Scelta di articoli
di Genetica Clinica/Umana pubblicati in Novembre
2014 nelle seguenti riviste: British
Medical Journal, Lancet, Lancet Neurology, Nature, Nature Biotechnology, Nature
Genetics, Nature Medicine, Nature Neuroscience, Nature Reviews Genetics, Nature
Reviews Neuroscience, NEJM, PNAS, Science & Cell.
ARTICOLI DA NON
PERDERE
Lessons learned from genetic testing
for channelopathies. Lancet Neurology 2014;13:1068. Commento
del Personal View (Sodium channel genes in pain-related disorders:
phenotype–genotype associations and recommendations for clinical use. Pg. 1152). Lunga premessa del commento sui risultati di NGS come potente
strumento diagnostico che, se applicato in clinica, deve essere eseguito da un
lab. certificato o, se di ricerca, il risultato va poi fatto controllare dal
lab. certificato. Le varianti possono essere sicuramente causative o
sicuramente non causative di malattia (ACMG) o, purtroppo, anche di significato
incerto. In quest’ultimo caso richiede “a crucial skill for physicians caring
for patients with rare inherited disorders” (posso sottolineare senza alcun a
polemica questa frase? Ndr). Nel lavoro gli AA precisano le difficoltà e i
possibili errori di attribuzione di patogenicità o meno nelle sindromi
familiari del dolore da mutazione dei geni
del canale voltaggio-dipendente del
sodio come SCN9A, SCN10A e SCN11A che
codificano rispettivamente NaV1.7, NaV1.8 e NaV1.9. E’ quindi importante
documentare la segregazione di nuove varianti con il fenotipo in famiglie con
più generazioni affette in modo da potere precisare la loro patogenicità, anche
tenendo presente la variabile espressività e penetranza inter- ma anche intra-familiare.
Gli AA discutono anche degli algoritmi computazionali usati per prevedere la
patogenicità delle nuove varianti sottolineando l’importanza di studi
elettrofisiologici in vitro per
verificarne gli effetti sulla funzione nocicettiva. Ma questi studi, attuabili
per la ricerca, sono difficilmente proponibili, anche se auspicabili, per la
diagnosi clinica perché richiedono un’adeguata standardizzazione, costi e lunghi
tempi di esecuzione (poco compatibili con una refertazione clinica che non deve
superare i 6 mesi, ndr).
Utile la classificazione (Panel) delle varianti di SCN9A,
SCN10A e SCN11A con relativa descrizione: patogene,
probabilmente patogene, possibilmente patogene, di incerto significato.
Searching large
and small. Nature Reviews Genetics. November
2014. Ottimo commento del lavoro
selezionato tra quelli “da non perdere” negli Articoli di Ottobre 2014 (Reaching
a CNV milestone. Nature Genetics 2014;46:1046. Commento
dell’articolo (Refining analyses of copy number
variation identifies specific genes associated with developmental delay. Nature Genetics 2014;46:1063)
sulla mappa di morbilità delle varianti del numero di copie ottenuta in un
campione di ~20.000 controlli e di
~29.000 casi di deficit intellettivo/spettro autistico, in cui sono state
individuate 79 CNV significative e la loro integrazione con i risultati pubblicati
dell’analisi esomica per le stesse patologie. Ricorrendo a una complessa
analisi statistica sono stati trovati 38 geni candidati con mutazioni con
perdita di funzione più frequenti nei casi rispetto ai controlli. Individuate così
nuove sindromi e nuovi geni causa delle patologie del
neurosviluppo-psichiatriche, che sappiamo hanno una considerevole eterogeneità
genetica.
Of Marfan’s Syndrome, Mice, and
Medications. NEJM 2014;371:2127. Editoriale sul confronto della
terapia con Atenololo (vecchio beta bloccante beta-1 selettivo, anti
ipertensivo) e Losartan (antagonista dei recettori dell’angiotensina
II, anti ipertensivo che nel modello murino della sindrome funziona meglio dell’Atenololo)
per la prevenzione della dissezione
aortica nella s. Marfan (Atenolol versus Losartan
in Children and Young Adults with Marfan’s Syndrome. Pg. 2061). Risultati
contrastanti del confronto tra le varie sperimentazioni cliniche, ma in genere
favorevoli alla maggior efficacia preventiva del Losartan. Nell’ampia sperimentazione
di cui vengono presentati i risultati (ClinicalTrials.gov number,
NCT00429364)(periodo di 3 anni,
coinvolti 21 centri con 608 pz di età 6 mesi-25 anni con z score della radice
aortica maggiore di 3.0, in terapia con Losartan o Atenololo, senza gruppo placebo)
non è stata trovata (udite, udite! Ndr) alcuna significativa differenza nell’incremento
di dimensioni della radice aortica. La domanda allora è (pensando al topo e
alle immagini molto efficaci mostrate nei lavori, ndr) se il Losartan non è più
un’opzione terapeutica o se invece il tipo di studio da cui vengono questi
risultati ha mascherato in qualche modo i benefici di questo farmaco, che in
altri studi sembra invece più efficace dell’altro. La risposta dell’Editoriale
è “Let’s wait and see”. E spiega perchè, tra cui il fatto che la terapia e
stata applicata tardi quando l’aorta potrebbe essere più resistente all’azione
del Losartan tramite la soppressione di TGF-beta, mentre nel topo il farmaco è
stato usato nelle prime fasi dello sviluppo. E conclude che è meglio usare l’Atenololo
come prima scelta limitando il Losartan ai pz che non tollerano il primo. Il
rischio di effetti sfavorevoli del Losartan sembrano comunque molto rari, ma
prima che sostituisca l’Atenolo come farmaco di prima scelta è meglio attendere
i risultati di altri studi.
MALATTIE
NEUROLOGICHE/NEURODEGENERATIVE
**
Asparagine endopeptidase
cleaves tau and promotes neurodegeneration. Nature Medicine 2014;20:1236. Commento
(lungo) dell’articolo Cleavage of tau by asparagine
endopeptidase mediates the neurofibrillary pathology in Alzheimer’s disease. Pg. 1254.
L’Alzheimer ha due caratteristiche neuropatologiche: accumuli (placche)
extracellulari di amiloide β e grovigli neurofibrillari intracellulari
costituiti da aggregati di proteina di tau,
una proteina associata a microtubuli, troncati ed iperfosforilati. Mutazioni di
geni dell’amiloide β sono causa di Alzheimer autosomico dominante, nell’uomo e
nei modelli animali le mutazioni di questi geni causano la neuropatologia
amiloidea seguita poi dalla patologia tau.
Ma la patologia tau è neurotossica
anche in assenza di placche amiloidi (come nella Demenza Fronto-temporale), le
placche amiloidi non sono neurotossiche se manca l’accumulo neurofibrillare e
infine la patologia tau correla
meglio della patologia amiloide con i segni clinici (demenza). La tossicità della
proteina tau è provocata almeno in
parte de modificazioni post-traduzionali con l’iperfosforilazione e lo
spezzettamento indotto da proteasi che causa la formazione di frammenti
tossici. Nel lavoro viene descritto un nuovo ruolo dell’endopeptidasi asparagina
(AEP), una proteasi lisosomale, nella produzione di frammenti tossici di tau.
Nel modello animale e nell’encefalo di
pz con Alzheimer si trovano alti livelli di AEP. La caratterizzazione in vitro dell’azione di AEP ha
consentito di individuare differenti gradi di tossicità dei frammenti con uno
particolarmente neurotossico (1-368), prodotto soprattutto se è presente amiloide
β, dato consistente con quanto sopra rilevato. Altro dato interessante è che il
frammento 1-368 va incontro spontaneamente alla fosforilazione, processo che
quindi segue quello della frammentazione proteolitica. Sulla base
dell’osservazione che AEP è attivata nel cervello di pz con Alzheimer e si
trasferisce dai lisosomi al citoplasma è molto probabile che il meccanismo
patogenetico dell’Alzheimer sia l’AEP citoplasmatico produca frammenti tau che alterano la dinamica
microtubulare e inducono la formazione di agglomerati neurofibrillari, e da qui
la neurodegenerazione.
Infine una prova di concetto sul ruolo
di AEP: topi, con mutazione umana tau
con aggregati tau, resi KO per AEP
migliorano le funzioni sinaptiche e cognitive e hanno una ridotta
fosforilazione tau. In un altro modello
murino con un’altra mutazione tau con
prodotto non aggredibile da AEP, l’animale ha normale funzione sinaptica e
cognitiva. Questo significa che l’azione di clivaggio AEP è il meccanismo
patogenetico della malattia. Possibile
bersaglio terapeutico per le taupatie.
What is the course of Huntington’s
disease? Lancet Neurology 2014;13:1165. Commento
dell’articolo sullo stesso fascicolo (Prediction of manifest Huntington’s
disease with clinical and imaging measures: a prospective observational study. Pg. 1193) sulla possibilità di prevedere l’inizio dei segni motori di malattia ricorrendo
ad uno studio osservazionale con misurazioni di 40 variabili di 5 differenti domini
(motorio, cognitivo, psichiatrico, funzionale e di neuroimmagini) tenendo conto
della lunghezza dell’espansione CAG ed età dei pz. Reclutate, con lo studio PREDICT-HD study che include 33 centri di 6 nazioni (USA, Canada,
Germania, Australia, Spagna, UK), 1.078 persone con la mutazione ma senza
diagnosi motoria (punteggio inferiore a 4 dei criteri diagnostici Unifi ed
Huntington’s Disease Rating Scale) e seguiti dal Settembre 2002 al Luglio 2014.
Si dimostra che è possibile prevedere l’inizio dei segni clinici non solo
ricorrendo all’età e alla lunghezza della ripetizione ma usando anche alcune
misure cliniche e biologiche, soprattutto il dominio motorio, le neuroimmagini
(volume del putamen) e cognitivo (test Stroop).
Questi risultati possono essere utili
per l’aggiornamento delle linee guida per la diagnosi, per la prognosi, il
counseling e la selezione clinica dei pz per future sperimentazioni cliniche.
Idalopirdine for Alzheimer’s
disease: written in the stars. Lancet
Neurology 2014;13:1063. Sinora le sperimentazioni cliniche per una cura farmacologica
dell’Alzheimer si sono rivelate un insuccesso, c’è ora una debole luce di
speranza (Safety and effi cacy of idalopirdine, a 5-HT6 receptor antagonist,
in patients with moderate Alzheimer’s disease (LADDER): a randomised,
double-blind, placebo-controlled phase 2 trial. Pg. 1092). Sperimentazione condotta
in Australia,
Canada ed Europa nel 2010-2011 paragonando gli effetti della Idalopirdina (antagonista del recettore 5-HT6) in 278
pz con probabile m. Alzheimer di gravità moderata associata ad un altro farmaco
(Donepezil, inibitore colinesterasico). L’obiettivo primario della
sperimentazione era la funzione cognitiva che, misurata con una scala specifica
(ADS-cog), ha dato i risultati sperati (migliori prestazioni nei trattati),
anche se per altre misure cognitive non è stata alcuna differenza tra trattati
e non trattati. Il farmaco è stato ben tollerato. Interessante che siano stati
raggiunti, sempre in fase 2, gli stessi risultati con un altro antagonista del
recettore 5-HT6 (SB742457).
Ma la Idalopirdina non funziona in assenza del secondo farmaco e probabilmente l’effetto dei due farmaci si ha
per un’interazione farmacogenetica. Nonostante ancora non ne sia stato ben
chiarita l’efficacia si sta partendo con una fase 3 dei due farmaci con
dosaggio minore della Idalopirdina per ridurre al minimo il rischio di
epatotossicità.
Brain windfall. Nature 2014;515:299. Un crescendo di ricerche dedicate all’Alzheimer e al Parkinson ed ad altre malattie
neurodegenerative stimolate dal fatto che per l’invecchiamento della
popolazione diventano malattie frequenti subito dopo le malattie
cardio-vascolari e prima del cancro: ora i malati di Alzheimer sono 44 milioni
in tutto il mondo e si stima che saranno 135 milioni nel 2040.
TERAPIA GENICA
A Modified γ-Retrovirus Vector
for X-Linked Severe Combined Immunodeficiency. NEJM
2014;371:1407 (alcuni
AA italiani, che lavorano in USA). Il passato: il ricorso alla terapia genica
con retrovirus per la Immunodeficienza combinata severa XL (SCID-X1)(MIM #300400),
da mutazione del gene codificante la subunità gamma
di IL-2 (IL2RG), ha normalizzato in gran parte dei pz il sistema immunitario,
ma nel 25% dei casi si è sviluppata una leucemia indotta dal vettore. In questo
lavoro vengono presentati i risultati di sperimentazioni cliniche in parallelo
in Europa e USA (ClinicalTrials.gov
NCT01410019, NCT01175239 e NCT01129544) in 9 bambini con SCID-X1 a cui sono
state somministrate cellule CD34+ di derivazione midollare trasdotte con un nuovo
vettore gamma retrovirus auto-inattivante. Follow-up sino a 38.7 mesi: 1
bambino deceduto per infezione con adenovirus prima della ricostruzione con le
cellule T modificate geneticamente, gli altri 8 stanno bene e hanno risposto
bene al terapia genica. Rimane non noto il rischio di leucemia a lungo termine.
Long-Term Safety and Efficacy of Factor IX Gene
Therapy in Hemophilia B. NEJM 2014;371:1994.
Sperimentazione
clinica per stabilire la stabilità di espressione del transgene,
l’efficacia e la tollerabilità della
terapia genica con vettore virale (AAV8) in 10 pz con grave Emofilia B e
trattati con differenti dosi (ClinicalTrials.gov number, NCT00979238).
L’infusione di una singola dose è stata sufficiente a fornire livelli
terapeutici di fattore IX con efficacia clinica. Dopo 3 anni di follow-up non
vi sono stati effetti sfavorevoli della terapia.
SCLEROSI
LATERALE AMIOTROFICA
Clinical trials in amyotrophic
lateral sclerosis: why so many negative trials and how can trials be improved? Lancet Neurology 2014;13:1127. La ALS è una delle malattie
neurodegenerative più rapidamente progressive la cui causa non è ancora nota. Il
solo farmaco in grado di rallentarne la progressione è il Riluzolo (Selezione
articli Febbraio 2014: Therapeutic modulation of eIF2α phosphorylation rescues
TDP-43 toxicity in amyotrophic lateral sclerosis disease models. Nature
Genetics 2014;46:152). Sono state fatte molte
sperimentazioni cliniche randomizzate negli ultimi decenni e nell’ultima decade
sono state testati almeno 18 diversi farmaci, ma con risultati negativi per
vari motivi.
Ora
è necessario guardare criticamente alle varie terapie (in questa review vengono
riportati i punti deboli delle molte ricerche che potrebbero aver causato
l’insuccesso) per capire perché hanno fallito e impostarne delle nuove.
Altri
articoli sugli insuccessi terapeutici:
Therapy of amyotrophic lateral
sclerosis remains a challenge. Lancet Neurology 2014;13:1062. Commento dell’articolo Safety and effi cacy of ceftriaxone for
amyotrophic lateral sclerosis: a multi-stage, randomised, double-blind,
placebo-controlled trial. Pg.
1083)(ClinicalTrials.gov, number NCT00349622). Nonostante i risultati
promettenti in fase 2, in fase 3 l’uso del Ceftriaxone del gruppo delle
cefalosporine) non ha mostrato efficacia clinica nella ALS.
Amyotrophic lateral sclerosis: new
ideas from cancer. Lancet Neurology 2014;13:1067. Commento
(italiano uno dei due AA) dell’articolo (Analysis of amyotrophic lateral
sclerosis as a multistep process: a population-based modelling study. Pg 1108)(alcuni AA italiani). La ALS, come altre malattie neurodegenerative, è
età dipendente con un picco di incidenza sui 70-80 anni che successivamente si
appiattisce. Ma non ne è ben noto il completo spettro fenotipico (non solo
motorio ma anche cognitivo e comportamentale) e si stima che in un quinto dei
casi non si faccia diagnosi. Sono state individuate alcune cause genetiche
causa della malattia, che epidemiologicamente non sono molto rilevanti. Nel
lavoro è stato applicato l’approccio usato nella ricerca sul cancro e si è
ricorsi a registri di popolazione in 5 paesi europei (tra cui l’Italia) che ha
consentito di osservare un’associazione lineare positiva tra il log
dell’incidenza e quello dell’età con un angolo di inclinazione di 5 facendo
ipotizzare che la ALS richieda 6 eventi casuali perché si manifesti, come nel
cancro della mammella. Questo in analogia con l’Alzheimer e il Parkinson con
stadi di progressione con una soglia. Nel commento si suggerisce che la
genetica non può spiegare tutte le tappe che portano alla malattia e che ci
sono molte altre cause anche non genetiche. Il che stimola la raccolta
prospettica di molti dati a livello di popolazione come EURALS e
EUROMOTOR per migliorare le nostre conoscenze sulla fisiopatologia di questa
malattia.
Neuroimaging in amyotrophic lateral
sclerosis: insights into structural and functional changes. Lancet Neurology 2014;13:1228 (AA italiani). Utilizzazione
delle neuroimmagini nella clinica della ALS. Giustamente sottolineata l’estrema
varietà dei fenotipi della ASL che vanno dalla forma pura dei motoneuroni
superiori (sclerosi laterale primaria), alla pura dei motoneuroni inferiori
(atrofia muscolare progressiva) con forme intermedie differenti come demografia
(sesso ed età) e prognosi (diplegia brachiale, bilbare) con il 50% dei pz con
deficit cognitivo, dalla Demenza fronto-temporale al deficit cognitivo
semplice. Viene presentato e discusso l’uso delle immagine come marker
diagnostico, delle varianti fenotipiche e della progressione della malattia. Ma
viene anche sottolineato come gli studi che usano le neuroimmagini vadano
interpretati con cautela, i loro punti di debolezza e come ovviare a questi in successivi
studi di conferma dei risultati (Table), sia con modifiche generali che
tecniche. Utile il riassunto delle conoscenze attuali della struttura e
funzione cerebrale ottenute con il ricorso alle neuroimmagini. Uno stimolo a
continuare applicando nuove tecniche di immagini nella speranza di consentire
una stratificazione dei pz in base allo stadio della malattia per ottimizzare
la terapia, razionalizzare per omogeneità le sperimentazioni cliniche (come per
tutte le malattie neurodegenerative, ndr) e guidare un trattamento
personalizzato.
Profile. Adriano Chiò: the
constant collector.Lancet Neurology 2014;13:1172 che ha studiato
la prevalenza della ALS nei calciatori italiani e che ha trovato che la
frequenza di questa malattia è 6 volte superiore di quella della popolazione generale, dato
epidemiologico confermato 2 anni fa dalla American Footballers. E poi la storia
professionale (dal titolo si capisce per cosa è noto, ndr) di questo medico e
ricercatore italiano.
Selective
degeneration of a physiological subtype of spinal motor neuron in mice with
SOD1-linked ALS. PNAS 2014;111:16883.
Applicazione di una nuova tecnica di analisi elettrofisiologica di sezioni di
midollo spinale di topi normali e topi transgenici con mutazione di SOD1
(mutazioni di questo gene sono responsabili di una forma genetica delle
malattia) per studiarne l’attività neuronale.
Nel
topo con la mutazione solo in presenza di segni clinici, non prima, si rileva
la perdita dei neuroni ad alto livello di eccitazione.
AUTISMO
Synaptic,
transcriptional and chromatin genes disrupted in autism. Nature
2014;515:209. Sequenziamento dell’esoma (WES) di 3.871 pz
con spettro autistico (ASD) e 9.937 controlli con risultati elaborati con un
modello statistico TADA)(transmission and de novo association) che integra le
varianti trovate de novo, le
trasmesse e quelle trovate nei controlli, sia le varianti con perdita di
funzione (LoF) che le missenso de novo
che si ritengano causa di patologia. Il 13.8% dei 2.270 ASD trio (genitori e
affetto) ha una Lof de novo la cui
frequenza è significativamente superiore ai controlli. Più del 5% dei pz ha una
LoF in eterozigosi di geni con una false discovery rate (FDR) <0.3, e questi
sono i geni (Tabella 1) da considerare geni di rischio di ASD. In questa lista
ci sono anche geni con mutazioni non sinonime de novo che sono significativamente arricchite nella schizofrenia.
Molti geni segnalati codificano proteine dei pathway di formazione sinaptica,
regolazione trascrizionale e di rimodellamento cromatinico.
Calcolando
la distribuzione del rischio relativo di geni ASD (con una o con più mutazioni)
si è stimato che il numero di geni ASD è di 1.150. Ma molti sono ancora da
scoprire, anche se probabilmente hanno un minor impatto rispetto ai geni segnalati.
The
contribution of de novo coding mutations to autism spectrum disorder. Nature
2014;515:216. Sequenziamento WES di 2.500 famiglie
con un figlio affetto da ASD con i fratelli non affetti come controllo: il 13%
delle missenso de novo e il 43% delle
LoF de novo contribuiscono rispettivamente
per il 12% e 9% delle diagnosi. Se si considerano anche le CNV si arriva ad una
capacità diagnostica del 30% dei casi isolati con ASD e del 45% se femmine (in
letteratura si ritiene da tempo che il contributo genetico necessario perché la
malattia si manifesti sia maggiore nelle femmine in conseguenza del “female
protective effect”)(nell’autismo il rapporto M:F affetti è di 7:1)(vedi lavoro
precedente per la letteratura sull’effetto protettivo). Mentre i geni con
mutazioni LoF nelle femmine affette sono praticamente gli stessi dei geni dei
maschi affetti con basso quoziente intellettivo, non vi è sovrapposizione di
geni tra femmine affette e maschi affetti con QI più alto.
I
geni con LoF che contribuiscono allo spettro autistico con basso QI sono circa
400 con una certa sovrapposizione ed analogo numero di quelli con mutazione
missenso considerata predisponente alla malattia. Molti di questi sono già
conosciuti come geni causativi di deficit intellettivo e di schizofrenia e
fanno parte di pathway dei modificatori cromatinici, del pathway FMRP (Fragile
X) e dei geni espressi nell’embrione. In
particolare i geni ad espressione embrionale sono i più interessati da LoF o
missenso significative (NDR: molti geni dell’autismo qui segnalati sono in
comune con quelli del lavoro precedente, soprattutto per i geni FDR ≤0.01).
GENETICA
UMANA/CLINICA
****
The
α-Thalassemias. NEJM 2014;371:1908 (Review article in cui uno dei due AA è
l’immarcescibile D.J.
Weatherall).
Tutto sulle alfa talassemie: basi molecolari, diagnosi, epidemiologia e
distribuzione geografica delle varianti, screening, effetti sulla salute
pubblica nei paesi ad altra prevalenza e sulla spesa sanitaria, politica ed
educazione sanitaria, management.
***
Una frequente e grave complicazione della Neurofibromatosi 1:
tumore maligno della guaina dei nervi periferici (MPNST), che nella metà dei
casi si manifesta in una persona con NF1, e che insorge nell’arco della vita nel
10-15% dei pz con NF1 (tale rischio si raddoppia nei pz NF1 da microdelezione
del gene e dei geni contigui, mutazione presente nel 5% degli affetti). Sappiamo
che il neurofibroma è la conseguenza di un doppio hit del gene NF1, mentre non è
nota la causa della sua evoluzione in MPNST. Nel lavoro Somatic mutations of SUZ12 in
malignant peripheral nerve sheath tumors. Nature Genetics
2014;46:1170 l’applicazione del WGS o
sequenziamento mirato in 50 pz ha consentito di individuare in 16 MPNST una
mutazione somatica di SUZ12 in 16 MPNST, gene non interessato da mutazioni nei
neurofibromi testati. SUZ12, localizzato in prossimità del gene NF1, è deleto
nella classica microdelezione NF1. Quindi come si pensa si sviluppi un MPNST? Mutazione
germinale NF1 (first hit), mutazione
somatica di NF1 (second hit) che causa il neurofibroma, se nel
neurofibroma il primo o il secondo hit è una delezione che coinvolge SUZ12 e
avviene una mutazione dell’altro allele di SUZ12 (third hit) si sviluppa MPNST.
Questo quindi depone per un ruolo di questo gene nella trasformazione maligna del
neurofibroma, tumore per il quale non c’è un’adeguata terapia (20% la
sopravvivenza a 5 anni).
***
PRC2
is recurrently inactivated through EED or SUZ12 loss in malignant
peripheral nerve sheath tumors. Nature Genetics 2014;46:1227. MPNST si presenta sporadicamente nel 45% dei
casi, nel 45% associato a NF1 e nel 10% associato a radioterapia. Analisi
genomica complessa di un campione di 12 pz, 4 sporadici, 6 con NF1 e 4 da
radioterapia più un MPNST epitelioide (rara variante) che ha individuato
alterazioni con perdita di funzione somatica di due componenti, EED o SUZ12, del complesso PRC2 (Polycomb repressive complex 2) che
normalmente modula la struttura cromatinica e la repressione trascrizionale da
metilazione sulla lisina 27 dell’istone H3 (H3K27me3). La perdita di funzione
di EED e SUZ12 è presente nel 92% degli MPNST sporadici, nel 70% se associato a
NF1 e nel 90% se associato alla radioterapia. L’aggiunta nella linea cellulare
derivata da MPNST con deficit di PRC2 dei componenti il complesso PRC2 porta a
livelli normali H3K27me3 e riduce la crescita cellulare.
In più sono state identificate frequenti mutazioni somatiche di
CDKN2A (Cyclin-Dependent Kinase
Inhibitor 2A) nel 82% di tutti i MPNST e del gene NF1 nel 72% di MPNST
non associate a NF1 che accompagnano frequentemente le mutazioni di EED o SUZ12. Una così alta frequenza
di mutazioni fa ritenere che MPNST sia il risultato di una perdita di funzione
del complesso PRC2 a cui si aggiungono altri eventi critici come la perdita di
CDNKN2 e di NF1.
Human Genome Variation. Nature Genetics 2014;46:1153. La Japan Society of Human Genetics e Nature Publishing Group
hanno lanciato una nuova rivista sorella del Journal of Human Genetics,
Human Genome Variation (http://www.nature.com/hgv/) per accelerare l’annotazione del varioma umano al fine di rendere
più facilmente e più rapidamente disponibili i risultati delle ricerche in modo
che possano essere usati da tutti.
Big data meets public health. Science 2014;346:1054. Sottotitolo “Human well-being could
benefit from large-scale data if large-scale noise is minimized” e condivisi. Con Big data si intendono tutte le
informazioni collegabili (linkable) oltre alle varie omiche che includono dati medici, ambientali, finanziari,
geografici e sociali per individuare le cause ed il decorso delle malattie, per
la medicina “di precisione” e la prevenzione. Cosa impossibile sino a pochi
anni fa ma ora realizzabile. Ma come facilmente immaginabile “Big Error can plague Big Data” in vari campi inclusa la
genomica per il problema del “rumore di fondo” e dei segnali, che richiedono la
replicazione degli studi e la significatività statistica e quindi studi
collaborativi su larga scala. Oltre a richiedere collaborazioni tra varie
discipline per avere un sistema di analisi algoritmica dei dati. Viene portato
l’esempio del ClinGen project (http://www.nih.gov/news/health/sep2013/nhgri-25.htm) che crea risorse centralizzate di geni clinicamente
annotati per migliorare l’interpretazione delle varianti genomiche e
ottimizzarne l’uso nella pratica clinica. Particolarmente utile in genomica
perché buona parte delle ricerche sono di base o pre-cliniche i cui risultati
poi devono essere tradotti in pratica.
SPRTN is a new
player in an old story. Nature Genetics 2014;46:1155. Nuova sindrome progeroide da mutazioni (rare) di SPRTN (regolatore della risposta al danno
DNA indotto da radiazioni da UV) che ci fa capire meglio il rapporto tra
invecchiamento precoce e cancro (Mutations in SPRTN cause early onset hepatocellular
carcinoma, genomic instability and progeroid features. Pg. 12139). Il fenotipo di questa nuova sindrome è simile a quello
della s. Werner con bassa statura, precoce incanutimento, atrofia muscolare e
cataratta, instabilità cromosomica e sensibilità ad agenti genotossici; nell’adolescenza
sviluppano un carcinoma epatocellulare. L’analisi di linkage genome-wide di 3
pz di due famiglie, di cui una consanguinea, e l’esomica di due affetti non
correlati ha consentito di trovare un solo gene, SPRTN, con mutazioni bialleliche
(autozigosi in uno e composto eterozigote nel secondo) in ambedue le famiglie.
Lo studio in vivo (zebrafish) e in vitro delle mutazioni ha consentito
di chiarire la funzione di questo gene nella prevenzione dello stress
replicativo del DNA e nella regolazione del checkpoint G2/M causa dell’instabilità genomica.
L’interesse di questo lavoro consiste quindi non solo di avere
individuato una nuova sindrome progeroide ma anche di aver indicato un
meccanismo comune di invecchiamento e di sviluppo del cancro. Uno stimolo per
ricercare mutazioni di SPRTN in altre sindromi progeroidi o di altri geni dello
stesso pathway che potranno meglio chiarire il rapporto tra invecchiamento e
cancro.
Cohesin
embraces new phenotypes. Nature Genetics 2014:46:1157. Commento di un articolo sullo stesso fascicolo (Mutations in SGOL1 cause a novel
cohesinopathy affecting heart and gut rhythm. Pg. 1245)
che delinea una nuova coesinopatia da mutazioni missenso in omozigosi del gene
SGOL1 che codifica un componente del complesso coesinico e che coinvolge in
modo inatteso la regolazione cardiaca intrinseca e il ritmo intestinale. Il
complesso di proteine chiamate complesso coesinico e i suoi regolatori svolgono
il classico ruolo di coesione dei cromatidi fratelli durante la meiosi e la
mitosi. Negli organismi il KO di componenti chiave di questo complesso è letale
con anomalie della segregazione cromatidica e risultante aneuploidia. Quello
che colpisce è il fatto che mutazioni di parti di questo complesso determinino
specifiche anomalie di sviluppo (s. DeLange, s. Roberts, s. da rotture
cromosomiche Varsavia, s. α-talassemia
ritardo mentale XL) facendo pensare che il ruolo coesinico non sia limitato
alla segregazione cromatidica. In questo lavoro viene individuata un’altra coesinopatia,
chiamata CAID, da mutazione SGOL1
caratterizzata dalla presenza di sindrome del nodo del seno (malato)(Sick Sinus
Syndrome) e di pseudo-ostruzione intestinale cronica (CIPO) nelle prime 4
decadi di vita. Il quadro clinico, compatibile con trasmissione AR, di 17 pz di
14 famiglie era di disritmia atriale, SSS e anomalie valvolari con necessità di
impianto di pacemaker e nutrizione totale parenterale. In nessun caso erano
presenti segni clinici che facevano pensare a una coesinopatia. WES in 3 e poi
Sanger negli altri ha trovato una mutazione in SGOL1 in omozigosi come causa
della malattia. Negativa la ricerca di mutazioni del gene in 11 bambini con
storia familiare negativa con SSS senza CIPO e in 43 bambini, sempre sporadici,
con CIPO senza SSS. Il meccanismo patogenetico con studi in vivo (zebrafish) e in
vitro sembra dovuto a una sregolazione della regolazione del ciclo
cellulare e della repulsione eterocromatinica a livello dei centromeri (bello e
didattico lo schema riportato dal commento sui componenti strutturali e
regolatori e sulle funzioni della coesina, ndr).
Closing the
cohesin ring: Structure and function of its Smc3-kleisin interface. Science
2014;346:963.
Characterization
of a DNA exit gate in the human cohesin ring. Science
2014;346:968. Due
articoli sulla struttura del complesso coesinico, costituito da 3 diverse
proteine e diverse funzioni che ad anello danno coesione ai due cromatidi
fratelli, facilita la riparazione da rottura del doppio filamento e modula la
struttura e la trascrizione della cromatina interfasica.
Ubiquitination in disease pathogenesis and treatment. Nature Medicine 2014;20;1242.
L’ubiquitinazione è un processo di modificazione post-trascrizionale
delle proteine che richiede l’instaurarsi di un legame covalente tra una
molecola (o più molecole) di ubiquitina e le proteine target con enzimi
ubiquitinanti che agiscono sequenzialmente. Le funzioni di questo processo sono
moltissime includendo funzioni proteolitiche e non proteolitiche come la
degradazione proteasomica delle proteine, internalizzazione e riduzione della
regolazione recettoriale, assemblaggio di complessi multiproteici, traffico
intracellulare, segnalazione infiammatoria, autofagia, riparazione DNA e
regolazione dell’attività enzimatica. E spiegano perché difetti di
ubiqutinazione comportino ampie conseguenze. Review dei difetti di
ubiquitinazione con molte malattie (Tab. 1) genetiche (A. Fanconi FANCL,
Xeroderma Pigmentoso, Cockaine, m. Cowden, s. vonHippel-Lindau, s. Riddle, m.
Huntington, m XL linfoproliferativa, alcune forme di Parkinson ed Alzheimer,
alcune m. con instabilità genomica) e alcuni tipi di cancro, mieloma e altri.
Romancing the Spliceosome to Fight
Spinal Muscular Atrophy. NEJM 2014;371:1752. Every scientist, clinician, and patient seeks that
holy grail that will cure disease. E questa speranza è ancor più accesa
per le malattie neurodegenerative. Questo articolo della serie “Implicazioni cliniche della
ricerca di base” commenta e spiega ancor più chiaramente i risultati della
ricerca sulla possibilità che una terapia con una piccola molecola data per via
orale possa curare l’atrofia spinale muscolare, in cui manca una proteina
necessaria per la sopravvivenza dei motoneuroni (vedi la Perspective A splicing magic bullet. Science 2014;345:624 di un articolo SMN2 splicing modifiers improve motor function and
longevity in mice with spinal muscular atrophy. Pg. 688)(selezione articoli Agosto 2014). Occorrerà tempo prima di
arrivare a definire se è percorribile la strada di modificare il trascrittoma
per migliorare, se non curare, alcune malattie progressive letali. Ma le
prospettive sembrano buone.
Monocarboxylate
Transporter 1 Deficiency and Ketone Utilization. NEJM 2014;371:1900 con Editoriale (Monocarboxylate Transport Matters. NEJM 2014;371:1931). La chetoacidosi (alterato equilibrio acido-base per iperproduzione e accumulo di
chetoni nel sangue che conferisce, per l’eliminazione con la respirazione dei
chetoni come l’acetone, l’acido acetacetico e l’acido β-ossibutirrico, il
tipico odore di frutta avariata, chetoni che sono dosabili anche nelle urine,
ndr) è una condizione potenzialmente letale da sbilanciamento tra produzione
epatica ed utilizzazione extraepatica dei corpi chetonici. In un pz con ricorrenti
e gravi crisi chetonemiche WES ha identificato una mutazione frameshift del
gene codificante il trasportatore monocarbossilato 1 (SL16A1 o MCT1). L’analisi
genetica di altri 96 pz con chetoacidosi ha consentito di identificare altri 9 pz con mutazioni di MCT1,
3 omozigoti e 6 eterozigoti inclusi 2 fratelli. Gli omozigoti hanno una sintomatologia
più precoce degli eterozigoti, una chetoacidosi più grave e un deficit
intellettivo di grado medio-moderato mentre gli eterozigoti hanno un normale
sviluppo. Il gene quindi con il trasporto chetonico ha la funzione di mantenere
l’equilibrio acido-basico.
New support for ‘gay gene’. Science
2014;346:902. Commento
su un argomento molto delicato (ndr). Più di 20 anni fa un biologo molecolare
aveva dato la prima diretta evidenza di una base biologica dell’omosessualità
individuando una regione del cromosoma X associata a tale orientamento
sessuale. Segnalazione non confermata da studi successivi. Ora uno studio
mediante GWAS di 409 paia di gemelli omosessuali (908 soggetti di 384 famiglie) ha confermato un linkage significativo nella stessa regione Xq28
segnalata anni fa e in una regione pericentromerica del cromosoma 8 (AR Sanders et al. Genome-wide scan demonstrates significant linkage for
male sexual orientation. Psychological Medicine, available on CJO2014.
doi:10.1017/S0033291714002451)(non ho
l’articolo). L’abstract conclude che questi risultati, anche avvalorati dalla
precedente ricerca, “support the
existence of genes on pericentromeric chromosome 8 and chromosome Xq28
influencing development of male sexual orientation”.
Il
commento cita alcuni pareri di genetisti anche critici come ad es. che il
linkage di questo lavoro non raggiunge la significatività statistica. Gli studi
proseguiranno aumentando la casistica.
Human Genetics Shape the Gut
Microbiome. Cell 2014;159:789.
Sappiamo che il microbioma intestinale è associato a malattie metaboliche ed
obesità e che queste patologie sono legate anche a varianti genetiche
dell’ospitante, ma non sappiamo se le varianti genetiche possano condizionare il
microbioma, che è un patrimonio acquisito dopo la nascita. E’ stata studita la
composizione del microbioma di più di 1.000 campioni di feci di una popolazione
di 416 gemelli per osservare se la presenza e la quantità di alcuni microbi è
legata alla costituzione genetica delle persone. Si è osservata un’ereditabilità
di alcuni microbi che sono particolarmente rappresentati nelle persone magre
con basso BMI, ma per molti microbi non vi è alcun rapporto con il genotipo
dell’organismo ospitante. I microbi associati a basso BMI forniscono, se
trapiantati nell’intestino di topi germ-free, una resistenza nel tempo per l’acquisizione
di peso. L’abbondanza di specifici membri del microbiota intestinale è quindi influenzata
in parte dalla costituzione genetica dell’organismo ospitante.
A Proteome-Scale Map of the Human Interactome Network. Cell 2014;159:1212. A second-generation systematic binary map provides proteome-wide coverage of the human interactome network, expanding connections among human disease genes beyond previous knowledge.
Inactivating Mutations in NPC1L1 and Protection
from Coronary Heart Disease. NEJM 2014;371:2072. Ezetimibe (capace di inibire selettivamente l'assorbimento intestinale
del colesterolo
assunto con la dieta
e quello biliare,
wiki) è prescritto perché riduce i livelli plasmatici di lipoproteine a bassa
densità (LDL)(“colesterolo cattivo”) tramite un’inibizione dell’attività della
proteina NPC1L1. Ma in realtà non si sa se questa inibizione, sia con farmaci
che con altri mezzi, riduca il rischio di malattia coronarica. Si è voluto
verificare se tale effetto inibitorio può essere esercitato anche da mutazioni inattivanti
il gene e quindi verificare indirettamente gli effetti potenziali del farmaco. Sequenziati
gli esoni di NPC1L1 di 7.364 pz con malattia coronarica e 14.728 controlli
senza patologia coronarica di varie origini (europea, africana, sud asiatica),
in più è stata ricercata una specifica mutazione inattivante (p.Arg406X) in 22.590 pz
sempre con m. coronarica e in 68.412 controlli. Si è quindi voluto verificare
se la presenza di un’inattivazione del gene sia associata con i livelli
lipidici plasmatici e con il rischio di malattia coronarica.
Risultati: la frequenza di eterozigosi per una delle
15 mutazioni inattivanti trovate di NPC1L1 è risultata di 1:650 persone. La presenza di una mutazione
inattivante è associata a ridotti livelli di LDL e a ridotto rischio di
malattia coronarica. CVD (molto interessante, ottima l’idea di partenza della
ricerca che può essere usata per situazioni simili, ndr).
MALATTIE
RARE
Innovative research methods for
studying treatments for rare diseases: methodological review. BMJ 2014;349:g6802. Sono
considerate “malattie rare” in USA quelle con prevalenza <64:100.000 (1:1.562),
in Europa <50:100.000 (1:2.000) persone. Sono più di 6.800 condizioni
diverse e interessano il 6-8% della popolazione. Come sappiamo la ricerca di
una terapia è ostacolata dai piccoli numeri e quindi commercialmente di poco
interesse. Ma anche per malattie per le quali ci sono fondi e interesse da
parte delle case farmaceutiche ci sono difficoltà nel reperire pz, che sono
pochi e dispersi geograficamente e perché ci sono anche limitate informazioni
sulla loro storia naturale e opzioni terapeutiche di confronto.
Oltre a questo l’amplissimo spettro di patologie che
costituiscono le malattie rare pone un problema non indifferente il fatto che i
clinici e i ricercatori che operano in una specialità medica non hanno le
sufficienti competenze di metodologie applicate in altre discipline (verissimo,
ndr).
Questa ricerca ha voluto valutare, consultando la
letteratura, i metodi adottati e gli approcci innovativi di studi randomizzati
per condurre ricerche osservazionali sull’evoluzione della malattia in pz con
malattia rara. Individuati 46 articoli che riguardano molte malattie rare, in
gran parte (72%) pubblicate nel 2008 o successivamente, ed individuati 16
differenti strategie per studiarne l’outcome clinico. I metodi innovativi usati
per le sperimentazioni cliniche minimizzano il numero di pz da reclutare e
massimalizzano la proporzione di pz che ricevono un trattamento attivo. Ma
dall’analisi delle varie metodologie non risulta che sia stato sviluppato una
metodologia osservazionale adeguata per studiare l’evoluzione clinica delle
malattie rare. Va trovata, perché gli studi osservazionali nelle malattie rare
stanno diffondendosi sempre più, com’è opportuno che sia.
GENOME EDITING
The new frontier of genome
engineering with CRISPR-Cas9. Science 2014;34:1077.
Sottotitolo della Review “The new frontier of genome engineering with
CRISPR-Cas9”. Storia,
meccanismi di azione e possibilità di una tecnica rivoluzionaria che consente
di superare le difficoltà sinora avute nella manipolazione genomica nei vari
organismi, preparando la strada verso scoperte fondamentali in biologia,
biotecnologia e biomedicina e nella terapia genica mirata per l’uomo.
MODELLI ANIMALI
Social learning and
amygdala disruptions in Nf1 mice are rescued by blocking p21-activated kinase. Nature Neuroscience 2014;17:1583. Il 50% dei bambini
con Neurofibromatosi tipo 1 ha difficoltà di interazione sociale e il 20-30% ha
i criteri clinici per la diagnosi di spettro autistico. Il topo con delezione
in eterozigosi del gene Nf1 (Nf1+/-) ha analoga sintomatologia e, si
dimostra, ha un’iperattivazione del pathway MAPK nei neuroni dell’amigdala e
della corteccia frontale, che sono aree dei comportamenti sociali.
Nell’amigdala si dimostra poi che vi è un’alterata neurotrasmissione
glutammatergica e GABA, deficit di espressione di due proteine associate alla
neurotrasmissione (Adam22 e proteina
heat shock 70). Se nel topo Nf1+/- si aggiunge una delezione di Pak1
(p21 protein-activated kinase) o si somministra farmacologicamente una sostanza
che blocchi Pak1 nell’amigdala, si ottiene una normalizzazione del quadro
biochimico dell’organo e del comportamento sociale dell’animale. Possibile
target terapeutico nei bambini con NF1 e autismo.
K-RasV14I recapitulates
Noonan syndrome in mice. PNAS 2014;111:16395.
La s. Noonan è una RASopatia con incidenza di 1:1.000-2.500 nati con un
complesso quadro clinico caratterizzato da anomalie cranio-facciali, cardiovascolari
e scheletriche, bassa statura, deficit di apprendimento. Il 10% sviluppa una
patologia mielo-proliferativa, usualmente transitoria, ma talora sviluppa una
vera e propria leucemia mielo-monocitica giovanile o altre forme di leucemia.
La condizione è geneticamente eterogenea con PTPN11 mutato nel 50%. KRAS è il
gene malattia nel 5% dei casi e ne sono note 18 diverse mutazioni, con fenotipo
più grave, soprattutto cognitivo, ma non è ben chiaro il rapporto
genotipo/fenotipo. Sono stati prodotti modelli murini di NS da mutazione
Ptpn11, Sos1 e Raf1. In questo lavoro è stato prodotto un nuovo modello murino
con la classica mutazione KRAS (K-RasV14I), adiacente a residui amminoacidici tipicamente
coinvolti nel cancro, ma con attività GTPasica intermedia tra l’isoforma selvatica
e quella causa di tumore. Il fenotipo è caratterizzato da iposomia, dismorfismi
cranio-facciali, difetti cardiaci e lo sviluppo di una leucemia
mielo-monocitica che porta a morte l’animale. Un buon modello per studiarne la
fisiopatologia delle anomalie fenotipiche e per testare nuove terapie.
Personalized cell
therapy for skin disorder. Science 2014;346:1074. Commento di un articolo (Human
COL7A1-corrected induced pluripotent stem cells for the treatment of recessive
dystrophic epidermolysis bullosa. Science Translational Medicine 2014;6:264ra163)(non ho il testo intero ma solo l’abstract) sulle
possibilità di una terapia cellulare nella Epidermolisi bollosa distrofica
recessiva (RDEB)(MIM #226600). Sono state istituite iPSC (cellule staminali
totipotenti indotte) da biopsia cutanea di 3 pz , la mutazione di COL7A1 è
stata geneticamente corretta e le cellule differenziate in cheratinociti che
esprimono normale collagene VII. Il trapianto cutaneo nel topo è durato poche
settimane ma questo ha consentito di dimostrare che è possibile correggere il
difetto genetico e che è quindi indicato conservare cellule staminali di ogni
pz con questa grave malattia.
Going from strength to
strength. Nature Reviews Neuroscience November 2014. Ottimo commento del lavoro (DOK7 gene
therapy benefits mouse models of diseases characterized by defects in the
neuromuscular junction. Science 2014;345:1505),
citato nella selezione degli articoli del Settembre 2014, in cui si prospetta
una possibilità di terapia genica per le miastenie e per altre malattie
neuromuscolari.
Excess
cholesterol induces mouse egg activation and may cause female infertility. PNAS 2014;111:E4972. Il topo KO di un recettore del colesterolo (SR-BI), che controlla
la struttura e la composizione plasmatica di colesterolo HDL e la sua quantità,
ha un’ipercolesterolemia con grossi accumuli di colesterolo non esterificato
nel globuli rossi e nelle piastrine, e la femmina, non il maschio, è infertile.
In
queste femmine l’eccesso di colesterolo condiziona la maturazione dell’oocita sbloccandolo
dal secondo arresto in MII (bella didatticamente la Fig. 1 della meiosi
femminile), alterando quindi la sincronia tra fertilizzazione e completamento
della meiosi rendendola quindi non funzionale.
E’
possibile che l’anomalo metabolismo del cortisolo possa essere responsabile
dell’infertilità femminile anche nella nostra specie, anche perché SR-B1 è
stato chiamato in causa nell’infertilità (vedi la letteratura riportata nel
lavoro). Questo potrebbe esserne il meccanismo patogenetico potenzialmente correggibile.
CARATTERI-MALATTIE
COMPLESSE/STUDI ASSOCIAZIONE
Detecting epistasis in human complex traits. Nature Reviews Genetics 2014;15:722.
Review sull’interpretazione dei dati di associazione ottenuti dall’analisi GWAS
per le malattie complesse in cui ci si pone la questione se con questa analisi
si riesce ad identificare l’architettura genetica di caratteri complessi e se i
polimorfismi trovati agiscano indipendentemente o se i loro effetti dipendano
da altri polimorfismi in altra sede del genoma (epistasi, cioè interazione tra
geni). Viene trattato il significato di queste interazioni nelle malattie
complesse e presentati (Table 1) una ventina di siti con applicazioni
disponibili per l’analisi dell’epistasi nel GWAS.
Defining the role of common variation in the genomic
and biological architecture of adult human height. Nature Genetics 2014;46:1173.
GWAS di 253.288 persone ha identificato
697 varianti di 423 loci significativamente associate alla statura adulta
spiegando tutti insieme un quinto dell’ereditabilità della statura definitiva.
Oltre ai classici geni noti ne sono stati individuati di nuovi come mTOR e
osteoglicina. In conclusione la statura sembra essere caratterizzata da un
considerevole numero (migliaia) di varianti causali.
Discovery of new risk loci for IgA nephropathy
implicates genes involved in immunity against intestinal pathogens. Nature Genetics 2014;46:1187
(parecchi AA italiani). La Nefropatia da IgA è la più comune forma di
glomerulonefrite, colpisce a varie età e con picco di incidenza sui 20-30 anni,
può portare all’insufficienza renale, è ad eziologia non nota con architettura
genetica complessa. La frequenza è molto variabile in vari gruppi etnici: più
frequente in Asia, meno in persone di discendenza europea e rara in quelli
africani. GWAS applicato in più di 20.000 pz di origine europea o est asiatica ha
consentito di identificare nuovi loci e confermarne di noti. Gli alleli a
rischio sono fortemente associati con l’età di insorgenza e molti sono
associati al rischio di malattia infiammatoria intestinale o al mantenimento
della barriera epiteliale intestinale e della risposta ai patogeni della
mucosa. La distribuzione degli alleli a rischio nelle varie popolazioni suggerisce
un adattamento poligenico a fattori ambientali locali, suggerendo un ruolo ad
una interazioni ospite-patogeni intestinali
(infestazione da elminti?) nel caratterizzare la struttura genetica della
predisposizione alla nefropatia da IgA.
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