Raccolta
e brevi commenti di articoli di Genetica Medica e Umana e di interesse generale
del mese di Febbraio 2013 che hanno
attirato la mia attenzione o curiosità, pubblicati nelle seguenti riviste:
Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature
Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science, Cell.
EPIGENETICA
Epigenetics.
PNAS 2013;110:3209. Una paginetta da leggersi in pochi m’, che termina
così: “Where genetics has fallen short in explaining human biology, epigenetics
is stepping up to fill in gaps. However, although the cost and difficulty of
sequencing a person’s genes has rapidly fallen, the technology to get a read on
a person’s epigenome has a long way to go to catch up. Only then will the full role
of epigenetics in human health and biology emerge” (dire meglio di così non si
può, ndr).
RNA methylation
and metabolism. Science 2013;393:490. Commento
di un lavoro (Molecular Cell. ALKBH5 Is a Mammalian
RNA Demethylase that Impacts RNA Metabolism and Mouse Fertility 2013;49:18). Sappiamo dell’importanza per la stabilità genomica dei
processi di metilazione e demetilazione del DNA. Ma la metilazione è anche la principale
modificazione post-trascrizionale del mRNA nei mammiferi e svolge un ruolo
importante nel processamento di mRNA. Nel lavoro è stata identificata una RNA demetilasi
(ALKBH5), nel topo KO di questa demetilasi vi è una
ridotta fertilità e vi è una ridotta espressione di geni chiave della
spermatogenesi producendosi, oltre a una ridotta spermatogenesi, anche
eccessiva apoptosi spermatocitica nella fase meiotica nei testicoli. Come per
il DNA, anche la dinamica di metilazione e demetilazione ha un ruolo importante
nella regolazione genica.
Puberty controlled by DNA changes Nature 2013;494:9. Commento di
un articolo (A. Lomniczi1, Epigenetic control of female puberty. Nature
Neuroscience 2013,
Advance online publication) sul controllo epigenetico, mediante repressione
trascrizionale, della maturazione
sessuale nelle femmine dei mammiferi con azione coordinata di più geni. La
pubertà inizia con l’aumento di secrezione dell’ormone di rilascio della
gonadotropina (GnRH) dall’ipotalamo con un non ben chiaro meccanismo di
controlli dei geni interessati. Sono noti geni che quando mutati causano la
mancata pubertà (GNRHR, KISS1R, KISS1, TAC3 e TACR3)
ma anche in base a studi di associazione questi non sono gli unici geni (stimati
una trentina) associati al menarca nella specie umana. Nel lavoro gli AA usando
ratti dimostrano che la riduzione dei livelli di una molecola silenziatrice di
geni (EED) controlla la produzione di GnRH. EED è una proteina della famiglia
Polycomb, proteine che formano complessi multimerici coinvolti nel mantenere lo
stato trascrizionale repressivo di alcuni geni. EED regola l’espressione di un
gene, Kiss1 (vedi sopra), che codifica per una proteina che partecipa alla
produzione di GnRH. L’aggiunta di un gruppo metilico alla regione regolatrice
di EED ne riduce l’espressione poco prima della pubertà con aumentata
espressione di Kiss1, rendendo più frequente la pulsatilità dall’ipotalamo
dell’ormone.
Epigenetic mechanisms in multiple sclerosis: implications for
pathogenesis and treatment. Lancet Neurology 2013;12:195. Nello studio della sclerosi
multipla (MS) si sta cercando di integrare i dati epidemiologici, quelli
derivati dagli studi di associazione dell’intero genoma e gli approcci
terapeutici dei pz, ma sta risultando sempre più evidente che, come
classicamente sappiamo per le malattie multifattoriali, nella patogenesi della
MS l’ambiente modula i meccanismi cellulari che regolano l’espressione genica.
Questi meccanismi molecolari condizionati dall’ambiente sono la metilazione del
DNA, le modificazioni post-traduzionali di istoni nucleosomici e RNA non
codificanti. Raccomando di leggere questa review per chi è interessato a un
aggiornamento sui meccanismo epigenetici di regolazione dell’espressione genica.
Per la SM viene proposto un meccanismo di modulazione dell’epigenoma ambientale
da parte dell’ambiente che agisce sul sistema immunitario cerebrale,
determinando l’epoca di comparsa e il decorso della malattia (modulazione della
formazione mielinica). La preparazione di una mappa dei geni coinvolti può
portare all’individuazione di coloro che sono predisposti alla malattia e la
mappa della loro marcatura epigenetica nei vari tessuti può portare a una
efficace terapia personalizzata.
Epigenome-wide association data implicate DNA
methylation as an intermediary of genetic risk in rheumatoid arthritis. Nature Biotechnology 2013;31:142.
E’ noto il ruolo delle modificazioni epigenetiche nell’eziologia del cancro e
della sua evoluzione. Meno noto è il ruolo delle modificazioni epigenetiche
nelle malattie complesse e come identificare, mediante analisi di metilazione,
le variazioni genetiche ereditabili che potrebbero essere correlate alla
malattia ma che non sono visibili con le comuni tecniche genetiche di
associazione (GWAS). Sinora l’analisi di metilazione genome-wide non ha dato
risultati utili. Nel lavoro viene presentato uno studio di metilazione
dell’intero genoma applicando un sistema di filtraggio dei dati specifico in un
campione di 354 pz con artrite reumatoide (AR) positivi agli anticorpi anti
proteine citrullinate (marker di malattia molto più preciso del fattore
reumatoide) e 335 controlli. L’AR è particolarmente adatta per questo tipo di
studi perché i leucociti sono le cellule coinvolte nella malattia e perché è
disponibile un marker della malattia. L’analisi di metilazione e l’analisi SNP
ha consentito di individuare 10 possibili posizioni differentemente metilate
(Differentially methylated positions)(DMP) che mediano il rischio genetico di
AR, 9 nel sistema maggiore di istocompatibilità e 1 esterno ma sullo stesso
cromosoma (6p12.1).
Opening the
genome to reduce cocaine-seeking behavior. PNAS;110:2442. L’identificazione dei meccanismi che regolano l’espressione
genica ha aperto la strada a tentativi terapeutici agendo sui target
epigenetici, tra cui gli inibitori della deacetilasi istonica (HDAC)(HDAC
deacetila gli istoni determinando una repressione trascrizionale, la sua
inibizione aumenta l’attività trascrizionale e la memoria), come nel cancro,
nell’Alzheimer e nel Parkinson (in modelli animali) e anche nella dipendenza da
cocaina (HDAC3-selective inhibitor enhances extinction of cocaine-seeking
behavior in a persistent manner. PNAS 2013;110:2647). In questo lavoro viene
dimostrata l’eliminazione rapida e persistente della dipendenza da cocaina nei
ratti con l’uso dell’inibitore HDAC3, che è il principale HDAC, classe I,
nell’encefalo e che regola l’apprendimento e la memoria.
BIOLOGIA
– GENETICA
***CFTR-deficient pigs display peripheral nervous system defects at birth. PNAS 2013;110:3083. Mutazioni del gene cystic fibrosis transmembrane conductance regulator (CFTR) causano la fibrosi cistica, una comune malattia AR e una delle prime a aver avuto identificato il gene. Il prodotto è una canale anionico espresso in molti tessuti epiteliali, la sua perdita causa distruzione del pancreas esocrino e ostruzione intestinale con ileo da meconio. Ma anche, dato non molto noto, nell’uomo sono state documentate anomalie del sistema nervoso periferico, come neuropatia periferica, ridotta velocità di conduzione nervosa e ridotta innervazione degli acini e dei dotti delle ghiandole sudoripare, ridotta attività mioelettrica gastrica, anomala sensibilità colinergica e adrenergica nella costrizione pupillare, nella secrezione di sudore e di saliva e nella regolazione della pressione arteriosa e della broncocostrizione. Interpretate come dovute alla iponutrizione. Ma la proteina è presente un varie sedi del SN (uomo e mammiferi) e alcuni eterozigoti manifestano anomalie del periferico. Per le difficoltà o l’impossibilità di verificare anomalie del SN nell’uomo è stato creato un modello animale (maiale CFTR -/-) che alla nascita ha ileo da meconio e microcolon, distruzione del pancreas esocrino, anomalie vescicali, normali vie respiratorie ma con difetto dei meccanismi di difesa batterica. Dopo qualche mese sviluppano una patologia respiratoria molto simile a quella dei pz con CF. Quindi il modello è valido per verificare altri aspetti (espressione di CFTR nel SN e patologia del SN con la sua perdita). CFTR risulta espresso nel SN, particolarmente nelle cellule (cellule gliali di rivestimento degli assoni) e sono state documentate alterazioni delle fibre nervose simili a quelle della m. Charcot-Marie-Tooth (anomalie della guaina dei nervi, aumento del (myelin protein zero)(gene mutato nella CMT 1B), ridotta densità assonica, ridotta velocità di conduzione nervosa). Quindi nei maiali viene documentato quello è noto nell’uomo: neuropatia demielinizzante e assonale. E nei maiali eteroziogoti sono presenti, come nell’uomo, segni neurofisiologici intermedi. Perché? Le cellule Schwann stabilizzano il potenziale di membrana e la perdita di canali del cloro destabilizza probabilmente il potenziale e determina alterazioni del flusso ionico.
Pig genomics for biomedicine. Nature Biotechnology
2013;31:122. I maiali, oltre a
fornirci carne per l’alimentazione (consumate nel 2011 nel mondo 100 milioni di
tonnellate) e organi per xenotrapianti, ora dopo il sequenziamento di alta
qualità del loro genoma (Analyses of pig genomes provide insight
into porcine demography and evolution. Nature 2012;491:393) sono un’importante risorsa in agricoltura e in biomedicina,
tanto che hanno fondato il National Swine
Resource and Research Center come una risorsa genetica e come banca per modelli
di malattia (http://nsrrc.missouri.edu/). Meglio dei topi come modelli perché più simili a noi, per
es. per la Fibrosi cistica (vedi sopra), le patologie retiniche (molto simile
il sistema dei fotorecettori), le patologie cardiovascolari da aterosclerosi. Sono
stati individuati 112 loci che corrispondono a
altrettanti geni malattia dell’uomo (OMIM).
***
(purtroppo non ho a disposizione il testo intero dell’articolo su Sci Trans
Med)
Broken
DNA in ageing eggs. Nature 2013;494:248. Commento e editoriale
(Ovarian Aging: Breaking Up Is Hard to Fix. Sci Transl
Med. 2013;5:172) di un lavoro (Impairment
of BRCA1-Related DNA Double-Strand Break Repair Leads to Ovarian Aging in Mice
and Humans. Sci Trans Med 2013;5:172ra21) su un aspetto molto interessante e a cui non è mai stata
data una convincente spiegazione: il meccanismo di deplezione della riserva di
follicoli legato all’età.La qualità delle cellule uovo declina con l’età della donna probabilmente per la ridotta capacità di riparare il DNA. Gli oociti nelle donne e nei topi di età avanzata hanno, rispetto alle donne più giovani, una maggior probabilità di danno del DNA con alterata riparazione delle rotture del doppio filamento mediata da ATM (il gene della Atassia-telangiectasia, che controlla il checkpoint del ciclo cellulare) e minor espressione di 4 geni della riparazione del DNA (BRCA1, MRE11, Rad51 e ATM, ma non BRCA2). Il silenziamento di questi geni negli oociti di topo utilizzando piccole molecole da interferenza RNA (segmenti di RNA a doppio filamento)(Nobel per la Medicina del 2006) causano danno del DNA e morte cellulare. La sovraespressione di uno di questi geni (BRCA1) determina negli oociti di topi di età avanzata la scomparsa dei fenomeni su specificati rendendoli simili agli oociti di animali più giovani. Un’altra prova è costituita dal fatto che donne con mutazione germinale di BRCA1 hanno una ridotta riserva ovarica. Una possibile terapia per prolungare la fertilità femminile. Bisognerebbe procurarsi il lavoro, che pare molto interessante.
Getting a Big
Head. Science
2013 8 Feb ;339. Commento di un articolo (Artificial selection on relative brain size in the
guppy reveals costs and benefits of evolving a larger brain. Curr. Biol.2013;23:168) su dimensioni craniche, apparentemente
correlate con l’intelligenza, ma se l’intelligenza conferisce un vantaggio
selettivo, fino a quali dimensioni del cranio? Hanno preso un pesciolino di
acqua dolce, Poecilia
reticulata, e con selezione artificiale hanno selezionato pesci con testa grossa
e piccola con variazioni estreme del 10% e hanno fatto un test di capacità
cognitiva (!). Hanno documentato che le femmine (non i maschi per motivi non
noti) con la testa più grossa avevano una performance migliore rispetto a
quelle con la testa più piccola. Ma il costo della macrocefalia relativa è a
scapito delle dimensioni intestinali e della funzione riproduttiva facendoci
capire che la maggiore attività metabolica cerebrale è a scapito di altre
funzioni. Il compenso riproduttivo della macrocefalia va d’accordo con il
confronto tra le varie specie in cui i mammiferi con maggiore intelligenza come
l’uomo, le balene, i delfini hanno una ridotta fertilità.
Vedi
anche Fish heads
and human disease. Nature2012;485:318 (Spigolature
Maggio 2012).
Genetic privacy needs a more
nuanced approach. A personal take on
events. Nature 2013;494:7.
Vedi anche Genetic
privacy. Nature 2013;493:451, commento di Identifying Personal Genomes by Surname
Inference. Science 2013;339:321) con cui si dimostra che c’è la quasi certezza dall’esterno
di identificare nomi e indirizzi di pz reclutati in una ricerca. Misha Angrist (autore di “Here is a Human Being: At the Dawn of Personal
Genomics”) commenta il lavoro sopra citato su Science dicendo che NHI “has
warned that research is at a “crucial juncture”. Bioethicists are fretting.
Scientists are anxious” e mette al suo intervento il sottotitolo: “Because confidentiality of health data
cannot be guaranteed, people should consider both the risks and advantages of
sharing them”. Racconta la
storia di un ragazzo di 15 anni che ha cercato e trovato il padre donatore di
sperma, a cui la banca dello sperma aveva assicurato l’anonimato, usando la
stessa metodica di lavoro pubblicata su Science (dati molecolari del cr. Y).
Solleva alcuni punti interessanti sulla necessità che i risultati siano aperti
ai ricercatori con il rischio, ben spiegato ai partecipanti, del rischio di
lesione della privacy. Primo punto: fairness. Se può lui accedere a dati suoi e
di altri perché non lo può fare il ricercatore con pochi fondi (come quello
della Slovenia o del Kenia)(grazie per non averci coinvolto, ndr). Secondo si
possono estrarre dati che sono lì per essere usati per studi specifici
(d’accordissimo, nel mio piccolo ho avuto esperienza di un registro
malformazioni regionale, con dati raccolti con lo sforzo di tanti, che venivano
usati per una minima parte e per questo invitavo ricercatori a proporre
ricerche usando i dati del registro, ndr). Terzo i dati genomici possono essere
utili, ad es. per l’identificazione di fattori di rischio di malattia. Conclude: “Privacy and confidentiality are important principles. But being
identifiable has some benefits, and being anonymous has some costs; science
will be better off when it acknowledges this reality”.
Heredity—The Very Long View. Science 2013;339:649. Recensione del libro A Cultural
History of Heredity
by S.
Müller-Wille and HJ Rheinberger. University of
Chicago Press, Chicago, 2012. 337 pp. $45.
Nel commento si sottolinea l’opportunità di una rivisitazione della storia
dell’eredità e dei padri della eugenetica, Francis Galton, e Gregor Mendel
della genetica. E’ comunque interessante sapere come in epoca lontana si
interpretavano aspetti biologici che ora riteniamo siano sempre stati
riconosciuti, “What contemporary biology identifies as an essential feature of
all living systems—namely, their ability to reproduce themselves more or less
identically through nutrition, growth, and propagation— … seems to have escaped
the attention of natural philosophers and physicians prior to the eighteenth
century” (forse sarà quello che penseranno di noi tra 300 anni, dicendo “ma
come potevano non avere capito”? ndr).
Genome-wide association study for osteoarthritis. Lancet 2013;381:372. Lettera relative all’articolo Identification
of new susceptibility loci for osteoarthritis (arcOGEN): a genome-wide
association study: Lancet 2012;380:815.9(Spigolature Set 2012) che sottolinea
che “we
have several concerns about their interpretation and generalisablility”, come
quello del gene FTO che causa obesità, ma l’obesità correlata alla osteoartrite
è causa o conseguenza?(l’uovo e la gallina? Ndr), e poi il fatto che
riguardando la popolazione studiata (europea) le conclusione non possono essere
generalizzate (gli AA sono cinesi). La risposta: i dati parlano di una
condivisione di pathway (parola magica, eh? Ndr) tra obesità e osteoartrite.
Concordano su studi collaborativi con varie etnie che potrebbero rende i
risultati ancor più significativi.
Gene sequencing leaves the laboratory. Nature 2013;494:290. Sottotitolo:
“Maturing technology speeds medical diagnoses”. I costi del sequenziamento dell’intero genoma, sino
a poco tempo fa in rapida diminuzione, si sono per ora assestati sui 5-10.000 D
USA per genoma. Quello che chiamano Reasonably Priced Genomes con costo
della macchina che va da 49.000 a 695.000 D USA con costi per megabase da 5
cent a 17 D USA, con frammenti sequenziabili da 200 a 4.575 basi.
Ma le ultime
novità riguardano il sequenziamento genomico dell’embrione dopo la fecondazione
in vitro (single cell genomics, con la messa a punto di una migliore
amplificazione, sono in corso sperimentazioni cliniche in questo campo) e la
medicina metagenomica per individuare i germi buoni da quelli cattivi.Un altro miglioramento tecnico riguarda la lunghezza dei segmenti sequenziabili (con una polimerasi ingegnerizzata) importante per distinguere il genoma di microbi simili.
Ma stiamo ancora aspettando l’annunciata (l’anno scorso) comparsa sul mercato della Oxford Nanopore’s GridION and MinION machines o la Life Technologies’ Ion Proton machine che dovrebbe uscire tra poco con l’analisi genomica dal costo di 1.000 D USA in 1 giorno (ma poi chi legge i risultati? Ndr).
Mechanisms of Disease. Autophagy in Human Health and Disease. NEJM 2013;368:651. Review sul meccanismo autofagico e
sul suo ruolo nella fisiologia e nella patologia. E’, come dice l’introduzione, un processo omeostatico
presente in tutte le cellule eucariotiche che partecipa al sequestro di
componenti citoplasmatiche negli autofagosomi a doppia membrana, che poi si
fondono con i lisosomi per la degradazione del sequestrato e il riuso. L’autofagia è
implicata nella risposta all’attività fisica, nell’invecchiamento e in numerose
malattie come il cancro (partecipa nel sua comparsa, evoluzione, resistenza a
farmaci), malattie infettive, metaboliche (Paget, obesità e s. metabolica dove
è diminuita nel fegato, delezione dei geni autofagici causano una sregolazione
alimentare), neurodegenerative (è sregolata nell’Alzheimer, nella m Huntington
in cui la proteina mutata interferisce con il processo autofagico, Parkinson),
cardiache (cardiomiopatie, come quella della s. Danon, aterosclerosi) e
polmonari (m. polmonare ostruttiva cronica). La review termina con esempi di
sperimentazione clinica di controllo dell’autofagia soprattutto nel cancro.
Identification of human epididymis protein-4 as a
fibroblast-derived mediator of fibrosis. Nature Medicine 2013;19:227.
La fibrosi renale è una condizione patologica di rimodellamento del tessuto
renale con una sostituzione della normale architettura tissutale da parte di
collagene tipo I e altre proteine della matrice extracellulare. La fibrosi
porta a insufficienza funzionale del rene. Buona parte delle lesioni renali di
qualsiasi natura esitano in fibrosi con un processo che si perpetua, facilitato da
fibroblasti attivati, i miofibroblasti, con la propagazione della risposta
infiammatoria. Nel lavoro è stato generato un topo
transgenico (αSMA-RFP) e è stata individuata la sovraepressione di un gene, HE4, che è quello
con espressione molto aumentata nei miofibroblasti associati alla fibrosi.
Questo gene codifica una proteina che è un inibitore serino-proteasi che è
sopraregolata nei reni fibrotici dell’uomo e del topo e che è aumentata nel
siero di pz con fibrosi renale. Questo gene sopprime l’attività di molte
proteasi, tra cui in particolare due particolarmente rilevanti nella fibrosi renale
(Prss35 and Prss23), e inibisce la loro capacità di degradare il
collagene tipo I. La somministrazione nei topo di anticorpi neutralizzanti HE4
accelera la degradazione del collagene I e inibisce la fibrosi renale in
diversi modelli animali di topi di malattia renale. Quidi è un buon candidato
come marcatore biologico del processo fibrotico e un nuovo bersaglio
terapeutico.
SPERIMENTAZIONI CLINICHE- TERAPIE
Hope
abandoned: memantine therapy in frontotemporal dementia. Lancet Neurology
2013;12:121. Malattie
“crudele” dice il commento, perché a differenza dell’Alzheimer, che lascia
intatta la personalità nelle prime fasi, la FTD invece ha come primi segni un
cambiamento profondo della personalità, socialità e delle capacità
comunicative. Nonostante notevoli progressi nella comprensione dei meccanismi
patogenetici non ci sono terapie di alcun tipo che possano rallentarne il
decorso, forse legate anche al fatto della notevole eterogeneità causale. Il
commento riguarda un articolo sullo stesso fascicolo (Memantine
in patients with frontotemporal lobar degeneration: a multicentre, randomised,
double-blind, placebo-controlled trial. Lancet Neurology Pg. 149) sui risultati di
una sperimentazione clinica multicentrica a doppio cieco con un inibitore non
competitivo dei recettori NMDA (che sono recettori ionotropici
glutammatergici) che ha dimostrato di avere un certo effetto nell’Alzheimer di
grado severo (Discontinuing Donepezil or Starting Memantine for Alzheimer’s Disease.
NEJM 2012;366:957)(Articoli
interesse Marzo 2012) e che sembravano avere un certo effetto in una
sperimentazione in aperto nella FTD. Ma nessun risultato dopo 26 settimane di
terapia con Memantine in 81 pz con FTD.Analoga delusione con lo stesso farmaco in un altro studio (Francia) di 49 pz per un periodo di 12 mesi.
Il campione è piccolo, clinicamente non omogeneo, il principale risultato atteso non ottimale e via precisando. Chi commenta giustamente sottolinea che si sta pensando a altri farmaci, che comunque per queste famiglie va offerto un supporto multidisciplinare, un’appropriata consulenza genetica.
Guarding children’s genetic privacy Nature
2013;494:430. Lettera che solleva il problema della
privacy quando si raccoglie DNA di bambini che hanno contribuito a donare
migliaia di campioni alle biobanche.
La condivisione di informazioni
fenotipiche e genotipiche è necessaria per la ricerca e il consenso a questo è
dato dai genitori. Ma i consensi in genere assicurano promesse non realistiche
di anonimato. I genitori dovrebbero essere invece realisticamente informati della necessità di condivisione tra i ricercatori dei dati clinici e genetici dei loro figli, per fare progredire la scienza e “salvare vite” (bel problema, ndr).
L’EPIDEMIA DELL’OBESITÀ
Role for the obesity-related
FTO gene in the cellular sensing of amino acids. PNAS
2013;110:2557. Sono noti SNP nel primo introne del
gene FTO (fat mass- and obesity-associated gene)(associati a BMI e all’obesità
nell’uomo, con un meccanismo di riduzione della sazietà e aumento di assunzione
di energia (iperfagia e alterata preferenza dei macronutrimenti). Ma non si sa
come gli alleli a rischio modifichino l’espressione di FTO; sappiamo solo che
nei modelli animali FTO ha un ruolo nel peso corporeo, infatti nel topo la sua
sovraespressione causa obesità, mentre il suo annullamento sempre nel topo
scarsa crescita postnatale e mortalità precoce, come nell’uomo con mutazione in
omozigosi con perdita di funzione di FTO (Growth retardation, developmental
delay, coarse facies, and early death. MIM #612938). Non sappiamo comunque come
FTO controlli l’omeostasi energetica, la crescita e le scelte alimentari. Nel
lavoro si dimostra che cellule private di FTO hanno una ridotta attivazione del
pathway di segnale mTORC1, ridotta traduzione di mRNA e aumentata autofagia che
spiega gli effetti clinici sopra descritti. In condizioni di scarsità di
aminoacidi si produce una rapida degradazione di FTO, e se vengono
artificialmente mantenuti livelli alti di FTO si producono livelli eccessivi di
mTORC1. I risultati ottenuti in questo studio e quelli della letteratura (nell’uomo
i portatori di SNP introniche di FTO predisponenti all’obesità consumano più
calorie e hanno specifiche preferenze alimentari) fanno pensare che queste SNP
influenzino le sensibilità centrale della composizione dei macronutrienti della
dieta.
Central role of
E3 ubiquitin ligase MG53 in insulin resistance and metabolic disorders. Nature
2013;494:375. La resistenza all’insulina è un
meccanismo ala base di molte malattie tra cui il Diabete m. 2, l’obesità e la
sindrome metabolica, fonte epidemiologicamente rilevante di morbilità e
mortalità. L’insulino resistenza del tessuto muscolare scheletrico ha un ruolo
predominante nella sindrome metabolica anche perché ne è anche uno dei primi
meccanismi patogenetici. Nel lavoro viene identificato una proteina, MG53 della
famiglia famiglia tripartite motif-containing (TRIM)(proteine a varia funzione,
molte che partecipano alla degradazione proteica) che ha un ruolo nella
patogenesi della malattia metabolica. Il relativo gene è sovraespresso infatti
nel modello di topo diabetico 2 obeso da dieta ricca di grassi e nei soggetti
obesi. Topi KO di MG53 (MG53 -/-) non sviluppano la sindrome
metabolica con dieta a alto contenuto di grassi, a differenza dei topi wild
type. MG53 è un potente regolatore negativo della sensibilità insulinica del muscolo
scheletrico e può essere un bersaglio terapeutico per il trattamento delle
malattie metaboliche e le complicazioni associate a queste patologie.
PER I PEDIATRI E PER ALTRI SPECIALISTI
(Neurologi, Cardiologi ecc.)
Stem
cells guide Alzheimer’s drugs. Nature 2013;494:404. Commento di un articolo
in stampa (Modeling Alzheimer’s Disease with
iPSCs Reveals Stress Phenotypes Associated with Intracellular Aβ and Differential Drug
Responsiveness. Cell Stem Cell) in
cui si sono studiate le cellule neurali di origine staminale di pz con
Alzheimer per verificare l’effetto di farmaci in quel pz. Gli AA hanno prodotto cellule staminali pluripotenti (iPS) di
pz con Alzheimer sporadico e pz con forme familiari. I neuroni sono stati
trattati con l’acido docosaesanoico (DHA) omega-3, che non
ha avuto alcun effetto terapeutico in precedenti sperimentazioni cliniche
dell’Alzheimer. Tale sostanza ha aumentato il tempo di sopravvivenza neuronale
nei pz con forme sporadiche. Analogamente nei neuroni varia da pz a pz anche
l’accumulo di beta-amiloide, associato alla malattia, e le risposte allo stress
cellulare. Questo potrebbe spiegare i risultati tutto sommato deludenti delle
sperimentazioni cliniche e la possibilità di ricorrere a tale tecnica per
guidare la terapia.
Biomarkers for Alzheimer’s: the sequel of an original model. Lancet
Neurology 2013;12:126. Commento (dei due AA uno è
dell’IRCCS Fatebenefratelli di BS) dell’articolo (Tracking pathophysiological processes in Alzheimer’s disease: an
updated hypothetical model of dynamic biomarkers. Lancet Neurology, stesso fascicolo pg 207) che inizia ironicamente
sottolineando che sia una regola che questo modello sia presentato a ogni meeting
che parli di Alzheimer (AD). E’ un modello di marcatori biologici di questa
malattia che cambiano a seconda della fase della malattia dall’inizio alla fine
del deficit cognitivo, modello che ha bisogno di un continuo aggiornamento che
è proprio quello che fa l’articolo. L’interesse per l’uso di biomarcatori che
variano a seconda delle fasi ha lo scopo di ovviare a due aspetti importanti
della sperimentazione clinica su base ci valutazioni solo cliniche: l’errore
diagnostico (includere pz che non hanno l’AD e quindi che non rispondono alla
terapia) e la bassa sensibilità dei test clinici nel cogliere le variazioni
biologiche della malattia, variazioni che sono ben colte dai biomarcatori.
Usare biomarcatori vuol dire ridurre il numero di pz in sperimentazione e
arrivare prima a conclusioni. Sinora c’erano i primi biomarcatori della
malattia focalizzati sull’accumulo cerebrale di amiloide e poi quelli della
neurodegerazione in fase tardiva associati alla sintomatologia clinica. Ora i
biomarker tengono conto che a parità di accumulo c’è quella che viene chiamata
“riserva cognitiva” che condiziona l’inizio del deficit cognitivo, variabile da
individuo a individuo, che potrebbe essere l’obiettivo della terapia per
rallentare la progressione in demenza. E poi nella patogenesi della malattia
sembra che la fosforilazione della proteina tau nel nucleo adrenergico ceruleo
preceda e svolga un ruolo forse ancor più importante dell’accumulo amiloide. Il commento conclude “If the AD
research community revises its policy by deciding to present the updated model’s
figure3 (Evidence for temporal ordering of CSF Aβ42, tau, and MRI biomarkers)
at future meetings, this sequel might become as
successful as the original”.
Peutz-Jeghers syndrome: capsule endoscopy to stage disease. Lancet 2013;381:e5. Bellissime immagini di polipi ripresi dalla video capsula che offre
grossi vantaggi rispetto alla classica endoscopia.
Utilissima quando, come nel caso in questione, c’è
la necessità di ripetute visualizzazioni dell’intero tubo digerente (nel caso
presentato nello stomaco e nel digiuno).
Pseudoxanthoma elasticum. Clinical Picture. Lancet 2013;381:565. Sintesi di una patologia i cui segni clinici sono
subdoli e a inizio nell’adolescenza o poco dopo di una malattia che può portare
precocemente, se non diagnosticata, alla cecità e alla rottura di aneurismi
cerebrali Clinicamente papule giallastre nelle regione di flessione del collo,
gomiti e ascelle (simile a xantomi) e nelle regione di flessione dei gomiti,
strie angioidi retiniche, istologia cutanea caratteristica. I danni sono dovuti
a frammentazione delle fibre elastiche del connettivo della cute, membrana
retinica e dei sistemi gastrointestinali e cardiovascolari. Vedi le immagini.
Frequenza
1:25.000-100.000 persone. MIM #264800, gene ABCC6, e due modificatori XYLT1 e
XYLT2.
Neurodegenerative Disorders. Parkinson’s disease reveals hidden depths Nat Rev
Neurosci 14 Feb 2013. Commento di
un articolo (Therapeutic deep brain stimulation
in Parkinsonian rats directly influences motor cortex. Neuron 2012;76:1030)
sulla terapia nel Parkinson mediante stimolazione cerebrale profonda (DBS) con
il posizionamento di elettrodi che tramite un pacemaker inviano impulsi al nucleo subtalamico. Si pensa che
l’effetto terapeutico sia dovuto alla diretta inibizione da stimolazione. Si
dimostra che nel modello di topo con Parkinson la DBS ha un’azione più ampia
con induzione di potenziale di azione antidromico (che si genera con
stimolazione elettrica che risale dall’assone al corpo cellulare del
motoneurone, ndr) che normalizza la patologica oscillazione β (attività
elettrica oscillatoria a frequenza beta, che nel Parkinson è aumentata, ndr)
nella corteccia motoria. Si crede sia questo il meccanismo terapeutico della
stimolazione elettrica.
Antiplatelet and Anticoagulant Agents in Hereditary Hemorrhagic
Telangiectasia. NEJM 2013;368:876
(letter). Non ci sono indicazioni validate per la terapia anti-emorragica per
la Teleangectasia ereditaria emorragica che causa emorragie, soprattutto
epistassi, a causa della patologia vascolare e arterovenosa ma anche relativamente
frequenti sono i tromboembolismi e stroke ischemici. Queste complicazioni sono
curate da medici che sanno poco della malattia e si ricorre di solito alla
terapia antipiastrinica e anticoagulante basata su “anecdotal evidence and
expert opinion”. Cosa c’è di meglio che chiedere ai pz? E’ stata approntata una
indagine internazionale online (www.imperial.ac.uk/medicine/HHTsurvey2012) a
cui hanno risposto 973 con questa diagnosi (età 14-89 anni, mediana 53.1 a). Il
72% non hanno mai usato questi farmaci, perchè sconsigliati dai medici (54%)
per la malattia, perché avevano avuto emorragie o malformazione artero-venosa.
Il 28% invece ha assunto questi farmaci
e ovviamente hanno avuto un peggioramento dell’epistassi, talora tanto grave da
richiedere l’ospedalizzazione, con maggiori complicazioni emorragiche per
coloro che avevano assunto anticoagulanti rispetto all’antipiastrinico.L’indagine conclude che, in base all’esperienza, nella Teleangectasia ereditaria emorragica ci sono ampie variazioni di effetti collaterali emorragici per la terapia anticoagulante/antipiastrinica e che basse dosi di farmaco, soprattutto se antipiastrinico, non sono associate a un rischio rilevante di emorragia. Quindi in questa malattie possono essere somministrati questi farmaci, ma con cautela valutandone bene se vi sia una forte indicazione al loro uso.
Macrosomia: defining the problem worldwide. Lancet 2013;381:435. Editoriale che commenta un articolo sullo stesso fascicolo (Macrosomia in 23 developing countries: an
analysis of a multicountry, facility-based, cross-sectional survey. Lancet Pg. 476). L’analisi
dei dati della organizzazione mondiale della sanità sullo stato di salute
materno infantile, in particolare sulla prevalenza della macrosomia e delle
complicazioni materne e perinatale di 276.413 nati di 363 istituzione di 23
paesi in via di sviluppo (Africa e America Latina) ha portato a alcune
considerazioni importanti e sollevato alcune difficoltà come quella di una
condivisa definizione di macrosomia (solo peso alla nascita o anche
costituzione corporea?), i dati devono riportare anche quelli delle
complicazioni materno-fetali? Va bene il cut-off di 4,500 gr indipendentemente
dall’età gestazionale (per le complicazioni al parto) dell’Am Coll Obstet
Gynecol del 2004 o si deve far riferimento a curve speciifiche per gruppo
etnico? Quando sono state adottate le curve popolazione-specifiche il cut-off
(90° centile) è sceso a 3.750 gr. Altro problema: quanti parti si sono persi
studiando solo quelli avvenuti nelle istituzioni e non tutti inclusi quelli domiciliari
che in alcune realtà sono la maggioranza? E poi le patologie materne
predisponenti, come il diabete la cui prevalenza varia, soprattutto da abitanti
di città a quelli in sedi rurali. Ma comunque un buon primo passo per misurare
differenze e somiglianze con i dati dei paesi sviluppati.
Nodding syndrome—a challenge for African public health. Lancet Neurology 2013;12:125. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Clinical,
neurological, and electrophysiological features of nodding syndrome in Kitgum,
Uganda: an observational case series.Pg. 166)
relativo a una condizione conosciuta come “malattia dell’annuire” (nodding) che
è segnalata in Africa nella seconda metà del secolo scorso, con bambini che
hanno questo segno, interpretato come una crisi convulsiva atonica, provocato
in genere dal cibo o dal freddo e che porta a disabilità fisica e mentale
permanente a comparsa sui 5-15 anni (media sugli 8 anni). Ci sono segni EEG e
di neuroimmagini poco specifici (atrofia). Si sospetta un’infestazione da un
nematode filariforme (Onchocerca volvulus) tanto che in alcuni paesi è iniziata
una campagna di trattamenti anti oncocercosi (malattia nota come cecità
fluviale). Si stanno comunque organizzando per determinarne la prevalenza, la
distribuzione geografica e la causa o la predisposizione. Quale ruolo della
genetica? Nulla c’è in OMIM.
Torus
Mandibularis. NEJM 2013;368:e11. Visita odontoiatrica di routine di
una donna di 62 anni: quattro masserelle sessili dure sulla superficie linguale
della mandibola, presenti da anni e in lieve crescita, asintomatiche. Come
altri membri della famiglia. Sono piccole esostosi: diagnosi di Toro mandibolare,
da causa genetica o ambientale. Benigne.
Medication for Attention Deficit–Hyperactivity Disorder and Criminality.
Letter. NEJM 2013;368:775. Lettere relative
all’articolo “Medication
for attention deficit–hyperactivity disorder and criminality. NEJM 2012;367:2006” da cui risulta che in pz con ADHD c’è
una relazione tra bassa criminalità e terapia farmacologica per tale condizione.
Le due lettere pongono interpretazioni alternative della correlazione tra uso
di farmaco specifico e tendenza a atti criminali. Una suggerisce che la mancata
assunzione del farmaco avviene quando ci sono segni gravi e che sono questi che
possono portare a commettere atti criminali, la seconda che è possibile che il
farmaco renda la persona più attenta a evitare di essere scoperta.
La risposta, come atteso, conclude
dicendo che l’ipotesi di correlazione farmaco-ridotta criminalità è la più
plausibile in basi ai risultati ottenuti dallo studio.
Focus on memory. Nature Neuroscience 2013;16:111. Nature
Neuroscience presents a special focus issue highlighting recent advances
and discussing future directions in memory research.
Memory and law:
what can cognitive neuroscience contribute?- pp119.Memory, navigation and theta rhythm in the hippocampal-entorhinal system- pp130
Sleep-dependent memory triage: evolving generalization through selective processing - pp13Implications of memory modulation for post-traumatic stress and fear disorders- pp146.
Epigenetics and persistent memory: implications for reconsolidation and silent extinction beyond the zero- pp124. Un aspetto irrisolto in neurobiologia è come si perde la memoria permanente, inizialmente impressa con meccanismi epigenetici. Si tenta una spiegazione.
Ancora sulla memoria e sui meccanismi
epigenetici.
Histone
acetylation: molecular mnemonics on the chromatin. Nature
Reviews Neuroscience 2013;14:97. La memoria a lungo termine richiede programmi di espressione
genica che sono in parte dovuti a meccanismi epigenetici, che come si sa hanno
un ruolo in tutti i processi cognitivi, tra cui l’istone acetil trasferasi (che
altera la struttura cromatinica favorendo il legame con i fattori di
trascrizione) il cui incremento favorisce l’apprendimento e la memoria e il cui
difetto è correlato con le patologie neurodegenerative e l’invecchiamento. Il
ricorso a farmaci inibitori della deacetilasi istonica (enzima responsabile
della rimozione di gruppi acetilici dagli istoni bloccando la trascrizione) può
costituire una efficace terapia molecolare per stimolare la memoria e, per
estensione, e anche nel deficit cognitivo.
ZIBALDONE
*** (come sta cambiando il modo di lavorare e la nostra
società, svegliamoci! Ndr)Prize-based contests can provide solutions to computational biology problems. Nature Biotechnology 2013;31:108. Problema della biologia computazionale di interpretazione della gran massa di dati genetici (vedi anche Compressive genomics. Nature Biotechnology. Commentary 2012;30:627 dove si sottolinea che con l’enorme massa dati che escono dall’analisi di NGS abbiamo bisogno non solo di computer più potenti ma anche di “smarter algorithms”)(Spigolature Agosto 2012). Per tentare di affrontare questo aspetto in modo non convenzionale è stato fatto un concorso a premi on-line chiamando a partecipare persone fuori dall’accademia e dalle discipline biomediche, un sistema quindi di “crowdsourcing” (contrapposto al sistema tradizionale di scelta di esperti predefiniti e prescelti e anche al sistema di affidamento esterno chiamato “outsourcing”) con aziende e professionisti con conoscenze, esperienza e capacità diverse. Viene presentata una di queste iniziative della durata di 2 settimane sulla soluzione di un problema di immunogenetica con un premio totale di 6.000 $, i “giocatori” migliori ricevono sino a 500 $ per ogni settimana. Ci sono stati 733 partecipanti di 69 paesi (44% professionisti il resto studenti, di età 18-44 anni) e il 17% ha preparato un software. Sono state proposte 654 soluzione al problema (5.4 per partecipante), con una media di 2 2ore di lavoro per ogni soluzione. I risultati sono stati estremamente positivi migliorando le soluzione proposte da esperti e diminuendo di molte volte i tempi di processamento e con una precisione massimalizzata.
Il metodo del “crowdsourcing” sembra funzionare bene.
What is the purpose of medical research? Lancet
2013;381:347. Già a che
serve? Partendo dall’esperienza di pubblicazioni contestate sulla trasmissione
all’uomo del virus dell’influenza aviaria e su come comunicare alla comunità
scientifica i risultati questo editoriale si chiede come va fatta la ricerca
medica e a cosa deve servire. Si spendono ogni anno per la ricerca biomedica
circa 160 miliardi di dollari USA, ma si stima che l’85% sia una perdita di
soldi o sia inefficiente con difetti in 4 diverse aree: lo scopo della ricerca
è rilevante per i clinici o per i pz? L’architettura della ricerca e i metodi
sono appropriati? Ha senso clinico e è metodologicamente corretta? Saranno
accessibili i risultati ottenuti?
I
finanziamenti, es. UK (scrive l’editore del Lancet), sono soggetti a lunghi
atti burocratici senza un controllo degli scopi della ricerca, hanno le
caratteristiche della politica, cioè risultati a breve, le decisioni sono
lasciate a revisori “opachi” (ottusi?) e lenti (guardate che non sta parlando
dell’Italia, ndr), le ditte farmaceutiche vogliono risultati che diano loro
profitto. E le istituzioni accademiche devono dimostrare di essere efficienti
perché sono vagliate per quello che producono (pubblicazioni). Insomma conclude
l’Editor gli scopi di far ricerca sono “ben altro”. E propone: 1. Dobbiamo chiederci
cosa vogliamo dalla ricerca. 2. Quale ricerca vogliamo e quale impatto dovrà
avere; chi finanzia, chi ne beneficia dei suoi risultati: medici di famiglia,
pazienti, politici (ahi, ahi, ahi, ndr) deve avere un ruolo cruciale nelle
scelte. 3. Le istituzioni devono valutare l’importanza a lungo termine delle
ricerche.Per ultimo, ma non ultimo, i ricercatori “must remind themselves why they have chosen their career. They must do more to defend an environment conducive to research that is for the benefit and health of people worldwide, not merely as one element of economic policy making”.
The Pleasure of Not Knowing. Science 2013;339:523. Recensione di un libro di illustrazioni (The Where, the Why, and the
How 75 Artists
Illustrate Wondrous Mysteries of Science. J. Volvovski, J. Rothman, and M. Lamothe, Eds. Chronicle, San
Francisco, 2012. 167 pp. $24.95) che inizia con una
bellissima considerazione sui ricercatori, che quando riescono nella loro
ricerca non solo hanno la soddisfazione di avere una risposta ai loro quesiti,
ma anche il piacere di avere posto domande a cui si può trovare la giusta
risposta e avere trovato il modo giusto di raggiungere questo scopo. Oggi
possiamo sapere (ci illudiamo, ndr) tutto con un click in internet ma gli AA
lamentano la perdita dell’attesa e del piacere del “senso dello sconosciuto”.
Hanno chiesto a 50 scienziati, accademici e insegnanti di scrivere brevemente
lo stato dell’arte delle cose non note nella scienza e hanno chiesto a 70
artisti e vignettisti di commentarle con disegni. Gli argomenti vanno da “Are
nanomaterials dangerous?”, a “What existed before the Big Bang?”, a “Is sexual
orientation innate?”, a “Where will the next pandemic come from?”, a cose più
banali come “Why do we hiccup?”. Giusto per fare il punto visivo della
situazione oggi. Il commento finisce così: “the authors invite readers to savor
(assaporare) the visceral pleasure of
not knowing—taking delight in allowing thoughts to unravel and meander (girovagare) through alternative
possibilities.
****
(anche se ho capito poco, ma quello che ho capito mi è piaciuto e condivido,
ndr)
Diagnostic
testing and treatment under ambiguity: Using decision analysis to inform
clinical practice. PNAS 2013;110:2064.
Articolo di un economista Americano pieno di formule matematiche sulle
procedure diagnostiche e sulla relativa terapia. Si comincia con: “Clinical practice
guidelines are statements that include recommendations intended to optimize
patient care that are informed by a systematic review of evidence and an
assessment of the benefits and harms of alternative care options” (Institute of
Medicine (2011) Clinical Practice Guidelines We Can Trust, Committee on
Standards for Developing Trustworthy Clinical Practice Guidelines, Board on
Health Care Services, eds Graham R, et al. (National
Academy Press, Washington, DC). Queste raccomandazioni di buona prassi, che vogliono
ottimizzare la cura del pz, sono quantomeno vaghe e, nonostante siano passati50
anni, è ancora piena di incertezze, dice l’A. che ritiene che l’ottimizzazione
non sia pienamente fattibile per la parziale conoscenza dei fatti. Nel processo
decisionale devono confluire l’oggettività che il clinico raccoglie, le
conoscenze e il criterio decisionale per determinare la cura che prescrive.
Esempio: il pz si presenta al medico che raccoglie i primi dati sulla sua
salute e poi prescrive la terapia o esami sulle cui risposte basa la terapia. Nel
lavoro si propongono 3 scenari: il primo di pesare (mi pare di capire, ndr) bilanciamento
tra benefici e rischi e poi scelta terapeutica anche tenendo conto delle
preferenze del pz e dei costi. Il secondo scenario descrive le conoscenze
parziali che forniscono gli accertamenti richiesti (risultati negativi, dubbi,
positivi) e il trattamento che realisticamente è disponibile. Il terzo scenario
prende in considerazione i criteri decisionali. L’A. torna poi alle line guida
sottolineando la necessità di tenere separate le conoscenze mediche attuali
(che devono essere condivisibili “available evidence, experimental and
observational. It should maintain assumptions that are sufficiently credible to be
taken seriously. It should combine the evidence and
assumptions to draw logically valid conclusions) dal fare raccomandazioni sulla
cura, sui cui è piuttosto scettico. Raccomanda che la decisione di che fare sia
condivisa con i vari specialisti che hanno in cura il pz (chirurghi,
internisti, infermieri, personale tecnico) e termina così “It may be that
adding such professionals to clinical teams would be more beneficial to patient
care than asking physicians to adhere to care recommendations made by distant
organizations”(ovviamente
non per ogni pz, buona idea, mi viene in mente come sarebbe opportuno per noi
Genetisti clinici prendere una decisione confrontandola con quelle di altri
invece di essere “creativi” come succede anche a me, ndr).Cats are enemy number one. Nature 2013;494:9. Secondo uno studio del Smithsonian Conservation Biology Institute (Washington DC)(Nature Commun. 2013;4:1396) in USA i gatti domestici sono i principali killer antropogenici (effetto, processo, oggetto o materiale derivato dalle attività umane in opposizione a quelli che accadono in ambiente naturale senza influenza umana, wiki) degli animali selvatici (uccelli, mammiferi). Molto di più di quanto si pensasse. Uccidono da 1.4 a 3.7 miliardi di uccelli e da 6.9 a 20.7 miliardi di mammiferi ogni anno, probabilmente molto di più di ogni attività umana. Rischiano di far estinguere alcune specie in alcune regioni (come fare per evitare questa strage? Purina Felix bocconcini di pesce, dice il mio gatto, ndr).
Lonely
teen rats choose drugs. Nature 2013;494:405. Commento di un
articolo (Social Deprivation Enhances VTA
Synaptic Plasticity and Drug-Induced Contextual Learning. Neuron
2013;77:335) su un argomento noto: esperienze di deprivazione
sociale soprattutto nei primi anni di vita aumentano il rischio di acquisire
dipendenza da sostanze e a malattie psichiatriche anche in età successive.
Negli animali l’isolamento sociale è uno strumento per verificare l’impatto di
deprivazione sociale sullo sviluppo cerebrale e sul comportamento. Tale
isolamento porta a deficit cognitivi e relazionali, a disturbi psichiatrici
(aggressività, ansietà) e anomalie morfologiche neuronali e di plasticità
sinaptica a livello dell’ippocampo.
Nel
ratto il periodo più critico con danni irreversibili va dallo svezzamento (P21)
sino a metà dell’adolescenza (P50). I risultati dello studio dicono che ratti tenuti
isolati da P21 a P42 hanno un potenziamento a lungo termine dei recettori NMDA
ionotropici glutammatergici nell’area ventrale tegmentale causato da un aumento
di segnale dei recettori metabiotropici per il glutammato, anomalie che non
sono reversibili. Questi ratti sviluppano più rapidamente, rispetto agli
animali che non hanno avuto l’isolamento, una preferenza per stimoli associati
a farmaci come amfetamine e a sostanze come l’alcool con una maggior difficoltà
alla cancellazione della memoria di queste sostanze. Questi effetti fanno capire come esperienze in epoca preadolescenziale aumentino la vulnerabilità alla dipendenza (da farmaci o da varie sostanze).
As the worm turns. Nature 2013;494:296. Riassunto
cinguettante: “With the help of a
tiny worm, Cornelia Bargmann is unpicking (sta svelando) the neural circuits
that drive eating, socializing and sex”. Con
un inizio che è un programma (Male sexual dysfunction is never pretty, even in
nematodes) l’A spiega cosa sia il corteggiamento nella C. elegans, con il
maschio che con movimenti e contorcimenti si avvicina all’ermafrodita (wiki
dice: nella popolazione adulta di C. elegans sono presenti due tipi
sessualmente diversi di organismi: il maschio e l'ermafrodita.
I maschi, molto rari (pari a circa 0.05% del totale), garantiscono la
variabilità genetica, gli ermafroditi possono proliferare anche senza maschi) e
procede all’inseminazione. Lo scorso Ottobre è stato individuate un gene
cruciale per il successo dell’accoppiamento, la cui distruzione causa “male
sexual confusion of almost epic pathos”. La ricercatrice citata ha impiegato 25
anni nello studio dei circuiti neurali
del nematode (sordo, quasi cieco, trasparente) per capire come le informazioni
sensoriali si traducono nei comportamenti di base, che sono fame, paura e
riproduzione. E questo per capire cosa succede a noi. Leggetelo, sono 3 pg.
Reforms at stake in Italian
election. Nature 2013;494:293. Sottotitolo: “Italy’s
researchers want change they can believe in”. Inizia con la storia degli intoppi burocratici
posti per il trasferimento di Ilaria Capua, virologa ben apprezzata all’estero,
in una sede idonea per proseguire i suoi studi (una questione questa che da padovana
è diventata nazionale e internazionale) che l’hanno quasi portata a andarsene
all’estero. Poi è venuto l’invito di Monti di farla entrare con le nuove
elezioni in parlamento con la sua Lista Civica (1/3 delle persone scelte da Monti,
commenta la News, sono scienziati o universitari, piuttosto che politici di
professione). L’Italia deve rinnovarsi anche in campo scientifico contrastando
il nepotismo e la burocrazia, rendendo più trasparenti i reclutamenti anche con
il controllo dell’ANVUR, che, com’era facilmente prevedibile, trova resistenze
e critiche da parte dei politici che vogliono bloccare tutto e tornare come
prima. Le riforme bisogna farle, ma i fondi destinati alla ricerca sono molto
pochi. Per fare cassa si sta riducendo il numero dei professori universitari
(ne viene sostituito 1 di 5 che vanno in pensione) ma i fondi sono comunque
troppo pochi: €38 milioni per l’anno in corso per la
ricerca di base nelle varie discipline. La foto che pubblicano è quella di
Monti (faccia preoccupata) e quella di Capua (pronta a agire). Abbiamo visto
com’è andata.
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