer). Gli SNP identificati sono localizzati in questa regione e ne alterano il legame di fattori eritroidi di trascrizione. Il modello proposto è il seguente: la proteina BCL11A solitamente reprime i geni della HbF e se è presente una mutazione del gene HBB-S (sickle cell) si manifesta in pieno la falcemia (sickle cell); in presenta di queste varianti naturali che riducono la proteina BCL11A aumenta la quantità di HbF determinando una riduzione dei segni della falcemia; se addirittura si rimuove l’enhancer (come osservato nella linea cellulare eritroide ma non nella linea linfocitica di topo) si determina un considerevole aumento di espressione globinica embrionale.
Interessante la nota del commento: le varianti comune identificate con GWAS non vanno intese come indicativi di un modesto effetto regolatorio della regione in cui risiedono, ma piuttosto come componenti di un complesso di regolazione che può avere un forte effetto sul fenotipo.
Va verificato come e in che modo una modificazione di un enhancer eritroide possa migliorare le emoglobinopatie. Questo comunque potrebbe essere un buon approccio di terapia genica.

HLA-B*13:01 and the Dapsone Hypersensitivity Syndrome. NEJM 2013;369:1620. L’ipersensibilità al Dapsone (farmaco antibatterico che inibisce la sintesi dei folati usato per la cura di infezioni come la lebbra, malaria, infezione cutanee o polmonari degli immunodepressi) interessa lo 0.5-3.6% delle persone con ha una mortalità del 10% (!!). Non ci sono ad oggi test per individuare i soggetti a rischio. Analisi con GWAS di 872 pz con lebbra in terapia con più farmaci tra cui il Dapsone (39 con ipersensibilità al farmaco e 833 controlli): individuato un SNP tra i loci HLA-B e MICA (molecola HLA-classe I non classica, ndr) fortemente associato alla ipersensibilità al Dapsone. L’analisi è stata poi estesa a altri casi e controlli. Risultato: l’allele HLAB*13:01 è un fattore di rischio per l’ipersensibilità al farmaco, la sua presenza ha una sensibilità e una specificità dell’85% e la sua assenza riduce il rischio da 1.4% allo 0,2%. Questo allele è quasi assente nelle persone di discendenza europea o africana, ma è presente nel 2-20% dei cinesi, nell’1.5% dei giapponesi, 1-12% degli indiani e 2.4% negli asiatici del sud-est (Cambogia, Laos, Indonesia e altre) (l’allele HLAB*13:01 è fortemente associato anche a dermatite da ipersensibilità al Tricloroetilene: Tissue Antigens 2013;81:442, ndr).

Variants in CPA1 are strongly associated with early onset chronic pancreatitis. Nature Genetics 2013;45:11216. Oltre all’alcolismo vi è una predisposizione genetica, soprattutto in età pediatrica, alla pancreatite cronica, malattia infiammatoria causa di dolori addominali e insufficienza esocrina e endocrina dell’organo. Sono noti geni di suscettibilità della Pancreatite cronica (MIM #167800) come il Tripsinogeno 1 (PRSS1), l’inibitore della serino proteasi SPINK1, la chimotripsina C (CTRC). In accordo con l’ipotesi del ruolo patogeno della tripsina, una variante rapidamente autodegradante del gene codificante il tripsinogeno anionico (PRSS2) e la comune variante del promotore di PRSS1 svolgono un’azione protettiva anti pancreatite. Ma mutazioni di questi geni sono presenti solo in una piccola proporzione di pz, quindi vi sono altri geni di suscettibilità. E’ stato analizzato il gene CPA1, codificante la carbossipeptidasi A1, una isoforma delle metalloproteasi pancreatica che idrolizzano i legami peptidici C terminali dei polipeptidi alimentari. Varianti con anomalie funzionali di questo gene sono significativamente presenti nei soggetti con pancreatite cronica, soprattutto nei pz più giovani (≤ 10 a)(9.7%) vs i controlli (0.1%)(OR24.9) nella popolazione tedesca e in proporzioni minori in altre nazioni europee o non europee. Il meccanismo patogenetico della variante che conferisce suscettibilità alla patologia pancreatica probabilmente interessa lo stress del reticolo endoplasmico da malripiegamento piuttosto dell’elevata attività tripsinica delle varianti degli altri geni.

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