Scelta di articoli di Genetica
Clinica/Umana pubblicati nel Febbraio
2013 nelle seguenti riviste: Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature
Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience,
NEJM, PNAS, Science & Cell.
SEQUENZIAMENTO ESONICO-GENOMICO, PROTEOMA E CNV
Shared Genetic Risk for Sclerosis of Valves and
Vessels. NEJM 2013;368:569. “The hydromechanical basis for contemporary
Doppler assessment of stenotic aortic valves was established in 15th-century
Italy by the motion of waterborne grass seeds flowing through blown-glass
models of aortas”. Studiava, Leonardo da Vinci, i movimenti dei semi di erba trasportati dal
flusso di acqua in modelli di aorta di vetro soffiato (se ho capito bene),
concludendo che la velocità del flusso dipende, in modo inverso, dalle
dimensioni dell’orificio. Nella stenosi valvolare l’infiammazione cronica con
attivazione delle citochine viene attivato il pathway TGF-β che a cascata stimola
i miofibroblasti, l’invasione di cellule mononucleari infiammatorie e il
deposito di calcio. Con un meccanismo molto simile alle lesioni dell’intima
nell’aterosclerosi. Allora quali sono i difetti subclinici che alterano
l’elasticità valvolare che porta alla sclerosi o alla stenosi? Nell’editoriale
vengono presentati in sintesi i risultati ottenuti da uno studio di
associazione GWAS con SNP (Genetic Associations with Valvular Calcification
and Aortic Stenosis. NEJM 368:503) in cui viene individuata una variante di sequenza nel gene LPA (Lipoprotein(a))
fortemente associata a calcificazione valvolare aortica, anomalia che precede
la stenosi. Il meccanismo patogenetico sembra quindi comune alle due patologie
(aterosclerosi e stenosi aortica). L’idea non è nuova tanto vero che ci sono
state sperimentazioni cliniche (SEAS) per verificare l’effetto della Simvastina
e Ezetimibe per le stenosi aortiche, la terapia è risultata efficace nel
ridurre la patologia aterosclerotica ma non la calcificazione valvolare
aortica. Questo allele è presente nel 5-6% delle persone che potrebbero essere quindi
a rischio di calcificazione valvolare e che forse potrebbero beneficiare della
terapia che riduca la lipidemia. Necessitano altre sperimentazioni cliniche focalizzate
su questa specifica patologia. Naturalmente, conclude l’editoriale, ci saranno
più fattori genetici e fattori ambientali che determineranno, come per
l’aterosclerosi, la variabilità inter-individuale del decorso e della risposta
alla terapia.
STUDI ASSOCIAZIONE
Genome-wide
association analyses identify multiple loci associated with central corneal
thickness and keratoconus. Nature Genetics 2013;45:155. I parametri biometrici oculari comprendono
caratteri quantitative con alta ereditabilità, come lo spessore corneale
centrale con ereditabilità del 90%. Se lo spessore è considerevolmente ridotto
è il segno cardine di malattie connettivali (Brittle cornea 1 e 2,
Ehlers-Danlos VI, Osteogenesi Imperfetta), se non gravemente ridotto causa
malattia a insorgenza tardiva come il cheratocono (o ectasia corneale,
prevalenza 1:2.000 persone) e un fattore di rischio per glaucoma a angolo
aperto se è aumentata la pressione endooculare. La meta-analisi di studi GWAS
in popolazione europea e asiatica (>20.000) ha identificato 16 nuovi loci di
suscettibilità (tenendo conto di altri studi i loci di suscettibilità per il
cheratocono sono ora 27). Due geni forniscono un considerevole rischio di
cheratocono (FOXO1
e FNDC3B), il secondo è un fattore di rischio anche per il glaucoma primitivo
a angolo aperto.
Genome-wide
association analysis identifies new susceptibility loci for Behçet’s disease
and epistasis between HLA-B*51 and
ERAP1. Nature Genetics 2013;45:202. M. Behçet: vasculite con ulcere oro-genitali,
uveite (patologia famosa in questi giorni, ndr), infiammazione cutanea, artrite,
enterocolite e infiammazione di altri organi. Esistono fattori di rischio
genetico, come HLA-B*51 e, con analisi
GWAS altri fattori di rischio del complesso maggiore di istocompatibilità
classe I, IL10 (interleuchina 10) e IL23R (recettore Interleuchina 23), che
però non spiegano per intero l’ereditabilità della condizione.
L’analisi GWAS nella popolazione turca e giapponese ha
identificato altri loci associati: CCR1,
STAT4 e KLRC4; è stato individuato anche un gene ERAP1 (in condizione di recessività).
Interessante anche il fatto che alcuni di questi sono fattori di rischio per
altre malattie, come la spondilite anchilosante e la psoriasi, facendo ritenere
che tutte queste condizioni abbiano pathway condivisi.
TERAPIA-SPERIMENTAZIONE
New set of Alzheimer’s trials focus
on prevention. Lancet 2013;381:614. World report sulla terapia
dell’Alzheimer dal sottotitolo: “Anti-amyloid drugs have failed to treat
Alzheimer’s disease but a new clutch (serie?) of studies will test whether they
can prevent clinical onset of the devastating disorder”. Inizia
con un esempio reale di un padre, sano, di due bambini portatori, che a 33 anni
sa di avere ereditato dal padre e dalla nonna una rara mutazione completamente
penetrante che li ha portati a morte a 52 anni per Alzheimer. E commenta la
sua situazione così: “I don’t look
at 50 as being middle aged. I look at middle aged as being 25, and I am past my
middle age”. Ma,
e questo rende questa esperienza significativa, è uno dei primi casi
presintomatici di m. Alzheimer AD che è stato reclutato in una sperimentazione
clinica (DIAN)(Dominantly
Inherited Alzheimer Network- ClinicalTrials.gov number, NCT00869817) finanziata da
privati (60 milioni di $ USA) in fase 2 per verificare se sia possibile la
prevenzione della malattia mediante farmaci (vedi Articoli interesse Agosto
2012: Clinical
and Biomarker Changes in Dominantly Inherited Alzheimer’s Disease. NEJM
2012;367:795). Il trattamento dei soggetti presintomatici inizierà entro 2-3
mesi. E ci sono altre 2 sperimentazioni pubblico-privato in fase 3: Alzheimer’s
Prevention Initiative (API)(casi familiari) e Anti-Aβ Treatment (A4)(persone
asintomatiche di età 70-85 anni con PET cerebrale positiva per depositi di
amiloide). Quest’ultimo studio è particolarmente interessante perché riguarda
l’Alzheimer classico a insorgenza tardiva e sporadico che costituisce la forma
più frequente (90-95% dei casi).
Sinora
però le due sperimentazioni cliniche (con bapineuzumab e solanezumab)(vedi
articoli selezionati nei mesi scorsi) nei
sintomatici hanno dato risultati deludenti tanto che la prima è stata sospesa
mentre la seconda ha avuto un lieve effetto sul declino cognitivo nei casi di
media gravità facendo ritenere ancora mantenere in sperimentazione ma in fase
di malattia precoce. Ma, come suggerito da alcuni studi, i meccanismi che
portano alla sintomatologia potrebbero dipendere anche da altro non sensibile a
farmaci anti Aβ.
Vi sono ancora in fase sperimentale farmaci, come l’inibitore beta-secretasi che
riduce la produzione di Aβ e altre sperimentazioni del NIH come quella
dell’attività fisica per migliorare le funzioni cognitive nei pz anziani e
l’uso di un farmaco generico, Prazosin (farmaco vasodilatatore alfalitico,
usato nel controllo dell’ipertensione), per il trattamento dell’agitazione
sintomo comune e mal curabile sempre negli anziani con Alzheimer. Tutti questi
studi per una patologia che come sappiamo è diventata “epidemica”.
Human retinal
gene therapy for Leber congenital amaurosis shows advancing retinal
degeneration despite enduring visual improvement. PNAS 2103; Published on line:E517. Vedi anche Gene
fix does not prevent cell loss. Nature 581:493 e Human retinal gene therapy for Leber congenital amaurosis shows
advancing retinal degeneration despite enduring visual improvement. PNAS 2013
Jan 22) in cui si sottolinea che la terapia
genica migliora la visione nella Leber per almeno 3 anni, ma non ferma la
perdita di recettori retinici, anche nel modello animale)(Spigolature Gennaio
2013). In questo lavoro vengono valutati gli effetti della terapia genica in pz
con Leber tipo II (MIM #204100) e nel modello canino. Nei pz non trattati la
disfunzione e la degenerazione dei fotorecettori avviene prima. Nei 15 pz trattati
(età 7-29 anni) con la terapia la visione migliora e rimane stabile nel tempo
(media 4.6 anni), nonostante continui la degenerazione dei fotorecettori. I
cani trattati precocemente migliorano la vista e I fotorecettori sono protetti
dalla degenerazione per un periodo di osservazione di almeno 5 anni (soni a
11). Se trattati tardivamente, nel periodo della calo visivo e degenerativo,
migliorano la loro visione ma la degenerazione retinica prosegue. Quindi la
terapia genica aiuta la funzionalità ma non impedisce la degenerazione
retinica. Occorre quindi ridefinire meglio gli strumenti terapeutici ricorrendo
magari a farmaci neuroprotettivi.
MALATTIE NEUROLOGICHE/NEURODEGENERATIVE
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A presenilin 1 mutation in the first
case of Alzheimer’s disease. Lancet
Neurology 2013;12:129.
L’analisi genetica su tessuto in paraffina del primo pz, una
signora che si chiamava Auguste Deter (una volta non c’era il problema della
privacy, ndr) diagnosticato più di 100 anni fa da Alois Alzheimer “eine eigenartige
Erkrankung der Hirnrinde”(a peculiar disorder of the cerebral
cortex) con una forma molto precoce ha confermato la diagnosi con la revisione
della diagnosi istopatologica cerebrale e con l’identificazione su fettine di
tessuto per l’analisi istologica di una mutazione missenso nell’esone 6 del
gene PSEN1 (attenzione alle diagnosi cliniche non
confermabili con test, perché potrebbero prima o poi essere verificate, quindi
non facciamole a vanvera, ndr).
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Glucocerebrosidase
in the pathogenesis and treatment of Parkinson disease. PNAS 2013;110:3214. Commento del
lavoro sullo stesso fascicolo (Augmenting
CNS glucocerebrosidase activity as a therapeutic strategy for parkinsonism and
other Gaucher-related synucleinopathies. Pg. 3537).
La
malattia Gaucher (GD)(OMIM #230800) è dovuta a mutazione del gene GBA che
determina carenza dell’enzima glucocerebrosidasi, enzima che trasforma il
glucocerebroside, sostanza derivante dalle cellule degradate, in glucosio e
grassi (ceramide) riutilizzabili. Il difetto di enzima causa l’accumulo di glucocerebrosidasi
nei lisosomi dei macrofagi, che quindi crescono di dimensioni con aspetto
caratteristico e sono chiamati cellule di Gaucher. Ma non è ben noto come il
deficit enzimatico causi nell’uomo la malattia lisosomiale (vedi Endoplasmic reticulum dysfunction in
neurological disease. Lancet Neurology 2013;12:105)(vedi Selezione
Articoli Gennaio 2013). Sono descritte 3 forme cliniche: tipo 1 con
coinvolgimento dei visceri, scheletro e polmoni ma non neurologico, tipo 2 con
anche coinvolgimento neurologico, tipo 3 con coinvolgimento neurologico
subacuto.
Il
commento su citato presenta molto bene i risultati del lavoro: in un modello di
topo della m. Gaucher (D409V) mediante un vettore virale si produce un aumento
dell’enzima carente correggendo i danni provocati dall’accumulo di una
proteina, sinucleina (che regola l’accumulo e il rilascio dopaminico), con
miglioramento delle patologie comportamentali.
Nella m. Parkinson (PD) vi è una perdita di neuroni dopaminici
della sostanza nigra compatta, ma vi è anche il coinvolgimento di altri
neurotrasmettitori responsabili della sintomatologia non motoria (deficit
cognitivo, disfunzione autonomica, del sonno) che di solito precedono quelli
motori. Meno del 20% dei casi di PD hanno una riconosciuta base genetica, ma
comunque nella patogenesi della malattia svolge un ruolo centrale l’α-synucleina (SNCA) con accumulo di SNCA in corpi Lewy nei
neuroni in degenerazione.
Cosa
hanno in comune la GD e PD? Omozigoti e eterozigoti per mutazioni del gene GD
hanno un incremento di rischio (da 20 a 30 volte) di sviluppare PD e il 5-10%
dei pz con PD sono portatori di mutazione GD con segni clinici, rispetto a PD
sporadici, più precoci e con maggior compromissione cognitiva.e minori livelli
enzimatici nel SNC. Ma anche nei pz con PD senza mutazione del gene GD vi sono
bassi valori di glucocerebrosidasi a livello del SNC. Tutto questo e altro
porta a ritenere possibile una terapia che aumenti i livelli enzimatici di
glucocerebrosidasi nei soggetti con PD. La terapia sostitutiva attuale nella GD
con infusione di glucorerebrosidasi non è applicabile per il PD perché l’enzima
non passa la barriera emato-encefalia. Ma l’aumento enzimatico cerebrale
potrebbe essere indotto da piccole molecole come i chaperoni (come Ambroxol and
isofagomine) che possono avere questo effetto (vedi Induced pluripotent stem
cell model recapitulates pathologic hallmarks of Gaucher disease. PNAS
2012;109:18054(Articoli Interesse Ottobre 2012). Una possibile terapia per una
patologia rara e per una molto frequente (oltre i 65 anni l’1-2.5% della
popolazione, precoce nel 4.5% dei casi e dovuta a mutazione di alcuni geni) e
invalidante.
Early-onset neurodegenerative
disease linked to enzyme mutation. PNAS 2013;110:3199. Commento di un lavoro sullo stesso fascicolo (Recessive loss of function of the neuronal ubiquitin
hydrolase UCHL1 leads to early-onset progressive neurodegeneration. Pg 3489) dell’identificazione del gene di una malattia neurodegenerative
a insorgenza precoce in 3 fratelli, figli di primi cugini. Clinicamente
riduzione del visus dai dai 5 anni con successiva cecità, atassia cerebellare,
disfunzione della colonna dorsale e spasticità con RM cerebrale con atrofia
ottica bilaterale, atrofia cerebrale e cerebellare. La mappatura per
omozigosità e la successiva analisi esonica di tre fratelli ha individuato una
mutazione missenso in omozigosi del gene UCHL1, un enzima de-ubiquinante
presente abbondantemente nel cervello. La mutazione causa un deficit totale
dell’attività enzimatica con un’importante interferenza del legame con il
substrato. Il topo KO ha un fenotipo
simile ma senza la degenerazione ottica (almeno sino ai 4 mesi di vita). Una mutazione
di tale gene è stata trovata in eterozigosi in un unico soggetto con m.
Parkinson ( i genitori dei tre pz non hanno alcun segno di Parkinson) e
l’enzima è deregolato nel Parkinson e nell’Alzheimer. Mutazioni del gene UBQLN2
Ubiquilina 2) è stata recentemente individuata nella Sclerosi laterale
amiotrofica familiare. La normale degradazione proteina e il normale
funzionamento del pathway ubiquitinico sono quindi molto importanti per la
funzionalità del SNC.
Huntigton disese (non
ho avuto tempo di leggerli, ndr)
Aberrant
splicing of HTT generates the pathogenic exon 1 protein in Huntington disease.
PNAS 2013; 110:2366.
Exogenous
delivery of chaperonin subunit fragment ApiCCT1 modulates mutant Huntingtin
cellular phenotypes. PNAS 2013;110:377.
Extensive
changes in DNA methylation are associated with expression of mutant huntingtin.
PNAS 2013;110:2354.
Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS): malattia
neurodegenerativa sporadica con pochi (10%) casi familiari a trasmissione AD o
AR. Nel 50% dei casi la causa rimane sconosciuta (vedi articoli di interesse Nov
e mesi precedenti del 2012 ). Sembra che il meccanismo patogenetico consista in
un alterato processamento RNA. In una forma di ASL (ASL 10 MIM #612069) è mutato un gene TDP-43, che causa sia ALS 10 e
degenerazione lobare fronto-temporale.
ALS-linked
TDP-43 mutations produce aberrant RNA splicing and adult-onset motor neuron
disease without aggregation or loss of nuclear TDP-43. PNAS 2013 Published on
line:E736. Nell’articolo si dimostra nel modello murino di ASL da mutazione
di TDP-43, che il mantenimento di livelli omeostatici di proteina TDP-43 è critico
per la sua funzione di splicing nel SNC e che alterazioni di questo equilibrio
causa splicing alternativi anomali.
Non
ho avuto tempo di leggerlo.
Intricate
interplay between astrocytes and motor neurons in ALS. PNAS 2013 Published on
line:E756.
Expression
profiling of mouse subplate reveals a dynamic gene network and disease
association with autism and schizophrenia. PNAS 2013;110:3555. La zona sottoplacca (SP) è una struttura transitoria dello
sviluppo corticale cerebrale che contiene alcuni neuroni corticali appena
formatisi e le prime sinapsi della corteccia. Le cellule di questa zona, altamente
dinamica, stabiliscono le prime connessioni talamo-corticali e la loro
maturazione e svolgono un altrettanto importante ruolo nello sviluppo dei circuiti
corticali inibitori nelle aree sensoriali.
Non
si conoscono i meccanismi molecolari di regolazione dei queste importanti
funzioni cerebrali, in particolare la variazione di espressione dei geni a
differenti età gestazionali. Il lavoro riporta questa analisi nel periodo
critico dell’organogenesi del topo dal 15° giorno dal concepimento all’56° giorno
postnatale.
Dai
profili di espressione ottenuti vengono proposte altre funzioni delle cellule della
zona sottoplacca oltre a quelle note e la rilevanza dell’espressione di alcuni
geni espressi in modo specifico in tale zona che sono associati a alcune
patologie neurologiche, come l’autismo (geni Atp6a2, Cadps2, Cdh10, Cdh18,
Cdh9, Gabra5, Nrxn1, Plp1, Prss12, Sema5a, Tppp)
e la schizofrenia (Apoe, Dbi, Ddr1,
Drd1a, Fn1, Gad1, Insig2, Notch2, Nr4a2,Slc1a2)(vedi
https://molnar.dpag.ox.ac.uk/subplate/).
MALATTIE MITOCONDRIALI
Loss-of-function
mutations in MGME1 impair mtDNA replication and cause multisystemic
mitochondrial disease. Nature Genetics 2013;45:214. Identificazione con analisi esonica in una
famiglia libanese, una italiana (MI) e una tedesca di mutazione del gene
nucleare “orfano” MGME1 causa di Mitochondrial
Dna Depletion Syndrome 11 (MIM #615084). Conclude il lavoro: il processamento del mtDNA
mediato da MGME1 è essenziale per il mantenimento del genoma mitocondriale.
GENETICA CLINICA/UMANA
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Phenotypic
impact of genomic structural variation: insights from and for human disease. Nature
Reviews Genetics 2013;14:125. Nonostante le conoscenze derivate dall’applicazione delle
tecniche genetiche di analisi delle varianti strutturali genomiche sappiamo
ancora poco dell’impatto che hanno nella diversità fenotipica e nelle malattie
dell’uomo. In questa bellissima revisione si prosegue (leggetevi l’articolo
Gene
Copy-Number Alterations: A Cost-Benefit Analysis. Review. Cell
2013;152:394, citato nella selezione di Gen 2013, altrettanto bello) nel tentativo
di comprendere a livello molecolare e cellulare il fenotipo risultante. Bella e
sintetica la Fig. 1 della classificazione delle varianti strutturali e di come
si producono (ho conosciuto un termine nuovo: i cromosomi “in crisi” Chromothripsis). Sono analizzate le
conseguenze molecolari delle varianti strutturali, la rilevanza del dosaggio
genico, i meccanismi che dal genotipo portano al fenotipo con un processo a tappe
di stretta regolazione genica e di controllo e di retroazione (feed-back). Di
come è stato possibile riconoscere il ruolo di un gene sul fenotipo analizzando
il segmento di minima sovrapposizione nelle delezioni (l’esempio di KANSL1 dove
però l’A cita il lavoro degli olandesi e non quello degli italiani), e molto
altro, tra cui i modelli animali delle anomalie strutturali. Molto utile: in
bibliografia alcuni lavori sono commentati.
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Data barriers limit genetic diagnosis. News in Focus. Nature
2013;494:156. Sottotitolo
promettente: “Tools for
data-sharing promise to improve chances of connecting mutations with symptoms
of rare diseases” (sottotitolo personale: esomiamo, gente, esomiamo, e
condividiamo i risultati, ndr).
Comincia all’americana con una storia (vera, credo) di un b. (Harrison Harkins)
con una sindrome malformativa (deficit di crescita e anomalia della colonna) in
cui il “biologo computazionale” trova con l’esoma una mutazione del gene ASXL3.
Non ci sono descrizioni in letteratura di questo gene e allora il biologo
“networked” (simpatico neologismo, ndr) e viene sapere che in Germania stanno
studiando un altro b. con mutazione dello stesso gene e che ci sono altri due
casi simili nel Baylor database. Li pubblicano (De
novo truncating mutations in ASXL3 are associated with a novel clinical
phenotype with similarities to Bohring-Opitz syndrome. Genome Med. 5, 11; 2013). Da notare
che il fenotipo non è costante né caratteristico. Il gene fa parte della
famiglia sex comb-like (ASXL) che forniscono una complessa regolazione
dell’adipogenesi con modulazione del’attività PPARY, che regola il deposito
degli acidi grassi e il metabolismo del glucosio. Mutazioni del gene ASXL1, repressore di molti geni,
causano una sindrome già descritta, la sindrome
Oberklaid-Danks (o s. Bohring-Opitz o s. C-like)(MIM #605039) con
fenotipo in parte simile. Questa storia ci dice che è sempre più necessario,
con l’applicazione di queste nuove tecniche, condividere i risultati ottenuti,
se queste rimangono confinate al laboratorio come se ne può interpretarne
l’effetto clinico? Vi sono varie iniziative ostacolate però dal problema della
privacy (vedi precedenti Spigolature e Articoli Interesse) e dal tempo
richiesto al laboratorio per aggiungere i nuovi dati al database come ClinVar
(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/clinvar/intro/)(visitatelo, interessante, ndr) o
Cafe Variome (http://www.cafevariome.org/) definito più che un database un “shop window”, con un
scambio protetto di info tra laboratori ma non di dati clinici, purtroppo. Finale significativo:
“His (del Biologo computazionale) team’s final diagnosis came just a month before
Harrison died last March, at the age of 9 months”. Che commenta “If you spent
15 minutes with the parents of any of these children, you would know that
everyone should be doing this. This is going to help a lot of people at really
low cost”.
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Unveiling the genetic code’s hidden
hierarchy. PNAS 2013;110:1971. Quello che noi conosciamo come
“degenerazione del codice genetico” cioè la sua ridondanza che interessa 18
aminoacidi su 20 (la leucina ad es. è codificata da 6 diversi codoni) porta a
credere che l’uno vale l’altro. Nel lavoro sullo stesso fascicolo (Environmental perturbations lift the
degeneracy of the genetic code to regulate protein levels in bacteria, stesso
fascicolo pg 2419) si è voluto indagare se la degenerazione
del codice genetico possa essere influenzata da cambiamenti ambientali e come questa
influenza può fornire una strategia generale di adattamento della sintesi
proteica a cambiamenti ambientali.
Sono state prodotte in E. coli varianti della
proteina del giallo fluorescente e ogni variante conteneva una mutazione di
codoni sinonimi che specificano per un singolo aminoacido. L’espressione proteica
di queste varianti è risultata considerevolmente diversa (anche di 100 volte)
con una chiara gerarchia dei vari codoni sinonimi in ambiente povero di
nutrienti, ma non in ambienti ricchi di nutrienti in cui l’espressione era
uguale. E queste differenze in ambiente povero erano direttamente proporzionali
al numero di codoni sinonimi per aminoacido, come se in generale il grado di
degenerazione fornisca un più ampio spettro di risposta a perturbazioni
ambientali.
The
heritability of human disease: estimation, uses and abuses. Nature
Reviews Genetics 2013;14:139.
Nello studio dell’eredità delle malattie si cerca sempre di sapere
quanta parte della variabilità fenotipica dipenda dalle differenze genetiche
tra individui e quanta parte dipenda dall’ambiente. L’ereditabilità è la parte
di variabilità dovuta a differenze genetiche, cioè la proporzione della
distanza di un fenotipo dalla media attribuibile ai geni. La stima
dell’ereditabilità, quindi della componente genetica, è malattia-specifica e
può essere utile per stimare la probabilità di ricorrenza del fenotipo nella
famiglia.
La review, di non facile lettura, sottolinea che sebbene
l’ereditabilità sia molto citata (circa 16.000 citazioni nel Web of Science), rimane controversa la sua entità
per molte condizioni.
Inactivation of
the microRNA-183/96/182 cluster results in syndromic retinal degeneration. PNAS 2013
Published on line:e507. MicroRNA
sono una classe di piccoli RNA non codificanti a singolo filamento che regolano
la stabilità e la traduzione dei mRNA. Hanno un ruolo importante nella
morfogenesi retinica di tutte le specie e hanno un’alterata regolazione nella
retina di topi con degenerazione retinica. Un cluster di miRNA (183/96/182) è
espresso in tutti i recettori retinici e nel foglietto nucleare retinico.
Questo cluster determina una importante modificazione di espressione di geni
nella retina con particolare riguardo a geni importanti per varie funzioni,
come la sinaptogenesi e la trasmissione sinaptica, la morfogenesi dei
fotorecettori e altre funzioni sottolinenadone il suo ruolo nella
differenziazione funzionale postnatale e nella connettività sinaptica dei
fotorecettori. Utilizzando un modello murino si è visto che la sua
inattivazione comporta un’alterazione di tutte queste funzioni con anomalie
scotopiche e fotopiche e degenerazione progressiva retinica. Questi animali
hanno una sindrome che clinicamente ricorda la s. Usher.
Retinal
degeneration depends on Bmi1 function and reactivation of cell cycle proteins. PNAS 2013
Published on line: E593. Le retiniti
pigmentose (RP) sono un gruppo molto eterogeneo di malattie genetiche con circa
200 geni coinvolti (https://sph.uth.edu/RetNet/sum-dis.htm). Un modello murino di
RP (Rd1) ha una mutazione di un gene (Fosfodiesterasi 6beta)(le fosfodiesterasi
sono enzimi coinvolti nella trasduzione di segnale) specifico dei bastoncelli,
mutato nel 5% dei pz con RP, che comporta perdita dei bastoncelli e
conseguentemente della visione notturna. La delezione di un nucleotide ciclico (cyclic
nucleotide channel-b1 (CNGB1) nel topo Rd1 comporta un recupero dei
fotorecettori.
Nel
lavoro si sono ricercati nel modello murino e nei pz con RP geni che
partecipano alla degenerazione retinica testando il potenziale ruolo dei
regolatori del ciclo cellulare nella morte dei fotorecettori, tra cui una
proteina della famiglia Polycomb, che sono complessi proteici formati da molte
proteine indipendenti, Bmi1. La sua delezione nel tRd1 è associata alla
sopravvivenza dei fotorecettori e a un miglioramento della funzione retinica.
Un possibile bersaglio terapeutico non solo per la RP.
An AT-Hook Domain in MeCP2 Determines the
Clinical Course of Rett Syndrome and Related Disorders. Cell 2013;152:984. Commento di Alessandra Renieri: il team di HY Zoghbi (Houston, TX), che ha scoperto il gene Rett, propone
un'interessante associazione genotipo-fenotipo (il gene è stato scoperto dal
nostro Maurizio D'Esposito nel 1996, il gruppo di Houston ha associato le mutazioni
nel gene alla malattia nel 1999). Mutazioni che troncano la proteina dopo (in
posizione 273) conferiscono maggior sopravvivenza nel modello murino rispetto a
quelle che troncano la proteina pochi aa prima (posizione 270), pur
distruggendo in entrambi i casi il noto dominio funzionale di "repressione
trascrizionale" che va da 201 a 310. Gli AA notano che proprio in quei
pochi aa è situato un dominio proteico chiamato AT-hook costituito da
aminoacidi basici che serve per consolidare il legame al DNA che MECP2 ha
attraverso il suo dominio MBD posizionato più a monte (modellando la struttura
della cromatina attraverso le sue capacità basiche). La perdita di questo
dominio fa staccare ATRX dalla cromatina con successivi eventi a cascata.
Questo lavoro spiega perché ci sono maschi con encefalopatia grave perinatale (hanno
mutazioni troncanti prima di 270) e maschi con disabilità intellettiva X-legata
(che hanno mutazioni troncanti più distali). Gli
AA non accennano alla variante Zappella perché notoriamente gli americani non
fanno diagnosi di queste forme (e dunque per loro non esistono) ma il
ragionamento si potrebbe estendere applicandolo anche per la variabilità
clinica nelle bambine Rett.
Reuse of public genome-wide gene expression data.
Nature Reviews Genetics. Advance Online Publication | 1, Feb 2013. Quello che sappiamo
dell’espressione genica lo sappiamo soprattutto per l’applicazione delle nuove
tecniche (microarray, NGS) i cui risultati sono memorizzati in archivi
pubblici, disponibili “to every biologist” (non solo, ndr). Nella review viene
sottolineata questa opportunità anche se vi sono ancora ostacoli nella
preparazione e nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati.
Seguono raccomandazioni per migliorarne l’utilizzazione (così dice l’abstract,
ndr). C’è una tabella dei database pubblici generali, di quelli con valore
aggiunto (dove i dati sono estratti in modo da rispondere a quesiti specifici,
come e dove un gene è particolarmente espresso, o nello stato normale o in una
malattia) di quelli focalizzati e di quelli integrativi con i relativi
indirizzi web.
Più complesse sono le risorse richieste
per mantenerle. Viene citato il progetto ELIXIR (http://www.elixir-europe.org/)( pan-European research infrastructure
for biological information) che
è un modo per assicurare che le risorse di singoli gruppi di ricerca non si
disperdano e siano utili alla comunità.
Timothy
syndrome is associated with activity-dependent dendritic retraction in rodent
and human neurons. Nature Neuroscience 2013;16:201. La s. Timothy (MIM #601005), causata
da mutazione di un sito di splicing alternativo del gene CACNA1C che codifica la subunità α1
di Cav1.2, fa parte delle sindromi del QT lungo e è caratterizzata da aritmia
cardiaca, ipoglicemia intermittente, sindattilia delle mani e piedi, deficit
immunitario, deficit cognitivo e autismo (nel 60% dei casi)(vedi Articoli
interesse 11/2012 “Using iPSC-derived neurons to uncover cellular phenotypes
associated with Timothy syndrome” Nature Medicine 2012;17:1657)( e in Articoli
interesse 1/2012 “Using iPSC-derived neurons to uncover cellular phenotypes
associated with Timothy syndrome”. Nature Medicine 2011;17:1657 e commento “Getting with the reprogram” Nat Rev Neuroscience January 2012;13). La mutazione responsabile della sindrome determina
la sostituzione glicina-arginina nel primo (dei 3) ripiegamenti (loop)
intracellulari di Cav1.2 che ne altera la capacità di
inattivazione voltaggio e Ca-dipendente. La funzione principale di Cav1.2 è
quella di regolare l’affinamento dendritico come risposta all’attività
elettrica, con le ramificazioni dendritiche che sono essenziali per i circuiti
neuronali che sono alla base dei processi cognitivi
Nel lavoro
ora si dimostra che la mutazione della s. Timothy produce in vitro una retrazione dei dendriti quando sono stimolati
elettricamente e in vivo (topo KO del
gene Timothy) un’alterazione dell’arborizzazione dendritica dei neuroni. Lo
stesso si osserva nelle cellule iPSC neuronali e la retrazione dendritica non
dipende dal flusso ci calcio nel canale. L’alterazione di conformazione della
proteina mutata attiva il pathway di segnale Rho tramite la proteina Gem del
complesso delle proteine G con retrazione dendritica in risposta all’attività
elettrica. Informazioni utili per capire la fisiopatologia della s. Timothy e
dell’autismo.
Compacting the heart
with Notch. Nature Medicine 2013;19:123. News & Views
Mutations
in the NOTCH pathway regulator MIB1 cause left ventricular noncompaction
cardiomyopathy. Pg 193. Il
miocardio non compatto (MNC) o “spongioso” è una rara miocardiopatia congenita caratterizzata
da alterazioni strutturali parietali del miocardio da arresto intrauterino
della compattazione delle fibre miocardiche. Il MNC del ventricolo sn (LVNC) è
stato solo recentemente (2006) classificato come una miocardiopatia genetica specifica
la cui identificazione è stata favorita dalle tecniche di cardio-immagini. Può
essere isolato o associata a altri difetti cardiaci o a malattie
neuromuscolari. Può essere asintomatico o associata a frequenti complicazioni
come aritmie, fenomeni trombotici e arresto cardiaco o provocare perogresiva insufficienza
del ventricolo sn e richiedere il trapianto di organo. E’ spesso familiare, e
il primo gene malattia è stato il gene TAZ della sindrome Barth (Cardioskeletal
myopathy with neutropenia and abnormal mitochondria 3-methylglutaconic
aciduria, type II, MIM #302060) e poi in altri geni (LVNC1-LVNC 6)(vedi MIM #604169).
Nei bambini la trasmissione è in genere AR, negli adulti AD. Nel lavoro la
novità è che si va dal topo all’uomo. Nel topo mutazioni miocardio specifiche del
gene Mib1 riduce l’attività di Notch1 e provocano l’arresto di sviluppo
trabecolare miocardico con effetto LVNC e nell’uomo (su 100 persone di
derivazione spagnola, di cui 48% familiari) sono state trovate 2 mutazioni, una
missenso e una non senso, del gene MIB1. Il pathway di segnale NOTCH (la cui
proteina è un recettore transmembrana componenti essenziale della cascata di
segnali Delta/Notch) è quindi una causa principale di LVNC. Il modello animale
generato sarà utile per capire i meccanismi patogenetici e verificare possibili
terapie.
Studying arrhythmogenic right ventricular dysplasia
with patient-specific iPSCs. Nature 2013;494:105 (tra gli AA anche
italiani del centro Telethon Dulbecco di Roma). La displasia/cardiomiopatia del
ventricolo ds (ARVD/C) è una malattia ereditaria
caratterizzata da patologica infiltrazione adiposa con perdita (apoptosi) di
cardiomiociti del ventricolo ds, che è associata a aritmie ventricolari anche
letali. La malattia è dovuta a mutazioni di uno dei geni del desmosoma (giunzione specializzata che si forma fra le
cellule all’interno dei tessuti e che consente a gruppi di cellule di
funzionare come unità strutturali) cardiaco che comprende PKP2 (oltre 50% dei
casi), DSP, desmogleina-2 and desmocollina-2.
I
processi patogenetici che portano alla displasia sono poco conosciuti perché la
diagnosi avviene tardivamente (età media 26 anni) o come riscontro autoptico e
perché la biopsia cardiaca nei casi sintomatici comporta il rischio di
perforazione. E i modelli animali non sono idonei. Questo limita le conoscenze
che potrebbero portare a una specifica terapia. Si è quindi sviluppato un
modello in vitro usando cellule staminali pluripotenti (iPSC) da fibroblasti di
pz; lo studio riguarda quindi cellule iPSC di 2 pz con mutazione PKP2
(placofilina 2). L’analisi in vitro, in varie condizioni patogene, dimostra che
è possibile la riprogrammazione dei fibroblasti con la mutazione in cellule
staminali totipotenti e che è possibile accelerare il meccanismo patogenetico
in particolari condizioni patologiche. Questo modello ricapitola gli aspetti
patognomonici della patologia aprendo la strada per la comprensione delle varie
tappe patogenetiche e infine per l’identificazione di una specifica terapia.
Stickler syndrome associated with congenital
glaucoma. Lancet 2012;381:422. Descrizione di un caso, in modo
esemplare, all’inglese. Bambina di 1 mese inviata per opacamento corneale,
difficoltà di alimentazione, palatoschisi, glaucoma (con inserzione anomalia
dell’iride). Obiettivamente brachicefalia, pseudo-proptosi (chi la sa
distinguere dalla vera proptosi? Ndr), ponte nasale piatto, narici anteverse,
micrognazia e deficit uditivo. La valutazione ortopedica specifica che è
presente anche una lieve displasia spondilo-epifisaria. La diagnosi è fatta: s.
Stickler, (malattia AD di oftalmo-artropatia ereditaria progressiva da
mutazione dei
geni COL2A1 (MIM #108300), COL11A1 (MIM #604841) o COL11A2 (MIM #) con glaucoma (descritto). La
diagnosi precoce è importante per il management, che, per la complessità
fenotipica, richiede un intervento multidisciplinare.
Mutation of the
ATP-gated P2X2 receptor leads to progressive hearing loss and increased
susceptibility to noise. PNAS 110:2013;2228.
Le cause genetiche di sordità sono molte con più di 60 geni malattia
individuati e altri 100 mappati (http://hereditaryhearingloss.org).
La presbiacusia (oltre 40% delle perone >65 anni) e le ipoacusie da rumore hanno,
oltre a una componente ambientale, anche una genetica. Il gene della DFNA41 (MIM
%608224)(ipoacusia bilaterale simmetrica con tinnito a inizio sui 12-20 anni, progressiva
con successivo interessamento di tutte le frequenze) era stato localizzato in
un segmento di 4.8 Mb, contenente almeno 34 geni, ora è stato individuato (P2RX2)
in una famiglia cinese di 6 generazioni con NGS. E confermato in una famiglia
su 65 con ipoacusia AD. Il topo KO per P2RX2 ha sordità grave progressiva sensibile
come gravità e epoca di insorgenza ai rumori, come succede anche nelle famiglie
identificate in cui l’esposizione ai rumori determina sordità in età
adolescenziale. Il prodotto di questo gene quindi svolge un ruolo importante nel
mantenimento della funzione uditiva è di protezione dai danni uditivi da
rumore.
Structure–phenotype
correlations of human CYP21A2 mutations in congenital adrenal hyperplasia. PNAS
2013;110:2605.
Genotype–phenotype
correlation in 1,507 families with congenital adrenal hyperplasia owing to 21-hydroxylase
deficiency. PNAS 2013;110:2611.
Correlazione genotipo-fenotipo nella iperplasia congenita
surrenalica da deficit di 21-idrossilasi (MIM #201910). La caratterizzazione
molecolare consente di predire il fenotipo clinico e la gravità della malattia
in base alle alterazioni prodotte dalla mutazione sulla struttura dell’enzima.
Quindi un migliore counseling e una più appropriata assistenza.
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