lunedì 11 marzo 2013

Spigolature Genetica Clinica/Umana Feb 2013 R. Tenconi


Raccolta e brevi commenti di articoli di Genetica Medica e Umana e di interesse generale del mese di Febbraio 2013 che hanno attirato la mia attenzione o curiosità, pubblicati nelle seguenti riviste: Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature Genetics, Nature Medicine, Nature Reviews Genetics, Nature Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science, Cell.

EPIGENETICA
Epigenetics. PNAS 2013;110:3209. Una paginetta da leggersi in pochi m’, che termina così: “Where genetics has fallen short in explaining human biology, epigenetics is stepping up to fill in gaps. However, although the cost and difficulty of sequencing a person’s genes has rapidly fallen, the technology to get a read on a person’s epigenome has a long way to go to catch up. Only then will the full role of epigenetics in human health and biology emerge” (dire meglio di così non si può, ndr).

RNA methylation and metabolism. Science 2013;393:490. Commento di un lavoro (Molecular Cell. ALKBH5 Is a Mammalian RNA Demethylase that Impacts RNA Metabolism and Mouse Fertility 2013;49:18). Sappiamo dell’importanza per la stabilità genomica dei processi di metilazione e demetilazione del DNA. Ma la metilazione è anche la principale modificazione post-trascrizionale del mRNA nei mammiferi e svolge un ruolo importante nel processamento di mRNA. Nel lavoro è stata identificata una RNA demetilasi (ALKBH5), nel topo KO di questa demetilasi vi è una ridotta fertilità e vi è una ridotta espressione di geni chiave della spermatogenesi producendosi, oltre a una ridotta spermatogenesi, anche eccessiva apoptosi spermatocitica nella fase meiotica nei testicoli. Come per il DNA, anche la dinamica di metilazione e demetilazione ha un ruolo importante nella regolazione genica.

Puberty controlled by DNA changes Nature 2013;494:9. Commento di un articolo (A. Lomniczi1, Epigenetic control of female puberty. Nature Neuroscience 2013, Advance online publication) sul controllo epigenetico, mediante repressione trascrizionale, della maturazione sessuale nelle femmine dei mammiferi con azione coordinata di più geni. La pubertà inizia con l’aumento di secrezione dell’ormone di rilascio della gonadotropina (GnRH) dall’ipotalamo con un non ben chiaro meccanismo di controlli dei geni interessati. Sono noti geni che quando mutati causano la mancata pubertà (GNRHR, KISS1R, KISS1, TAC3 e TACR3) ma anche in base a studi di associazione questi non sono gli unici geni (stimati una trentina) associati al menarca nella specie umana. Nel lavoro gli AA usando ratti dimostrano che la riduzione dei livelli di una molecola silenziatrice di geni (EED) controlla la produzione di GnRH. EED è una proteina della famiglia Polycomb, proteine che formano complessi multimerici coinvolti nel mantenere lo stato trascrizionale repressivo di alcuni geni. EED regola l’espressione di un gene, Kiss1 (vedi sopra), che codifica per una proteina che partecipa alla produzione di GnRH. L’aggiunta di un gruppo metilico alla regione regolatrice di EED ne riduce l’espressione poco prima della pubertà con aumentata espressione di Kiss1, rendendo più frequente la pulsatilità dall’ipotalamo dell’ormone.

Epigenetic mechanisms in multiple sclerosis: implications for pathogenesis and treatment. Lancet Neurology 2013;12:195. Nello studio della sclerosi multipla (MS) si sta cercando di integrare i dati epidemiologici, quelli derivati dagli studi di associazione dell’intero genoma e gli approcci terapeutici dei pz, ma sta risultando sempre più evidente che, come classicamente sappiamo per le malattie multifattoriali, nella patogenesi della MS l’ambiente modula i meccanismi cellulari che regolano l’espressione genica. Questi meccanismi molecolari condizionati dall’ambiente sono la metilazione del DNA, le modificazioni post-traduzionali di istoni nucleosomici e RNA non codificanti. Raccomando di leggere questa review per chi è interessato a un aggiornamento sui meccanismo epigenetici di regolazione dell’espressione genica. Per la SM viene proposto un meccanismo di modulazione dell’epigenoma ambientale da parte dell’ambiente che agisce sul sistema immunitario cerebrale, determinando l’epoca di comparsa e il decorso della malattia (modulazione della formazione mielinica). La preparazione di una mappa dei geni coinvolti può portare all’individuazione di coloro che sono predisposti alla malattia e la mappa della loro marcatura epigenetica nei vari tessuti può portare a una efficace terapia personalizzata.

Epigenome-wide association data implicate DNA methylation as an intermediary of genetic risk in rheumatoid arthritis. Nature Biotechnology 2013;31:142. E’ noto il ruolo delle modificazioni epigenetiche nell’eziologia del cancro e della sua evoluzione. Meno noto è il ruolo delle modificazioni epigenetiche nelle malattie complesse e come identificare, mediante analisi di metilazione, le variazioni genetiche ereditabili che potrebbero essere correlate alla malattia ma che non sono visibili con le comuni tecniche genetiche di associazione (GWAS). Sinora l’analisi di metilazione genome-wide non ha dato risultati utili. Nel lavoro viene presentato uno studio di metilazione dell’intero genoma applicando un sistema di filtraggio dei dati specifico in un campione di 354 pz con artrite reumatoide (AR) positivi agli anticorpi anti proteine citrullinate (marker di malattia molto più preciso del fattore reumatoide) e 335 controlli. L’AR è particolarmente adatta per questo tipo di studi perché i leucociti sono le cellule coinvolte nella malattia e perché è disponibile un marker della malattia. L’analisi di metilazione e l’analisi SNP ha consentito di individuare 10 possibili posizioni differentemente metilate (Differentially methylated positions)(DMP) che mediano il rischio genetico di AR, 9 nel sistema maggiore di istocompatibilità e 1 esterno ma sullo stesso cromosoma (6p12.1).

Opening the genome to reduce cocaine-seeking behavior. PNAS;110:2442. L’identificazione dei meccanismi che regolano l’espressione genica ha aperto la strada a tentativi terapeutici agendo sui target epigenetici, tra cui gli inibitori della deacetilasi istonica (HDAC)(HDAC deacetila gli istoni determinando una repressione trascrizionale, la sua inibizione aumenta l’attività trascrizionale e la memoria), come nel cancro, nell’Alzheimer e nel Parkinson (in modelli animali) e anche nella dipendenza da cocaina (HDAC3-selective inhibitor enhances extinction of cocaine-seeking behavior in a persistent manner. PNAS 2013;110:2647). In questo lavoro viene dimostrata l’eliminazione rapida e persistente della dipendenza da cocaina nei ratti con l’uso dell’inibitore HDAC3, che è il principale HDAC, classe I, nell’encefalo e che regola l’apprendimento e la memoria.

BIOLOGIA – GENETICA
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CFTR-deficient pigs display peripheral nervous system defects at birth. PNAS 2013;110:3083. Mutazioni del gene cystic fibrosis transmembrane conductance regulator (CFTR) causano la fibrosi cistica, una comune malattia AR e una delle prime a aver avuto identificato il gene. Il prodotto è una canale anionico espresso in molti tessuti epiteliali, la sua perdita causa distruzione del pancreas esocrino e ostruzione intestinale con ileo da meconio. Ma anche, dato non molto noto, nell’uomo sono state documentate anomalie del sistema nervoso periferico, come neuropatia periferica, ridotta velocità di conduzione nervosa e ridotta innervazione degli acini e dei dotti delle ghiandole sudoripare, ridotta attività mioelettrica gastrica, anomala sensibilità colinergica e adrenergica nella costrizione pupillare, nella secrezione di sudore e di saliva e nella regolazione della pressione arteriosa e della broncocostrizione. Interpretate come dovute alla iponutrizione. Ma la proteina è presente un varie sedi del SN (uomo e mammiferi) e alcuni eterozigoti manifestano anomalie del periferico. Per le difficoltà o l’impossibilità di verificare anomalie del SN nell’uomo è stato creato un modello animale (maiale CFTR -/-) che alla nascita ha ileo da meconio e microcolon, distruzione del pancreas esocrino, anomalie vescicali, normali vie respiratorie ma con difetto dei meccanismi di difesa batterica. Dopo qualche mese sviluppano una patologia respiratoria molto simile a quella dei pz con CF. Quindi il modello è valido per verificare altri aspetti (espressione di CFTR nel SN e patologia del SN con la sua perdita). CFTR risulta espresso nel SN, particolarmente nelle cellule (cellule gliali di rivestimento degli assoni) e sono state documentate alterazioni delle fibre nervose simili a quelle della m. Charcot-Marie-Tooth (anomalie della guaina dei nervi, aumento del (myelin protein zero)(gene mutato nella CMT 1B), ridotta densità assonica, ridotta velocità di conduzione nervosa). Quindi nei maiali viene documentato quello è noto nell’uomo: neuropatia demielinizzante e assonale. E nei maiali eteroziogoti sono presenti, come nell’uomo, segni neurofisiologici intermedi. Perché? Le cellule Schwann stabilizzano il potenziale di membrana e la perdita di canali del cloro destabilizza probabilmente il potenziale e determina alterazioni del flusso ionico.

Pig genomics for biomedicine. Nature Biotechnology 2013;31:122. I maiali, oltre a fornirci carne per l’alimentazione (consumate nel 2011 nel mondo 100 milioni di tonnellate) e organi per xenotrapianti, ora dopo il sequenziamento di alta qualità del loro genoma (Analyses of pig genomes provide insight into porcine demography and evolution. Nature 2012;491:393) sono un’importante risorsa in agricoltura e in biomedicina, tanto che hanno fondato il National Swine Resource and Research Center come una risorsa genetica e come banca per modelli di malattia (http://nsrrc.missouri.edu/). Meglio dei topi come modelli perché più simili a noi, per es. per la Fibrosi cistica (vedi sopra), le patologie retiniche (molto simile il sistema dei fotorecettori), le patologie cardiovascolari da aterosclerosi. Sono stati individuati 112 loci che corrispondono a altrettanti geni malattia dell’uomo (OMIM).

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Broken DNA in ageing eggs. Nature 2013;494:248. Commento e editoriale (Ovarian Aging: Breaking Up Is Hard to Fix. Sci Transl Med. 2013;5:172) di un lavoro (Impairment of BRCA1-Related DNA Double-Strand Break Repair Leads to Ovarian Aging in Mice and Humans. Sci Trans Med 2013;5:172ra21) su un aspetto molto interessante e a cui non è mai stata data una convincente spiegazione: il meccanismo di deplezione della riserva di follicoli legato all’età.
La qualità delle cellule uovo declina con l’età della donna probabilmente per la ridotta capacità di riparare il DNA. Gli oociti nelle donne e nei topi di età avanzata hanno, rispetto alle donne più giovani, una maggior probabilità di danno del DNA con alterata riparazione delle rotture del doppio filamento mediata da ATM (il gene della Atassia-telangiectasia, che controlla il checkpoint del ciclo cellulare) e minor espressione di 4 geni della riparazione del DNA (BRCA1, MRE11, Rad51 e ATM, ma non BRCA2). Il silenziamento di questi geni negli oociti di topo utilizzando piccole molecole da interferenza RNA (segmenti di RNA a doppio filamento)(Nobel per la Medicina del 2006) causano danno del DNA e morte cellulare. La sovraespressione di uno di questi geni (BRCA1) determina negli oociti di topi di età avanzata la scomparsa dei fenomeni su specificati rendendoli simili agli oociti di animali più giovani. Un’altra prova è costituita dal fatto che donne con mutazione germinale di BRCA1 hanno una ridotta riserva ovarica. Una possibile terapia per prolungare la fertilità femminile. Bisognerebbe procurarsi il lavoro, che pare molto interessante.

Getting a Big Head. Science 2013 8 Feb ;339. Commento di un articolo (Artificial selection on relative brain size in the guppy reveals costs and benefits of evolving a larger brain. Curr. Biol.2013;23:168) su dimensioni craniche, apparentemente correlate con l’intelligenza, ma se l’intelligenza conferisce un vantaggio selettivo, fino a quali dimensioni del cranio? Hanno preso un pesciolino di acqua dolce, Poecilia reticulata, e con selezione artificiale hanno selezionato pesci con testa grossa e piccola con variazioni estreme del 10% e hanno fatto un test di capacità cognitiva (!). Hanno documentato che le femmine (non i maschi per motivi non noti) con la testa più grossa avevano una performance migliore rispetto a quelle con la testa più piccola. Ma il costo della macrocefalia relativa è a scapito delle dimensioni intestinali e della funzione riproduttiva facendoci capire che la maggiore attività metabolica cerebrale è a scapito di altre funzioni. Il compenso riproduttivo della macrocefalia va d’accordo con il confronto tra le varie specie in cui i mammiferi con maggiore intelligenza come l’uomo, le balene, i delfini hanno una ridotta fertilità.
Vedi anche Fish heads and human disease. Nature2012;485:318 (Spigolature Maggio 2012).

Genetic privacy needs a more nuanced approach. A personal take on events. Nature 2013;494:7.
Vedi anche Genetic privacy. Nature 2013;493:451, commento di Identifying Personal Genomes by Surname Inference. Science 2013;339:321) con cui si dimostra che c’è la quasi certezza dall’esterno di identificare nomi e indirizzi di pz reclutati in una ricerca. Misha Angrist (autore di “Here is a Human Being: At the Dawn of Personal Genomics”) commenta il lavoro sopra citato su Science dicendo che NHI “has warned that research is at a “crucial juncture”. Bioethicists are fretting. Scientists are anxious” e mette al suo intervento il sottotitolo: “Because confidentiality of health data cannot be guaranteed, people should consider both the risks and advantages of sharing them”. Racconta la storia di un ragazzo di 15 anni che ha cercato e trovato il padre donatore di sperma, a cui la banca dello sperma aveva assicurato l’anonimato, usando la stessa metodica di lavoro pubblicata su Science (dati molecolari del cr. Y). Solleva alcuni punti interessanti sulla necessità che i risultati siano aperti ai ricercatori con il rischio, ben spiegato ai partecipanti, del rischio di lesione della privacy. Primo punto: fairness. Se può lui accedere a dati suoi e di altri perché non lo può fare il ricercatore con pochi fondi (come quello della Slovenia o del Kenia)(grazie per non averci coinvolto, ndr). Secondo si possono estrarre dati che sono lì per essere usati per studi specifici (d’accordissimo, nel mio piccolo ho avuto esperienza di un registro malformazioni regionale, con dati raccolti con lo sforzo di tanti, che venivano usati per una minima parte e per questo invitavo ricercatori a proporre ricerche usando i dati del registro, ndr). Terzo i dati genomici possono essere utili, ad es. per l’identificazione di fattori di rischio di malattia. Conclude: “Privacy and confidentiality are important principles. But being identifiable has some benefits, and being anonymous has some costs; science will be better off when it acknowledges this reality”.

Heredity—The Very Long View. Science 2013;339:649. Recensione del libro A Cultural History of Heredity
by S. Müller-Wille and HJ Rheinberger. University of Chicago Press, Chicago, 2012. 337 pp. $45. Nel commento si sottolinea l’opportunità di una rivisitazione della storia dell’eredità e dei padri della eugenetica, Francis Galton, e Gregor Mendel della genetica. E’ comunque interessante sapere come in epoca lontana si interpretavano aspetti biologici che ora riteniamo siano sempre stati riconosciuti, “What contemporary biology identifies as an essential feature of all living systems—namely, their ability to reproduce themselves more or less identically through nutrition, growth, and propagation— … seems to have escaped the attention of natural philosophers and physicians prior to the eighteenth century” (forse sarà quello che penseranno di noi tra 300 anni, dicendo “ma come potevano non avere capito”? ndr).

Genome-wide association study for osteoarthritis. Lancet 2013;381:372. Lettera relative all’articolo Identification of new susceptibility loci for osteoarthritis (arcOGEN): a genome-wide association study: Lancet 2012;380:815.9(Spigolature Set 2012) che sottolinea che “we have several concerns about their interpretation and generalisablility”, come quello del gene FTO che causa obesità, ma l’obesità correlata alla osteoartrite è causa o conseguenza?(l’uovo e la gallina? Ndr), e poi il fatto che riguardando la popolazione studiata (europea) le conclusione non possono essere generalizzate (gli AA sono cinesi). La risposta: i dati parlano di una condivisione di pathway (parola magica, eh? Ndr) tra obesità e osteoartrite. Concordano su studi collaborativi con varie etnie che potrebbero rende i risultati ancor più significativi.

Gene sequencing leaves the laboratory. Nature 2013;494:290. Sottotitolo: “Maturing technology speeds medical diagnoses”. I costi del sequenziamento dell’intero genoma, sino a poco tempo fa in rapida diminuzione, si sono per ora assestati sui 5-10.000 D USA per genoma. Quello che chiamano Reasonably Priced Genomes con costo della macchina che va da 49.000 a 695.000 D USA con costi per megabase da 5 cent a 17 D USA, con frammenti sequenziabili da 200 a 4.575 basi.
Ma le ultime novità riguardano il sequenziamento genomico dell’embrione dopo la fecondazione in vitro (single cell genomics, con la messa a punto di una migliore amplificazione, sono in corso sperimentazioni cliniche in questo campo) e la medicina metagenomica per individuare i germi buoni da quelli cattivi.
Un altro miglioramento tecnico riguarda la lunghezza dei segmenti sequenziabili (con una polimerasi ingegnerizzata) importante per distinguere il genoma di microbi simili.
Ma stiamo ancora aspettando l’annunciata (l’anno scorso) comparsa sul mercato della Oxford Nanopore’s GridION and MinION machines o la Life Technologies’ Ion Proton machine che dovrebbe uscire tra poco con l’analisi genomica dal costo di 1.000 D USA in 1 giorno (ma poi chi legge i risultati? Ndr).

Mechanisms of Disease. Autophagy in Human Health and Disease. NEJM 2013;368:651. Review sul meccanismo autofagico e sul suo ruolo nella fisiologia e nella patologia. E’, come dice l’introduzione, un processo omeostatico presente in tutte le cellule eucariotiche che partecipa al sequestro di componenti citoplasmatiche negli autofagosomi a doppia membrana, che poi si fondono con i lisosomi per la degradazione del sequestrato e il riuso. L’autofagia è implicata nella risposta all’attività fisica, nell’invecchiamento e in numerose malattie come il cancro (partecipa nel sua comparsa, evoluzione, resistenza a farmaci), malattie infettive, metaboliche (Paget, obesità e s. metabolica dove è diminuita nel fegato, delezione dei geni autofagici causano una sregolazione alimentare), neurodegenerative (è sregolata nell’Alzheimer, nella m Huntington in cui la proteina mutata interferisce con il processo autofagico, Parkinson), cardiache (cardiomiopatie, come quella della s. Danon, aterosclerosi) e polmonari (m. polmonare ostruttiva cronica). La review termina con esempi di sperimentazione clinica di controllo dell’autofagia soprattutto nel cancro.

Identification of human epididymis protein-4 as a fibroblast-derived mediator of fibrosis. Nature Medicine 2013;19:227. La fibrosi renale è una condizione patologica di rimodellamento del tessuto renale con una sostituzione della normale architettura tissutale da parte di collagene tipo I e altre proteine della matrice extracellulare. La fibrosi porta a insufficienza funzionale del rene. Buona parte delle lesioni renali di qualsiasi natura esitano in fibrosi con un processo che si perpetua, facilitato da fibroblasti attivati, i miofibroblasti, con la propagazione della risposta infiammatoria. Nel lavoro è stato generato un topo transgenico (αSMA-RFP) e è stata individuata la sovraepressione di un gene, HE4, che è quello con espressione molto aumentata nei miofibroblasti associati alla fibrosi. Questo gene codifica una proteina che è un inibitore serino-proteasi che è sopraregolata nei reni fibrotici dell’uomo e del topo e che è aumentata nel siero di pz con fibrosi renale. Questo gene sopprime l’attività di molte proteasi, tra cui in particolare due particolarmente rilevanti nella fibrosi renale (Prss35 and Prss23), e inibisce la loro capacità di degradare il collagene tipo I. La somministrazione nei topo di anticorpi neutralizzanti HE4 accelera la degradazione del collagene I e inibisce la fibrosi renale in diversi modelli animali di topi di malattia renale. Quidi è un buon candidato come marcatore biologico del processo fibrotico e un nuovo bersaglio terapeutico.

SPERIMENTAZIONI CLINICHE- TERAPIE
Hope abandoned: memantine therapy in frontotemporal dementia. Lancet Neurology 2013;12:121. Malattie “crudele” dice il commento, perché a differenza dell’Alzheimer, che lascia intatta la personalità nelle prime fasi, la FTD invece ha come primi segni un cambiamento profondo della personalità, socialità e delle capacità comunicative. Nonostante notevoli progressi nella comprensione dei meccanismi patogenetici non ci sono terapie di alcun tipo che possano rallentarne il decorso, forse legate anche al fatto della notevole eterogeneità causale. Il commento riguarda un articolo sullo stesso fascicolo (Memantine in patients with frontotemporal lobar degeneration: a multicentre, randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet Neurology Pg. 149) sui risultati di una sperimentazione clinica multicentrica a doppio cieco con un inibitore non competitivo dei recettori NMDA (che sono recettori ionotropici glutammatergici) che ha dimostrato di avere un certo effetto nell’Alzheimer di grado severo (Discontinuing Donepezil or Starting Memantine for Alzheimer’s Disease. NEJM 2012;366:957)(Articoli interesse Marzo 2012) e che sembravano avere un certo effetto in una sperimentazione in aperto nella FTD. Ma nessun risultato dopo 26 settimane di terapia con Memantine in 81 pz con FTD.
Analoga delusione con lo stesso farmaco in un altro studio (Francia) di 49 pz per un periodo di 12 mesi.
Il campione è piccolo, clinicamente non omogeneo, il principale risultato atteso non ottimale e via precisando. Chi commenta giustamente sottolinea che si sta pensando a altri farmaci, che comunque per queste famiglie va offerto un supporto multidisciplinare, un’appropriata consulenza genetica.

Guarding children’s genetic privacy Nature 2013;494:430. Lettera che solleva il problema della privacy quando si raccoglie DNA di bambini che hanno contribuito a donare migliaia di campioni alle biobanche.
La condivisione di informazioni fenotipiche e genotipiche è necessaria per la ricerca e il consenso a questo è dato dai genitori. Ma i consensi in genere assicurano promesse non realistiche di anonimato.
I genitori dovrebbero essere invece realisticamente informati della necessità di condivisione tra i ricercatori dei dati clinici e genetici dei loro figli, per fare progredire la scienza e “salvare vite” (bel problema, ndr).

L’EPIDEMIA DELL’OBESITÀ
Role for the obesity-related FTO gene in the cellular sensing of amino acids. PNAS 2013;110:2557. Sono noti SNP nel primo introne del gene FTO (fat mass- and obesity-associated gene)(associati a BMI e all’obesità nell’uomo, con un meccanismo di riduzione della sazietà e aumento di assunzione di energia (iperfagia e alterata preferenza dei macronutrimenti). Ma non si sa come gli alleli a rischio modifichino l’espressione di FTO; sappiamo solo che nei modelli animali FTO ha un ruolo nel peso corporeo, infatti nel topo la sua sovraespressione causa obesità, mentre il suo annullamento sempre nel topo scarsa crescita postnatale e mortalità precoce, come nell’uomo con mutazione in omozigosi con perdita di funzione di FTO (Growth retardation, developmental delay, coarse facies, and early death. MIM #612938). Non sappiamo comunque come FTO controlli l’omeostasi energetica, la crescita e le scelte alimentari. Nel lavoro si dimostra che cellule private di FTO hanno una ridotta attivazione del pathway di segnale mTORC1, ridotta traduzione di mRNA e aumentata autofagia che spiega gli effetti clinici sopra descritti. In condizioni di scarsità di aminoacidi si produce una rapida degradazione di FTO, e se vengono artificialmente mantenuti livelli alti di FTO si producono livelli eccessivi di mTORC1. I risultati ottenuti in questo studio e quelli della letteratura (nell’uomo i portatori di SNP introniche di FTO predisponenti all’obesità consumano più calorie e hanno specifiche preferenze alimentari) fanno pensare che queste SNP influenzino le sensibilità centrale della composizione dei macronutrienti della dieta.

Central role of E3 ubiquitin ligase MG53 in insulin resistance and metabolic disorders. Nature 2013;494:375. La resistenza all’insulina è un meccanismo ala base di molte malattie tra cui il Diabete m. 2, l’obesità e la sindrome metabolica, fonte epidemiologicamente rilevante di morbilità e mortalità. L’insulino resistenza del tessuto muscolare scheletrico ha un ruolo predominante nella sindrome metabolica anche perché ne è anche uno dei primi meccanismi patogenetici. Nel lavoro viene identificato una proteina, MG53 della famiglia famiglia tripartite motif-containing (TRIM)(proteine a varia funzione, molte che partecipano alla degradazione proteica) che ha un ruolo nella patogenesi della malattia metabolica. Il relativo gene è sovraespresso infatti nel modello di topo diabetico 2 obeso da dieta ricca di grassi e nei soggetti obesi. Topi KO di MG53 (MG53 -/-) non sviluppano la sindrome metabolica con dieta a alto contenuto di grassi, a differenza dei topi wild type. MG53 è un potente regolatore negativo della sensibilità insulinica del muscolo scheletrico e può essere un bersaglio terapeutico per il trattamento delle malattie metaboliche e le complicazioni associate a queste patologie.

PER I PEDIATRI E PER ALTRI SPECIALISTI (Neurologi, Cardiologi ecc.)
Stem cells guide Alzheimer’s drugs. Nature 2013;494:404. Commento di un articolo in stampa (Modeling Alzheimer’s Disease with iPSCs Reveals Stress Phenotypes Associated with Intracellular Aβ and Differential Drug Responsiveness. Cell Stem Cell) in cui si sono studiate le cellule neurali di origine staminale di pz con Alzheimer per verificare l’effetto di farmaci in quel pz. Gli AA hanno prodotto cellule staminali pluripotenti (iPS) di pz con Alzheimer sporadico e pz con forme familiari. I neuroni sono stati trattati con l’acido docosaesanoico (DHA) omega-3, che non ha avuto alcun effetto terapeutico in precedenti sperimentazioni cliniche dell’Alzheimer. Tale sostanza ha aumentato il tempo di sopravvivenza neuronale nei pz con forme sporadiche. Analogamente nei neuroni varia da pz a pz anche l’accumulo di beta-amiloide, associato alla malattia, e le risposte allo stress cellulare. Questo potrebbe spiegare i risultati tutto sommato deludenti delle sperimentazioni cliniche e la possibilità di ricorrere a tale tecnica per guidare la terapia.

Biomarkers for Alzheimer’s: the sequel of an original model. Lancet Neurology 2013;12:126. Commento (dei due AA uno è dell’IRCCS Fatebenefratelli di BS) dell’articolo (Tracking pathophysiological processes in Alzheimer’s disease: an updated hypothetical model of dynamic biomarkers. Lancet Neurology, stesso fascicolo pg 207) che inizia ironicamente sottolineando che sia una regola che questo modello sia presentato a ogni meeting che parli di Alzheimer (AD). E’ un modello di marcatori biologici di questa malattia che cambiano a seconda della fase della malattia dall’inizio alla fine del deficit cognitivo, modello che ha bisogno di un continuo aggiornamento che è proprio quello che fa l’articolo. L’interesse per l’uso di biomarcatori che variano a seconda delle fasi ha lo scopo di ovviare a due aspetti importanti della sperimentazione clinica su base ci valutazioni solo cliniche: l’errore diagnostico (includere pz che non hanno l’AD e quindi che non rispondono alla terapia) e la bassa sensibilità dei test clinici nel cogliere le variazioni biologiche della malattia, variazioni che sono ben colte dai biomarcatori. Usare biomarcatori vuol dire ridurre il numero di pz in sperimentazione e arrivare prima a conclusioni. Sinora c’erano i primi biomarcatori della malattia focalizzati sull’accumulo cerebrale di amiloide e poi quelli della neurodegerazione in fase tardiva associati alla sintomatologia clinica. Ora i biomarker tengono conto che a parità di accumulo c’è quella che viene chiamata “riserva cognitiva” che condiziona l’inizio del deficit cognitivo, variabile da individuo a individuo, che potrebbe essere l’obiettivo della terapia per rallentare la progressione in demenza. E poi nella patogenesi della malattia sembra che la fosforilazione della proteina tau nel nucleo adrenergico ceruleo preceda e svolga un ruolo forse ancor più importante dell’accumulo amiloide. Il commento conclude “If the AD research community revises its policy by deciding to present the updated model’s figure3 (Evidence for temporal ordering of CSF Aβ42, tau, and MRI biomarkers) at future meetings, this sequel might become as successful as the original”.

Peutz-Jeghers syndrome: capsule endoscopy to stage disease. Lancet 2013;381:e5. Bellissime immagini di polipi ripresi dalla video capsula che offre grossi vantaggi rispetto alla classica endoscopia.
Utilissima quando, come nel caso in questione, c’è la necessità di ripetute visualizzazioni dell’intero tubo digerente (nel caso presentato nello stomaco e nel digiuno).

Pseudoxanthoma elasticum. Clinical Picture. Lancet 2013;381:565. Sintesi di una patologia i cui segni clinici sono subdoli e a inizio nell’adolescenza o poco dopo di una malattia che può portare precocemente, se non diagnosticata, alla cecità e alla rottura di aneurismi cerebrali Clinicamente papule giallastre nelle regione di flessione del collo, gomiti e ascelle (simile a xantomi) e nelle regione di flessione dei gomiti, strie angioidi retiniche, istologia cutanea caratteristica. I danni sono dovuti a frammentazione delle fibre elastiche del connettivo della cute, membrana retinica e dei sistemi gastrointestinali e cardiovascolari. Vedi le immagini.
Frequenza 1:25.000-100.000 persone. MIM #264800, gene ABCC6, e due modificatori XYLT1 e XYLT2.

Neurodegenerative Disorders. Parkinson’s disease reveals hidden depths Nat Rev Neurosci 14 Feb 2013. Commento di un articolo (Therapeutic deep brain stimulation in Parkinsonian rats directly influences motor cortex. Neuron 2012;76:1030) sulla terapia nel Parkinson mediante stimolazione cerebrale profonda (DBS) con il posizionamento di elettrodi che tramite un pacemaker inviano impulsi al nucleo subtalamico. Si pensa che l’effetto terapeutico sia dovuto alla diretta inibizione da stimolazione. Si dimostra che nel modello di topo con Parkinson la DBS ha un’azione più ampia con induzione di potenziale di azione antidromico (che si genera con stimolazione elettrica che risale dall’assone al corpo cellulare del motoneurone, ndr) che normalizza la patologica oscillazione β (attività elettrica oscillatoria a frequenza beta, che nel Parkinson è aumentata, ndr) nella corteccia motoria. Si crede sia questo il meccanismo terapeutico della stimolazione elettrica.

Antiplatelet and Anticoagulant Agents in Hereditary Hemorrhagic Telangiectasia. NEJM 2013;368:876 (letter). Non ci sono indicazioni validate per la terapia anti-emorragica per la Teleangectasia ereditaria emorragica che causa emorragie, soprattutto epistassi, a causa della patologia vascolare e arterovenosa ma anche relativamente frequenti sono i tromboembolismi e stroke ischemici. Queste complicazioni sono curate da medici che sanno poco della malattia e si ricorre di solito alla terapia antipiastrinica e anticoagulante basata su “anecdotal evidence and expert opinion”. Cosa c’è di meglio che chiedere ai pz? E’ stata approntata una indagine internazionale online (www.imperial.ac.uk/medicine/HHTsurvey2012) a cui hanno risposto 973 con questa diagnosi (età 14-89 anni, mediana 53.1 a). Il 72% non hanno mai usato questi farmaci, perchè sconsigliati dai medici (54%) per la malattia, perché avevano avuto emorragie o malformazione artero-venosa.
Il 28% invece ha assunto questi farmaci e ovviamente hanno avuto un peggioramento dell’epistassi, talora tanto grave da richiedere l’ospedalizzazione, con maggiori complicazioni emorragiche per coloro che avevano assunto anticoagulanti rispetto all’antipiastrinico.
L’indagine conclude che, in base all’esperienza, nella Teleangectasia ereditaria emorragica ci sono ampie variazioni di effetti collaterali emorragici per la terapia anticoagulante/antipiastrinica e che basse dosi di farmaco, soprattutto se antipiastrinico, non sono associate a un rischio rilevante di emorragia. Quindi in questa malattie possono essere somministrati questi farmaci, ma con cautela valutandone bene se vi sia una forte indicazione al loro uso.

Macrosomia: defining the problem worldwide. Lancet 2013;381:435. Editoriale che commenta un articolo sullo stesso fascicolo (Macrosomia in 23 developing countries: an analysis of a multicountry, facility-based, cross-sectional survey. Lancet Pg. 476). L’analisi dei dati della organizzazione mondiale della sanità sullo stato di salute materno infantile, in particolare sulla prevalenza della macrosomia e delle complicazioni materne e perinatale di 276.413 nati di 363 istituzione di 23 paesi in via di sviluppo (Africa e America Latina) ha portato a alcune considerazioni importanti e sollevato alcune difficoltà come quella di una condivisa definizione di macrosomia (solo peso alla nascita o anche costituzione corporea?), i dati devono riportare anche quelli delle complicazioni materno-fetali? Va bene il cut-off di 4,500 gr indipendentemente dall’età gestazionale (per le complicazioni al parto) dell’Am Coll Obstet Gynecol del 2004 o si deve far riferimento a curve speciifiche per gruppo etnico? Quando sono state adottate le curve popolazione-specifiche il cut-off (90° centile) è sceso a 3.750 gr. Altro problema: quanti parti si sono persi studiando solo quelli avvenuti nelle istituzioni e non tutti inclusi quelli domiciliari che in alcune realtà sono la maggioranza? E poi le patologie materne predisponenti, come il diabete la cui prevalenza varia, soprattutto da abitanti di città a quelli in sedi rurali. Ma comunque un buon primo passo per misurare differenze e somiglianze con i dati dei paesi sviluppati.

Nodding syndrome—a challenge for African public health. Lancet Neurology 2013;12:125. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Clinical, neurological, and electrophysiological features of nodding syndrome in Kitgum, Uganda: an observational case series.Pg. 166) relativo a una condizione conosciuta come “malattia dell’annuire” (nodding) che è segnalata in Africa nella seconda metà del secolo scorso, con bambini che hanno questo segno, interpretato come una crisi convulsiva atonica, provocato in genere dal cibo o dal freddo e che porta a disabilità fisica e mentale permanente a comparsa sui 5-15 anni (media sugli 8 anni). Ci sono segni EEG e di neuroimmagini poco specifici (atrofia). Si sospetta un’infestazione da un nematode filariforme (Onchocerca volvulus) tanto che in alcuni paesi è iniziata una campagna di trattamenti anti oncocercosi (malattia nota come cecità fluviale). Si stanno comunque organizzando per determinarne la prevalenza, la distribuzione geografica e la causa o la predisposizione. Quale ruolo della genetica? Nulla c’è in OMIM.

Torus Mandibularis. NEJM 2013;368:e11. Visita odontoiatrica di routine di una donna di 62 anni: quattro masserelle sessili dure sulla superficie linguale della mandibola, presenti da anni e in lieve crescita, asintomatiche. Come altri membri della famiglia. Sono piccole esostosi: diagnosi di Toro mandibolare, da causa genetica o ambientale. Benigne.

Medication for Attention Deficit–Hyperactivity Disorder and Criminality. Letter. NEJM 2013;368:775. Lettere relative all’articolo Medication for attention deficit–hyperactivity disorder and criminality. NEJM 2012;367:2006” da cui risulta che in pz con ADHD c’è una relazione tra bassa criminalità e terapia farmacologica per tale condizione. Le due lettere pongono interpretazioni alternative della correlazione tra uso di farmaco specifico e tendenza a atti criminali. Una suggerisce che la mancata assunzione del farmaco avviene quando ci sono segni gravi e che sono questi che possono portare a commettere atti criminali, la seconda che è possibile che il farmaco renda la persona più attenta a evitare di essere scoperta.
La risposta, come atteso, conclude dicendo che l’ipotesi di correlazione farmaco-ridotta criminalità è la più plausibile in basi ai risultati ottenuti dallo studio.

Focus on memory. Nature Neuroscience 2013;16:111. Nature Neuroscience presents a special focus issue highlighting recent advances and discussing future directions in memory research.
Memory and law: what can cognitive neuroscience contribute?pp119.
Memory, navigation and theta rhythm in the hippocampal-entorhinal systempp130
Sleep-dependent memory triage: evolving generalization through selective processing pp13Implications of memory modulation for post-traumatic stress and fear disorderspp146.
Epigenetics and persistent memory: implications for reconsolidation and silent extinction beyond the zeropp124. Un aspetto irrisolto in neurobiologia è come si perde la memoria permanente, inizialmente impressa con meccanismi epigenetici. Si tenta una spiegazione.

Ancora sulla memoria e sui meccanismi epigenetici.
Histone acetylation: molecular mnemonics on the chromatin. Nature Reviews Neuroscience 2013;14:97. La memoria a lungo termine richiede programmi di espressione genica che sono in parte dovuti a meccanismi epigenetici, che come si sa hanno un ruolo in tutti i processi cognitivi, tra cui l’istone acetil trasferasi (che altera la struttura cromatinica favorendo il legame con i fattori di trascrizione) il cui incremento favorisce l’apprendimento e la memoria e il cui difetto è correlato con le patologie neurodegenerative e l’invecchiamento. Il ricorso a farmaci inibitori della deacetilasi istonica (enzima responsabile della rimozione di gruppi acetilici dagli istoni bloccando la trascrizione) può costituire una efficace terapia molecolare per stimolare la memoria e, per estensione, e anche nel deficit cognitivo.

ZIBALDONE
*** (come sta cambiando il modo di lavorare e la nostra società, svegliamoci! Ndr)
Prize-based contests can provide solutions to computational biology problems. Nature Biotechnology 2013;31:108. Problema della biologia computazionale di interpretazione della gran massa di dati genetici (vedi anche Compressive genomics. Nature Biotechnology. Commentary 2012;30:627 dove si sottolinea che con l’enorme massa dati che escono dall’analisi di NGS abbiamo bisogno non solo di computer più potenti ma anche di “smarter algorithms”)(Spigolature Agosto 2012). Per tentare di affrontare questo aspetto in modo non convenzionale è stato fatto un concorso a premi on-line chiamando a partecipare persone fuori dall’accademia e dalle discipline biomediche, un sistema quindi di “crowdsourcing” (contrapposto al sistema tradizionale di scelta di esperti predefiniti e prescelti e anche al sistema di affidamento esterno chiamato “outsourcing”) con aziende e professionisti con conoscenze, esperienza e capacità diverse. Viene presentata una di queste iniziative della durata di 2 settimane sulla soluzione di un problema di immunogenetica con un premio totale di 6.000 $, i “giocatori” migliori ricevono sino a 500 $ per ogni settimana. Ci sono stati 733 partecipanti di 69 paesi (44% professionisti il resto studenti, di età 18-44 anni) e il 17% ha preparato un software. Sono state proposte 654 soluzione al problema (5.4 per partecipante), con una media di 2 2ore di lavoro per ogni soluzione. I risultati sono stati estremamente positivi migliorando le soluzione proposte da esperti e diminuendo di molte volte i tempi di processamento e con una precisione massimalizzata.
Il metodo del “crowdsourcing” sembra funzionare bene.

What is the purpose of medical research? Lancet 2013;381:347. Già a che serve? Partendo dall’esperienza di pubblicazioni contestate sulla trasmissione all’uomo del virus dell’influenza aviaria e su come comunicare alla comunità scientifica i risultati questo editoriale si chiede come va fatta la ricerca medica e a cosa deve servire. Si spendono ogni anno per la ricerca biomedica circa 160 miliardi di dollari USA, ma si stima che l’85% sia una perdita di soldi o sia inefficiente con difetti in 4 diverse aree: lo scopo della ricerca è rilevante per i clinici o per i pz? L’architettura della ricerca e i metodi sono appropriati? Ha senso clinico e è metodologicamente corretta? Saranno accessibili i risultati ottenuti?
I finanziamenti, es. UK (scrive l’editore del Lancet), sono soggetti a lunghi atti burocratici senza un controllo degli scopi della ricerca, hanno le caratteristiche della politica, cioè risultati a breve, le decisioni sono lasciate a revisori “opachi” (ottusi?) e lenti (guardate che non sta parlando dell’Italia, ndr), le ditte farmaceutiche vogliono risultati che diano loro profitto. E le istituzioni accademiche devono dimostrare di essere efficienti perché sono vagliate per quello che producono (pubblicazioni). Insomma conclude l’Editor gli scopi di far ricerca sono “ben altro”. E propone: 1. Dobbiamo chiederci cosa vogliamo dalla ricerca. 2. Quale ricerca vogliamo e quale impatto dovrà avere; chi finanzia, chi ne beneficia dei suoi risultati: medici di famiglia, pazienti, politici (ahi, ahi, ahi, ndr) deve avere un ruolo cruciale nelle scelte. 3. Le istituzioni devono valutare l’importanza a lungo termine delle ricerche.
Per ultimo, ma non ultimo, i ricercatori “must remind themselves why they have chosen their career. They must do more to defend an environment conducive to research that is for the benefit and health of people worldwide, not merely as one element of economic policy making”.

The Pleasure of Not Knowing. Science 2013;339:523. Recensione di un libro di illustrazioni (The Where, the Why, and the How 75 Artists Illustrate Wondrous Mysteries of Science. J. Volvovski, J. Rothman, and M. Lamothe, Eds. Chronicle, San Francisco, 2012. 167 pp. $24.95) che inizia con una bellissima considerazione sui ricercatori, che quando riescono nella loro ricerca non solo hanno la soddisfazione di avere una risposta ai loro quesiti, ma anche il piacere di avere posto domande a cui si può trovare la giusta risposta e avere trovato il modo giusto di raggiungere questo scopo. Oggi possiamo sapere (ci illudiamo, ndr) tutto con un click in internet ma gli AA lamentano la perdita dell’attesa e del piacere del “senso dello sconosciuto”. Hanno chiesto a 50 scienziati, accademici e insegnanti di scrivere brevemente lo stato dell’arte delle cose non note nella scienza e hanno chiesto a 70 artisti e vignettisti di commentarle con disegni. Gli argomenti vanno da “Are nanomaterials dangerous?”, a “What existed before the Big Bang?”, a “Is sexual orientation innate?”, a “Where will the next pandemic come from?”, a cose più banali come “Why do we hiccup?”. Giusto per fare il punto visivo della situazione oggi. Il commento finisce così: “the authors invite readers to savor (assaporare) the visceral pleasure of not knowing—taking delight in allowing thoughts to unravel and meander (girovagare) through alternative possibilities.

**** (anche se ho capito poco, ma quello che ho capito mi è piaciuto e condivido, ndr)
Diagnostic testing and treatment under ambiguity: Using decision analysis to inform clinical practice. PNAS 2013;110:2064. Articolo di un economista Americano pieno di formule matematiche sulle procedure diagnostiche e sulla relativa terapia. Si comincia con: “Clinical practice guidelines are statements that include recommendations intended to optimize patient care that are informed by a systematic review of evidence and an assessment of the benefits and harms of alternative care options” (Institute of Medicine (2011) Clinical Practice Guidelines We Can Trust, Committee on Standards for Developing Trustworthy Clinical Practice Guidelines, Board on Health Care Services, eds Graham R, et al. (National Academy Press, Washington, DC). Queste raccomandazioni di buona prassi, che vogliono ottimizzare la cura del pz, sono quantomeno vaghe e, nonostante siano passati50 anni, è ancora piena di incertezze, dice l’A. che ritiene che l’ottimizzazione non sia pienamente fattibile per la parziale conoscenza dei fatti. Nel processo decisionale devono confluire l’oggettività che il clinico raccoglie, le conoscenze e il criterio decisionale per determinare la cura che prescrive. Esempio: il pz si presenta al medico che raccoglie i primi dati sulla sua salute e poi prescrive la terapia o esami sulle cui risposte basa la terapia. Nel lavoro si propongono 3 scenari: il primo di pesare (mi pare di capire, ndr) bilanciamento tra benefici e rischi e poi scelta terapeutica anche tenendo conto delle preferenze del pz e dei costi. Il secondo scenario descrive le conoscenze parziali che forniscono gli accertamenti richiesti (risultati negativi, dubbi, positivi) e il trattamento che realisticamente è disponibile. Il terzo scenario prende in considerazione i criteri decisionali. L’A. torna poi alle line guida sottolineando la necessità di tenere separate le conoscenze mediche attuali (che devono essere condivisibili “available evidence, experimental and observational. It should maintain assumptions that are sufficiently credible to be taken seriously. It should combine the evidence and assumptions to draw logically valid conclusions) dal fare raccomandazioni sulla cura, sui cui è piuttosto scettico. Raccomanda che la decisione di che fare sia condivisa con i vari specialisti che hanno in cura il pz (chirurghi, internisti, infermieri, personale tecnico) e termina così “It may be that adding such professionals to clinical teams would be more beneficial to patient care than asking physicians to adhere to care recommendations made by distant organizations”(ovviamente non per ogni pz, buona idea, mi viene in mente come sarebbe opportuno per noi Genetisti clinici prendere una decisione confrontandola con quelle di altri invece di essere “creativi” come succede anche a me, ndr).

Cats are enemy number one. Nature 2013;494:9. Secondo uno studio del Smithsonian Conservation Biology Institute (Washington DC)(Nature Commun. 2013;4:1396) in USA i gatti domestici sono i principali killer antropogenici (effetto, processo, oggetto o materiale derivato dalle attività umane in opposizione a quelli che accadono in ambiente naturale senza influenza umana, wiki) degli animali selvatici (uccelli, mammiferi). Molto di più di quanto si pensasse. Uccidono da 1.4 a 3.7 miliardi di uccelli e da 6.9 a 20.7 miliardi di mammiferi ogni anno, probabilmente molto di più di ogni attività umana. Rischiano di far estinguere alcune specie in alcune regioni (come fare per evitare questa strage? Purina Felix bocconcini di pesce, dice il mio gatto, ndr).

Lonely teen rats choose drugs. Nature 2013;494:405. Commento di un articolo (Social Deprivation Enhances VTA Synaptic Plasticity and Drug-Induced Contextual Learning. Neuron 2013;77:335) su un argomento noto: esperienze di deprivazione sociale soprattutto nei primi anni di vita aumentano il rischio di acquisire dipendenza da sostanze e a malattie psichiatriche anche in età successive. Negli animali l’isolamento sociale è uno strumento per verificare l’impatto di deprivazione sociale sullo sviluppo cerebrale e sul comportamento. Tale isolamento porta a deficit cognitivi e relazionali, a disturbi psichiatrici (aggressività, ansietà) e anomalie morfologiche neuronali e di plasticità sinaptica a livello dell’ippocampo.
Nel ratto il periodo più critico con danni irreversibili va dallo svezzamento (P21) sino a metà dell’adolescenza (P50). I risultati dello studio dicono che ratti tenuti isolati da P21 a P42 hanno un potenziamento a lungo termine dei recettori NMDA ionotropici glutammatergici nell’area ventrale tegmentale causato da un aumento di segnale dei recettori metabiotropici per il glutammato, anomalie che non sono reversibili. Questi ratti sviluppano più rapidamente, rispetto agli animali che non hanno avuto l’isolamento, una preferenza per stimoli associati a farmaci come amfetamine e a sostanze come l’alcool con una maggior difficoltà alla cancellazione della memoria di queste sostanze.
Questi effetti fanno capire come esperienze in epoca preadolescenziale aumentino la vulnerabilità alla dipendenza (da farmaci o da varie sostanze).

As the worm turns. Nature 2013;494:296. Riassunto cinguettante:With the help of a tiny worm, Cornelia Bargmann is unpicking (sta svelando) the neural circuits that drive eating, socializing and sex”. Con un inizio che è un programma (Male sexual dysfunction is never pretty, even in nematodes) l’A spiega cosa sia il corteggiamento nella C. elegans, con il maschio che con movimenti e contorcimenti si avvicina all’ermafrodita (wiki dice: nella popolazione adulta di C. elegans sono presenti due tipi sessualmente diversi di organismi: il maschio e l'ermafrodita. I maschi, molto rari (pari a circa 0.05% del totale), garantiscono la variabilità genetica, gli ermafroditi possono proliferare anche senza maschi) e procede all’inseminazione. Lo scorso Ottobre è stato individuate un gene cruciale per il successo dell’accoppiamento, la cui distruzione causa “male sexual confusion of almost epic pathos”. La ricercatrice citata ha impiegato 25 anni nello studio dei circuiti neurali del nematode (sordo, quasi cieco, trasparente) per capire come le informazioni sensoriali si traducono nei comportamenti di base, che sono fame, paura e riproduzione. E questo per capire cosa succede a noi. Leggetelo, sono 3 pg.

Reforms at stake in Italian election. Nature 2013;494:293. Sottotitolo:Italy’s researchers want change they can believe in”. Inizia con la storia degli intoppi burocratici posti per il trasferimento di Ilaria Capua, virologa ben apprezzata all’estero, in una sede idonea per proseguire i suoi studi (una questione questa che da padovana è diventata nazionale e internazionale) che l’hanno quasi portata a andarsene all’estero. Poi è venuto l’invito di Monti di farla entrare con le nuove elezioni in parlamento con la sua Lista Civica (1/3 delle persone scelte da Monti, commenta la News, sono scienziati o universitari, piuttosto che politici di professione). L’Italia deve rinnovarsi anche in campo scientifico contrastando il nepotismo e la burocrazia, rendendo più trasparenti i reclutamenti anche con il controllo dell’ANVUR, che, com’era facilmente prevedibile, trova resistenze e critiche da parte dei politici che vogliono bloccare tutto e tornare come prima. Le riforme bisogna farle, ma i fondi destinati alla ricerca sono molto pochi. Per fare cassa si sta riducendo il numero dei professori universitari (ne viene sostituito 1 di 5 che vanno in pensione) ma i fondi sono comunque troppo pochi: €38 milioni per l’anno in corso per la ricerca di base nelle varie discipline. La foto che pubblicano è quella di Monti (faccia preoccupata) e quella di Capua (pronta a agire). Abbiamo visto com’è andata.

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